Domenica la pallavolo italiana vivrà l’ennesima giornata storica in campo internazionale. Per la quinta volta in 74 edizioni, la finale di Champions League femminile vedrà di fronte due squadre italiane, l’Imoco Conegliano e la Vero Volley Milano. Da una parte la formazione veneta, la dominatrice assoluta in Italia da ormai 8 anni alla ricerca della seconda CL dopo quella del 2021; dall’altra l’ambiziosissimo consorzio lombardo, che invece vorrebbe conquistare il terzo titolo europeo della sua storia, dopo la Challenge Cup e la Coppa Cev.
Due squadre che si sono inserite di forza nell’egemonia dei club turchi in Europa, che hanno alzato 8 delle ultime 12 Champions (6 volte il Vakifbank, una il Fenerbahce e una l’Eczacıbaşı), con un percorso relativamente recente. L’Imoco infatti è nata nel 2012, il consorzio Vero Volley nel 2008. Oggi queste due squadre rappresentano come forse nessun altra le espressioni più riconoscibili della pallavolo italiana e internazionale.
Il monopolio di Conegliano
L’Imoco Volley Conegliano nasce nel marzo di 12 anni fa, a pochi mesi dal fallimento di un’altra società di Conegliano, la Spes, costretta a ritirarsi dal campionato di A1 al termine del girone d’andata per motivi economici. La nuova squadra ha approfittato anche del vuoto creato dalla chiusura della Benetton nel basket e della Sisley Treviso nella pallavolo maschile per insediarsi al PalaVerde di Treviso.
Il club del presidente Pietro Garbellotto, imprenditore nella produzione di botti proprio di Conegliano – nel 2021 tra l’altro si è candidato come sindaco della sua città in quota Lega-Fratelli d'Italia - in appena 4 anni è arrivato a vincere il suo primo scudetto. E l’ha fatto imponendo un dominio in ambito nazionale praticamente incontrastato, prendendosi di forza lo spazio liberato dai club più vincenti che si sono sciolti nell’ultimo decennio, come la Sirio Perugia nel 2011, la Scavolini Pesaro e Villa Cortese nel 2013, o ancora Piacenza nel 2018, o comunque ridimensionati, come Bergamo e Busto Arsizio. Le “pantere”, l’animale che campeggia nel logo, hanno vinto l’A1 7 volte, 6 Coppe Italia, 7 Supercoppe italiane, la Coppa dei Campioni del 2021 conquistata a Verona e due Mondiali per club nel 2019 e nel 2022. Una sorta di dinastia, quella veneta, che ha prodotto un vantaggio competitivo sulle altre grandi squadre forse incolmabile.
Quello di Conegliano rimane comunque un movimento radicato nel territorio: l’inserimento dello sponsor “Prosecco Doc” nella propria denominazione richiama una delle eccellenze della regione, che in questi anni sta seguendo in maniera assidua la squadra. L’Imoco – stando a quanto si legge sul suo sito - viaggia infatti su una media spettatori superiore alle 4000 presenze (sui 5344 posti di capienza) e quest’anno sta toccando addirittura quota 4635 nelle partite di campionato, inclusi quattro sold out. A poche decine di chilometri dal palazzetto è stato inaugurato l’Imoco Volley Lab, una struttura specializzata nel personal training vicino a dove alloggia la squadra, a cui si è aggiunto l’Imoco Center, un centro dedicato al padel proprio di fronte al Palaverde.
In uno sport volatile come la pallavolo, dove non esiste il professionismo e le società spesso non hanno la forza per stipulare contratti pluriennali o raggiungere la sostenibilità economica, una delle chiavi del successo di Conegliano sono la continuità e la longevità del gruppo. L’attuale allenatore di Conegliano, Daniele Santarelli, è all’Imoco dal 2015: un anno da assistente, uno da vice e dal 2017 è l’head coach delle gialloblù. Il tecnico umbro in meno di 7 anni ha già vinto qualsiasi trofeo, e non solo a livello di club visto che ha vinto anche un Mondiale con la Serbia e l’ultimo Europeo con la Turchia.
I suoi occhi spiritati, quasi fuori dalle orbite, uniti ai suoi time out in cui schiuma rabbia, esprimendosi spesso in un inglese dalla dizione spigolosa, lo rendono forse il tecnico più iconico nel panorama femminile. In panchina è animato da un furore perenne e a ogni punto sembra essere logorato dalla tensione che accumula uno scambio dopo l’altro. «È un grande tattico, un motivatore, abilissimo nella gestione del gruppo», ha detto il presidente dell’Imoco Piero Garbellotto, «ha una grande capacità di interpretare lo spogliatoio a disposizione e, soprattutto, di restare umile nonostante i tanti successi».
