Questo articolo è stato realizzato in collaborazione con NOW TV.
Il Cagliari allenato da Massimo Rastelli è un fenomeno anomalo per il nostro campionato: dopo i 6 incassati dal Pescara contro la Lazio non è più la peggiore difesa della Serie A, ma lo è stata a lungo subendo 48 gol nell’arco di tutto il campionato (50 la squadra di Oddo) con una media 2,09 subìto a partita; nonostante ciò, la squadra sarda era già praticamente sicura di salvarsi prima di Natale e oggi, con 27 punti, naviga a distanza di sicurezza (+13) dalla retrocessione.
A cavallo tra novembre e dicembre ha passato un periodo turbolento che sarebbe potuto costare la panchina a Rastelli, una striscia negativa di 3 sconfitte e 1 pareggio che potrebbe replicare all’identico se la prossima settimana dovesse perdere contro la capolista Juventus.
Già a fine 2016 Rastelli ha dovuto mettere mano alla propria squadra per cercare di sfruttare al meglio le caratteristiche dei suoi giocatori, anteponendo la solidità difensiva a ogni altra priorità, e qualche miglioramento in effetti si è visto: sono diminuiti i tiri concessi all’interno della propria area di rigore, per i quali era fanalino di coda fino a qualche tempo fa. Quasi tutte le statistiche difensive restano pessime - la squadra sarda è la penultima in Serie A per xG concessi a partita (1,6) e l’ultima per tiri totali concessi a partita (16,8) - ma il Cagliari è uscito meglio di come ci si aspettava anche dalle trasferte contro Milan e Roma: dopo le valanghe di gol incassati contro squadre di livello superiore (per tre volte, contro Fiorentina, Torino e Napoli, la difesa sarda ha subito 5 gol) le due sconfitte per 1-0 sono tutto sommato accettabili. Persino durante l’ultima sconfitta con l’Atalanta (2-0) il Cagliari ha subito meno che in passato (a fronte dei 2 gol subiti, il valore degli xG negativi era uno dei più bassi della loro stagione: 1,2).
Parte della situazione dipendeva dal fatto che il Cagliari ha traslato dalla Serie B quel 4-3-1-2 con il rombo a centrocampo che Rastelli schierava all’inizio anche in fase di non possesso. Il modo in cui il sistema difensivo del Cagliari è interessante per capire sia le difficoltà di una neopromossa che deve rivedere le proprie ambizioni di gioco al ribasso, sia i limiti difensivi dei moduli con il rombo a centrocampo.
Le difficoltà iniziali
Il 4-3-1-2 ha in generale il difetto di dare poca copertura orizzontale, costringendo tutta la squadra a scorrere da un lato all’altro del campo sui cambi di gioco. In alternativa, per non difendere con soli 7 uomini nelle ultime due linee, si può provare ad aggredire gli avversari in avanti. Inizialmente, il Cagliari di Rastelli, faceva proprio questo. Le cose sono cambiate dopo la trasferta di Empoli che ha mostrato i suoi limiti nelle scalate in avanti.
Nel primo gol l'uscita troppo lunga (ma giusta nel concetto) della mezzala Barella sul terzino empolese Zambelli ha mandato fuori tempo la scalata del terzino Pisacane sulla mezzala Krunic, e quella di Ceppitelli su Marilungo.
Il primo gol dell’Empoli con i ritardi sulle chiusure nel lato sinistro.
Il Cagliari faceva tantissima fatica a difendere il campo in verticale, oltre che in orizzontale, anzitutto perché lo spazio che la mezzala doveva chiudere per andare in pressione sul terzino era troppo ampio e la squadra intera rischiava di rimanere a metà strada con un pressing a vuoto: situazione sfruttata anche da Fiorentina e Atalanta, che per una volta hanno impostato a 4 cercando proprio l'uscita sul terzino che mandasse a vuoto la mezzala del Cagliari.
