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Il Classificone: Ottobre
16 ott 2015
Ritorna il rinnovato Classificone, la rubrica più amata de l'Ultimo Uomo: sempre più assurda, gigantesca ed esoterica.
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38 min
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Benvenuti al primo appuntamento dell'anno con il Classificone de L'Ultimo Uomo, la rubrica in cui mettiamo in lista le cose più belle, e pazze, e interessanti, e strane, e intelligenti capitate nell'universo sportivo nell'ultimo mese.

In questa puntata: i tradizionali appuntamenti con i migliori gol e i cambioverso; le facce nuove della Serie A che fino a qualche settimana fa ignoravamo; i migliori giocatori del Mondiale di rugby. E ancora: un osservatorio dedicato alle cose più assurde che sta facendo Lewandowski; i migliori tweet; le squadre rivelazione; le statistiche più strane. E infine: le migliori cose della stagione di baseball e 3 momenti particolarmente surreali.

Buona lettura!

I migliori gol

di Daniele Manusia (@DManusia)

5. Mario Balotelli v Udinese, 22 settembre. Punizione

In questa classifica selezionerò i gol delle prime 7 giornate di campionato. Se avete letto i passati Classificoni ormai sapete che quella che state per leggere è una classifica personale e che le ragioni per cui scelgo i gol non sono sempre condivisibili. Ad esempio, qui non ci sono l'ennesima rovesciata di Pinilla – ormai è chiaro che per Pinilla è solo un'alternativa al colpo di testa, non c'è neanche bisogno di coordinarsi, sforbiciare, basta cadere all'indietro alzando la gamba, e a Sabaudia i cani addestrati di Totti fanno rovesciate uguali a questa tutti i giorni – o il tiro a giro di Felipe Anderson, che ha una parabola così arcuata e inarrivabile per il portiere che sembra quasi un tiro da 3. Ho scelto invece di cominciare dalla punizione di Balotelli perché ha mandato in pezzi per un momento la mia idea di realtà facendomi chiedere: se non ci fosse stata la rete a fermarla, dove sarebbe arrivata quella palla? Magari avrebbe continuato la sua corsa, alla stessa altezza da terra e a velocità costante e, con un po' di fortuna, senza ostacoli sul suo percorso, avrebbe fatto il giro della terra e avrebbe colpito Balotelli dietro la nuca. Chi lo sa.

4. Gonzalo Higuain v Lazio. Assist: Radu

Higuain è la cosa più vicina all'idea comune di “centravanti”. Se vi chiedessi di chiudere gli occhi e visualizzare un “tavolo”, pensereste a una superficie piana con quattro zampe. Se chiudete gli occhi e provate a pensare all'idea di centravanti vi verrà in mente questo gol (o magari quello segnato alla Juventus). Higuain non è perfetto sotto nessun punto di vista, ma di attaccanti ossessionati come lui dal gol non ce ne sono molti in giro. Non è una questione statistica, di medie gol o dell'importanza dei gol segnati, in quel caso dovremmo dare un giudizio molto più ampio di Higuain. Quello che mi interessa qui è la sua ossessione genuina per la porta avversaria, che magari lo rende infelice la maggior parte del tempo ma che in alcuni casi si trasforma in volontà di potenza; e tutti i discorsi tattici, tecnici, filosofici finiscono schiacciati sotto l'idea primordiale di calcio come: prendere palla e andare a fare gol. Non importa da quanto lontano, contro quanti avversari, Higuain ha deciso di puntare la porta appena vede quella palla vagante. Certo, la difesa laziale e Marchetti non sono impeccabili, ma è difficile fermare un uomo con un'idea fissa. Leggetevi i resoconti della gente tenuta in ostaggio o rapita, con i pazzi si finisce per collaborare anche non volendo.

3. Paloschi v Lazio. 30 agosto. Assist: Totti. Ah no, Meggiorini

La retorica sportiva è troppo ricca di sottovalutati, di sarebbe potuto essere ma. Tutti noi pensiamo di valere di più della somma delle nostre scelte ma i talenti larger than life sono rari, per fortuna. Quando ci riesce qualcosa di così eccezionale dovremmo accontentarci, incorniciare la gif in salotto e mostrarla ai nipoti con fierezza, ma senza dargli troppa importanza, come al resto delle gioie terrene. Dal Bhagavadgita: «Gli ignoranti agiscono per attaccamento all'atto. Anche il saggio deve agire, ma senza attaccamento, mirando solo all'integrità dell'universo». No Meggiorini, non te ne verrà nulla da questa bellezza unica, non potrai prenderti tutte le cose di Totti e nessuno cambierà idea sul tuo valore generale per un solo singolo gesto, così come non sarà questo paragrafo a cambiare la mia carriera, così come sono pochissime le vite cambiate da una sola singola idea. Presto ci dimenticheremo di Meggiorini, ci dimenticheremo di questo gol, ma adesso – a ottobre 2015 – è ancora “vivo” e vale la pena celebrarlo. E dobbiamo ringraziare anche Paloschi, che non ha rovinato tutto. Che poi alla fine è proprio Paloschi a prendersi il terzo posto di questa classifica, non Meggiorini.

2. Marco Benassi v Palermo. 27 settembre. Assist: Maxi Lopez

Questo gol è in seconda posizione perché la sua è una di quelle bellezze naturali che possono ispirare poesie e far innamorare, ma difficili da scomporre e classificare. Cosa ci dice sui limiti umani, sugli sforzi, le difficoltà, i sacrifici e le ricompense, sulla nostra capacità di innalzarci al di sopra dei nostri istinti? Benassi scivola all'ultimo, perché scivola non è neanche chiaro, avrebbe potuto coordinarsi e calciare al volo: invece scivola quasi sul posto, come i ragazzini che fanno le mezze-rovesciate sul letto. È un movimento di una fluidità incredibile, Benassi si trasforma in superficie, riflette il pallone come uno specchio la luce. Non ci mette neanche molta forza nel calciare, sembra quasi che la palla faccia tutto da sola. Senza sforzo. Benassi non l'ha cercato, è il gol che è andato da Benassi, lui ha solo dovuto assecondare la natura delle cose. Benassi sembra consapevole che la vita è composizione e disfacimento, che questo gol non gli appartiene, ha a cuore l'integrità dell'universo. Se riuscite a mettere pausa nel momento esatto in cui la palla entra in contatto con il piede di Benassi sul vostro computer si aprirà un piccolo buco nero: guardateci dentro come se fosse una serratura e dall'altra parte vedrete dio.

