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Il posto di Alessio Di Chirico in UFC
18 gen 2017
Intervista al fighter italiano che tra pochi giorni combatterà il terzo incontro nella più importante lega di MMA.
(articolo)
5 min
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Abbiamo intervistato Alessio Di Chirico prima del suo esordio in UFC, ad aprile dello scorso anno, perso poi per giudizio unanime (ma contestato anche da spettatori non-italiani). Dopo quell’incontro Di Chirico si è rifatto, vincendo il secondo match che era nel contratto UFC. Il 28 Gennaio Di Chirico combatterà il suo terzo incontro, a Denver, dove affronterà l'americano Eric Spicely. Lo abbiamo intervistato di nuovo per farci raccontare che periodo è stato e quali sono le sue sensazioni a ridosso della nuova sfida.

Ciao Alessio, ad agosto hai vinto il tuo primo incontro in UFC. Che effetto ha fatto quando hai sentito che il braccio alzato dall’arbitro era il tuo? Che periodo hai passato in questi 3 mesi?

Be’, è stato senz'altro un periodo soddisfacente. Dopo il primo incontro sentivo un grande peso addosso, comunque sia l'ho presa come una motivazione per fare ancora meglio. È stato un match divertente per il pubblico e spero che il prossimo lo sia altrettanto, se non di più.

Noi ci siamo visti poco dopo l’incontro con McLellan e mi hai detto che non eri contento del combattimento, nonostante la vittoria. Col senno di poi cosa cambieresti di quell’incontro?

Cercherei di essere più cinico nel secondo round, provando a chiudere l'incontro prima. Però non posso lamentarmi del risultato, chi troppo vuole nulla stringe.

Il momento finale dell’incontro con McLellan.

Nell’incontro perso contro Velickovic, invece, c’è stato un momento molto intenso alla fine della seconda ripresa in cui hai resistito a una presa al braccio per una ventina di secondi. Confesso di aver tolto lo sguardo dallo schermo, e subito mi è rivenuta in mente l’intervista precedente all’incontro in cui mi avevi raccontato di aver subito un armlock e di essere sfuggito con un po’ di fortuna. Ti ho chiesto come ti saresti comportato se fosse ricapitato e mi hai risposto: “Spero di avere la forza di superare i miei limiti fisici”. A che hai pensato in quei secondi lunghissimi?

In quel momento sapevo che mancava poco alla fine del round per una chiamata dell'angolo, quindi ho stretto i denti e ho cercato di non pensare a nulla. Ho resistito, il round è finito, e ho potuto fare la terza ripresa.

Ma come stavi dopo? Avevi subito qualche danno? Nelle foto successive all’incontro se non ricordo male ho visto che il braccio era fasciato, eppure hai combattuto una terza ripresa molto aggressiva.

A dire la verità, dopo quell'incontro, sono stato fermo due mesi per una tendinite al gomito sinistro. Te l'ho detto che l’adrenalina fa miracoli.

Dall’ultima volta che ci siamo visti ti sei trasferito a Miami per allenarti con l’American Top Team. Mi racconti un po’ come è cambiata la tua vita?

È cambiata molto. Sono stati mesi difficili ma necessari a farmi crescere come persona, prima ero in un ambiente troppo protetto e questo, sotto certi punti di vista, mi ha indebolito.

Nell’intervista con Alex Dandi, quando ti chiede se pensi che tornerai ad allenarti all’Hung Mung nei periodi che passerai in Italia hai risposto “Non so se sarà possibile, credo di no”. Quando ti ho conosciuto la prima volta mi hai parlato del grande legame con la tua palestra e il tuo team. Ti ho chiesto cosa poteva sollevarti dal pensiero di farti male nell’ottagono e tu hai risposto: “Dal team. So che comunque vada c’è la mia squadra. Che mi darà una mano a rialzarmi, come io ho fatto con loro”. La tua famiglia abita a pochi passi dalla palestra. So che per te questo non è solo romanticismo, quando me ne hai parlato ho sentito che ci credevi veramente. Non so cosa è successo e non sono affari mai, ma posso chiederti quali sono i tuoi sentimenti oggi, come ti senti ad affrontare una separazione così importante e immagino difficile?

Quanto vi piace a voi giornalisti questa domanda! Sì, è stata una separazione difficile, ma necessaria. I sentimenti con i quali combatto sono gli stessi, intorno a me ci sono persone pronte a darmi una mano quando dovrò rialzarmi e io sono pronto ad aiutare loro. Solo che ora ho capito chi è davvero vicino a me e chi no. La mia famiglia, la mia ragazza ed i miei amici, sopratutto quelli del “M'S.M”, sono un punto fermo.

Il momento peggiore dell’incontro contro Velickovic. La capacità degli atleti di resistere e andare avanti - anche con tagli profondi, sanguinamenti e persino ossa di mani o piedi rotte - è una delle cose che rende le MMA differente da qualsiasi altro sport.

