Con la vittoria in Gara-6 i Cavaliers Cavaliers hanno riagguantato la serie finale sul 3-3 e, per la prima volta nella sua carriera, LeBron James è riuscito a portare Cleveland dove non era mai stata: a 48 minuti dal vincere il titolo NBA. Manca una sola W per portare finalmente l’agognato anello dove promesso in quella lettera a Sports Illustrated di due estati fa — ma per farlo avrà comunque bisogno di vincere una Gara-7 in casa dei campioni in carica, non esattamente la cosa più facile del mondo. Anche se dopo ieri notte i favori del pronostico potrebbero essere stati ribaltati.
Questione mentale ed emotiva
Arrivati a questo punto della stagione, con una posta in palio larger than life, capita che la differenza di valori espressi finora nel corso della serie e della stagione si assottigli fino a scomparire sotto al peso del risultato. Se c’è un messaggio che possiamo apprendere da Gara-6 è questo: Golden State ha capito che c’è una sola squadra che ha tutto da perdere in questa serie, e quella squadra è lei. Gli Warriors hanno approcciato la partita in maniera impaurita nel primo quarto, e mentre i Cavs sono entrati subito in ritmo, loro si sono sfilacciati nella metà campo offensiva, rinunciando del tutto a eseguire i loro giochi e affidandosi alle improvvisazioni di Curry.
Gli Warriors normalmente sono una maestosa macchina di esecuzione offensiva, registrando quasi 150 blocchi portati a partita, primi assoluti nella lega; per far capire la confusione, basti sapere che nel primo quarto di ieri i blocchi portati sono stati sette. Il Death Lineup, che ha iniziato dalla palla a due data l’assenza di Bogut, è solito eseguire molto meno del resto della squadra, ma ciò avviene a partita ormai avviata, quando i giocatori sono già in ritmo gara. Invece, partendo da freddi e considerando i loro soliti avvii di gara arrugginiti — e aggravati dalle scelte di non-tiro di Iguodala e Barnes, di fatto co-responsabili per i soli 11 punti totali nei primi 12 minuti di gioco — il quintetto più letale di sempre ha concluso la partita con un misero 3/21 al tiro.
Gli Warriors non possono permettersi di esitare nel prendersi i tiri giusti: rinunciando sempre a tiri semi-aperti e sbagliando quelli apertissimi (ieri 33%, con un orribile 13% da 3), hanno inquinato tutto l’attacco di squadra, restando spesso a guardare Curry palleggiare e inventarsi qualcosa con le mani congiunte in preghiera, mentre la difesa di Lue chiudeva come una tenaglia tutte le linee di passaggio.
Golden State per la prima volta nella stagione è apparsa privata della fiducia e dello swag che la contraddistingue, forse vittima di una serata storta collettiva o angosciata dall’essersi resa conto che anche loro sono mortali come tutti noi. Sia come sia, gli Warriors ci hanno fatto assistere ad un primo tempo che è stato un’esperienza scioccante per chi è abituato a vederli giocare da due anni a questa parte.
I Cavs, invece, hanno viaggiato sulle ali dell’entusiasmo, consapevoli che il giocatore più forte veste la loro casacca e che qualunque errore al tiro sarebbe stato comunque una buona palla per Tristan Thompson a rimbalzo (9 nel primo periodo, per quanto solo uno in attacco). Quando Kevin Love è uscito per il secondo fallo e ha ceduto il posto a Richard Jefferson, il piano partita non è cambiato di una virgola; quando Curry è uscito per il secondo, su una chiamata controversa a 5:51 alla fine del primo periodo, per i Warriors sono calate le tenebre, con LeBron a guidare il parziale e accrescere il vantaggio fino a +22.
Ogni volta che si gioca sui 28 metri i Cavs sono sempre i primi ad arrivare dall’altra parte, e lo stesso vale per le palle nella terra di nessuno. Se i Warriors abdicano su tutte queste situazioni vincere si fa durissima a questo livello
Quando nel secondo periodo Curry si è acceso e ha infilato quattro triple consecutive, l’attacco degli Warriors è ripartito e sono tornati a -8 in un amen; ma non appena Curry ha pescato il terzo fallo, la sua squadra è tornata in modalità “moriremo tutti” e Cleveland è scappata di nuovo. Le squadre si sono rincorse più o meno per tutta la partita a suon di parziali e contro-parziali, ma l’unico momento degno di nota è arrivato alla fine del terzo periodo, quando Klay Thompson si è acceso e ha segnato 12 punti in 4 minuti e mezzo, portando gli Warriors sotto la doppia cifra di svantaggio dopo che LeBron aveva costruito un margine di 24 punti.