1. Joan Verdú vs Atalanta. 4 ottobre. Assist: Kalinic

La prima posizione di questo mese si spiega con ragioni personali. Da un paio di mesi sto facendo avanti e indietro dall'ospedale per una persona cara, e per questo seguo in diretta quasi solo le partite della mia squadra del cuore, la Roma, e anche in quei momenti non provo nessun sollievo. La Fiorentina vista da lontano ha lo stesso effetto delle foto di Facebook di un amico felice, una normalità per me lontanissima: un salotto, un cane, una ragazza che sorride davanti a un piatto cucinato così così. Ho letto tutto quello che è stato scritto di Paulo Sousa, lo ricordavo nel documentario sul Queens Park Rangers di Flavio Briatore, The Four Year Plans, e non faceva una bella figura costretto sotto il carisma squallido dell'imprenditore italiano – che, adesso che ci penso, sembra la sua versione, appunto, squallida: brizzolato, abbronzato, con un'idea di piacevolezza fisica, però, cinica, che tiene conto dei soldi. Paulo Sousa è diventato, in queste poche settimane, una consolazione per me, e senz'altro c'entra il fatto che in questo momento ho bisogno di figure paterne stabili, sicure, serene. Guardatelo quando esulta sopo il gol di Verdú: Paulo Sousa è un uomo che non conosce sofferenza, per cui la sofferenza su questa terra non esiste. E lo dico sapendo che non è possibile, ma non ne posso più di figure tragiche, o squallide (squallido o tragico, in Italia non se ne esce: Briatore o Lo Cascio, Berlinguer o Berlusconi). La serenità di Paulo Sousa si trasmette alla sua squadra: all'assist di Kalinic, che ricorda quello di Cantona per Irving (che, in Looking for Eric, il personaggio di Cantona dice essere il suo momento preferito), con la differenza che Kalinic è spalle alla porta e la sua torsione è ancora più innaturale. Una serenità che si trasmette alla volé di destro di Verdú, un gesto eseguito con la sicurezza e l'immediatezza del tennista salito fino a un metro dalla rete per chiudere il punto, con l'avversario che si risparmia la corsa da una parte all'altra del campo. Posso persino sorvolare sulla carriera di Verdú, su tutti bivi strani e apparentemente insensati che ha dovuto prendere per trovarsi lì quel giorno. Viviamo di momenti. Verdú, Kalinic come Cantona, Paulo Sousa, e questo gol sono una consolazione per chiunque nel calcio cerchi storie e significati oltre alle gioie materiali del tifo. Guardateli quando esultano tutti insieme: che famiglia felice.

Bonus: il goleador con il nome più bello di queste prime settimane.

Ryder Matos. Pronunciatelo ad alta voce, pensate di essere voi a chiamarvi Ryder Matos e a dovervi presentare agli sconosciuti dicendo: “Piacere, sono Ryder Matos”.

I migliori cambioverso

di Fulvio Paglialunga (@FulvioPaglia)

Sette giornate così, con questa scorta di sorprese, di risultati e classifiche anomale, sono il trionfo del cambioverso. Narrano un campionato strano, che senza risultati chiari costringe a inversioni spericolate di giudizi e opinioni. Così frequenti da, in alcuni casi, essere al secondo giro, al “cambioverso” del “cambioverso”. In mezzo, gli allenatori.

Sarri santo subito!

Come Maurizio Sarri, tanto per iniziare. Un processo di immediata beatificazione partito subito dopo il quattro a zero in casa del Milan ha portato i giornalisti in pellegrinaggio sui luoghi della sua gioventù sportiva…

Durante il viaggio c’è chi ha fatto l’elenco dei miracoli del tecnico con la sigaretta tra le dita (di nascosto, ma tra le dita)…

Ma vincere con il Milan così bene non è stato un caso. È stato, anzi, il segnale giusto. Perché dopo le prime partite (sconfitta con il Sassuolo e pareggio con Sampdoria ed Empoli) Sarri era già un tecnico da rottamare, buono per altre squadre ma non per piazze così accese. Piazze che, in qualche modo, chiedono l’esonero con facilità, come Napoli, almeno con alcuni opinionisti. Al punto che, nelle ricostruzioni, si dice, a metà settembre, che c’è un limite per la pazienza di De Laurentiis.

Quale data? Il 4 ottobre, giorno della gara con il Milan. Quella dello 0-4. Che smentisce tutti, compreso D10S.

Allegri e la rivincita degli altri

Massimiliano Allegri doveva aspettarselo: l’anno scorso ha vinto scudetto e Coppa Italia ed è arrivato in finale di Champions, sorpassando felice tutti quelli rimasti fermi ad aspettare il suo esonero, inutilmente profetizzato nel primo giorno di incarico post-Conte. Ha vinto quasi tutto e ha costretto all’inversione a U troppi commentatori, per essere adesso ancora simpatico.

Certo, la Juve non è partita benissimo, ma il tecnico è lo stesso fintamente osannato solo qualche mese fa. Allora via: partenza lenta e subito ipotesi nefaste. Affidate, come spesso accade, non al proprio parere ma a quello degli altri. Per celarsi. Ad esempio, citare i bookmakers…

Poi passando ai penultimatum (invenzione tutta giornalistica che di tanto in tanto suona come «se perde 6-0 le prossime 10 partite rischia l’esonero», che torna sempre buona nel caso dovesse accadere prima).

Poi, però, c’è la Champions (e la Juve va), c’è la squadra che torna a fare risultati e che promette di poterne fare ancora e allora ecco che tutto torna a essere esaltato. Come da titolo, nel quale improvvisamente non è una squadra a essere a punteggio pieno, ma il suo allenatore.

Sì, Allegri a punteggio pieno. Cambio!

Mihajlovic è partito troppo presto

In estate il Milan avrebbe meritato un cambioverso a parte solo per gli acquisti dati per fatti e poi scomparsi, ma anche per l’ingresso di mr. Bee poi avvolto dal mistero. Di certo doveva essere una grande subito e, dunque, ogni buon segnale diventava gigante.

