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Il genio difensivo di Draymond Green
20 apr 2017
Dieci azioni per spiegare perché è il miglior difensore della NBA.
(articolo)
10 min
(copertina)
Foto di Rob Carr / Getty
(copertina) Foto di Rob Carr / Getty
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Anche se occorrerà aspettare fino al 26 giugno per avere l’ufficialità, il premio di difensore dell’anno può già considerarsi saldamente nelle mani di Draymond Green. Qualunque altra scelta risulta manchevole rispetto alla sua candidatura di quest’anno e nessun giocatore in NBA è risultato “valuable” come lui nella propria metà campo.

Green è in grado di marcare cinque ruoli ogni sera - e non è un’esagerazione basata sulle potenzialità, ma fredda cronaca: è colui che dice ai compagni dove andare, è quello che gli attacchi avversari provano ad evitare (salvo ritrovarselo sempre davanti), può marcare in post basso, cambiare sui piccoli, uscire in chiusura, giocare sulle linee di passaggio e prendere il tempo a chiunque.

Green parla, parla in continuazione, prova ad entrare sottopelle all’avversario in qualsiasi momento ed è senza mezze misure una vera spina nel fianco.

I suoi comportamenti in campo e la sua arroganza gli sono costate le simpatie di molti, tanto nella lega quando sul web, ma non apprezzare la maestosità del suo gioco difensivo è una mancanza imperdonabile. Qua di seguito quindi trovate 10 giocate difensive per fare ammenda dei propri peccati.

Libero difensivo

Il modo in cui Steve Kerr sfrutta maggiormente la presenza di Draymond in difesa non è mettendolo sempre e solo contro il miglior attaccante avversario, ma sull’avversario più debole. Green ha un’intelligenza cestistica con pochi eguali, e doversi preoccupare del proprio marcatore solo come promemoria gli permette di fare il coordinatore della difesa. Nell’azione qui sopra Green resta su Rubio, quindi può permettersi di restare a cinque metri di distanza data l’inesistente pericolosità dello spagnolo dall’arco.

Quella che si nota alla prima visione è una mirabile stoppata in aiuto, quasi con nonchalance, saltando da fermo e prendendo il tempo a Karl-Anthony Towns che nel frattempo si era liberato di David West. Non appena Muhammad effettua l’entry pass, però, Green capisce cosa sta per succedere e ordina a Klay Thompson di cambiare su Rubio.

Klay esegue e Green a questo punto dovrebbe preoccuparsi di Gorgui Dieng, ma il senegalese è in un punto del campo che lo rende innocuo. A questo punto quindi Draymond è in grado di aiutare su Towns perché le eventuali linee di scarico sono coperte e farsi stoppare al ferro diventa quasi l’unica opzione offensiva per i Timberwolves.

Anche qui: marcare Jahlil Okafor che si allontana da canestro sarebbe uno spreco di tempo quanto seguire la sottotrama di Walt Lloyd nella prima stagione di Lost. Draymond sembra seguire Okafor con tutte le parti del corpo dal collo in giù, mentre la testa ruota liberamente ad osservare la situazione, tipo R2-D2. In una frazione di secondo capisce quello che io ho capito in tre replay dell’azione: Thompson è distratto dal blocco portato male da Dario Saric e Nik Stauskas taglia in backdoor. Green allora si muove, ma non orizzontale a coprire la linea di passaggio, bensì in diagonale in modo da avvicinarsi a Stauskas e darsi una frazione di secondo in più per prendere la palla, riuscendoci.

Non è un caso se Golden State concede 99 punti per 100 possessi quando Green è in campo, un numero migliore rispetto a San Antonio quando gioca Kawhi Leonard (104) e Utah quando gioca Rudy Gobert (101). Il francese è un mostro ad oscurare la visuale al ferro, Leonard è pazzesco per la rapidità di braccia e la capacità di far sentire il diretto marcatore come se fosse intrappolato, ma Green è il difensore in aiuto migliore di tutti. A differenza degli altri difensori in aiuto che lasciano i propri incarichi per provare a mettere una pezza all’ultimo con un ultimo slancio - e un dispendio di energie notevoli -, Green riesce ad essere sempre nel posto giusto del campo, sbucando fuori apparentemente dal nulla.

