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Il Kaiser nudo
17 mar 2016
Franz Beckenbauer tra il passato glorioso e gli scandali odierni.
(articolo)
11 min
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«Contro la dominante tendenza al calcio di pura forza, modello divisione Panzer, lui dimostrava che l’eleganza può essere più poderosa di un carrarmato e la delicatezza più penetrante di un obice.

Era nato in un quartiere operaio di Monaco, questo imperatore del centrocampo chiamato il Kaiser, che con gesti nobili comandava in difesa e in attacco: dietro non gli sfuggiva neanche un pallone; neanche una mosca, neanche una zanzara avrebbe potuto passare; e quando si lanciava in avanti era un fuoco che attraversava il campo».

Eduardo Galeano

Giorni fa mi sono stati raccontati da fonte attendibile, per vie che non starò qui a raccontarvi, i capricci di un famoso e apprezzato regista italiano: cambi di hotel all’ultimo secondo, richieste assurde ai propri sottoposti, infrazioni al protocollo delle cerimonie per motivazioni futili. Ero allibito: non potevo credere che un artista capace di opere che io stesso avevo osannato agisse nelle relazioni sociali con i capricci di un bambino. È sempre così quando veniamo a scoprire il lato personale di artisti che conosciamo solo pubblicamente: più si distanziano i due lati, più lo stupore e la disillusione aumentano.

Un qualcosa di molto simile sta avvenendo nelle ultime settimane a Franz Beckenbauer. Il lato pubblico del più grande calciatore tedesco di tutti i tempi è quello descritto da Eduardo Galeano in Splendori e miserie del gioco del calcio. Mi affido a lui non solo perché è un grande scrittore, ma anche perché io Beckenbauer calciatore non l’ho mai vissuto per ovvie questioni anagrafiche. Ma da quello che ho visto e letto me lo immagino proprio così in campo: dominante, solenne, elegante, benevolo.

Uno stile inconfondibile che ha accompagnato una carriera quasi ineguagliabile: cinque campionati tedeschi; quattro Coppe di Germania; tre Coppe dei Campioni; una Coppa Intercontinentale; un Europeo; il fregio di essere l’unico (insieme a Zagallo) ad aver vinto un Mondiale sia da giocatore che da allenatore; la certezza di essere, dopo Crujiff, il più importante giocatore nella storia del calcio europeo.

Insomma, un imperatore.

Questa maestosa facciata, però, ha iniziato a scollarsi dall’immagine pubblica di Beckenbauer come un vecchio manifesto elettorale mano a mano che il campione tedesco passava dal campo alla panchina, dalla panchina alla tribuna, dalla tribuna alla poltrona. Un lento decadimento passato prima per alcune dichiarazioni pretestuose (come quando diede del “pensionato” a Buffon o quando dichiarò che l’avvento delle nuove televisioni widescreen facesse sembrare i calciatori più veloci rispetto al passato) e arrivato a maturazione l’anno scorso con le pesanti accuse legate all’assegnazione dei Mondiali 2018 e 2022, nonché all’organizzazione del Mondiale del 2006 in Germania.

Ma andiamo con ordine.

Qatar, Russia, Brasile

Nell’estate del 2012 Micheal Garcia viene messo a capo dell’unità investigativa del Comitato Etico della FIFA da Sepp Blatter, che vuole risolvere una volta per tutte le accuse di corruzione che pesano sull’organizzazione lavando i panni in famiglia. Micheal Garcia è il giudice statunitense che dà il nome al famoso dossier Garcia, il lungo documento su cui si baserà lo tsunami giudiziario che investirà la FIFA nel maggio dell’anno scorso.

Tra le persone che Garcia vuole sentire per completare il suo report c’è anche Franz Beckenbauer, che tra il 2007 e il 2011 è stato uno dei membri votanti del comitato esecutivo della FIFA, l’organo che nel 2010 ha assegnato i Mondiali del 2018 alla Russia e quelli del 2022 al Qatar.

