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Il futuro sembra bellissimo per il Como
11 mag 2024
La promozione diretta sembra solo il primo passo per una società ambiziosa.
(articolo)
7 min
(copertina)
Foto di IMAGO / AFLOSPORT
(copertina) Foto di IMAGO / AFLOSPORT
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Lo sguardo dei turisti è stupito. Davanti al "bar Pino", storico punto di ritrovo dei tifosi del Como in riva al lago, a pochi passi dallo stadio, una ventina di persone vestite di varie tonalità d'azzurro sgomita come a un concerto punk hardcore. L'obiettivo è assicurarsi un posto comodo nella mischia per vedere le immagini trasmesse da uno smartphone tenuto in mano da un ragazzo. Sembra intento a scattare un selfie, ma il suo telefono in realtà sta trasmettendo Catanzaro-Venezia, nel momento in cui Pietro Iemmello sta battendo un rigore per i padroni di casa.

È il primo maggio, è il 96’ minuto di una partita in teoria giocata in contemporanea a Como-Cittadella, che si è conclusa circa mezz'ora prima. Ma un nubifragio ha interrotto nel primo tempo la partita tra calabresi e veneti, e l'incontro del Ceravolo è ripreso dopo un lungo stop, avviandosi solo ora alle sue battute finali. Poco prima, quella stessa folla sgomitante ha imprecato per l'errore dal dischetto del Catanzaro, ma il Var ha ordinato al direttore di gara di fare ripetere il tiro. Lo zar Pietro Iemmello è sul dischetto. È un attimo. Tiro. Gol. E quella stramba tonnara si scioglie in tanti piccoli abbracci: il Como è ora a +4 dal Venezia, quando mancano solo due giornate dalla fine.

Eppure siamo andati vicini a un incredibile colpo di scena. A Modena la promozione sfugge al 92': minuto della rete del Venezia contro la FeralpiSalo'. Venerdì sera fino a meno di mezz’ora dalla fine, il clamoroso ribaltone si stava compiendo. Il Venezia era in vantaggio 1-0 sullo Spezia mentre il Como perdeva contro il Cosenza. La rimonta in cinque minuti dei liguri, e poi l’1-1 su rigore di Verdi sono un’altra dimostrazione che gli astri quest’anno erano allineati. Poi l’invasione di campo, i tifosi appesi sulle porte, la festa in città, Thierry Henry in tribuna, Fabregas in panchina, uno strano mix da strapaese e glamour che definisce bene questo Como.

Prima c'erano stati - in ordine sparso - l'esito della stessa Como-Cittadella, finita 2-1 in rimonta con un gol al 94esimo di Goldaniga, al termine di una partita giocata non nel migliore dei modi; poi il meraviglioso gol di Patrick Cutrone all'ultimo secondo nella sfida decisiva contro il Venezia; oppure il turno di Pasquetta in cui tutte le prime della classe erano cadute in un turno all'apparenza semplice, permettendo al Como di issarsi ai piani alti della classifica; fino al gol del pareggio, sempre di Cutrone, a Genova contro la Sampdoria, nel finale di una partita dominata e che alla fine stava per essere incredibilmente persa.

Più il sogno diventava possibile, più il sentimento dei tifosi è diventato intenso, debordante. L'esodo di duemila sostenitori a Genova per la gara contro la Sampdoria del 27 aprile è solo la parte più visibile di una crescita nel supporto costante per tutta la stagione.

Per diversi mesi è stato impossibile acquistare biglietti nei settori popolari, anche dopo l'aumento di capienza di mille posti dello stadio Sinigaglia. Sarà uno dei primi nodi da affrontare: rendere adeguato al massimo campionato un impianto meraviglioso ma vetusto.

È il tipo di cosa che oggi non preoccupa i tifosi. Non si tratta solo della promozione, ma di un orizzonte futuro che appare infinitamente promettente. La vicenda ormai è nota, e anche noi l’abbiamo raccontata, a partire da quanto Cesc Fabregas era arrivato da giocatore al Como senza apparenti spiegazioni logiche. Guardavamo il dito davanti alla luna, e cioè l’arrivo di una proprietà inimmaginabile per il Como, che ha subito iniziato a fare le cose in grande.

