Questo articolo fa parte di un ciclo in cui analizzeremo le situazioni economiche delle principali squadre di Serie A all'inizio del calciomercato estivo. Qui potete leggere l'approfondimento dedicato al Milan.
Il mercato della Roma continua ad essere particolarmente complicato per via del “Settlement Agreement” stipulato con la UEFA nel maggio del 2015. Le richieste erano state, nell’ordine: un passivo di massimo 30 milioni, al netto dei costi virtuosi, nella stagione 2014/15 (obiettivo centrato di pochissimo, visto che contati tutti gli abbuoni i giallorossi dovrebbero aver chiuso a -28); un passivo di 30 milioni massimo per il biennio 2014/16 (avendo speso quasi tutto nel primo anno, grazie alla cessione in extremis di Pjanic, la Roma è riuscita a chiudere il bilancio reale del 2015/16 a -14 e quello valido per i parametri UEFA in sostanziale pareggio); e un passivo di massimo 30 milioni di euro per il triennio 2014/17.
In sintesi, la Roma deve presentare un negativo totale di massimo 30 milioni considerando l’insieme degli ultimi tre anni, e quest’anno l’obiettivo è essere simile a quello raggiunto nel 2015/16, chiudere quindi con un sostanziale pareggio. A differenza dello scorso anno, però, i conti ancora non sembrano tornare.
Una o due cessioni necessarie?
Rispetto all’anno scorso mancano sia 30 milioni abbondanti di introiti dovuti alla mancata partecipazione alla Champions League - che l’anno scorso aveva prodotto ricavi per 68,5 milioni, solo in parte compensati dal “paracadute” intascato per l’eliminazione ai preliminari e dalle partite di Europa League - sia gran parte dei 77,5 milioni di plusvalenze messe a bilancio nel 2015/16.
Nella stagione 2016/17 per il momento la Roma ha incassato una decina di milioni in plusvalenze, fra le quali le due più importanti sono quelle di Ljajic (4,8 milioni) e Sanabria (3,5 milioni). In tutto, quindi, rispetto ai guadagni dello scorso anno che hanno permesso alla Roma di chiudere in quasi pareggio, manca una cifra molto importante, che si aggira intorno ai 100 milioni di euro.
Di questi, circa 15 dovrebbero essere stati recuperati ottimizzando alcuni costi. Con risparmi sugli ingaggi, il cui ammontare totale è sceso di circa 13 milioni (a fronte di un aumento degli ammortamenti di 2,5 milioni) e aumentando alcuni ricavi con sponsor minori (fra i quali Linkem e Nissan), in attesa di trovare il tanto atteso “main sponsor”.
La relazione finanziaria relativa al primo semestre resa pubblica lo scorso marzo lascia ipotizzare uno scenario di questo tipo, vista la mancanza di ulteriori introiti nelle altre voci di bilancio, oltre a quelli appena citati cioè, e un passivo già peggiore di 50 milioni rispetto alla semestrale 2015/16, che oltretutto non teneva ancora conto delle due ottime plusvalenze realizzate nella seconda parte della stagione con le cessioni di Gervinho a gennaio e Pjanic a giugno (ed è interessante notare che nella generale incertezza sulle cifre esatte qualcuno abbia preso quel passivo indicato a marzo come il passivo totale di cui dovrebbe rientrare, ma va considerato che per tutte le società la perdite sono superiori nel secondo semestre che ha costi superiori a causa dei premi variabili da pagare ai giocatori e ricavi inferiori visto che gran parte degli incassi per i diritti tv europei si contano nel primo semestre).
Insomma, se questi calcoli fossero esatti, alla Roma rimarrebbero ancora circa 85 milioni entro il 30 giugno. Se negli ultimi mesi la società è riuscita a chiudere altri accordi commerciali favorevoli a cifre non note, questa cifra potrebbe essere leggermente più bassa, ma l’ordine di grandezza non dovrebbe discostarsi troppo da quello qui indicato.