Ma entrambi i parziali sono stati brevi lampi in una sera di buio profondo. L’unica nota positiva per Kerr è che se i suoi ritrovano la fiducia che hanno mostrato per tutta la stagione hanno ancora possibilità di dominare ampi brani delle partite, ma al momento resta un grosso “se”.
Bow down to the King
Indipendentemente dallo svolgimento di Gara-7, LeBron James è già oggi l’MVP di queste Finals.
La nostra percezione di LeBron nei momenti che contano è purtroppo fortemente condizionata dai risultati di squadra, ma trarre delle conclusioni definitive dal record di 2-4 nelle Finali è una lettura tanto veloce quanto estremamente superficiale. Michael Jordan ha un record di 6-0 nelle Finali che lo porta in tutte le discussioni ad essere considerato IL vincente per antonomasia, e la frase che si sente spesso è che le Finali fossero la sua palestra. Ma a livello di numeri e di impatto non c’è alcun modo per dire il contrario su LeBron, salvo ovviamente quel 2-4.
Una schermata come questa è francamente ridicola.
Negli ultimi 85 minuti di gioco James ha totalizzato 82 punti, 22 rimbalzi e 18 assist, tirando oltre il 55% dal campo e commettendo solo tre palle perse. Viaggia su medie di cifre che solo 4 giocatori (MJ, Jabbar, Barkley, Shaq) sono stati in grado di toccare nelle Finali NBA in una singola gara (!). L'ultima linea statistica (44-8-11-4-3) non si è mai vista nella storia della lega, regular season o playoff non fa differenza. Ma al di là delle cifre, raramente si è visto un giocatore avere un tale controllo mentale, fisico e tecnico di una serie finale. Non solo della sua squadra, ma di tutti e dieci i giocatori in campo. Per trovare qualcosa di simile occorre scomodare quello con il record di 6-0.
Dati gli acciacchi alla schiena di Iguodala, è toccato a Green il compito di prendere in consegna il 23 — ma la marcatura non è stata minimamente efficace. Il dominio di LeBron si è fatto sentire soprattutto nella sua metà campo, con una delle sue migliori prestazioni difensive di sempre, segno che quando è coinvolto rimane ancora uno dei migliori della pista. E ogni volta che Cleveland si lanciava in campo aperto James era il primo dei suoi in attacco, prendendo di mira il canestro avversario e crivellandolo ad ogni azione. Si è parlato spesso di come Curry condizionasse le difese avversarie, ma il dominio di LeBron di ieri sera è stato veramente totale.
Questa azione è la sintesi perfetta di tutto ciò: Green non ha nessun motivo per esitare a tirare 1-vs-0 sotto al canestro, ma ha paura che James arrivi come infatti fa, staccando tutti gli altri in velocità. Nel quarto periodo anche Curry commetterà lo stesso errore. Questo per dire che perfino Steph e Dray, due dei migliori giocatori della lega, ieri erano terrorizzati all’idea di vederlo nei paraggi.
Quindi, indipendentemente da come finirà Gara-7 e se sarà lunedì mattina il suo record nelle Finals sarà 2-5 o 3-4, non abbiate paura a dichiararvi fedeli sudditi del re — e se qualcuno provasse a urlare dalla folla che “il re è nudo”, fategli vedere Gara-6 delle Finali NBA del 2016 per farlo tornare ad inchinarsi.
Da King.
Che fine ha fatto Harrison Barnes?
Se Golden State vuole avere una possibilità di vincere Gara-7, avrà bisogno che i suoi uomini in salute siano effettivamente in campo tanto con il fisico che non la testa. Con Iggy e Curry alle prese con i rispettivi acciacchi, tutti gli altri sono chiamati a rispondere presente, soprattutto un Harrison Barnes nelle ultime partite è letteralmente sparito dal campo. Dopo aver tirato malissimo in Gara-5, Barnes ha preferito scaricare ogni tiro che gli è capitato sotto mano, e quelli che erano impossibili da rifiutare li ha sbagliati tutti, chiudendo con 0/8 dal campo.
