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Il portafoglio dell'Inter 2019
18 giu 2019
Cosa aspettarsi dalla sessione estiva di calciomercato dei nerazzurri.
(articolo)
6 min
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Dopo diversi anni nei quali la cappa del Fair Play Finanziario ha sormontato il cielo di Appiano Gentile, i nuvoloni neri del Settlement Agreement stanno lasciando progressivamente spazio ad ampi squarci di azzurro che lasciano presagire un futuro molto più sereno per l’Inter sul fronte economico e finanziario.

Il 17 maggio la UEFA ha ufficialmente dichiarato l’Inter libera dai vincoli del Settlement Agreement sottoscritto quattro anni prima, certificando l’opera di risanamento portata avanti prima da Thohir e poi da Suning. In particolare, gli ultimi due esercizi del triennio hanno chiuso con deficit di 24,6 milioni (nel 2016-’17) e 17,7 milioni (nel 2017-’18), che una volta scorporati dei costi non rilevanti per il Fair Play Finanziario (tasse, investimenti nel settore giovanile, ammortamenti non riguardanti il patrimonio calciatori: quantificabili in circa 18 milioni annui), hanno permesso all’Inter di chiudere i primi due anni del triennio 2016-2019 con un passivo di appena 6 milioni.

Ciò vuol dire che per essere ragionevolmente certi di non finire nuovamente nelle maglie della UEFA ai nerazzurri basterà chiudere il bilancio 2018-’19 con un passivo totale non superiore ai 40 milioni (cifra che equivarrebbe a -22 nei conteggi del FFP per quanto spiegato in precedenza).

Analizzando i conti di questa stagione, l’obiettivo parrebbe essere già raggiunto anche senza l’obbligo di incamerare plusvalenze entro il 30 giugno. Rispetto al 2017-’18, infatti, il fatturato dovrebbe aumentare di 83,6 milioni: grazie a 63,2 milioni derivanti dalla partecipazione alla Champions League e dal valore maggiore dei diritti televisivi di Serie A; a cui si aggiungono 10,4 milioni in più garantiti dagli sponsor (in particolare da Nike e Pirelli, mentre i contributi dall’Asia sono rimasti più o meno stabili) e 10 milioni in più di incassi da botteghino, frutto principalmente delle tre partite casalinghe di Champions League.

Di contro, però, mancano all’appello 51,2 milioni di plusvalenze, perché quasi tutte quelle realizzate nel mercato estivo 2018 sono state fatte entro il 1° luglio e contabilizzate sul bilancio 2016-’17. E la somma del monte ingaggi e monte ammortamenti (comprensivo delle spese per i prestiti) dovrebbe essere cresciuta di 41,2 milioni. Ne risulterebbe, quindi, un passivo atteso per il bilancio 2017-’18 di 26,5 milioni, cifra che va letta come una semplice approssimazione, non essendo note tutte le informazioni necessarie per stimarlo con ulteriore precisione.

Le voci che vorrebbero l’Inter intenzionata a incamerare 30 (o per alcuni 40) milioni di plusvalenze entro il 30 giugno, a differenza del passato, non dovrebbero quindi riguardare la necessità per i nerazzurri di adeguarsi ai parametri UEFA come sostengono alcune fonti, ma se fossero vero sembrerebbero mettere in risalto l’obiettivo di Suning di centrare per la prima volta un reale pareggio di bilancio.

Cosa cambia con i primi colpi (Conte e Godin)

Che la situazione economica dell’Inter sia nettamente migliorata è dimostrato dalla scelta di ingaggiare come allenatore Conte e come primo rinforzo difensivo, seppur non ancora ufficializzato, Godin. L’ex tecnico della Nazionale ha firmato un contratto di 11 milioni di euro netti a stagione: il che significa 17,2 milioni di euro lordi per il 2019-’20, tenuto conto dei benefici fiscali contenuti nel Decreto Crescita. Mentre il centrale proveniente dall’Atletico Madrid guadagnerà 6,75 milioni netti, pari a 10,6 milioni lordi. Due stipendi notevolmente superiori alla soglia massima prevista dal club fino all’anno scorso (i 4,5 milioni netti, a 8,3 lordi, degli ingaggi di Icardi e Nainggolan).