Prima di continuare col racconto è importante qui dare qualche informazione aggiuntiva riguardo quella votazione. Beckenbauer non ha mai dichiarato per quale paese votò nel 2010. Per quanto riguarda i Mondiali del 2018 è interessante notare però che Beckenbauer è da almeno il 2012 (ma secondo alcuni già dal 2010) ambasciatore dell’Associazione dei Produttori Russi di Gas e testimonial di Football for Friendship, un torneo giovanile organizzato da Gazprom. Gazprom è il tentacolo più grosso attraverso cui il Cremlino sta cercando di mettere le mani sul calcio europeo e mondiale. Per quanto riguarda i Mondiali del 2022, invece, Beckenbauer dichiarò in un’intervista dell’estate del 2014 a Sky Sport Germania di avere avuto un mandato da parte della federazione tedesca di votare Australia. Nemmeno un anno dopo, però, ha detto che a meritarsi quei Mondiali sarebbero stati gli Stati Uniti.

Fatto sta che Beckenbauer, inaspettatamente, alla prima chiamata di Garcia non risponde.

Il 13 giugno del 2014, il giorno dopo l’inaugurazione dei Mondiali brasiliani, Beckenbauer viene sospeso per 90 giorni dal comitato etico della FIFA per la “mancata cooperazione” con l’investigazione di Garcia. La mossa è forse il tentativo della stessa FIFA di dare una verniciata di trasparenza alla figura di Beckenbauer, che la settimana prima è stata messa al centro delle accuse dal Sunday Times. Secondo il quotidiano britannico, infatti, Beckenbauer sarebbe andato in Qatar nel giugno del 2011 per incontrare Mohammed bin Hammam, dirigente sportivo qatariota (ed ex presidente della confederazione asiatica di calcio) allora membro del comitato esecutivo della FIFA, espulso a vita dalla massima organizzazione calcistica mondiale per conflitti d’interesse e corruzione.

La prima reazione del campione tedesco è impacciata e artificiosa, distante anni luce dall’eleganza poderosa del carrarmato dimostrata un tempo in campo. All’inizio dichiara di non aver risposto a Garcia perché le domande erano scritte in inglese e non le aveva capite tutte, in un secondo momento invece dice che aveva sottovalutato il questionario, finito nell’enorme pila di atti amministrativi che di solito lascia al suo staff.

La situazione sembra risolversi il 27 giugno, quando la FIFA revoca la squalifica di Beckenbauer, finalmente decisosi a cooperare con le indagini di Garcia. Nonostante ciò, il campione tedesco non si presenta in Brasile per sostenere la nazionale: “Non sarei il benvenuto”. Due settimane dopo la Germania batte l’Argentina e torna a sollevare la Coppa del Mondo, 24 anni dopo il successo da allenatore di Beckenbauer in Italia ’90.

La situazione viene messa così insieme al resto della polvere sotto l’enorme tappeto della FIFA. A novembre le 350 pagine del dossier Garcia vengono riassunte dal comitato etico in un documento di 42 pagine, contro cui lo stesso giudice statunitense farà appello perché “materialmente incompleto” e pieno di “rappresentazione erronee dei fatti e delle conclusioni”. Il 17 dicembre 2014 l’appello viene respinto e Garcia si dimette. Nessuno si aspetta che quello stesso dossier sarà la miccia che l’anno successivo porterà al più grande scandalo della storia del calcio e alle dimissioni di Sepp Blatter.

L’esplosione dello scandalo, però, tocca Beckenbauer solo di striscio: nell’ottobre dell’anno scorso il campione tedesco viene indagato nuovamente dal comitato etico della FIFA per aver snobbato Garcia ma la faccenda si conclude con una multa relativamente leggera (7mila franchi svizzeri). Il peggio, però, deve ancora venire, e arriverà dalla terra che a Beckenbauer ha dato tutto: la Germania.