È una scelta che forse significa che, da adesso in poi, devi contare soprattutto su te stesso? Una crescita personale, considerando anche quanto sei giovane ancora?

Sì, prima ero in un ambiente sicuramente molto confortevole ma non più adatto al mio sviluppo professionale. Ora è arrivato il momento di uscire dalla “comfort zone”, di crescere.

Quanto è stata, anche, una scelta di vita? Nel senso: ti ci vedi, tra dieci anni ad esempio, a vivere in America?

È ancora presto per dirlo, dipende da come andrà la mia carriera. Negli Stati Uniti la vita è molto costosa, non dico che servano i soldi di McGregor per trasferirsi qua, ma non stiamo poi così lontani.

Eric Spiceley, il tuo prossimo avversario, ha una storia interessante. È scappato di casa a 16 anni e poteva diventare professionista, è un esperto di grappling e cintura marrone di brazilian jiu jitsu. Lo scorso luglio ha perso con Alvey (un knock out artist) con una presa al collo in piedi. A settembre invece ha sottomesso Thiago Santos, favoritissimo, con una ghigliottina. Che tipo di incontro stai preparando?

Di solito non rivelo mai la strategia prima di un incontro, non tanto per paura che il mio avversario la legga, quanto per scaramanzia. È un compito piuttosto difficile mettere in atto la strategia che stiamo studiando, quindi cerco di tenere tutte le energie che ho per riuscirci al meglio. Credo sarà un incontro molto tattico.

C’è qualcosa che ti preoccupa di più di Spiceley?

Sicuramente il suo bjj. Penso sia la sua arma migliore. Ma questo sport è talmente imprevedibile che non si sa mai...

E invece c’è un modo cui pensi di batterlo?

In realtà non mi sbilancio mai prima di un incontro, sono molto scaramantico.

Non so se ti capisco fino in fondo. Come concili questa scaramanzia con la tua visione di fondo del combattimento come “ordalia”, come giudizio divino. Voglio dire, mi sembri un combattente molto sereno. Anche quando sei nell’ottagono sembri in pace con te stesso. E invece la scaramanzia tradisce un po’ di insicurezza di solito. Come ti senti prima di un incontro, ti capita di avere dei dubbi?

Nonostante quello che faccio trasparire all'esterno, non sono sempre sereno durante l'incontro, spesso capita di trovarsi in situazioni difficili…

Prima di un incontro, come tutti, provo anche paura. È grazie a questo che un atleta dimostra di avere coraggio, proprio superando le proprie paure. Non vedo coraggio nel non provare paura.

Il momento chiave dell’incontro con McLellan, in cui Di Chirico lo colpisce con una gomitata che lo taglierà e indebolirà molto. Ma anche McLellan è uno di quegli atleti che andrebbe avanti anche con un osso rotto.

Sono rimasto colpito dalla differenza con cui Dominick Cruz e Cody Garbrandt vivevano il periodo precedente al loro incontro di fine dicembre: Cruz - campione in carica, non perdeva un incontro da 5 anni - andava in palestra da solo anche durante le feste di Natale, si faceva i bagni ghiacciati mentre gli amici guardavano la tv. Garbrandt - che in teoria doveva essere la testa calda, emotivo - andava a pattinare con la ragazza e si sceglieva un completo nuovo per l’occasione. Tu come vivi i giorni prima dell’incontro, che tipo sei: quello che si allena da solo o quello che si gode la vita?

Non so quanto di quello che si vede nei servizi UFC Primetime sia attendibile.

Ci sono diversi modi per godersi la vita. Comunque io, di solito, tendo a interagire solo con altri fighter come me, persone che possono facilmente capire e con le quali posso condividere ciò che faccio. In effetti, a pensarci bene, sono un po' “fondamentalista” da questo punto di vista.

Tornando a Spiceley. A seconda del sito che consulti è poco fuori o appena dentro i primi 20 nel ranking dei pesi medi. Se tutto andasse bene e dovessi vincere, chi vorresti affrontare dopo? Avresti qualche preferenza specifica o magari vorresti solo continuare a salire il ranking?

Non ho nessuna preferenza in particolare, mi va bene chiunque.

Che tipo di carriera immagini per te?

É difficile a dirsi. Ci sono già moltissime star affermate nell'UFC, molti fighter emergenti stentano a trovare i loro spazi. A volte l'unica cosa di cui un atleta ha bisogno è un'occasione per poter fare un incontro importante e salire sulla cresta dell'onda, d'altronde è uno show business anche questo.

Ma ti sei dato un programma, un obiettivo? Che ne so: entrare nei primi 10 in tot incontri?

Prima di tutto, il mio obiettivo è vincere il prossimo incontro. Poi si, magari entrare in top ten, ma non ho fretta so che ci vorrà tempo e duro lavoro.

Cosa farai dopo l’incontro?

Dipende da come andrà. Credo comunque che mi prenderò un mese di pausa per stare con la mia famiglia, quella vera.

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