Prende Mihajlovic per la panchina e tutto, subito, va ricondotto alla sua mano. Anche un’amichevole può bastare…

Poco dopo, è già da esonero: dicono siano pronti Spalletti o Donadoni…

E mettono anche in pista il solito Brocchi, lo spettro di ogni allenatore del Milan pur sempre affiancato da qualcuno (in questo caso, da Lippi)

Poi, però, ancora un cambio. Detta la linea Berlsconi.

Ma anche gli altri...

Senza foto, senza titoli. In rassegna: Garcia, alla Roma, rischia da fine stagione scorsa, ma è diventato eroe dopo il pari con il Barcellona e poi di nuovo un somaro (per chi giudica); Zenga stava per essere esonerato dopo il preliminare di Europa League e poi è tornato mago sottovalutato quando la Samp ha vinto; Pioli come un anno fa stava per essere esonerato (sempre per volontà popolare) dopo le prime partite e ora è di nuovo il motore della Lazio; Mancini vince ed è il tecnico da scudetto per l’Inter e appena rallenta dicono che non lo è più e il resto è culo, Castori era l’eroe del Carpi ed è stato mandato via per la partenza a singhiozzo (sempre alla guida del Carpi eh).

Infine c’è Iachini: rischia l’esonero dal primo turno, perché è un tecnico di Zamparini e prevederlo è facile, ma è ancora lì. Anzi: proprio il presidente ha detto che non lo caccia, perché non servirebbe. Poi, magari, mentre leggevate tutto questo è stato rimpiazzato. Di Zamparini non si può rispondere in un pezzo solo: cambiaverso più volte al giorno.

I 4migliori volti che solo tre mesi fa ma chi erano?

di Fabrizio Gabrielli (@conversedijulio)

4. Riccardo Gagliolo

Gagliolo in effetti ha quella sfumatura-olof-mellberg che immagino lo abbia reso molto quotato in adolescenza tra le ragazzine e odiato dai compagni dell’Itis (mi dà l’impressione abbia studiato da perito industriale), ma mi sembra che la faccenda ultimamente gli stia un po’ sfuggendo di mano. Grazie a sua mamma, svedese, ha acquisito il doppio passaporto, e forte di un paio di prestazioni oneste e sincere con il Carpi s’è già sperticato in sogni a breve termine con la nazionale gialla e blu. Ci sta che allenarsi tutti i giorni con Letizia e Lasagna sia un incitamento all’Ibra dreamin’, ma insomma.

Gagliolo è uno dei migliori interpreti, in questo primo scorcio di stagione, del gesto atletico che in inglese ha un nome bellissimo, clearance, un nome che secondo me esce sminuito dalla traduzione italiana, spazzata, che lo imbrutisce, lo rende più rozzo.

Come si dirà spazzata in svenska?

3. Leonardo Blanchard

Immagino che il Frosinone possa ritenersi soddisfatto di essere arrivato alla prima storica partecipazione in Serie A con la rosa infarcita di giocatori così fotogenici: in una prossima futura auspicabile pubblicazione celebrativa dei frusinati, quel tipo di libri con le copertine in pelle da riporre nelle teche, nella memoria dei tifosi rimarranno inscalfibili i tratti di Soddimo, le facce da guappi di Federico Dionisi e Daniel Ciofani.

Per questo ha senso che il primo gol pesante dei gialloblu sia stato di Leonardo Blanchard, che ha una storia fatta apposta per marcare il segno, per essere incisa con l’inchiostro indelebile. Tifoso juventino e autore del gol che vale pareggio, primo punto in A e invincibilità allo Juventus Stadium in un’unica soluzione.

Mio malgrado, raga.

Perché ha quel fascino dell’hipster intellettualizzato, le braccia tatuate del bassista indie e la barba curata da foodblogger. E poi un cognome così poco grossetano, e allo stesso tempo così simile a quello del suo più illustre concittadino Bianciardi. Pur senza rimanerti impresso nella retina come un primo piano di Bianciardi.

2. Oscar Hiljemark

Oscar è arrivato a Palermo con l’incarnato del colore della statuetta di cui porta il nome, i capelli biondi al vento, l’aria principesca, la faccia pulita perfetta per una confezione in latta di biscotti al burro, eppure il suo impatto con i rosanero è stato lo stesso di un aitante universitario svedese che arriva sulle spiagge di Mondello in un periodo povero di vitelloni da spiaggia: in un attimo si è preso tutti gli sguardi.

Il momento del primo gol in campionato è quello in cui si cominciano a prendere le misure nell’associazione nome-volto.

Forse il pensiero sulla mancanza di vitelloni me l’ha fatto fare la maglia che ha scelto pretenziosamente di indossare: se fossi stato un nostalgico magazziniere del Palermo avrei scucito tutti i dieci e li avrei appiccicati sotto il nome di Vazquez, altro che sotto quello di Oscar.

Dopo la doppietta di San Siro contro il Milan - ma non sono state tanto le reti, quanto il suo verticalizzate il gioco, l’interscambio continuo con El Mudo come fanno il libero con il palleggiatore nella pallavolo, le giocate pulite - ci siamo andati a guardare le sue compile su YouTube: ah, ma giocava con il PSV, ora ho capito chi è!

Ma se al commissariato vi chiedessero di disegnarne l’identikit, sareste davvero in grado?

1. Assane Diousse

L’Empoli di Giampaolo non è ancora (riuscirà ad esserlo mai?) la macchina ben congegnata di Sarri, ma sul cerchio di centrocampo, per compiti e responsabilità, Assane Diousse sembra proprio la fotocopia venuta scura, ma non per questo meno nitida, di Mirko Valdifiori. Dai suoi piedi, nei quali Giampaolo ha installato il centro nevralgico della manovra bassa, di partenza, dall’inizio del campionato sono sempre circolati almeno una cinquantina di palloni, e la percentuale di passaggi completati non è mai scesa sotto l’85%, che voglio dire, son cose: anche perché Assane non si limita al passaggio banale o sicuro, in orizzontale o all’indietro, ma osa verticalizzare, imbeccare Pucciarelli o Maccarone quando tagliano verso l’esterno.

Un’altra sicurezza rispetto ai tempi della primavera.

In campo caracolla, ma la sua non è indolenza: Assane ha diciott’anni appena compiuti, in conferenza stampa è timido com’è giusto che sia, si dondola sulla sedia, ha lo sguardo basso ma con il lampo temprato come l’acciaio di chi è dovuto crescere in fretta, di chi ha bruciato le tappe più per necessità che per vezzo, eppure al contempo ha personalità. Si vede da come tiene le braccia attaccate al corpo quando non ha la palla tra i piedi.