I mezzi a disposizione della nuova proprietà sembrano, sulla carta, pressoché illimitati. La proprietà più ricca, in termini assoluti, del calcio professionistico italiano. È una novità assoluta per i tifosi: per il Como la Serie A ha sempre significato campionati a cavallo della zona retrocessione, o comunque nella parte destra della classifica. Campionati a loro modo epici, storici, commoventi e da sempre oggetto di grande nostalgia in riva al lago. Mai, nei suoi quasi 117 anni di storia, un tifoso lariano ha pensato di partecipare alle coppe europee: mentre ora l'accesso all'upper class calcistica continentale sembra assumere i contorni di un obiettivo, vista la potenza di fuoco della proprietà. Gli esempi di Bologna e Atalanta si passano tra le bocche dei tifosi. Se ce l'hanno fatta loro a raggiungere certe vette, perché non anche noi con i mezzi che abbiamo? Anche senza spingersi così in là, l’idea della nuova proprietà non è certo quello di restare in Serie A per un breve periodo.

A fomentare queste aspettative è anche la strategia comunicativa adottata dalla dirigenza. Se non siamo ancora arrivati al Como 'Manchester United d'Italia' proclamato dal dirigente Mirwan Suwarso, la politica futura della società sembra non porsi limiti. L'idea di base sembra essere quella seguita da società come Atalanta o il Lipsia. Non puntare su nomi clamorosi ma concentrarsi su un mix di acquisti a base di giovani futuribili e di elementi funzionali al progetto, utili a rendere semplice innanzitutto la permanenza in categoria e poi a fare uno step in più, senza negarsi qualunque traguardo nel lungo periodo. Una politica già attuata dalla società nel mercato di gennaio: l'arrivo di Gabriel Strefezza, capace di risolvere molte partite con le sue giocate, si è accoppiato a quello di Motz Braunoder, giovane centrocampista austriaco, capitano della selezione U-21 del suo paese, che ha preso le redini della mediana in un campionato senza dubbio non semplice rivelandosi un talento molto interessante per il futuro. E salendo ai massimi livelli del calcio mondiale, conquistando la serie A, il potere di attrazione aumenta: ancora di più se potenzialmente, a convincere un giovane prospetto a giocare al Como possono essere telefonate in arrivo da Fabregas o dell'azionista Thierry Henry.

Il prossimo calciomercato potrebbe essere ricordato come uno dei più importanti nella storia del Como.

A traslare il lavoro della società sul campo, andando ogni più rosea previsione, è stato proprio il lavoro di Cesc Fabregas e del placido "allenatore ufficiale", il gallese Osian Roberts, un personaggio alla Jonathan Coe che meriterebbe un ritratto a parte.

L'ex centrocampista del Barcellona è arrivato circondato dai dubbi. Prendeva il posto di Moreno Longo, che non stava facendo male. L’approccio è stato quello immaginato. Fabregas si è giocato tutte le sue carte su una proposta di calcio molto offensiva, con tanti giocatori di talento in campo contemporaneamente e con l'intenzione di giocare all'attacco in ogni contesto.

La prestazione migliore giocata dalla squadra è stata nel pareggio con la Sampdoria a Genova, su un campo molto difficile negli ultimi mesi di campionato e dove il dominio del gioco è stato evidente, soprattutto nel primo tempo.

Fabregas, nel suo undici, ha preferito l’offensivo Iovine come terzino destro e rilanciato sulla fascia Marco Sala. In attacco Cutrone e Gabrielloni, bravi a concretizzare il lavoro degli esterni, su cui ha spiccato il francese Da Cunha, un altro dei giocatori che si è messo più in luce quest'anno. Da segnalare poi l'impatto enorme sulla squadra di Braunoder, al comando del centrocampo insieme al capitano Bellemo, autore di un campionato tutto cuore e corsa, necessario per dare equilibrio al calcio offensivo di Fabregas. Al resto hanno pensato le reti e le giocate di Cutrone, Verdi e Strefezza, il trio offensivo di fatto fuori categoria che di volta in volta è riuscito a sbloccare le situazioni più intricate.

Prova dell'atteggiamento offensivo fino al rischio più assoluto di Fabregas è stata proprio la gara con il Cittadella vinta all'ultimo minuto, con la squadra finita a giocare con un 4-1-2-3 orientato a provare fino alla fine a segnare il gol decisivo. Il cambio di panchina e più di che altro di filosofia calcistica ("Con Longo molto spesso abbiamo vinto partite senza meritare", parola sempre di Suwarso) si è rivelato alla prova dei fatti funzionale. Ora c’è grande attesa per capire se Fabregas sia già pronto per allenare in un campionato tatticamente intricato come la Serie A.

Del resto sembra un bel momento per i centrocampisti iberici al debutto in panchina. Forse è esagerato ma è questa l'aria che si respira in riva al Lago: una brezza di possibilità mai avute prima, l'inizio di un viaggio che potrebbe portare a mete nemmeno concepibili solo 7 anni fa, quando ci fu l'ultimo fallimento di una società tornata infine al livello più alto del calcio italiano.

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