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Il mese del Tigre
19 set 2017
Falcao ha segnato 10 gol in poco più di un mese entrando in una nuova, inaspettata, fase della sua carriera.
(articolo)
6 min
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Da un mese e una settimana a questa parte, cioè da quando è iniziata la stagione ufficiale del Monaco, Radamel Falcao è qualcosa in più che on fire: è un’aurora boreale, un test nucleare di Kim Jong-un. Nel momento in cui scrivo ha segnato dieci reti in dieci gare ufficiali, nove in Ligue1 e una nelle gare di qualificazione ai prossimi Mondiali, contro un Brasile molto in forma, che ha permesso ai Cafeteros di non perdere la scia della capolista. Un gol che, oltretutto, è un vero e proprio manifesto Radameliano: per come attacca l’area piccola, per come prende in controtempo i difensori avversari, per il terzo tempo elegantissimo dell’elevazione.

I numeri che sta collezionando sono figli di uno stato di grazia che, nonostante sia per forza di cose temporaneo, riesce comunque a strappare - nel campionato in cui giocano Mbappé e Neymar - un’ammirazione stupita.

Falcao oggi ha una percentuale di conversione ridicola del 45%: la metà dei suoi tiri verso la porta prende lo specchio (10 tiri su 20 totali) e quasi ogni volta che ha centrato lo specchio la palla si è insaccata alle spalle del portiere (appunto, 8 volte su 10). Erano quarant’anni che in Francia, a questo punto del campionato, non succedeva qualcosa del genere.

Falcao ha segnato un gol in più di Dybala, quasi il doppio di quelli di Lukaku, Agüero, Messi e Lewandowski, nonché di Cavani, che è il suo competitor diretto in Ligue1. Non lo sarà fino in fondo, non lo sarà per tutta la stagione: ma attualmente Radamel Falcao è l’attaccante più in forma d’Europa, oltre che della Ligue 1.

Nonostante lo smantellamento del Monaco

Nell’ultimo numero di Panenka c’è un’infografica divertente, un’immaginaria chat di Whatsapp tra alcuni dei giocatori più rappresentativi del Monaco della passata stagione. Radamel Falcao scrive qualcosa che più o meno suona come: «Ciao stronzi, come è andata l’estate? Quest’anno non possiamo rilassarci che a Parigi si sono rinforzati. Bisogna essere più uniti che mai, compari!». Dopo due ore nessuno ha risposto al messaggio di Falcao, e anzi, uno per volta, Mendy, Germain, Bakayoko e Mbappé abbandonano il gruppo.

La diaspora dei protagonisti dell’entusiasmante stagione scorsa non ha sconvolto lo status di Falcao, anzi in un certo senso l’ha rafforzato. Responsabilizzato dalla fascia di capitano, l’attaccante colombiano si è caricato sulle spalle l’intera produzione offensiva dei monegaschi (è stato coinvolto nel 50% delle reti del Monaco, con 9 gol e 1 assist) rimanendo praticamente l’unico uomo immagine della squadra monegasca. La scorsa stagione Radamel Falcao è stato capace di risorgere senza fare troppo rumore, attutito dalle esplosioni di Mbappé, Mendy e Bakayoko, di adattarsi a un ruolo di aureo comprimario, mai al centro della scena eppure sempre estremamente incisivo.

In questo esordio di stagione, invece, El Tigre sta forgiando il suo gioco con saggia consapevolezza, affinché il flusso del karma finisca per orientarsi verso la massima efficienza. Per ricamare la propria effige sui vessilli del Monaco, ora che la squadra ha disperato bisogno di un leader.

Digione è famosa per la sentenza “Cassis de Dijon” e per la senape, meno per l’accuratezza della fase difensiva della sua squadra. Il gol di Radamel è un graffio d’artigli dentro l’area piccola, la sua privata, personalissima savana.

Pragmatismo

Nelle sei partite di Ligue 1 finora disputate, Falcao ha effettuato 10 tiri in meno di Cavani: nella classifica di chi tira più spesso in Ligue1 è solo quarto, con una media di 3.3 tiri ogni 90 minuti. Il miglioramento è tutto nelle cifre - ovviamente destinate a scemare, ma tant’è ora che ne stiamo parlando - dei tiri tentati (3.33 contro i 2.76 ogni 90 minuti dell’anno scorso) ma soprattutto nell’accuratezza: una percentuale del 63% di questo incredibile primo scorcio di stagione, contro il 57%, comunque étonnant, della scorsa.