Questo anche è un problema generale che mostra il modulo con il rombo se non si trovano soluzioni per cambiargli di forma in fase difensiva, e per questo in molti moduli che prevedono un trequartista sono previsti uno o più scivolamenti in fase difensiva (esempio: il 3-4-2-1 della Fiorentina di Sousa che diventa 4-4-1-1 senza palla).
Il 4-3-1-2, se è schierato esattamente come viene scritto, con il trequartista che va in pressione sul mediano avversario, e le due punte davanti, rischia anche di lasciare molti spazi di ricezione tra le linee e sui lati. Di questo il Cagliari se n’è accorto nella partita contro il Napoli: la squadra di Sarri aggirava la pressione di quella di Rastelli con le catene laterali,mentre in altri casi attendeva l'uscita di un centrocampista sardo per giocare una palla tra le linee o alle spalle della pressione. In questo caso non stupiscono più di tanto i 5 gol subiti.
Barella su Jorginho, Sau e Borriello spaesati: Dessena e Tachtsidis si alzano sulle mezzali napoletane (Hamsik e Zielinski). Si apre quindi lo spazio tra le linee per Mertens ed è spalancato quello per Hysaj da inizio azione. Il movimento di Dessena a seguire Hamsik libera ulteriore spazio per la catena sinistra: Sarri la indica e Chiriches pesca la combinazione tra Strinic e Insigne.
Contro la Juventus, che impostava con i 3 difensori, Rastelli ha deciso di effettuare una variazione nel gioco: allargando le punte in pressione sui due difensori laterali juventini, e bloccando le mezzali. Anche contro l’Inter, per prevenire la salita simultanea dei terzini nerazzurri in fasi successive dell’azione, il Cagliari ha giocato con i due attaccanti che in fase difensiva si allargavano al punto da formare quasi in un 4-3-3 un po' più basso, che garantiva comunque la possibilità di risalire il campo con un numero sufficiente di giocatori offensivi, ma con le punte più larghe il Cagliari consentiva all'Inter di uscire un po' più facilmente per vie centrali.
Prima Melchiorri pressa Santon, poi l’Inter esce facilmente con un tracciante da Murillo a João Mario su cui esce tardi Tachtsidis.
Qualcosa doveva cambiare
Ovviamente il problema principale del rombo è che quando la squadra scorre in pressione sulla linea laterale la linea dei 4 difensori è costretta ad accompagnare scoprendo molto il lato debole, esponendo il terzino all’isolamento con l’ala avversaria su un possibile a cambio di gioco .Questo ha spesso costretto il Cagliari a scappare indietro, perdendo campo ed energie.
La coperta del Cagliari, cioè, era quasi sempre corta: il campo era sempre troppo lungo e troppo largo, ma era anche difficile accorciarlo in avanti aggredendo.
L’atteggiamento è stato spesso più aggressivo di quanto forse avrebbe dovuto essere e provando a recuperare palla ha messo a nudo tutti i difetti nella rapidità e nelle letture in anticipo di molti giocatori tra quelli in campo, soprattutto di Ceppitelli e Tachtsidis. Anche Bruno Alves non ha più la freschezza atletica per essere reattivo ad accorciare in avanti e se i tre riferimenti difensivi centrali sono tutti fuori dalla comfort zone è normale che si creino degli scompensi.
Ma persino quando la linea sembrava comodamente schierata Bruno Alves e - specialmente - Ceppitelli hanno avuto difficoltà a gestire attaccanti potenti o particolarmente rapidi nei movimenti, sia negli spazi brevi che in profondità.
Mertens, nel primo gol del Napoli, e Mchedlidze nel secondo dell’Empoli, sono scappati via con velocità ma forse troppo facilmente alla marcatura di Ceppitelli; che è rimasto praticamente sul posto anche quando puntato in velocità da Marilungo sul primo gol dell'Empoli e da Mertens sul quinto del Napoli.
Tutto troppo facile.