Stavolta l’anello debole individuato è Boris Diaw, che dietro l’arco non risulta una minaccia credibile. Quando Joe Ingles trova la strada libera verso il canestro, Draymond collassa verso il centro per tagliare la strada a Gobert che arriva a rimorchio. L’australiano però con una fiocinata pesca Diaw lasciato libero proprio da Green: a quel punto Durant scala sul francese e Green non esita un istante, puntando dritto verso Exum solo nell’angolo. Diaw rovescia di prima intenzione verso Exum che tira, ma Draymond ha già capito tutto e, preso il tempo alla guardia in angolo, coi polpastrelli disinnesca il tiro.

A prima impressione e limitandosi a pochi dettagli fragorosi uno potrebbe pensare a Green come ad una testa calda, un cane sciolto. Ma ritenere stupido un giocatore “solo” perché non riesce a capire che prendere a calci o pugni nelle terga gli avversari è un errore, è una valutazione di una superficialità devastante. Green possiede un’intelligenza cestistica sorprendente, con letture senza pari. Despise the man, respect the player.

In questa occasione Sam Dekker finisce per recitare il ruolo del “pollo” di una mano di poker, eppure Green in questo caso pecca di presunzione e il giocatore dei Rockets non sbaglia nell’attaccarlo in controtempo. La posizione di Green è compromessa, ma non irrimediabilmente: scivolando sulle suole gli prende il tempo e lo stoppa al ferro, con tanto di taunt finale - d’altronde non si va all-in contro il chip leader con una coppia di 7. Green concede il solo 43% al ferro contro gli avversari, quando la media di lega è oltre il 55%. Quando si tratta di attaccare Green, è quindi più efficace sparare da 10 metri che avvicinarsi al tabellone.

PVP

Blake Griffin riceve palla e parte in solitaria in contropiede, Draymond è l’ultimo difensore rimasto. Per tutto lo svolgersi dell’azione Blake non sembra mai avere un vantaggio su Green: Blake è un giocatore favoloso nel mettere palla per terra e un attaccante al ferro temibile, ma durante i tre palleggi Green riesce sempre a contenerlo al centro del proprio cono visivo, senza mai incrociare le gambe o piantare i talloni a terra. Blake a quel punto protegge la palla al petto come farebbe un running back, abbassa la testa ed entra di forza come gli basterebbe fare contro il 90% dei difensori NBA. Draymond non gli va incontro, perché farebbe fallo, ma lo porta al ferro e gli prende il tempo nel salto, costringendo Blake a saltare meno di Green che lo stoppa. Ricordo a tutti che Blake Griffin è in grado di schiacciare saltando un’automobile; nell’azione qui sopra sembra non riuscire a saltare più di un giocatore alto a malapena due metri.

Gli Hawks fanno girare il loro attacco e ricevono un cambio che generalmente sarebbe a loro favore: Schröder con un crossover riesce a liberarsi uno spiraglio verso canestro (a differenza di Blake Griffin, che nell’azione prima non ci era riuscito), Green però lascia la linea di fondo - dove Stephen Curry e Kevin Durant prendono posizione davanti ai loro rispettivi avversari - e scivolando lateralmente recupera la distanza, prendendo il tempo anche a un giocatore più leggero e veloce.

Dal replay si vede come Draymond prima tenga la mano alta per contestare il tiro, poi quando Schröder inizia la fase discendente, cala la mannaia e comincia a danzare sulla tomba del tedesco. Anche qui è ammirevole la capacità di restare in posizione perfetta senza farsi battere e senza commettere fallo. Gli avversari tirano con il solo 40% dal campo quando sono marcati da Green e perdono palla in più del 14% delle occasioni.

Anche qui i Rockets ottengono un cambio che dovrebbe risultare favorevole e isolano Harden lasciandogli metà campo per mettere su la Camera delle Torture con cui ha messo a ferro e fuoco mezza NBA. Gli basterebbe battere Green dal palleggio e avrebbe via libera verso ferro. Draymond però allarga le braccia orizzontali al corpo e non porta la mano di fronte come si fa normalmente, perché Harden è cintura nera nel raccogliere falli da questa situazione; al contrario, Green resta davanti all’avversario che gli sbatte proprio addosso, e a quel punto ha una frazione di secondo per togliere palla all’avversario che la scopre per pochi secondi - un movimento simile ad un parry in Dark Souls. Green è leader in regular season per rubate totali, l’unica ala forte ad aver vinto la classifica da quando i recuperi vengono tracciati.