Stato di grazia: la condizione di chi possiede la grazia santificante.

Radamel oggi tira meno da fuori area (un calo del 15% rispetto all’anno scorso), ma nella gabbia degli ultimi sedici metri e mezzo è pur sempre, anzi più che mai, la sentenza che era ai tempi di Madrid, e guai a concedergli spazio.

Mettergli un freno è complicato. Innescato da lanci che ne premiamo l’inserimento in progressione, o abbandonato dai difensori avversari come si fa con la speranza di fronte all’ineluttabilità del destino, o ancora trasfigurato in una delle sue ascensioni gloriose e rabbiose al contempo, Falcao sta mettendo a ferro e fuoco le difese della Ligue1 come aveva dimostrato di saper fare negli anni migliori della sua carriera. Nel gol contro il Marsiglia, per dire, azzanna la traiettoria in tuffo, come fosse zucchero filato.

Uomo nuovo

L’exploit di Falcao è coinciso con una ridefinizione del suo ruolo in campo.

La mappatura delle linee di passaggio e delle posizioni medie in campo durante i 90’ di Metz - Monaco: Falcao praticamente sulla linea del cerchio di centrocampo. Possono convivere le anime di bomber ed enganche?

C’è chi aveva osservato, anche nei match giocati con la Nazionale, come il nuovo ruolo di Falcao prevedesse una posizione media piuttosto bassa, ben lontana da quella che di solito si attribuisce ad punta centrale. Una sorta di terminale offensivo arretrato, spesso in linea con gli esterni, quasi un trequartista nel 4-2-3-1 a metà strada tra Moutinho - che continua a essere il centro nevralgico di ogni manovra monegasca - e Diakhaby.

Falcao ha affinato il suo gioco di sponda, e ingigantito il carico di responsabilità di manovra arretrando il baricentro del suo gioco. Nella gara di Champions League contro il RB Lipsia, per dire, ha toccato palla mediamente più indietro rispetto a Youri Tielemans.

Ed è interessante notare come la maggiore cerebralità richiesta da questa nuova posizione non ne abbia attutito l’aggressività sotto porta, anzi, è come se l’abbia accesa per contrasto. L’ultimo gol segnato, il secondo contro lo Strasburgo, è dimostrativo di una ferocia pronta a scatenarsi in tutta la sua selvaggia famelicità non appena la preda mostra il minimo cenno di debolezza, o distrazione, sulla palla vagante.

Non solo Falcao arresta in corsa lanci di quaranta metri con lo swag di chi si bea di un’onnipotenza apparente, ma ha anche ritrovato una solidità nuova, di quelle che sembrano disegnarti intorno un campo magnetico che manda con le gambe all’aria gli avversari.

La bellezza non è eterna

È improbabile che riusciremo a goderci un Falcao così ancora a lungo. La prova del fatto che l’attaccante colombiano stia viaggiando su ritmi insostenibili non è solo nel tasso di conversione eccezionale, ma anche nel confronto tra le reti segnate e gli expected goals (il dato proviene dal modello de L’Ultimo Uomo): 8 reti a fronte di un xG 3.8 è davvero un dato sbalorditivo all’eccesso, specie se si considerano le performance - per rimanere in Ligue1 - di Sankhare (3 gol contro 2,4 xG), Neymar (4 gol contro 2,2 xG) e Cavani (5 gol, precisi precisi, per 5 xG).

Per cui godiamoci (esclamando uh-la-là ogni domenica a voce più alta) questo fantascientifico mese della Tigre di Fuoco. Gabriel García Márquez diceva che un autore ricorda più facilmente il finale di una sua opera, che l'inizio. E magari Falcao tirerà le somme sulla sua stagione a partire dall’aprile prossimo, com’è giusto che sia, ma è vero anche che la memoria dei lettori, e di chi osserva Falcao in campo mentre gioca, funziona in maniera diversa e secondo me a fine stagione sarà comunque interessante di ricordarsi di settembre, quando Falcao per un attimo (forse) è tornato ad essere il più forte centravanti in Europa.

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