Un tipico time out di Santarelli, da gara-2 delle finali scudetto contro Scandicci.
Santarelli dal 2017 è sposato con Monica De Gennaro, uno dei migliori liberi del mondo, che da 11 anni gioca in Veneto. Nello stesso anno del loro matrimonio è arrivata all’Imoco l’attuale palleggiatrice gialloblù, la polacca Joanna Wolosz, altra eccellenza mondiale nel ruolo, mentre la centrale olandese Robin De Kruijff è a Conegliano dalla stagione precedente. Anche le altre titolari hanno una militanza piuttosto lunga: la schiacciatrice Kelsey Robinson Cook è tornata in Veneto nel 2022 dopo una prima esperienza tra il 2017 e il 2019, l’altra banda americana Kathryn Plummer è stata ingaggiata nel 2021, un anno dopo l’arrivo della centrale della Nazionale Sarah Fahr.
Gli acquisti più recenti sono quindi quelli delle altre due centrali azzurre Marina Lubian e Federica Squarcini, arrivate nel 2022 assieme a Isabelle Haak. L’opposta svedese si è trasferita dal Vakifbank al posto di Paola Egonu (che ha compiuto il percorso inverso), dimostrando di essere all’altezza di chi l’ha preceduta.
Longevità e continuità per Conegliano sono anche sinonimo di record: la formazione trevigiana nel 2019 ha aperto una striscia di 15 trofei consecutivi in Italia tra scudetti, Coppe Italia e Supercoppe, impreziosita da alcune serie di vittorie consecutive chilometriche. Nella stagione 2020/21 ha vinto tutte tutte le partite delle quattro le competizioni a cui ha partecipato, interrompendo un filotto di 76 vittorie soltanto nel dicembre del 2021. Quest’anno poi era riuscita ad arrivare a 45 successi, prima di essere sconfitta da Novara in gara-2 delle semifinali scudetto. In una storia di successi l’unico neo, se così vogliamo definirlo, è il cammino europeo, dove l’Imoco è arrivata per tre volte in finale di Champions League, vincendone soltanto una. Anche per questo la gara di domenica vale tanto, per legittimare il proprio ciclo pure a livello internazionale.
Le ambizioni della Vero Volley
La storia della Vero Volley è iniziata qualche anno prima, dalla fusione nel 2008 di cinque società tra Milano e Monza in un unico consorzio, che oggi conta ben 46 squadre affiliate, ed è l’unica realtà in Italia a poter vantare una squadra in A1 maschile e femminile. Da una parte la Mint Vero Volley Monza, la grande sorpresa della stagione maschile, giunta in finale sia di Coppa Italia sia di campionato. Dall’altra la formazione allenata da Marco Gaspari, salita in A1 nel 2016 e cresciuta in maniera più graduale di Conegliano, passando dalla conquista di due coppe europee come la Challenge Cup del 2019 e la Coppa Cev del 2021 (rispettivamente il terzo e il secondo trofeo in Europa come ordine di importanza).
Negli ultimi tre anni però la Vero Volley, che fino alla scorsa stagione ha giocato le partite casalinghe a Monza, è salita di livello: nel 2022 e nel 2023 è arrivata in finale scudetto, allungando la serie della scorsa stagione fino a gara-5, mentre lo scorso febbraio si è arresa soltanto al tie-break nella finale di Coppa Italia persa ovviamente contro Conegliano.
Nella scorsa annata la presidente Alessandra Marzari, dirigente medico con specialità di medicina d’urgenza e pronto soccorso, ha deciso di trasferire l’A1 femminile a Milano, all’Allianz Cloud. Marzari ha giustificato questo trasloco con questioni di carattere logistico, legate alla promozione del Monza - la squadra di calcio - in Serie A. «Una partita di calcio e di volley nella stessa giornata non possono convivere», ha spiegato la numero uno del club, che nel 2022/23 si è diviso tra l’Opiquad Arena a Monza e il palazzetto milanese, che già ospitava le partite interne dell’Allianz Milano, formazione di Superlega. Oltretutto l’Allianz Cloud dista letteralmente 3 chilometri da San Siro, ecco perché il discorso dell’ordine pubblico sembra secondario rispetto all’aspirazione di ampliare il proprio bacino di tifosi, radicandosi in una città sempre più internazionale come Milano («il 40% dei nostri tifosi proviene da lì», ammette Marzari).
Un momento storico per la fu Vero Volley Monza: l’ultimo punto della semifinale scudetto del 2022 vinta contro Novara.