In estate era stato cercato dal Tottenham, dalla Roma, dal Milan: lui ha scelto di rimanere ad Empoli e firmare un quinquennale. Lontano dal Castellani avremmo fatto meno fatica a ricordarne il volto?

I 3 migliori giocatori del Mondiale di Rugby

di Mauro Mondello

1. Daniel Tailliferrer Hauman van der Merwe - CANADA

Daniel Tailliferrer Hauman van der Merwe è senza dubbio uno dei giocatori più sorprendenti di questa prima fase della coppa del mondo di rugby 2015. La ventinovenne ala canadese (ma è nato in Sudafrica, arrivò nella città di Regina, nella regione del Saskatchewan, all’età di 17 anni insieme alla famiglia) ha messo ha segno 4 mete, una per incontro, è leader assoluto della competizione per metri percorsi palla in mano, ben 389, e figura anche nei primi 10 giocatori della rassegna come ball carrier, con 45 penetrazioni, 20 delle quali effettuate conquistando la linea del vantaggio. Aggiungiamoci 18 placcaggi, 14 offloads, 13 difensori battuti in uno contro uno, 5 turnover, e scopriamo come praticamente van der Merwe sia assente dalle statistiche relative ai primi 20 giocatori del torneo per skills individuali, soltanto nelle rilevazioni riguardanti mischie chiuse e rimesse laterali. 1 metro e 87 per 101 chilogrammi, l’ala ex Saracens e Glasgow, passato agli Scarlets gallesi quest’estate, è alla sua terza coppa del mondo ed ha stupito, oltre che per la sua enorme fisicità, per la completezza e la maturità dimostrata sul campo, sia in attacco che in difesa. Nello schieramento canadese van der Merwe ha dimostrato di essere, più che una semplice ala, un giocatore totale, capace di aiutare i centri in fase di placcaggio, sempre ben posizionato nelle ricezioni dall’alto ed in appoggio all’estremo Matt Evans, letale nelle ripartenze e capace di rompere almeno il primo placcaggio: ne sa qualcosa l’Italia, a cui van der Merwe ha segnato una delle mete più belle di questa coppa del mondo.

2. Michael Leitch - GIAPPONE

Fra i segreti del grande exploit della squadra giapponese nella Rugby World Cup 2015, c’è la straordinaria crescita del capitano Michael Leitch. Il flanker di origine figiana, arrivato in Giappone all’età di 15 anni, ha dimostrato di essere una delle terze linee più forti di questo mondiale. Leitch è il leader, a pari merito con l’azzurro Francesco Minto, nella classifica per placcaggi messi a segno in questa coppa del mondo, ben 51. Ma a far comprendere l’importanza delle sue prestazioni per il XV allenato da Eddie Jones sono i numeri che lo posizionano in testa nella competizione anche per le statistiche come ball carrier, ben 60 ripartenze, ed attacchi portati oltre la linea del vantaggio, addirittura 36, elementi che chiariscono il ruolo determinante che il numero 6 giapponese ha rivestito negli equilibri tattici di una squadra che è riuscita a mettere a segno una delle sorprese più grandi nella storia dello sport (per chi se la fosse persa, parliamo della vittoria del Giappone contro il Sudafrica all’esordio). A rappresentare perfettamente lo spirito di Leitch e l’importanza del suo carisma, della sua corsa, delle sue skills difensive per l’equilibrio del XV giapponese c’è il placcaggio portato in rincorsa, contro Samoa, su Kahn Fotuali’i, lanciato verso la meta. Un gesto che unisce forza fisica, visto il tipo di impatto laterale che riesce a portare in corsa, enormi capacità atletiche (se guardate l’inizio dell’azione, vedrete Leitch rientrare di spalle da un punto d’incontro), l’intelligenza tattica di seguire una linea di rientro perfetta per la chiusura difensiva e l’approccio tecnico di un placcaggio portato su tutto il corpo, in modo da eliminare qualsiasi possibilità di offload per il giocatore samoano.

3. Bernard Foley – AUSTRALIA

Impossibile tenere fuori dalla lista l’autore della prestazione individuale più impressionante vista sin qui alla Coppa del Mondo di Rugby 2015. La vittoria degli Wallabies contro i padroni di casa inglesi non ha soltanto eliminato il XV britannico dalla corsa mondiale, ma ha soprattutto mostrato al mondo il talento di un numero 10 sul quale in pochi avrebbero scommesso prima della rassegna iridata. Ben 28 dei 33 punti con i quali la nazionale australiana ha schiantato l’Inghilterra sono infatti arrivati proprio da Foley, autore di due mete e protagonista di una prestazione di assoluta personalità. Aldilà della straordinaria precisione al piede mostrata durante tutti e quattro i match giocati dall’Australia, (Foley ha calciato con una percentuale dell’89%), a sorprendere è stata la maturità con la quale il mediano di apertura dei Warathas ha saputo prendere in mano la squadra, proprio nella partita più importante della prima fase.

Nelle settimane precedenti l’arrivo in Inghilterra su Foley aleggiavano gli spettri di Matt Giteau, Quade Cooper e Matt Toomua, invocati dalla stampa australiana per il ruolo di guida dei tre-quarti. Il ragazzo di Sydney, 26 anni ed all’esordio nella competizione mondiale, ci ha messo appena due partite per far ricredere i suoi detrattori, mostrando un bagaglio tecnico che unisce capacità di corsa da utility back, intelligenza tattica nella gestione della palla, grande solidità difensiva ed una straordinaria lettura del gioco sia nelle fasi di ripartenza che in situazione di avanzamento. Se l’Australia dovesse raggiungere almeno le semifinali, un traguardo decisamente alla portata per il XV allenato da Michael Cheika, il dottor Foley (laureato infatti in Economia alla Sydney University nel 2012) potrebbe raggiungere la definitiva consacrazione nel rugby mondiale. Niente male per un ragazzo che gioca ad alti livelli soltanto dal 2011 e che si era fatto notare dai tecnici australiani per i suoi exploit nella nazionale australiana di Seven. Vedere per credere gli highlights completi di Inghilterra – Australia. La seconda meta è un concentrato unico di bellezza rugbystica: velocità, tecnica, gioco alla mano, intelligenza tattica. Anche il passaggio che libera Ashley-Cooper al minuto 2:58 per la meta finale di Giteau non è niente male.

