Lo scorso 18 ottobre si è aperto il diciannovesimo Congresso del Partito Comunista Cinese, che ha ulteriormente innalzato il già elevato status dell’attuale presidente Xi Jinping. Il suo pensiero è stato inserito all’interno della stessa costituzione, onore che prima era toccato solo a Mao Zedong e a Deng Xiaoping. Per capire meglio l’importanza di una scelta simile: Mao è stato colui che ha riunificato la Cina dopo oltre un secolo di conflitti ed è tutt’ora un simbolo onnipresente nella Cina moderna; Deng Xiaoping è stato invece il grande riformista che, grazie alle sue manovre economiche, ha portato la Cina ad uscire dalla povertà con una graduale apertura al capitalismo. La Cina che conosciamo oggi è figlia proprio delle riforme economiche volute da Deng Xiapoing.
Nel suo lunghissimo discorso di apertura, durato quasi tre ore e mezza, Xi Jinping ha parlato di una «nuova era» e dello sviluppo di un «grande, moderno, paese socialista». In un breve passaggio il presidente ha parlato anche di sport, ma non di calcio, il che potrebbe essere significativo.
L’intervento di Xi Jinping si è concentrato più che altro sulla crescita dell’industria sportiva attraverso le Olimpiadi Invernali e i grandi eventi internazionali, e la promozione della salute e della formazione dell’individuo. L’intenzione, nota, è quella di rendere la Cina una grande potenza sportiva entro il 2025, con il valore della sua industria sportiva che dovrà raggiungere il valore di 850 miliardi di dollari e contribuire al 3% del PIL dell’intero paese entro quella data.
I problemi del calcio cinese e la competizione degli altri sport
Se si esclude la vendita di prodotti sportivi, il calcio in Cina non si pone ancora come un industria virtuosa in grado di generare dei profitti: nella stagione 2016, i 16 club di Chinese Super League hanno fatto registrare complessivamente perdite complessive pari a un miliardo di dollari. Il club più famoso di Cina, il Guangzhou Evergrande, nonostante il settimo successo consecutivo in patria non riesce a generare un fatturato annuale superiore ai 50-55 milioni di euro annui, con la conseguenza di avere continui rossi in bilancio che, con il passare degli anni, potrebbero spazientire anche i due facoltosi proprietari: Xu Jiayin e Jack Ma, rispettivamente primo e terzo nella classifica degli uomini più ricchi di Cina.
Il calcio, insomma, sembra ancora non funzionare troppo, soprattutto se comparato con i tre sport più virtuosi dal punto di vista economico in Cina, e cioè la maratona, gli eSports e le discipline invernali.
Nel 2016 in Cina si sono tenuti 328 cosiddetti "marathon related-events" registrati alla Chinese Athletic Association, una crescita esponenziale se pensiamo che nel 2011 erano appena 22. Il numero di persone coinvolte nel 2016 è stato di 10 milioni e il mercato della corsa ha ormai raggiunto il valore di 5 miliardi di dollari. Anche gli eSports stanno crescendo rapidamente, con i colossi dell’informatica (Alibaba e Tencent in primo luogo) che investono nell’organizzazione di eventi e nella costruzione di cittadelle dedicate. Il numero di utenti nel mercato cinese è attualmente intorno ai 220 milioni e alla fine del 2018 si pensa potrebbero essere 300 milioni. Recentemente il Comitato Olimpico Internazionale ha aperto agli eSports, che forse verranno introdotti come disciplina olimpica a partire dai Giochi di Parigi del 2024, ma la prima a compiere questo grande passo è stata proprio la Cina, con Alibaba che ha lavorato assieme al Comitato Olimpico Asiatico per l’introduzione degli eSports agli Asian Games che si terranno nella città di Hangzhou nel 2022.
La cerimonia di chiusura della finale dei Mondiali di League of Legends, giocata a Pechino.
La Cina sembra in generale più a suo agio nell’organizzare grandi eventi internazionali, e sempre nel 2022, a Pechino e in altre città della provincia di Hebei si terranno le Olimpiadi Invernali. Anche gli sport invernali sono stati soggetti di una riforma ed entro il 2020 le autorità sportive si auspicano che in tutto il paese vi siano 300 milioni di praticanti. Il valore dell’industria degli sport invernali ha raggiunto gli 87 miliardi di dollari ed entro il 2025, secondo i piani di sviluppo, questo valore dovrà raggiungere i 131 miliardi di dollari.
Nel suo discorso, Xi Jinping ha anche parlato dei programmi di fitness che si stanno espandendo in tutta la nazione. Anche in questo caso ci sono degli obiettivi economici, e cioè l’espansione di un’industria con i profitti conseguenti, ma non bisogna dimenticare il contesto politico, dato che uno degli l’obiettivi della “Nuova Era Cinese” è quello di crescere una nuova generazione di giovani atleti con grandi doti morali e intellettuali.
L’espansione cinese in Europa è finita?