Una scelta che in un primo momento ha scontentato i tifosi brianzoli – alcuni di loro hanno iniziato a chiamare la squadra “Milonza”, con una nota di insofferenza - costretti a spostarsi di 22 chilometri per raggiungere l’ex PalaLido, ma che ha prodotto un netto incremento della media spettatori in questo campionato: dalle 2621 presenze del 2022/23, la Vero Volley è passata alle attuali 4243. La società si sta spendendo per distribuire un centinaio di biglietti a partita gratis o a prezzo ridotto, allestendo varie iniziative collaterali nel corso del match che stanno avvicinando il volley agli sport americani come fruizione dell’evento (un mutamento orientato all’entertainment di cui avevamo già scritto durante le fasi finali degli europei maschili dello scorso anno), proprio per avvicinare un pubblico sempre più trasversale e fare in modo che la pallavolo riesca ad attecchire anche in una città importante come Milano.
Una sfida impegnativa, considerato che storicamente questo sport ha sempre sofferto la concorrenza del calcio nelle grandi città, che tra l'altro hanno avuto squadre costose e vincenti, come ad esempio la Piaggio Roma negli anni 2000 o la stessa Mediolanum Gonzaga a Milano con Berlusconi negli anni ’90. Squadre però anche di breve durate e dipendenti dai grandi capitali che le sorreggevano, se pensiamo che si sono sciolte dopo qualche anno per il disimpegno economico da parte delle proprietà (dovuto a sua volta alle difficoltà a generare interesse e fidelizzare i tifosi attorno a una squadra messa in piedi quasi da zero). Ancora una volta torna il tema del background culturale come elemento cardine alla base di un movimento sportivo e di una squadra, e in particolare di una simbologia e un’identità condivisa che non si possono ricreare in provetta da un giorno all’altro. Il volley ha una tradizione più consolidata nella provincia medio-piccola, tanto che in alcune zone d’Italia, come Ravenna, Modena, Piacenza, Trento e Bergamo, rappresenta un’istituzione.
In questo senso la speranza di Marzari è che il cambio di denominazione non rappresenti un salto così grande, anche perché il suo consorzio è sempre stato composto da società sia del milanese sia della Brianza. Una società che sta cercando di rendersi sempre più appetibile agli occhi di sponsor e tifosi ingaggiando le giocatrici più in vista: nel 2022 è arrivata da Conegliano la schiacciatrice della nazionale Miriam Sylla, la scorsa estate ha riportato in Italia l’icona per eccellenza di questo sport, Paola Egonu, che probabilmente il prossimo sarà raggiunta da altre due azzurre, la banda Elena Pietrini e la centrale Anna Danesi (per lei si tratterebbe di un ritorno). Se ci aggiungiamo la palleggiatrice Alessia Orro, alla Vero Volley dal 2020, Milano si ritroverebbe con 5/7 della nazionale titolare. Il club lombardo sta spendendo molto (secondo la giornalista Giuliana Lorenzo indicativamente tra i 5 e i 6 milioni, come del resto le altre formazioni di vertice del campionato, Conegliano, Scandicci e Novara) con lo scopo di diventare la squadra di riferimento del movimento italiano e non solo, attraverso i volti più noti e le vittorie. Anche per questo un eventuale successo in Champions League darebbe ancora più credibilità al progetto.
La squadra di coach Gaspari arriva però sfavorita a questa finale, al termine di una stagione al di sotto delle aspettative.
La stagione altalenante di Milano
In questa stagione Milano non è mai sembrata una squadra troppo coesa né continua, soprattutto in cambio palla e in particolare in posto 4. Per tutto l’anno Gaspari ha ruotato la prima schiacciatrice, cioè la banda da affiancare a Sylla: i due martelli arrivati dal Vakifbank (la squadra più vincente in Europa negli ultimi 15 anni) assieme a Egonu, Daalderop e Bajema, hanno avuto un impatto deludente (la prima è stata condizionata da un problema alla spalla) e alla fine si è ritagliata un maggior spazio la francese Cazaute, anche se non si è mai arrivati a una soluzione definitiva.
Emblematica gara-2 delle semifinali scudetto, in cui il tecnico marchigiano è partito con Cazaute titolare, sostituita da Bajema, che lascerà il posto a Daalderop nel terzo set salvo poi chiudere la gara con la francese titolare, che chiuderà con un tremendo -5 di efficienza. L’eliminazione contro la Scandicci, una società capace di rastrellare il meglio della pallavolo mondiale (come la cinese Zhu, la serba Ognjenovic e la brasiliana Carol) ci può stare, è inquietante semmai la sensazione di impotenza e fragilità restituita nella serie, persa con un doppio 0-3. «Sono mancati muro e difesa», lo sfogo di Gaspari a fine gara «Abbiamo lavorato un anno per arrivare a questi appuntamenti e non si possono affrontare in questo modo. Non si può andare ad Antalya con questo atteggiamento».