La buona notizia per i dirigenti giallorossi è che la Roma ha in rosa diversi calciatori capaci di generare importanti plusvalenze. Prendendo in considerazione i sei “uomini mercato” delle ultime settimane, Dzeko ha un ammortamento residuo di 12 milioni, Salah di 12,6, Rudiger di 6,9, Nainggolan di 6,7, Manolas di 6,4, Strootman di 5,5 e Paredes di 3,6. Se si ragiona sulle offerte che potrebbero arrivare per questi giocatori, alcuni dei quali accreditati di un prezzo superiore ai 40 milioni, si capisce che l’impresa di recuperare in poche settimane una grande quantità di denaro non è impossibile, anche considerando che si potrebbe raggiungere la somma necessaria completandola attraverso alcune operazioni “minori”, riguardanti cioè giocatori che non fanno parte della squadra titolare.
L’insistenza con la quale la Roma sta tenendo duro in questa prima parte del mese di giugno sulle sue richieste iniziali per alcuni dei suoi big sembrerebbe un’ulteriore conferma della volontà da parte della società di non smembrare la squadra ma risolvere tutti i problemi economici con non più di due cessioni onerose (e magari qualche altra cessione minore di giocatori non titolari), visto che per farlo sarà necessario “vendere bene” i pezzi grossi. Lo svantaggio per la società è che anche gli acquirenti sanno che la Roma ha necessità di vendere entro giugno e tirano a loro volta sul prezzo provando a prendere i giallorossi per il collo.
Un futuro più roseo?
Se la Roma riuscirà a raggiungere l’obiettivo, è possibile che nel corso della prossima stagione la UEFA dia il via libera definitivo ai giallorossi, facendoli uscire dal regime di controllo, situazione che potrebbe permettere alla società di investire un po’ di più già a partire da questo mercato estivo, anche grazie alla certezza di incamerare i soldi relativi alla qualificazione diretta alla Champions League.
Con una situazione di questo tipo la Roma dovrebbe soddisfare solo la richiesta di non superare la perdita di 30 milioni nell’arco di ogni triennio, al netto dei costi virtuosi, come tutte le altre squadre che partecipano alle competizioni europee.
Sommando i 35 milioni di maggiori introiti per la partecipazione alla Champions League 2017/18 e il passivo di 30 milioni che sarebbe concesso per il 2017/18 (a seguito dei due bilanci precedenti, che appunto la Roma dovrebbe nel frattempo aver chiuso in sostanziale pareggio) per la prossima stagione sportiva i milioni richiesti per chiudere la stagione (sempre basandosi sui guadagni della stagione 2015/16 che hanno portato in pareggio quel bilancio) scenderebbero da 100 a 35, con la possibilità di farli ulteriormente diminuire in caso di ottimi risultati sportivi in Europa. Questo, ovviamente, al netto di un ulteriore aumento dei ricavi, con la Roma che è ancora in attesa di trovare un nuovo main sponsor da mettere sulla maglia.
Uno scenario che sembra ideale per Monchi, che già a Siviglia si è dimostrato un maestro nel coniugare plusvalenze e risultati sportivi, soprattutto in campo europeo, attraverso una gestione virtuosa dei conti societari.
Sui nomi che potrebbero arrivare a Trigoria è troppo presto per sbilanciarsi, molto dipenderà anche dalle richieste di Di Francesco e dai ruoli che rimarranno scoperti a seguito delle necessarie cessioni (per esempio l’uscita di Salah spalancherebbe le porte a un assalto per Berardi). Non è un mistero che la società valuti il ritorno di Pellegrini dal Sassuolo (sul quale c’è un diritto di riacquisto a 10 milioni di euro) e l’arrivo di Izzo dal Genoa, ma sarà da tenere d’occhio anche il mercato spagnolo dal quale Monchi potrebbe attingere essendone un esperto.
Difficile, in ogni caso, pensare ad acquisti costosissimi visti i salti mortali richiesti per far quadrare i conti, ma uno o due investimenti da 20-30 milioni, soprattutto se su giocatori dall’ingaggio non elevatissimo, sembrano assolutamente sostenibili. E non è un caso che il presidente del Nizza abbia rivelato di aver ricevuto un’offerta di 20 milioni per il suo gioiello Seri, giudicata però al momento troppo bassa.
Insomma, per ricapitolare lo scenario generale: tirare la cinghia fino al 30 giugno, poi cominciare una nuova fase di ulteriore costruzione intelligente, contando su una base tecnica che - anche al netto della o delle cessione più o meno importanti da fare - sarà ancora di prima di livello.