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Il dolore è reale
26 ago 2016
Il problema delle concussion si abbatte anche sul wrestling e la WWE va in tribunale.
(articolo)
10 min
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Il 19 luglio su USA Network è andata in onda la prima puntata della versione live di SmackDown, il secondo show televisivo per importanza della WWE dopo Monday Night Raw, lo storico spettacolo settimanale in onda ininterrottamente dal 1993. Per celebrare l’evento, la federazione ha riproposto il WWE Draft, una soluzione con cui i due General Manager hanno potuto costruire il proprio roster seguendo fedelmente il meccanismo che regola le scelte negli sport professionistici. Il brand split ha permesso alla società della famiglia McMahon di rafforzare la propria posizione di leader nel mondo dell’entertainment e della comunicazione, oltre 650 milioni di follower su tutte le piattaforme social, ma soprattutto ha trovato un nuovo modo per aumentare ulteriormente il proprio giro d’affari.

Tramite la valutazione alla borsa di New York, il valore della federazione è stimabile in 1 miliardo e 440 milioni di dollari e, secondo i dati forniti dalla famiglia McMahon, nel 2015 gli introiti sono cresciuti del 21% per un totale di 658,8 milioni di dollari. Numeri resi possibili dal lancio del servizio in streaming WWE Network, un canale tematico che trasmette sia materiale di repertorio che nuove produzioni offrendo ai propri iscritti, quasi 1 milione e 300 mila all’inizio del 2016, anche la possibilità di assistere agli esclusivi Pay-per- View, come Summerslam, l’evento che vedrà il ritorno sul ring di Brock Lesnar dopo la vittoria in UFC 200 contro Mark Hunt e la conseguente squalifica per doping.

Oltre ad essere uno fra gli imperi economici più floridi, la WWE, alla vigilia del lancio della nuova versione di SmackDown, è diventata la terza federazione, dopo NFL e NHL, a subire una class action di atleti che l’accusano di essere la responsabile dei disturbi cerebrali che hanno sofferto dopo il loro ritiro. In totale gli ex wrestler sono 53 e le firme più famose sul documento sono quelle di Jimmy Superfly Snuka e Joseph Laurinaitis, a.k.a. Road Warrior Animal. Nel testo depositato dall’accusa si legge che: «Anziché adempiere ai propri obblighi nei confronti dei suoi dipendenti, la WWE ha messo il proprio profitto al di sopra della salute, dell’incolumità e della sicurezza finanziaria dei lottatori, scegliendo di abbandonare i querelanti gravemente infortunati, senza alcun rimedio per poter curare le ferite fisiche e cerebrali».

La risposta della federazione non si è fatta attendere e, tramite un comunicato, ha fatto sapere che «si tratta di un altro ridicolo tentativo da parte dello stesso avvocato che ha già precedentemente depositato delle class action contro la WWE, le quali sono state tutte respinte… Siamo convinti che questa querela subirà la stessa sorte delle precedenti e sarà respinta».

L’avvocato a cui la WWE fa riferimento è Konstantine Kyros, l’uomo che ha curato tutte le cause contro la federazione di Stamford ma che non mai è stato in grado di dimostrare il collegamento tra i disturbi cerebrali che i suoi clienti avrebbero provato dopo il ritiro e la loro carriera professionistica. Questa nuova causa però, arriva in un momento in cui l’opinione pubblica e mediatica è sensibile in merito a concussion e CTE per cui, nonostante la compagnia di McMahon abbia grosse possibilità di vittoria, il percorso potrebbe essere più incidentato del previsto.

Ohhhhhhhhh What a Rushh!!!

La tesi accusatoria

Il personaggio chiave di questa vicenda è Jimmy Superfly Snuka. Il 72enne Hall of Famer era incriminato per l’omicidio nel 1983 di Nancy Argentino, all’epoca sua fidanzata, ed è stato prosciolto dal Lehigh County Courthouse di Allentown, Pennsylvania. L’accusa nei suoi confronti era stata mossa nel settembre 2015, ma date le sue condizioni di salute, il giudice Kelly Banach aveva predisposto un periodo di osservazione per verificare la veridicità dei suoi disturbi mentali. Frank Dattilo, psicologo dell’Università di Harvard che ha seguito Snuka nei mesi precedenti all’udienza, ha confermato quanto sostenuto dalla difesa, ovvero che SuperFly soffrisse di demenza. Un processo sarebbe stato un colpo mortale per il suo precario equilibrio mentale e per questa ragione le accuse sono state archiviate.