Le uniche certezze del reparto arretrato arrivavano dai duelli aerei: Bruno Alves (sia per la stazza che per l'esperienza nel posizionamento) è il settimo difensore in Serie A per duelli aerei ingaggiati (4,4 per 90 minuti, ne vince il 75%), Bartosz Salamon (centrale di riserva) ne ha 5,2 per 90 minuti (69% vinti) e anche Ceppitelli ne ingaggia 3,8 per 90 minuti (ma ne vince di meno, il 58%). Non è un caso che Dzeko nell'ultima trasferta all'Olimpico, con il Cagliari a difesa schierata, abbia creato tre limpide occasioni (tra cui il gol) cercando sempre il duello aereo contro il terzino Murru anziché contro i centrali. E nelle partite in cui il Cagliari si aspetta di difendere molto diventa fondamentale la presenza di Tachtsidis: è nettamente il migliore della squadra sia per palloni intercettati (3 ogni 90 minuti) che per contrasti ingaggiati (3,3 per 90 minuti, ne vince il 79%).
Rastelli, come vedremo tra poco, ha tenuto delle caratteristiche dei suoi difensori e di quelle del resto dei giocatori in rosa: Barella è adatto come mezzala ma anche come trequartista grazie al suo dinamismo sia con che senza palla; Di Gennaro è fondamentale per pulire l'uscita del pallone ma - essendo un trequartista naturale - non ha sufficienti doti difensive per fare il mediano; Padoin e Dessena - essendo stati anche terzini in carriera -da mezzali sono utilissimi nei raddoppi sugli esterni, o in ripiegamenti profondi vicino ai terzini (ed è indicativo anche il frequente uso di Isla anche come mezzala).
Le contromisure
Quindi, con dei centrali di difesa lenti ma buoni nel gioco aereo, con i problemi ad accorciare dello stesso Tachtsidis e con tutti i difetti di squadra sopra elencati nell'aggressione e nella difesa dello spazio con 7 uomini schierati, Rastelli a partire dall'ultimo match prima della sosta natalizia (contro il Sassuolo) ha capito che l'unica soluzione possibile per non sbilanciarsi in ogni partita era quella di difendere con una copertura maggiore, facendo ripiegare cioè, almeno uno dei giocatori più avanzati. D'altronde, con il pressing spesso inefficace, la posizione media del recupero palla era già piuttosto bassa.
Da quel punto in poi Rastelli ha iniziato a prendere contromisure speculative e attentamente calibrate sulle caratteristiche dell'avversario. Rastelli in ogni partita ha previsto degli scivolamenti verso il basso del trequartista o anche di una punta, creando di fatto dei veri e propri moduli fluidi, differenti tra fasi di possesso e di non possesso, ormai non più una novità in Serie A.
Contro il Sassuolo, Rastelli ha insistito sul 4-3-1-2 in fase di possesso, che però diventava un 5-3-2 in fase difensiva: con Barella che da trequartista scivolava a centrocampo e Padoin che da mezzala scendeva come esterno sinistro sulla linea a 5, con Capuano che stringeva verso il centro. In questo modo i cambi di gioco venivano coperti meglio, ma restava comunque troppo spazio sul lato debole per via della linea a 3 di centrocampo che scorreva su tutto il campo visto che i terzini rimanevano bloccati.
Sul gol di Adjapong, ad esempio, Pisacane rimane bloccato, la linea di centrocampo scorre tutta e libera molto spazio a Mazzitelli sul lato debole: suo l'assist per il taglio di Adjapong.
Contro il Genoa, invece, Rastelli è tornato al 4-3-3 (lo aveva utilizzato anche contro il Torino, ma in quel caso diventava 4-5-1 in fase difensiva) come reazione alle catene laterali naturali del 3-4-3 di Juric. Con tre uomini per fascia, Rastelli si preoccupava poco del centro ma cercava soprattutto marcature a uomo naturali sui lati.
Cagliari con il 4-3-3 anche in fase di non possesso: l'esterno João Pedro segue Muñoz che si sgancia, gli altri esterni del Genoa sono accoppiati e seguiti a uomo.