La sua presenza è stata tanto impalpabile in difesa quanto dannosa in attacco, mentre a rimbalzo, dove spesso è stato una chiave inaspettata e risolutiva, è stato annichilito da chiunque gli passasse vicino, raccogliendo la miseria di 2 rimbalzi totali. Nella sua fedina ci sono pure due rimbalzi offensivi consecutivi del 35enne Richard Jefferson con la palla che riesce a toccare terra — una cosa semplicemente inaccettabile a livello professionistico, figurarsi nella partita più importante dell’anno che potrebbe dichiararti campione in caso di vittoria. Coach Kerr si è accorto subito che Barnes era un pesce fuor d’acqua e ha limitato i suoi minuti a 16 totali, e sono sembrati comunque troppi. Ha giocato più minuti Leandrinho Barbosa, che sicuramente è sembrato molto più a suo agio in campo.
Con la squadra colpita da acciacchi e afflitta da problemi di falli, non è accettabile che un giocatore di energia non possa letteralmente stare in campo. Barnes deve ritrovare sé stesso in fretta: può perfino permettersi di sbagliare tutti i tiri come stanotte, ma in nessun caso può passare quei tiri o dimostrarsi molle in campo. Lue ha preparato la partita sulle palle perse di Golden State e sui rimbalzi offensivi, Barnes ha tenuto la porta spalancata agli avversari.
Hold the door, Harrison.
Dominio sotto canestro
In Gara-5 gli Warriors avevano concesso il pitturato a Cleveland per la prima volta nella serie e tutti avevano pensato che il motivo di questo cambiamento fosse l'assenza di un difensore d’élite come Draymond Green. Ieri notte però i Cavs hanno replicato il dominio sotto canestro — e per quanto sarebbe facile indicare l'assenza di Bogut per infortunio, bisogna dire che l’australiano ha giocato in media solo 12 minuti a partita, e comunque era in condizioni fisiche assai precarie, ragion per cui la sua assenza può aver contribuito al dato, ma in nessun modo può essere l’unica causa.
Kerr ha stupidamente scelto di passare sopra tutti i blocchi portati su LeBron, provando ad evitare di farlo entrare in ritmo col tiro in sospensione come successo nella seconda parte di Gara-5. Inoltre il suo marcatore diretto è stato Green e non Iggy — e Green sa essere molto efficace su LeBron in post, ma non ha la rapidità di piedi per star dietro al suo primo passo. Questo ha permesso a James di andare a canestro a piacere, arrivando assai facilmente nel cuore della difesa e concludendo o distribuendo per i compagni.
L’incognita più grande tuttavia è stata Tristan Thompson, che ha colto i Warriors talmente impreparati che è lecito chiedersi se lo abbiano considerato nel piano partita. Sui cambi TT è risultato troppe volte accoppiato a un piccolo sotto canestro, e non appena LeBron faceva partire il lob per servirlo, Golden State poteva solo scegliere se spendere un fallo o far segnare due nel tabellino, dato che non ha sbagliato neanche uno dei 6 tiri tentati. Il dover impiegare Green su LBJ e l’assenza ingiustificata di Barnes ha costretto Kerr a schierare Ezeli per diversi minuti, e Tristano ha demolito il centro avversario in tutti i modi:
Sull’airball di Klay (ieri era una di quelle serate), Ezeli non ha nessuna scusa per arrivare dopo TT dall’altra parte del campo.
La tattica di cambiare su tutti i blocchi ha solo peggiorato le cose: appena Iggy esce su LeBron, questo trova uno spazio ignoto al 99% della popolazione umana per far arrivare la palla al compagno. In ogni caso Ezeli non ha la velocità di letture nei cambi dei compagni, e il cuore dell’area diventa territorio di caccia per Tristano.
Per tutta la partita si è assistito a una parata di lunghi dei Cavs che rollavano a canestro indisturbati o che in contropiede si accomodavano sul red carpet steso dagli avversari. Questi sono i segni di debolezza più comuni nelle squadre da bassa Lottery, non della terza miglior difesa della stagione.
Nelle ultime due partite i Cavs hanno aumentato del 30% il numero di tocchi sotto canestro: gli Warriors non sono diventati tutto d’un tratto inabili a contrastare i tiri avversari, hanno solo permesso loro di arrivare dove volevano con molta più facilità. Irving ha banchettato dalla media e dalla lunga distanza consapevole del fatto che anche un tiro sbagliato sarebbe stato comunque utile a un possesso dei suoi.