Osservatorio Lewandowski

di Emanuele Atturo (@Perelaa)

Dedicato ai record e a tutte le assurdità – statistiche, tecniche, fisiche – di cui Lewandowski si sta rendendo protagonista nella stagione calcistica 2015-16.

È il 14 ottobre, sono le 22 UTC e Robert Lewandowski ha segnato 22 gol in gare ufficiali.

Nelle ultime 6 gare RL ha segnato 15 reti.

L’attuale media gol di RL è di 1,83 periodico.

Mettendo in scia l’attuale media gol di RL su un campione medio di 50 presenze tra nazionale e club raggiungerebbe la quota di 91,6 gol in una stagione secca, stracciando il precedente record di Messi di 82.

A questo punto della stagione RL ha segnato, da solo, più gol delle seguenti squadre:

- Tutte quelle della Serie A

- Tutte quelle della Premier League

- Tutte quelle della Liga

- Tutte quelle della Ligue 1

- Juventus e Milan, messe assieme

Lo stato dei record, raggiunti o possibili, al momento:

Record di gol nelle qualificazioni europee ✔

Tre gol più veloci in Bundesliga ✔

Quattro gol più veloci in Bundesliga ✔

Cinque gol più veloci in Bundesliga ✔

Sei gol più veloci in Bundesliga

Maggior numero di gol in una sola partita

Record di gol da subentrato ✔

Record di gol di testa in una sola stagione

Record di gol durante l’Oktoberfest ✔

La media gol, su anno solare, rispetto a Messi e a Cristiano Ronaldo:

Lionel Messi 45 in 53 partite (0,85)

Cristiano Ronaldo 42 in 43 partite (0,98)

Robert Lewandowski 40 in 42 partite (0,95)

Lo screenshot sulle prestazioni di Lewandowski (dal 12/09 all’11/10, tratto da Whoscored.com)

I migliori gol di Lewandowski in questo mese (dal 12/09 all’11/10)

5. Il gol più patriottico (8/10 vs Scozia)

Al minuto 93 mancano pochi secondi alla fine della partita e alla vittoria della Scozia sulla Polonia che metterebbe seriamente a rischio la qualificazione dei biancorossi. C’è una punizione morbida che bassa in mezzo a una foresta di gambe, tocca il palo e balla sulla linea. Alcuni giocatori della Polonia stanno già esultando, annebbiati dalla stanchezza: solo RL mantiene la lucidità di capire che la palla deve essere spinta e allora ci si butta come si fa sugli scivoli di Hydromania, provando a rendere più letterale possibile l’assunto per cui “Lewandowski ha trascinato la Polonia agli Europei”.

4. Il gol più interventista (12/09 vs Augsburg)

“He scores when he wants” è un coro frequente nelle curve inglesi. Nessuno però avrebbe il coraggio di cantarlo a RL perché è l’unico giocatore al mondo per cui non sarebbe solo un modo di dire. Qui il Bayern sta perdendo in casa contro l’Augsburg, Lewandowski ha la palla tra i piedi a centrocampo quando decide di segnare il pareggio innescando la sua volontà di potenza. Dribbla un primo giocatore ma poi sta per scivolare e subisce il recupero di un uomo da dietro, che però butta letteralmente per terra. Scarica su Müller inserendosi in area e reclamando la palla: il tedesco invece tira, e sulla respinta del portiere TAC. Il titolo del video del canale ufficiale della Bundesliga è “Robert Lewandowski si prende la sua ricompensa” e nella descrizione si dice «Voleva questo gol a tutti i costi!».

3. Il gol con lo stop (04/10 vs Borussia Dortmund)

Il Bayern ha distrutto il Borussia di Tuchel (5 a 1) ricorrendo spesso ai lanci lunghi dalla difesa. RL ha quindi spostato il livello di difficoltà provando a segnare senza sporcarsi della volgarità di una conclusione, semplicemente stoppando un lancio di 50 metri.

2. Il miglior gol da tedesca (11/10 vs Irlanda)

Bisognerebbe caricare una compilation di TUTTI I gol di Lewandowski in cui a ogni tiro corrisponde il fragore di un’esplosione (qui c’è un campionario). In questo gol (per cui sceglierei la n°3) esegue un colpo di testa con cui probabilmente avrebbe potuto uccidere un uomo. La palla, a quanto pare, viaggia a 83 km/h: su un cross basso, moscio, su cui Lewandowski ha usato la sua testa come se fosse il suo piede. Immaginate giocare con RL a tedesca.

1. Il gol più bello (22/09 vs Wolfsburg)

È il quinto segnato al Wolfsburg, quello dopo cui ci siamo chiesti se RL venisse dal pianeta terra come noi. La posa plastica assunta dal corpo di Lewandowski nel momento esatto dell’impatto con il pallone è quella che vorrei che raffigurassero nella statua che gli dedicheranno a Varsavia, accanto a quella di Chopin.

I peggiori tweet del mese

di Matteo Gagliardi (@stai_zitta)

Per chi non lo sapesse in questa classifica dei peggiori tweet sono raccolti i 140 caratteri più disperati, mortificanti, da brividi, del calcio italiano, non quelli semplicemente brutti o polemici. È l'Ade da cui twittano eroi come Ghezzal, Bellomo, Ferrara; e più si sale in classifica più ci s'immerge nel lago di Cocito. La Cura Ludovico al Calcio Moderno.

Nelle scorse puntate abbiamo avuto il piacere di leggere i tweet-virus di Salvatore Fresi, il dramma di non aver ricevuto subito l'invito alla festa biancoceleste "Di padre in figlio" vissuto da Baronio, il bromance tra il motivatore Alberto Ferrarini e Leonardo Bonucci. Per riallinearvi al giusto mood della rubrica, visto che è da mesi che non ci vediamo, ho pensato che la cosa migliore fosse costringervi a leggere una serie di parole che trovo estremamente imbarazzanti, per mettere il turbo al decollo infernale: pucciare, sise, pedalini, birra ghiacciata, tagliere di formaggi, Borgo Bainsizza, mortazza, vitello martellato, mapo mapo, grappino, Pappi Corsicato.