Germania, soprattutto Germania

Il 16 ottobre dell’anno scorso lo Spiegel mette una grossa foto di Beckenbauer in cima ad un articolo il cui titolo è: “Sembra che la Germania si sia comprata il diritto di ospitare i Mondiali del 2006”.

Secondo il quotidiano tedesco, pochi giorni prima del voto per l’assegnazione di quei Mondiali, nel luglio del 2000, l’ex amministratore delegato di Adidas, Robert Louis-Dreyfus, fa un prestito di circa 6,7 milioni di euro al comitato organizzatore tedesco, capeggiato proprio da Beckenbauer. Quei soldi, ufficialmente, sarebbero serviti ad organizzare una serata di gala della FIFA per il giorno di apertura dei Mondiali tedeschi. Il problema è che quella serata di gala non si è mai tenuta. Secondo lo Spiegel, quei 6,7 milioni di euro in realtà sono serviti a corrompere i quattro rappresentanti asiatici del comitato esecutivo della FIFA, che il 7 luglio del 2000 assegnerà i Mondiali del 2006 alla Germania a scapito del Sud Africa per un solo voto (finirà 12 a 11). Tra quei rappresentanti c’è anche Mohammed bin Hammam.

Ancora una volta Beckenbauer si difende in maniera molto più farraginosa rispetto a quando lo faceva in campo. Inizialmente nega tutto, come fa anche l’uomo al suo fianco nella foto dell’articolo dello Spiegel, Wolfgang Niersbach, che allora era membro del comitato organizzatore e adesso è presidente della federazione tedesca. Poi qualche giorno dopo aggiunge che il pagamento c’è stato ma serviva solo per ottenere “sostegno finanziario” dalla FIFA. È dello stesso avviso anche Niersbach secondo cui l’accordo sarebbe stato sottoscritto personalmente da Beckenbauer e Blatter nel gennaio del 2002.

Perché una federazione dovrebbe prestare denaro per accedere ad altro denaro ancora non è chiaro e infatti la versione viene smentita prima dalla FIFA e poi addirittura dallo stesso Blatter.

Ma la smentita più importante arriva ancora dalla Germania. Theo Zwanziger, presidente della federazione tedesca dal 2006 al 2012, va dallo Spiegel e fa ancora il nome di Mohammed bin Hammam. Zwanziger dice che non solo quel fondo è esistito ma che è anche finito nelle tasche del dirigente qatariota.

È la spinta che fa precipitare la situazione ulteriormente. Il 9 novembre Niersbach è costretto a dimettersi e il giorno dopo il suo successore, Rainer Koch, lancia una notizia clamorosa. Secondo Koch, pochi giorni prima dell’assegnazione dei Mondiali alla Germania, Beckenbauer avrebbe firmato un contratto con Jack Warner assicurandogli “vari servizi” tra cui amichevoli, biglietti per il Mondiale e supporto per gli allenatori della confederazione nordamericana (CONCACAF).

Jack Warner è un ex membro del comitato esecutivo della FIFA ed ex presidente della CONCACAF. Nel 2011 Warner è stato espulso a vita da qualunque attività calcistica dal comitato etico della FIFA e l’anno scorso è stato accusato dal Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti di associazione a delinquere, frode e reciclaggio di denaro. Attualmente è a godersi la vita sulle spiagge di Trinidad e Tobago, sua patria natale, mentre Washington non riesce ad ottenere dal piccolo stato caraibico la sua estradizione.

Anche se Koch non parla di trasferimenti di denaro tra Beckenbauer e Warner, è piuttosto duro con il Kaiser: «Ci appelliamo a lui per avvicinarlo alla spiegazione di ciò che è successo».