Ciò non vuol dire che l’Inter possa permettersi ulteriori spese folli senza controbilanciarle con adeguate plusvalenze, come sottolineato da Marotta. La sua politica anche alla Juventus è sempre stata all’insegna della prudenza da questo punto di vista ed è riuscita a coniugare negli anni risultati più che apprezzabili sia sul campo che dal punto di vista economico.

Foto di Gabriele Maltinti / Getty Images

Un piccolo campanello d’allarme, pur all’interno di una situazione notevolmente più rosea di qualche anno fa, è infatti rappresentato da alcune notizie non positive provenienti dalla “galassia” delle sponsorizzazioni asiatiche: due importanti sponsor (Full Share e Lvmama), che garantivano 10 milioni annui ciascuno al club, hanno deciso di interrompere la collaborazione con i nerazzurri a partire dal 1° luglio 2019. E inoltre c’è qualche malumore in società per il ritardo nei pagamenti di alcuni partner asiatici per un totale di 75 milioni.

Essendoci contratti firmati quest’ultima situazione non incide sul conto economico della società, che può legittimamente conteggiare questi introiti e adire a vie legali in caso di mancata riscossione, ma può comunque essere visto come un segnale che forse quel mercato ha raggiunto la saturazione.

Togliendo, oltre ai 20 milioni sopracitati, anche le poche plusvalenze realizzate nel 2018-’19 e conteggiando i soli ricavi garantiti della prossima partecipazione alla Champions League (il quarto posto e la posizione nel ranking decennale permettono di stimare questa cifra in 35,5 milioni) e l’impatto sul bilancio delle prime operazioni di calciomercato, ingaggio di Conte compreso, a oggi l’Inter presenterebbe per il 2019-’20 un passivo di 78 milioni, circa il doppio del massimo consentito come margine di sicurezza per non sforare il break-even UEFA 2018-’20.

Che mercato aspettarsi?

La possibilità di aumentare anche notevolmente i ricavi grazie ai risultati ottenibili in Champions League lascia presagire che l’obiettivo del mercato possa essere quello di non peggiorare ulteriormente questa stima aspettando di vedere l’andamento della stagione per capire se sarà necessario fare ulteriori sacrifici eventualmente nel giugno del 2020.

Se fino all’anno scorso le plusvalenze erano servite in maniera preponderante per rimettere a posto i conti, quest’anno potranno quindi finalmente essere utilizzate per finanziare gli acquisti e questo giustifica la caccia nerazzurra a giocatori costosi per prezzo e ingaggio. Le previste uscite di alcuni giovani (fra i quali l’accoppiata Vanheusden-Emmers che dovrebbe approdare allo Standard Liegi per 25 milioni e fruttare altrettanti milioni di plusvalenza) e di giocatori non più centrali nel progetto serviranno per fornire alle casse il margine necessario mettere a segno i colpi che sembrano ormai definiti: ovvero Barella e Dzeko.

Foto di Emilio Andreoli / Stringer

Per l’eventuale “ciliegina sulla torta”, che potrebbe essere rappresentata da Lukaku o Dybala, sarà invece necessario vendere uno o due calciatori di livello. Il maggiore indiziato è ovviamente Icardi, che garantirebbe una plusvalenza pari al suo costo di cessione, ma le difficoltà comunicative con il numero 9 e la sua procuratrice rischiano di condizionare non poco la possibilità di operare sul mercato dei grandi giocatori da parte di Marotta.

La strada più facile e remunerativa dal punto di vista economico, se l’ex capitano si convincerà a lasciare Milano, potrebbe essere quella di uno scambio Icardi-Lukaku con il Manchester United o Dybala-Icardi con la Juventus.

In bilico anche Perisic (ammortamento residuo 6,8 milioni), mentre la ventilata cessione di Nainggolan difficilmente porterebbe a una plusvalenza (il suo ammortamento residuo è di 28,5 milioni) ma solo a un risparmio di ingaggio di 8,3 milioni lordi.

L’Inter, ad ogni modo, è tornata a respirare e può programmare un’ulteriore crescita rispetto agli anni passati e nessun sacrificio sarà inconsolabile: poche squadre possono dirsi in una posizione tanto fortunata, in Italia.

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