Non si diventa leader nelle rubate senza che i compagni forzino gli avversari a muovere palla sotto stress. Tony Allen effettua un passaggio schiacciato verso la mano libera di JaMychal Green, ma all’improvviso vede solamente tornargli indietro il pallone raccolto dagli avversari, quindi senza capire cosa è successo alza la testa reclamando un fallo. Draymond in realtà ha marcato il suo omonimo semplicemente come insegna il manuale del buon negatore di ricezioni in post.

Draymond spinge l’avversario dall’interno per portarlo in posizione sub-ottimale, poi con un tempo di reazione allucinante fa due balzi per passare dalla parte opposta dell’avversario e far rimbalzare via la palla. La rubata è viziata anche dal suo stringere in modo molto poco legittimo l’avversario, ma riuscire a farlo senza farsi scoprire è parte integrante del gioco difensivo - a meno che non pensiate che Duncan e Garnett siano riusciti a resistere così a lungo giocando sempre e solo in maniera pulita...

Difensore dell’anno

Non vi sono grossi dubbi che Green sia il giocatore più determinante in difesa di tutta la NBA: gli altri candidati sono degli spauracchi al ferro OPPURE sugli esterni, mentre Draymond non fa distinzioni tra le due parti. Probabilmente non è il miglior rim protector e non è il migliore a contenere il primo passo degli avversari, ma è l’unico che riesce ad essere davvero tra i migliori in assoluto in entrambe le situazioni. Inoltre è l’esempio perfetto del coltellino svizzero per tutte le situazioni: è l’unico giocatore in NBA (assieme a Giannis Antetokounmpo) ad essere il migliore della propria squadra in rimbalzi, stoppate, rubate ed assist totali, raggiungendo un elenco che - nella storia - comprende Dave Cowens, Scottie Pippen, Kevin Garnett e LeBron James. A suggellare la candidatura c’è anche la tripla doppia realizzata contro i Grizzlies senza raggiungere la doppia cifra nei punti segnati (prima volta nella storia NBA). Nella clip precedente presa dalla stessa partita, Green ruba palla a Marc Gasol, la settima rubata del solo primo tempo.

Questo invece è l’highlight della prima giornata di playoff. Thompson scarica a memoria dove però non c’è nessuno e Lillard raccoglie palla partendo a 100 all’ora in contropiede. Draymond è rimasto indietro, e nel giro di due secondi copre tutto ciò che si muove: prima chiude Lillard nell’angolino, portandolo in una zona morta del campo, ma in una frazione di tempo è in grado di recuperare sotto canestro, mettere i piedi davanti all’avversario e saltare perfettamente in verticale mettendo la firma sulla stoppata della settimana (o la seconda, se quella che ha fatto poco dopo su Lillard vi piace di più).

Ad inizio anno proprio lo stesso Lillard aveva detto che la difesa dei Warriors, dopo aver perso Andrew Bogut, non poteva più essere la stessa cosa - un’opinione scritta da più parti, anche qui. Green ha preso la palla al balzo per far capire a tutti i Blazers e chiunque altro lo avesse pensato che si erano sbagliati di grosso. Green è forse il giocatore che più di chiunque altro ha subìto un ridimensionamento offensivo con l’arrivo di Kevin Durant, ma per il bene della squadra ha deciso di investire il disavanzo di energie nella metà campo difensiva. I Dubs sono una squadra che vive di parziali e inerzia, aspettando il momento in cui scatta la scintilla, la squadra si accende e improvvisamente sembra che siano in 5 lanciati in discesa verso gli avversari che aspettano a fondo valle.

Draymond Green è colui che innesta il fuoco, la scintilla che fa deflagrare lo spirito di una squadra che è al suo massimo quando sospinta dall’inerzia. Ma è soprattutto grazie a lui se, oltre che in attacco, quella scintilla può nascere in ogni momento anche in difesa.

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