10. RT se vuoi Palladino al Palermo altrimenti clicca Preferiti

9. La Buddità di Santacroce

8. Sono giorni che penso al perché Matri lo abbia ritwittato, ma non ci sono ancora arrivato. Non scrivetelo nei commenti, ditemi solo se c'entra il tedesco

7. Quando i giornali hanno scritto "pensione americana" "movida newyorkese" e "alcune ragazze" Pirlo non ci ha visto più. E per ricordarci che lui non si diverte mai ha pubblicato questo polittico della mestizia

6. Il selfie di Paponi, un'altra categoria

5. "Il mio giocatore preferito nella storia dell'Inter? Ventola..."

...Ventola...

...Ventola...

...Ventola...

...Ventola...

4. Il 22 settembre Cirillo ha dato l'addio al calcio. Speriamo non a twitter. R.I.P. numero uno

3. Il fu Mattia Destro

2. L'episodio tagliato di Coffee and Cigarettes

1. #Isteria

I migliori momenti della stagione di baseball

di Nicola Palmiotto (@npalmiotto)

La stagione di baseball è affollata di eventi memorabili considerando il numero enorme di partite che si giocano in una stagione. Fare delle classiche è molto complicato. Eccovi alcuni momenti della stagione regolare 2015 che mettono in luce le doti di giocatori ma anche di alcuni insospettabili spettatori.

1. Le incredibili giocate difensive di Lorenzo Cain

Cain ha esordito nelle Majors nel 2010 alla tarda età di 24 anni. Ha cominciato a giocare a baseball quasi per caso quando ormai aveva 15 anni, perché la squadra di basket l’aveva tagliato e sua mamma non voleva che giocasse a football. Destinato a un futuro da comprimario, in pochissimo tempo ha impresso una svolta decisiva alla propria carriera, diventando di fatto uno dei protagonisti delle ultime due meravigliose stagioni dei Kansas City Royals. Se l’anno scorso è stato quello della rivelazione, chiuso in battuta con .301/.339/.412 e 28 basi rubate, il 2015 è conciso con la definitiva consacrazione (.307/.361/.477 e 28 basi rubate) coronata dalla partecipazione all’All Star game di Cincinnati.

Ma la vera abilità dell’esterno centro sono le incredibili doti difensive che, secondo fangraphs.com, ne fanno uno dei top 10 giocatori d’America. Atletismo e senso della posizione lo hanno portato a brillare nella post-season 2014 mettendo a segno alcune giocate come queste:

Ma anche quest’anno non si è fatto pregare, scalando tipo Spiderman il muro dello Yankee Stadium per rubare un home run praticamente certo:

Che ha scatenato questa reazione nel dugout degli Yankees.

Se c’e lui nei dintorni in pratica la pallina non cade mai a terra. Impensabile per un giocatore che agli inizi della carriera parlando si sé diceva queste cose: «Facevo schifo, probabilmente commettevo due o tre errori a partita. Non ero in grado non solo di fare le prese in tuffo ma nemmeno le giocate di base».

2. Gli home run più lunghi della regular season

Al Fenwey Park di Boston c’è un puntino rosso in mezzo alla marea di seggiolini scuri. È il ricordo del punto in cui è caduta il 9 giugno del 1946 la pallina di Ted Williams dopo un volo di 502 piedi.

Nella storia del ball game quello di Williams non è nemmeno il fuoricampo più lungo il cui record (575 piedi) dovrebbe appartenere al “Bambino”, al secolo George Herman Ruth Jr., anche se secondo altri Mickey Mantle nel ’60 ha fatto volare la pallina per ben 647 piedi. Distanze straordinarie considerando che l’home run più lungo della stagione 2015 l’ha colpito, secondo Statcast di mlb.com, Kris Bryant dei Chicago Cubs lo scorso 6 settembre a Wrigley Field nel match contro Arizona.

Il bolide di Bryant è stato misurato in 495 piedi (quasi 151 metri) e secondo Joe Maddon, allenatore dei Cubs, la misurazione è stata effettuata per difetto

Al secondo posto si piazza Michael Taylor dei Washington Nationals che l’8 agosto, nello stadio dei sogni per ogni battitore - il Coors Field di Denver situato a 1500 metri sul livello del mare- ha spedito la pallina a 493 piedi (poco più di 150 metri).

Completa il podio stagionale Jonathan Schoop dei Baltimore Orioles che ha superato i 482 piedi (quasi 147 metri) toccando però la quota di 128 piedi di altezza all’apice della parabola del suo “moon shot”.

3. Alcune delle più belle prese dei tifosi nel 2015

A baseball non giocano solo gli uomini in campo ma anche il pubblico sugli spalti. Non c’è maggiore ricompensa per uno spettatore che portarsi a casa la pallina che piove sulle tribune. Pazienza se qualche volta il desiderio di afferrarla finisce per incidere sull’andamento della partita, sia a favore ma anche a discapito della squadra per cui si fa il tifo. Nella prima categoria si iscrive a pieno diritto Keith Hartley, tifoso dei Cubs, autore lo scorso giugno di un vero e proprio scippo di una foul ball ai danni di Adrian Gonzalez dei Dodgers.

Il gesto di Hartley è reso ancora più sensazionale dal fatto che con l’altro braccio tiene stretto il figlio di sette mesi. «Sarebbe stato ancora più impressionante se la palla l’avesse presa il bambino», ha commentato con sarcasmo Gonzalez. Ma la presa di Hartley secondo i tifosi di Wrigley Field funge anche da “curse-reverse”, ovvero cancella la maledizione della infame presa di Steve Bartman del 2003.

John Pizzi, 10 anni, deve voler molto bene a suo padre. Ecco la presa magistrale del giovane tifoso dei Giants, che ha impedito che la foul-ball di Brandon Crawford creasse problemi peggiori al proprio genitore.

Il mondo è ormai in mano alle GoPro. Se volete sapere come è vivere l’esperienza di afferrare una pallina da baseball in uno stadio, sebbene nel caso specifico non si tratti di Mlb ma di Minors (doppio-A), guardate il video in soggettiva girato da una videocamera GoPro posta sulla testa di Micah Graves, tifoso dei Biloxi Shuckers, team della Louisiana affiliato ai Milwaukee Brewers.

Le stranezze statistiche

di Alfredo Giacobbe (@la_maledetta)

Avete presente la serie TV Castle? È un crime drama con uno sviluppo dell’intreccio a dir poco scontato, ciò nonostante va in onda da otto stagioni.