Una tattica che, invece, nell'ultima partita contro l'Atalanta - squadra molto simile al Genoa nei princìpi - è stata resa impossibile dall'infortunio contemporaneo di tutti gli esterni d'attacco: Rastelli in quel caso ha disposto un 4-1-4-1 nel quale, almeno inizialmente, era la mezzala di parte a scalare sul centrale di fascia se si decideva di attaccare un po' più in alto la costruzione atalantina (più spesso dopo i due gol subiti dopo pochi minuti), chiamando alla scalata in avanti Tachtsidis sul mediano lasciato libero dalla mezzala. Gli altri esterni nerazzurri venivano invece accoppiati rispettivamente agli esterni di difesa e di centrocampo del Cagliari, ma hanno fatto fatica a reggere il ritmo delle combinazioni atalantine.
Una delle occasioni in cui la mezzala (qui Barella) usciva sul centrale di fascia e Tachtsidis abbandonava la sua posizione tra le linee scalando in avanti su Kessié. Gli esterni di centrocampo (qui Isla e Dessena) non potevano abbandonare gli omologhi atalantini (Conti e Spinazzola) per non lasciare i terzini in inferiorità numerica.
Le trasferte contro Milan e Roma sono state preparate in maniera simile. A San Siro il Cagliari partiva dal 4-3-1-2 e ha oscillato tra 4-5-1 e 5-4-1 in fase difensiva, preoccupandosi di sbarrare le verticalizzazioni di Romagnoli in impostazione con il centrocampo a 5 oppure, in alcuni casi, con Isla o Dessena che si abbassavano sulla linea dei difensori a 5 per coprire tutta l'ampiezza e la salita del terzino sinistro del Milan.
All'Olimpico invece il Cagliari è sceso in campo con il 4-3-3 con Isla esterno destro di attacco: un chiaro segnale della volontà di Rastelli di difendere con il 4-5-1. Alternativamente, il Cagliari si schierava con il 4-4-2 per non lasciare Borriello troppo solo (contro Federico Fazio, per giunta, con cui è quasi impossibile vincere duelli aerei), lasciandogli anche Farias vicino per non schiacciare troppo la squadra.
Anche due settimane fa contro il Bologna, una squadra teoricamente meno dotata delle altre, il Cagliari è scivolato in un 4-4-2 compatto e abbastanza basso in fase difensiva. Il Cagliari nelle ultime quattro partite ha così subìto un solo gol in ciascuna gara, contro i 2,33 di media fino a Cagliari-Sassuolo.
La difficoltà nelle ripartenze, come visto all'Olimpico, è il principale problema di un atteggiamento più accorto nella fase difensiva. Tuttavia, sia Sau che Farias danno garanzie nella risalita palla al piede o nei tagli in profondità, mentre Borriello e Giannetti offrono ottima protezione spalle alla porta per permettere alla squadra di rifiatare e riprendere campo.
Schiacciarsi all’interno della propria metà campo potrebbe non essere un problema per il Cagliari avendo sia punte veloci (e qui i rimpianti per il lungo infortunio di Melchiorri, definito da Rastelli un «maestro delle ripartenze») che fisiche che possano fare da punti di riferimento per i lanci lunghi, e anche un centrocampista rapido e tecnico nella conduzione come il giovane Nicolò Barella, sempre più consapevole di sé stesso.
In ogni caso, la difesa posizionale ha dato certezze al Cagliari: le distanze si sono accorciate e lo spazio da difendere per ciascun giocatore è diminuito. Adesso i difensori centrali sono più a proprio agio dovendo difendere quasi solo i cross (da cui, comunque, sono venuti i gol di Simeone e Dzeko contro Genoa e Roma). Rastelli - aiutato da Nicola Legrottaglie, assunto come suo vice dalla società con lo scopo di migliorare gli equilibri difensivi - ha saputo mettere mano a una squadra che soffre ancora i duelli individuali ma che complessivamente ha trovato un nuovo equilibrio: perché la Serie A, per le squadre piccole come il Cagliari, è un esercizio darwiniano di adattamento continuo per la sopravvivenza.