Falli e palle perse
Come nella serie contro i Thunder, per gli Warriors falli e turnover sono tornati ad essere un grattacapo non di poco conto. Sebbene alcune chiamate arbitrali non li abbiano favoriti, la reazione ai problemi di falli di Golden State è apparsa allarmante, vedendoli entrare nel panico ogni volta che il loro miglior giocatore ha pescato un fallo.
Dopo il buio pesto nel primo quarto, Kerr ha deciso di tenere in campo l’MVP anche dopo il terzo fallo nel secondo periodo e il quarto nel terzo — ma ciò ha inaspririto ancora di più la scarsa efficacia di Curry in difesa. Già reduce da due gare ampiamente sotto la sufficienza difensiva, Steph si è visto costretto ad alzare bandiera bianca ogni volta che Kyrie lo ha puntato pur di non concedere ulteriori falli — per quanto tre siano state chiamate molto dubbie, e comunque non consone al metro di gara adottato dagli arbitri.
Il quinto fallo fischiato a Curry a inizio del quarto periodo, quando gli Warriors erano rientrati a -9 e sarebbero potuti andare sul -7. Dei 14 turnover di Golden State molti sono nati da rubate meno pulite di questa (per quanto preceduta da due colpi sul costato quando Irving ha messo palla per terra)
Ma anche con la ragione dalla propria, Curry non ha fatto nulla dopo il quinto fallo per evitarne un sesto, giocando in maniera estremamente fisica su tutti i palloni e commettendo falli stupidi il più delle volte, quasi sfidando gli arbitri a fischiargli il sesto fallo. Golden State ha finito per commettere un errore di approccio: non puoi farti trovare impreparato a un’eventualità del genere, quando un solo uomo, per quanto importante sia, si trova nei guai per falli. Soprattutto, anche senza Steph non avrebbero dovuto subire così tanto in difesa, visto che è il loro chiaro punto debole.
A fine del secondo quarto Cleveland aveva Love, Shumpert e RJ oltre i 3 falli a testa, cosa che ha costretto Dahntay Jones a trovare minuti e gloria in questa partita. Ma i Cavs non si sono fatti intimidire dalla situazione, continuando nel loro piano partita e chiamando all’appello tutti i giocatori a roster, anche un redivivo Mo Williams che ha preso i minuti di Dellavedova. Dall’altra parte solo Brandon Rush è entrato a fine terzo quarto, giocando peraltro decisamente bene in difesa — ma i fantasmi di Golden State erano semplicemente troppi da affrontare in una notte sola, e Kerr si è fatto travolgere dagli eventi invece di riuscire a domarli.
Se i falli sono stati il legno, le palle perse hanno rappresentato i chiodi nella bara dei campioni in carica. LeBron e Kyrie hanno migliorato le lune della loro squadra riducendo progressivamente i passaggi fatti e quindi le possibilità per gli avversari di giocare sulle linee di passaggio; Golden State invece ha insistito nel muovere la palla anche quando la scelta giusta era quella di tirare. Non sempre il passaggio in più porta risultati, e gli Warriors sono andati spontaneamente nelle fauci avversarie, forzando passaggi a tutto campo su cui i Cavs riuscivano ad arrivare per primi, o facendo passaggi deboli e superficiali permettendo ai vari James, Irving, Smith e Jefferson di propiziare un recupero (12 di squadra alla fine per 19 punti in contropiede).
Dopo un grandioso recupero, Draymond spreca il possibile canestro -7 a sette minuti dalla fine. L’azione si concluderà con un layup di James per il +11
Adesso, dopo aver sprecato due match point, a Golden State rimane solo la possibilità di vincere Gara-7 tra le mura amiche o perdere dolorosamente un titolo che sembrava già vinto. Sebbene i pronostici per una partita del genere vadano sempre alla squadra di casa, i grattacapi dei campioni in carica sono aumentati a dismisura. Oltre a una serata ispirata da parte dei suoi, Kerr deve ritrovare tutti i giocatori della sua squadra (a partire da Barnes e Ezeli), capire cosa fare di Iguodala e come impiegarlo in difesa ora che la schiena è venuta a pagare dazio, riuscire ad arginare Tristan Thompson a rimbalzo e trovare un modo per riportare LeBron su livelli umani.
Sono tante cose da sistemare, e il calore e il supporto della Oracle arena potrebbero non bastare per sollevare di nuovo un trofeo che era già praticamente nelle loro mani.