Konstantine Kyros ha preso la palla balzo e, insieme a Carole, la moglie di Jimmy Snuka, ha intavolato la più grande class action contro la WWE che sia mai stata presentata. Il suo obiettivo, chiaramente, è dimostrare che come nel caso NFL le malattie cerebrali riscontrate negli ex giocatori erano dovute al football, allo stesso modo tutti gli ex wrestler che soffrono di patologie mentali devono la loro attuale situazione ai numerosi colpi alla testa subiti nel corso della loro carriere professionistiche. Non solo. L’avvocato sta puntando forte sul fatto che i match nel wrestling sono decisi a tavolino per cui questi colpi alla testa non possono rientrare nella categoria scontri di gioco e che, di conseguenza, i dirigenti della federazione sono i diretti responsabili perché sono loro ad avvallare o meno una mossa sul ring.

Ciononostante, i precedenti di Kyros non sono incoraggianti. Nel marzo di quest’anno Vanessa Bryant, giudice della corte distrettuale del Connecticut, l’unico tribunale a cui è permesso esprimersi sulle vicende contrattuali della WWE, ha respinto ufficialmente le cause intentate da Jack Haynes, Russ McCullough, Ryan Sakoda e Luther Reigns in quanto le prove fornite erano false e sconclusionate. Allo stesso tempo ha tenuto aperto i fascicoli relativi a Vito LoGrasso (Big Vito) e Evan Singleton in quanto i due, essendo stati sotto contratto con la federazione dopo il 2006, rientrano nel Talent Wellness Program, il regolamento interno della WWE con cui la federazione esamina i suoi atleti per riscontare eventuali problemi fisici o utilizzo di sostanze dopanti. Al momento sono in corso anche le cause intentate dai familiari di Matt Osborne (Doink The Clown), morto nel 2013, e Nelson Frazier, Jr (Viscera, Big Daddy V), morto nel 2014.

Rispetto a tutte le cause perse dal fondatore e proprietario della Kyros Law Group, il caso Snuka fornisce a questo nuovo procedimento quanto di più vicino ad una prova schiacciante l’accusa abbia mai avuto. Inoltre, anche in questa causa si sta inserendo sibillina la CTE, la malattia neurodegenerativa, conosciuta in Italia come encefalopatia traumatica cronica, diagnosticata in numerosi ex giocatori di football e hockey grazie ad un esame post mortem. Questa sigla ha riportato alla luce il caso Chris Benoit, la pagina più nera della storia della WWE. L’ex wrestler canadese è morto suicida nel 2007 dopo aver assassinato la moglie Nancy e il figlio Daniel di 7 anni. Abuso di steroidi e problemi matrimoniali sono stati inizialmente indicati come i motivi alla base della tragedia ma ulteriori esami hanno evidenziato che Benoit soffrisse di disturbi psichici riconducibili alla CTE. Addirittura, secondo lo studio condotto dalla Sports Legacy Institute, il cervello del wrestler canadese, che all’epoca dei fatti aveva 40 anni, era identico a quello di un 85enne afflitto da Alzheimer.

Gli stessi esami hanno confermato che anche Andrew Martin (Test), rimasto senza vita dopo un’overdose accidentale di ossicodone il 13 marzo 2009 a 34 anni, soffriva di disturbi psichici mentre ancora non si conoscono i risultati degli esami condotti sul corpo di Joan Marie Laurer (Chyna), morta anche lei per un’overdose accidentale lo scorso aprile. Inoltre Mick Foley e Kevin Nash, entrambi Hall of Famer, sono i nomi più noti fra i wrestler che doneranno i loro cervelli alla scienza.