Lo show funziona perché si regge su un perfetto ribaltamento dei ruoli convenzionali tra i due protagonisti: da un lato c’è una Lei che agisce in maniera logica e risoluta, dall’altro un Lui emotivo e sognatore. Mi sono chiesto come sarebbe stato un ribaltamento dei ruoli, o meglio dei compiti, nel nostro campionato. E ho scelto alcune statistiche che mi hanno aiutato a individuare i migliori attaccanti tra i difensori e i migliori difensori tra gli attaccanti.

Disclaimer: tutti i numeri che seguono si riferiscono a medie sui 90 minuti (p90) e sono stati presi in considerazione solo i calciatori che sono stati impiegati per almeno 180 minuti. Il punteggio al quale si fa riferimento non è altro che la somma delle singole statistiche p90.

La classifica è dominata dagli esterni a tutta fascia, come Peres, Molinaro e Adnan. Il solo Telles gioca in una pura difesa a quattro, mentre Marcos Alonso scivola sulla linea dei centrali solo in fase di non possesso, nel sistema ibrido di Paulo Sousa. È interessante che Bruno Peres abbia quasi le stesse medie sui dribbling di Franco Vazquez e addirittura faccia meglio di Gervinho, due specialisti nel creare superiorità numerica saltando l’uomo. Così com’è notevole la capacità di seguire e chiudere l’azione di Marcos Alonso, che si libera al tiro tanto quanto il suo centravanti Kalinic. E se provassimo a considerare solo i centrali difensivi? Questa è la top 5 che otterremmo:

Bonucci, Izzo e Chiellini giocano in un sistema di difesa a tre, gli altri due militano fianco a fianco nella stessa squadra. Bonucci stacca tutti per via del maggior numero di tiri, ma è curioso che lui, accreditato come playmaker nella Juventus, abbia realizzato meno passaggi chiave del compagno Chiellini. Che, forse, gode di una maggiore libertà quando avanza oltre la metà campo. Passiamo ora agli attaccanti.

Due ragazzi italiani si inseriscono in un terzetto sudamericano. Felipe Anderson primeggia sul cattivo per antonomasia Mauricio Pinilla, nonostante il cileno sia già l’attaccante più sanzionato del nostro campionato (3 gialli e 1 rosso). Al netto degli interventi fallosi, Anderson è presente difensivamente poco più di Felipe Melo (che ha 1,8 tackle riusciti) e almeno quanto Nigel De Jong (che ha lo stesso numero di intercetti). Quella del laziale è un’attitudine personale che ha relativamente a che fare con l’atteggiamento di squadra: Antonio Candreva, suo alter ego sulla fascia destra biancoceleste, ha una performance difensiva del tutto anonima. Anderson stacca tutti sulle palle intercettate, Pinilla colleziona cartellini.

I top performer nelle altre due categorie sono alquanto insospettabili: uno è Keisuke Honda, per i 2,4 tackle ogni 90 minuti; l’altro è Dries Mertens, per i 3,8 falli fatti.

Le squadre rivelazione dei maggiori campionati europei

di Dario Saltari (@DSaltari)

Leicester

Il buongiorno si vede dal mattino? Uno che buongiorno in inglese ancora non sa dirlo non dovrebbe crederci troppo. Con la Grecia Ranieri aveva disputato quattro partite, raccogliendo un punto. Poi quest’estate arriva al Leicester e fa 15 punti in otto partite, quasi il doppio di quello che buongiorno in inglese lo sa dire bene, fin troppo. È difficile dire se ci sia una ricetta alla base del tecnico romano. Sicuramente alle sue squadre non è quasi mai mancata la perseveranza, la tigna direbbe lui. Quasi tutta la storia recente del Leicester (come fu anche la storia di altre squadre di Ranieri) è una storia di partite recuperate o vinte in extremis. Il pareggio con lo Stoke City fuori casa e l’incredibile vittoria con l’Aston Villa in casa nascono entrambi da un parziale di 2-0 per la squadra avversaria. Anche i due punti con Bournemouth e Tottenham vengono strappati da situazioni di svantaggio. La tigna non manca nemmeno ai suoi giocatori, ovviamente. Non manca a Jamie Vardy, che fino a due anni fa giocava in Championship e oggi è il capocannoniere della Premier League e uno degli attaccanti della nazionale. E per adesso non manca nemmeno a Riyad Mahrez, che sta ipnotizzando mezza Inghilterra con le sue finte.

La ricetta non dovrebbe essere quella della pizza, comunque.

Celta Vigo

Dalle scelte che fanno, mi sembra che nei dirigenti del Celta Vigo sopravviva una buona dose di sano hipsterismo adolescenziale. Da quando è tornato in prima divisione, infatti, il club galiziano ha sperimentato continuamente avendo quasi sempre ottimi risultati. E così, dopo aver dato fiducia a Luis Enrique, sulla panchina del Celta si è seduto Eduardo Berrizo, uno dei tanti discepoli di Marcelo Bielsa. Con Berrizo alla guida, il Celta Vigo ha migliorato i già ottimi risultati dell’attuale tecnico del Barcellona: l’anno scorso è arrivato ottavo con 51 punti (due in più dell’anno precedente); quest’anno i punti sono già 15, come Real Madrid e Barcellona. Berrizo deve aver appreso alla perfezione la lezione del suo maestro: dopo Real e Barcellona, il Celta è la squadra che crea più occasioni da gol, che tira di più e che effettua più passaggi. Attualmente gli uomini di Berrizo hanno il miglior attacco in assoluto insieme al Real Madrid, ma senza Ronaldo, Benzema e Bale. Anche l’attacco è degno di un accanito giocatore di Football Manager. Accanto al prodigio Nolito, c’è il rigenerato Iago Aspas, tornato al Celta dopo due anni tra Liverpool e Siviglia, e Fabian Orellana, pescato dalla galassia della famiglia Pozzo.

In panchina John Guidetti, eroe svedese degli Europei U-21. Insomma: come si fa a non tifare Celta?

La vittoria più importante, per adesso.

Ingolstadt 04

Se si esclude la costante granitica del dominio incontrastato del Bayern Monaco (al limite del fantascientifico sotto Guardiola, per la verità), la Bundesliga non vive di grosse certezze. Ogni anno il campionato tedesco si rinnova e per qualunque squadra almeno una volta si apre lo spiraglio per aggrappare l’alta classifica. Questa stagione non ha deluso le attese: la seconda, la terza, la quarta e la quinta classificata dell’anno scorso sono attualmente al nono, al tredicesimo, al settimo e al sedicesimo posto. Per dire, al quarto posto quest’anno troviamo il nome sconosciuto dell’Ingolstadt 04.