Uno degli aspetti del suo discorso che ha più interessato il pubblico europeo è però quello che riguarda gli investimenti cinesi all’estero, dato che le società cinesi (private o statali che siano) sono ormai diventate proprietarie di ben 30 club nel mondo, inclusi ovviamente il Milan e l’Inter in Italia.
In linea generale, Xi Jinping ha parlato di una Cina che sarà molto più aperta agli investimenti e questo significa innanzitutto che ci saranno meno restrizioni per le aziende estere nell’investire in Cina. Lo stato cinese, però, si riserva sempre una grossa discrezionalità nella valutazione degli investimenti, che vengono giudicati attraverso il cosiddetto “Catalogo per gli investimenti esteri”, che viene pubblicato annualmente.
L'intero discorso di Xi Jinping al Congresso del Partito Comunista Cinese tradotto in inglese, se siete davvero interessati.
Per quanto riguarda invece gli investimenti che dalla Cina sono diretti verso l’estero, il riferimento è la nuova direttiva emanata dalle autorità lo scorso 18 agosto, nel quale i vari settori di investimento vengono racchiusi in tre categorie: quelli proibiti (come quelli in tecnologie militari e industria pornografica), quelli incoraggiati (principalmente quelli che riguardano le iniziative legate alla Nuova Via della Seta), e infine quelli soggetti a restrizioni, ed è in quest’ultima categoria che rientra lo sport e in particolare le acquisizioni di club di calcio.
«Alcune compagnie sono maggiormente concentrare sulle proprietà e non sull’economia reale, e invece di sviluppare il mercato interno si preoccupano di far uscire capitale dalla Cina con il rischio di causare uno schock finanziario», ha spiegato in un comunicato la National Development and Reform Commission «inoltre le compagnie cinesi spesso non rispettano le norme ambientali e di sicurezza dei paesi target e questo danneggia ulteriormente l’immagine del nostro paese».
La Cina è molto attenta alle aziende che fanno forti investimenti fuori dal territorio nazionale, insomma, e sotto questa luce vanno lette alcune notizie che hanno avuta molta risonanza in Europa negli ultimi mesi. Yin Zhongli, un ricercatore dell'accademia cinese di scienze sociali durante una trasmissione sportiva della CCTV ha dichiarato che alcune società potrebbero aver acquistato club di calcio per operazioni di riciclaggio e nel suo ragionamento ha tirato in ballo anche Suning, scatenando grosse polemiche. Nell’occhio del ciclone è finita anche Dalian Wanda, proprietaria dell’Atletico Madrid, e la Fosun proprietaria del Wolverhampton. Questi due conglomerati sono finiti sotto osservazione della China Bank Regulatory Commission per le continue acquisizioni all’estero in vari settori economici, che hanno elevato la loro situazione debitoria a livelli preoccupanti.
I paletti fissati dal governo cinese sono sostanzialmente due. Il primo riguarda la finalità dell’acquisizione, che deve essere diretta sempre al miglioramento del calcio cinese: il club che si va ad acquistare dovrebbe quindi disporre di ottime academy con il quale attuare progetti di interscambio per lo sviluppo di calciatori cinesi. Il Southampton, acquistato da Jisheng Gao ad agosto, può essere un esempio in tal senso, visto quanto sono rinomate le giovanili del club inglese, da cui sono usciti giocatori come Bale, Walcott e Clyne. Progetti di interscambio già attivi riguardano invece le academy dell’Atletico Madrid, di cui Dalian Wanda ha una quota, oppure alcuni club in Portogallo (come gli Oriental Dragons) e in Germania, con la Federcalcio tedesca che ha recentemente accettato che l’Under 20 cinese giochi diverse amichevoli con i club della quarta divisione.
Il raggiungimento di questo obiettivo porta Pechino a chiudere un occhio sulle acquisizioni completate tramite i capitali off shore, magari provenienti da paradisi fiscali come Hong Kong o le Isole Vergini Britanniche, come quelle di Milan e, per l’appunto, Southampton.
Il secondo paletto alle acquisizioni all'estero riguarda l’attinenza con le iniziative della la Nuova via della Seta per lo sviluppo infrastrutturale e la cooperazione internazionale. Alcune acquisizioni di club vanno proprio in questa direzione, come ad esempio lo Slavia Praga in Repubblica Ceca, paese che rappresenta uno snodo cruciale per l’ingresso nell’Europa Occidentale. Altri investimenti in club europei finalizzati alla cooperazione riguardano quelli dei club delle West Midlands (Aston Villa, Birmingham City, Wolverhampton e West Bromwich Albion), che sono diretti al rafforzamento della Post Brexit Diplomacy e per gli investimenti cinesi nella H2S Rail.