Eddie Guerrero e Chris Benoit che si abbracciano sul ring al termine di WrestleMania 20. Difficile trovare un momento più toccante nella storia del wrestling

La tesi difensiva

La morte di Chris Benoit ha segnato un punto di non ritorno e nel corso degli ultimi 10 anni la WWE ha lavorato molto in termini di sicurezza, intraprendendo diverse soluzioni per limitare al minimo le possibilità che gli atleti subiscano un colpo alla testa. Tutte le declinazioni dei no disqualification match, gli incontri in cui è permesso colpire l’avversario con un’arma, sono state ridotte al minimo così come le steel chair vengono usate sempre di meno e mai per colpire direttamente alla testa un wrestler. Anche la lista delle mosse che sono state rese illegali ha fatto vittime illustri. Non si vedrà mai più un’atleta volare dalla terza corda per una shooting star press, così come a tutti i wrestler è stato vietato categoricamente il piledriver. L’unica eccezione è The Undertaker la cui Tombstone Piledriver è una trademarkmove impossibile da scindere dal personaggio. L’ultimo in ordine di tempo ad esser stato colpito dalla censura WWE è stato Seth Rollins, il wrestler attualmente più amato dal pubblico, che nel pieno della sua ascesa si è visto defraudato della sua finisher, la Curb Stomp, in quanto la mossa è stata giudicata dalla dirigenza troppo violenta.

Se ciò non bastasse, dal 2008 una volta all’anno tutti gli atleti WWE devono sottoporsi all’ImPACT, il protocollo attraverso il quale vengono monitorate le attività neuro cognitive e che permette la valutazione di eventuali disturbi o cali dell’attività psichica. Infine, per rafforzare ulteriormente l’idea dell’attività di prevenzione, la stessa federazione dal 2012 ad oggi ha donato quasi due milioni di dollari alla Concussion Legacy Foundation per contribuire alla ricerca. Il materiale a disposizione è abbondante ma non basta per delegittimare completamente la richiesta dei 53 wrestler dato che la maggior parte di essi ha fatto parte della federazione quanto queste misure restrittive non erano ancora entrate in vigore.

Per sciogliere questa matassa però bisogna analizzare la vicenda attraverso il diritto e le pubbliche relazioni. I contratti sottoscritti dagli atleti, infatti, non sono intesi come accordi per cui i lottatori diventano dipendenti dell’azienda WWE ma, in quanto personaggi dello spettacolo, restano liberi professionisti che ricevono un salario fisso a cui vengono aggiunte royalties che variano a seconda del merchandising venduto, della presenza nei Pay-per-View e delle attività fuori dal ring. Tramite questi accordi, la federazione si impegna a gestire tutte le attività di booking ma, semplificando, scarica all’atleta la responsabilità di versare tasse e contributi. Date le premesse, la federazione non avrebbe alcun obbligo di fornire un servizio sanitario ma in ogni caso la WWE garantisce la copertura di ogni tipo di spesa medica (esami preliminari, operazioni, riabilitazioni) che un atleta deve affrontare per via di un infortunio subito sul ring. Tradotto, la federazione è conscia dei pericoli che corrono gli atleti e ne tutela la loro salute offrendo loro i migliori servizi ospedalieri senza che debbano ricorrere alla loro copertura assicurativa.

Nota dell’autore: il momento più spettacolare ed esilarante del 2016.

Business is business

La causa attualmente in corso parte da una situazione di equilibrio ma la bilancia penderà inevitabilmente a favore della WWE, non tanto per le precedenti vittorie in tema di concussion quanto per la capacità di non fare prigionieri quando ci sono in ballo la propria reputazione e i propri soldi. Ultimate Warrior, Hulk Hogan, Goldberg, CM Punk, Bret Hart: sono forse i nomi più importanti che hanno dovuto fare i conti con la brutalità di Vince McMahon nel momento in cui si è trovato a dover scegliere fra loro e la sua società.

Inoltre, a differenza di Gary Bettman che continua a negare con fermezza l’esistenza di un legame fra l’hockey e la CTE, McMahon, per presa di coscienza o solo per ritorno mediatico, investe soldi ed energie nella ricerca e nella prevenzione dei disturbi neurologici e a livello legale questo conta.

Solo una condanna nei confronti della NHL potrebbe offrire uno spiraglio agli atleti rappresentati da Kyros che, come vuole la tradizione, probabilmente perderanno l’ultimo match della loro carriera e resteranno la prova vivente il che il wrestling è finto, ma il dolore è reale.

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