E la spiegazione che dà Beckenbauer nei giorni seguenti è tutt’altro che chiara. Secondo il campione tedesco, Warner si sarebbe presentato al comitato tedesco dicendo: «Se siete amici, fate qualcosa per la mia confederazione». Magari non si sarà trattato di corruzione, ma con questa premessa è difficile pensare ad un “pacchetto di aiuti allo sviluppo with ticketing possibilities”, come dice Beckenbauer. Per quanto riguarda il presunto pagamento a Mohammed bin Hammam, invece, il Kaiser cambia ancora versione dicendo che conosceva quel fondo ma “assumeva” che quei soldi andassero alla FIFA.

Alla federazione tedesca queste scuse non bastano e all’inizio di febbraio apre ufficialmente una causa legale contro Theo Zwanziger, Wolfgang Niersbach, la FIFA e, ovviamente, Franz Beckenbauer. Contemporaneamente, inoltre, incarica l’ufficio legale Freshfields Bruckhaus Deringer di avviare un’indagine interna per far luce sulla questione.

I risultati di quest’indagine, pubblicati circa un mese dopo, il 4 marzo, confermano l’esistenza di un pagamento di 10 milioni di franchi svizzeri da Beckenbauer alla Kemco, azienda edile qatariota sotto l’influenza di Mohammed bin Hammam, attraverso il conto svizzero di un ufficio legale. Nonostante ciò, la Freshfields Bruckhaus Deringer rimane piuttosto cauta nell’affibiare responsabilità. «Potreste collegare il pagamento con la rielezione di Blatter o con i voti per il Mondiale del 2006 ma sarebbe pura speculazione», dice Christian Duve, che rappresenta l’ufficio legale tedesco in conferenza stampa.

Ma la speculazione, ovviamente, non può far altro che seguire e Beckenbauer è costretto per l’ennesima volta a difendersi. E per l’ennesima volta lo fa allontanando da sé il ricordo dell’enorme calciatore che è stato. Il Kaiser, infatti, nega di essere stato a conoscenza che quel pagamento fosse finito in Qatar scaricando la responsabilità su Robert Schwan, suo ex consigliere morto nel 2002: «Robert si occupava di tutto, da cambiare le lampadine ai contratti più importanti».

Il Kaiser è nudo

Non è il mio obiettivo stabilire responsabilità penali o morali con un articolo e qui non si vuole certo avere la presunzione di ricostruire il lato privato di una persona, impossibile con la semplice ricostruzione dei fatti dall’estate del 2014 ad oggi.

Posso dipingere Beckenbauer come un lupo famelico alla ricerca di soldi e fama per sé e per il suo paese. Ma non è escluso che il Kaiser sia semplicemente una persona ingenua o sbadata, che da 20 anni a questa parte ha sempre avvicinato le persone sbagliate al momento sbagliato. L’unica verità è che io non lo conosco, e tanto meno conosco pettegolezzi sul suo conto che confermino e smentiscano le mie teorie.

Ma non possiamo ignorare questa storia solo perché Beckenbauer, al contrario di molti altri membri della FIFA, ne è uscito penalmente indenne (almeno per adesso). Perché è difficile stabilire cosa sia più grave tra un amministratore in posizione di potere che corrompe e si fa corrompere, e uno che viene raggirato da persone ricche o potenti per i loro fini.

Che sia un lupo o un agnello, o una qualunque altra sfumatura che c’è tra questi due estremi, anche a me Beckenbauer ricorda un imperatore. Ma non il Kaiser che attraversava il campo come un fuoco. Più che altro quello della novella di Hans Christian Andersen, che si fa convincere da due truffatori che il vestito che stanno tessendo per lui sia invisibile a chi è incapace nel proprio lavoro o più stupido di quanto si pensi.

Da parte mia, però, non posso fare finta di vedere il vestito per paura di essere considerati scemo o inetto, come i cortigiani della novella. Non posso far altro che fare come il bambino che, vedendo l’imperatore passeggiare per la città completamente nudo, grida: «Ma non ha niente indosso»”.

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