Gli interventi del governo sulla Chinese Super League
Ma la Cina sta diventando più restrittiva anche riguardo gli investimenti nel suo campionato. Nella sessione di mercato del 2016, la Chinese Super League si era imposta come una potenza economica pronta a far concorrenza al calcio europeo, superando la Premier League come investimenti nel mercato. Negli ultimi due anni sono approdati in Cina grandi star internazionali come Oscar, Hulk, Lavezzi, Guarin, Moreno, Jackson Martinez, Pato e Witsel. La crescita degli investimenti non è però andata di pari passo con la crescita degli introiti, che derivano principalmente dai diritti televisivi, ed il forte rischio è quello di generare una forte bolla speculativa nel settore calcistico, simile a quella che portò alla fine della NASL negli States negli anni ’80.
La General Sports Administration, al fine di salvaguardare l’integrità del campionato, a gennaio, nel bel mezzo della sessione di mercato, ha modificato le regole sull’impiego degli stranieri in campo. Fino alla stagione 2016, infatti, era possibile schierare quattro stranieri in campo (di cui uno asiatico) più uno in panchina, mentre nella stagione successiva, i club hanno potuto convocare solo tre stranieri a match e tesserarne cinque. La restrizione dell’autorità governativa non è però riuscita a fermare le spese dei club, che anche nella sessione invernale del 2017, hanno battuto la Premier League negli investimenti sul calciomercato.
Un’ulteriore restrizione è stata quindi posta per la sessione estiva di mercato, con l’applicazione di una tassa del 100% sugli acquisti stranieri il cui cartellino supera i sei milioni di euro (i cui ricavati, tra l’altro, saranno devoluti ad un fondo per lo sviluppo del calcio giovanile). Questa mossa, al contrario della prima, ha invertito completamente la tendenza del mercato: se nell’estate del 2016 gli investimenti sono stati pari a 139 milioni di euro, nel 2017 si sono ridotti a 28.3. La più importante manovra di mercato è stata una cessione, quella di Paulinho dal Guangzhou Evergrande al Barcellona per 40 milioni di euro.
Il miglior acquisto è stato quello di Anthony Modeste, passato quest’estate dal Colonia al Tianjin Quanjian, con la formula del prestito biennale a sei milioni di euro e un riscatto a 29, proprio nel tentativo di evadere questa tassa. Per il resto, gli altri stranieri ingaggiati nell’estate 2017 sono nomi di secondo piano, che nulla hanno a che fare con l’impatto mediatico che hanno avuto Oscar e Tevez: parliamo di giocatori come il brasiliano Muriqui (Guangzhou Evergrande), l’islandese Solvi Ottesen (Guangzhou R&F) e Benjamin Moukandjo (Jiangsu Suning).
Il calcio cinese dal punto di vista mediatico si appresta quindi a fare un balzo all’indietro nel tentativo di poter crescere in maniera più graduale e sostenibile rispetto al passato. Se verranno conservate queste limitazioni, quindi, non dovremmo aspettarci grandi colpi di mercato già dalla prossima sessione di mercato, e notizie come quella della Gazzetta dello Sport, secondo la quale lo Shanghai Sipg avrebbe offerto 70 milioni di euro per Immobile, sembrano al momento poco attendibili.
Meno star internazionali non significa necessariamente una minore competitività sportiva della Chinese Super League, dato che molti dei grandi nomi approdati in Cina (Oscar, Tevez, Jackson Martinez e Alex Teixeira) non hanno avuto l’impatto che ci si aspettava. In questi ultimi sette anni di dinastia Evergrande i giocatori che hanno fatto veramente la differenza sono quelli che per paradosso in Europa non ci hanno mai giocato, come Dario Conca, Elkeson, Ricardo Goulart e Aloisio. In questa stagione il capocannoniere è stato Eran Zahavi, il quale ha solo un trascorso di poco conto con il Palermo in Serie A.
L’impatto economico, però, sarà comunque inevitabile. Innanzitutto sui diritti TV, che vengono attirati in primo luogo proprio dalle grandi star internazionali. Non è un caso, in questo senso, che la China Sports Media, che ha acquistato i diritti televisivi a 1.2 miliardi di euro per il periodo che va dal 2016 al 2020, stia trattando con la Chinese Football Association per estendere l’accordo fino al 2025 mantenendo però la cifra invariata. Anche il pubblico non ha risposto molto bene a questo cambio di strategia, con l’affluenza agli stadi che ha subito una contrazione dell’1.6% su base annua.
Se questo trend dovesse essere mantenuto, la curiosità e l'interesse globale nei confronti della Chinese Super League potrebbe presto scemare, con il governo cinese che si aggrappa alla speranza dell’ascesa di nuovi grandi giocatori cinesi che possano imporsi anche nel calcio internazionale. Per il momento, però, il solo Wu Lei in forza allo Shanghai Sipg sembra avere il potenziale per compiere questa missione, mentre per il resto lo scenario rimane tecnicamente desolante.
La Cina sembra davvero aver abbandonato i progetti forsennati di ascesa nel calcio globale nell’arco di pochi decenni. Un’ottima notizia per la stabilità finanziaria del suo campionato e del proprio sistema finanziario nella sua totalità, ma una pessima per le speranze dello stesso Xi Jinping, che per primo aveva sognato di vedere la Cina vincitrice del Mondiale in un futuro non così lontano.