Pur provenendo dalla ricca Baviera ed essendo per molti la squadra dell’Audi (il cui quartier generale si trova proprio ad Ingolstadt), l’Ingolstadt 04 ha un qualcosa di tipicamente kloppiano (neologismo che sta grossomodo per “tedesco e cool”). La squadra, per la prima volta nella massima serie tedesca, è nata appena 11 anni fa (non nel 1904, come lo Schalke, ma nel 2004), ha un inno composto da un gruppo hard rock (i Bonfire) e un soprannome che sembra appena uscito dalla propaganda bellica della prima guerra mondiale (Die Schanzer, che dovrebbe essere qualcosa come “gli scavatori di trincee”). Prima del fischio d’inizio nello stadio viene sparata Thunderstruck degli AC/DC a tutto volume. Forse non è un caso quindi che gran parte di questo piccolo miracolo sportivo sia dovuto ad un uomo che viene definito “il Klopp delle Alpi”: Ralph Hasenhüttl. Alpino perché austriaco (anche se bisognerebbe spiegare ai forgiatori di soprannomi che l’Austria ha anche altre cose oltre alle Alpi), mentre sulla prima parte del soprannome non c’è ancora chiarezza. Non si capisce ancora se l’essere accostato a Klopp derivi da una somiglianza di gioco o dal fatto che una volta si sia travestito da turista (?) per spiare i suoi allenamenti al Borussia Dortmund. L’Ingolstadt 04 di Hasenhüttl, in realtà, ruota ossessivamente attorno al concetto di transizione (che sia offensiva o difensiva), un 4-1-4-1 a fionda pronto a lanciare mezzali e ali in avanti non appena si presenta l’occasione. L’allenatore austriaco ha però dichiarato che il suo metodo prevede principalmente il lavoro con il pallone, non un concetto poi così kloppiano.

Hasenhüttl dopo lo 0-0 con il Wolfsburg.

A mitigare ulteriormente la figura di Hasenhüttl c’è anche uno spiccato pragmatismo: “Nel 99% dei casi lo 0-0 è un buon risultato per noi e pessimo per i nostri avversari: perché se non vincono contro l’Ingolstadt contro chi potrebbero vincere?”. Un realismo estremo che non sarà romantico come le camminate nei boschi di Klopp ma che forse farà bene alla classifica.

Angers

La storia dell’Angers sembra costruita appositamente per essere definita una Favola™. Una favola sul calcio pre-moderno, per l’esattezza. Il club, promosso giusto l’anno scorso in Ligue1 dopo un’assenza durata 21 anni, è attualmente al secondo posto, a soli cinque punti dal PSG milionario degli sceicchi qatarioti. La squadra, che ha un valore complessivo di nemmeno 19 milioni di euro (praticamente il prezzo di una riserva del PSG, Digne per esempio), è di proprietà di un imprenditore franco-algerino che negli anni ’90 era disoccupato. Non vi basta? Beh, sappiate anche che quest’estate l’Angers non ha speso nemmeno un euro per il mercato (almeno in trasferimenti di cartellini), acquisendo solamente giocatori svincolati soprattutto da club della Ligue2. Volete la favola nella favola? Nessun problema. Prendete l’ultima vittoria contro il Bastia, per esempio. Il gol che ha regalato i tre punti all’Angers è stato realizzato da Billy Ketkeophomphone, giocatore franco-laotiano arrivato in estate dal Tours. Lui, cresciuto a Clairefontaine con Schneiderlin, Corchia e Brahimi, è andato a farsi le ossa allo Strasburgo che però dopo due anni è fallito. Quindi ha deciso di trasferirsi al Sion, in Svizzera, dove però non ha mai giocato perché la squadra non poteva acquistare giocatori per un blocco del mercato imposto dall’UEFA. È quindi tornato in Francia, al Tours per l’appunto, dov’è riuscito ad evitare la tragedia sportiva ma non quella personale (ha perso una figlia poco dopo il parto).

Quando si dice un gol di squadra.

Eppure Ketkeo, come ha scritto sulle spalle, ce lo ritroviamo lì ad esultare con la maglietta dell’Angers a pochi passi dalla vetta della Ligue1. Perché, come disse qualcuno prima di me, le favole non ci dimostrano che i draghi esistono, ma che i draghi possono essere sconfitti.

I 3 momenti più surreali

di Simone Vacatello (@SimoneVacatello)

3. Il gol sbagliato da Correa in Sampdoria-Inter

Omero lo avrebbe spiegato facendogli tirare i capelli da Era o da Afrodite, ma a volte, semplicemente, non è destino.

2. I difensori della MLS che guardano Giovinco fare Messi

Ogni volta che in Italia arrivano notizie di Sebastian Giovinco, in questa stagione, a me torna in mente quel vecchio cartone animato della Warner in cui c'era una rana cantante, un vero talento dell'avanspettacolo con una calda voce baritonale, e un povero tapino convinto di poterci fare un sacco di soldi. C'era un problema: quando la gente la guardava, la rana non cantava mai.

Giovinco ha segnato 22 reti in 31 partite da quando è andato a Toronto “per imparare la lingua”. 22 reti, prima, le aveva segnate in totale nei due anni al Parma. Adesso fa anche numeri da circo tipo:

Adesso sembra quasi colpa nostra se non gioca più in Italia, perché non l'abbiamo capito.

Alla fine era semplice valorizzare Giovinco, bastava non marcarlo mai.

1. Tutte le conferenze stampa di Claudio Ranieri

Cosa darei per essere inglese e godermi Claudio Ranieri in tempo reale, e con la condizione mentale di un madrelingua. Il neopromosso Leicester City viaggia a oneste velocità in classifica, sospinto da una mistura magica di Kasabian e brodino palla a terra e pedalare, oltre che dai numeri di Mahrez e Vardy. Eppure è ancora tutto un profluvio di "slowly slowly" per dire "piano piano", "the our best" e "the our chairman".

Questo quando non prova a ricorrere a un legittimo discorso diretto per esprimere stati d'animo: “I nostri fan volevano qualcosa da noi: what happen??? Come on, come on huys!”. Però l'inglese del sor Claudio è un po' come il suo Leicester in campo. Tanto struggle, poco spectacle e però it gets the job done.

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