Nel terzo set di gara-2 Milano era pure avanti 18-14, poi è saltata la ricezione sul turno al servizio di Diop e ha subito un incredibile parziale di 3-11.
Orro in attacco si è appoggiata molto su Sylla e Egonu, e la squadra ha finito per modellarsi sui loro pregi e difetti. Anche in Turchia Egonu si è confermata la solita macchina da punti (terza top scorer della Sultanlar Ligi e 48% di efficacia in attacco), per quanto abbia saltato 9 partite di stagione regolare anche a causa del limite di 3 straniere imposto dal campionato turco. La fuoriclasse italiana ha dato il meglio di sé nelle final 4 di Champions League, vinte grazie ai suoi 61-punti-61 tra semifinale e finale. Quest’anno a Milano, senza una S1 credibile e un’uscita forte al centro (Gaspari ha alternato molto Heyrman, più preposta a muro, e l’americana di due metri Rettke, più attaccante) è stata più sovraccaricata del solito e ha abbassato le sue percentuali offensive (46,1% di positività e 35% di efficienza), anche se rimangono numeri superiori alla media del ruolo.
Sylla invece è la solita leader emotiva, una giocatrice in grado di coprire molto campo in seconda linea e di esaltarsi in tutti i fondamentali se funziona in difesa. Come Egonu è una giocatrice dal rendimento discontinuo, anche all’interno della stessa partita, capace però di andare in striscia e di trovare una maggior pericolosità con la battuta float rispetto alla battuta corta del recente passato. Milano non è dunque una formazione regolare nel suo rendimento, ma può fare la differenza col muro difesa.
Nella partita di campionato giocata eccezionalmente al forum di Assago davanti a oltre 12.500 spettatori (nuovo record di pubblico per una partita di A1 femminile), Milano mostra tutta la forza del suo muro, quasi togliendo l’ossigeno alle attaccanti di Conegliano.
Su attacco scontato il muro sa essere molto composto e invadente, considerato che le laterali stanno individuando bene il punto palla (Egonu tra l’altro non ha mai murato così tanto in carriera, 0,58 muri/set) e le centrali si stanno dimostrando molto rapide nelle traslocazioni verso 2 e 4, specialmente Rapha Folie, rientrata nell’anno nuovo dopo alcuni problemi fisici che l’hanno tenuta ferma nei primi mesi. La Vero Volley accetta volentieri di allungare gli scambi e sudarsi i punti, ma non sempre è pulita nelle ricostruzioni e paziente a sufficienza.
La forza di Conegliano
Il problema per Milano è che Conegliano le è superiore anche nei suoi fondamentali migliori. Le "panter"e hanno un servizio più solido e incisivo in almeno 3 rotazioni, con Lubian (0,57 ace per set e appena 84 errori a fronte di 52 battute vincenti), Haak (0,35 ace/set) e Fahr, oltre a una specialista come Squarcini, e più in generale su una fase punto che quasi viaggia sui binari. Perché la formazione di Santarelli riesce ad avere una gestione metodica anche di quelle situazioni out of system, grazie alla qualità di Robinson Cook in seconda linea e il talento senza tempo di De Gennaro (37 anni), magari meno precisa in ricezione (è scesa dal 54,5 al 44,4% di doppio positiva) ma sempre un’istituzione in difesa come negli appoggi e nelle alzate.
Contro l’Imoco l’impressione è che spesso serva un attacco in più per mettere giù palla e non è detto che basti, specialmente quando si supera quota 20 punti e il peso specifico della singola azione aumenta. La squadra è in grado di accettare anche dei momenti di appannamento in attacco, salvo poi tirare fuori risorse inimmaginabili, frutto anche dell’abitudine a giocare (e vincere) tante partite decisive. Conegliano ha perso gara-1 della finale scudetto con Scandicci in casa e in gara-2 è andata sotto di un set (1-2) e 3-6 nel quarto parziale, eppure nel momento di maggior difficoltà ha saputo alzare il livello dei vari fondamentali: l’attacco è salito dal 35 del terzo al 59% del tie break, la ricezione positiva dal 41 all’80% del quinto e in particolare Plummer, che nel secondo era stata sostituita, soltanto negli ultimi due set ha messo assieme 11 punti.
Saggio breve delle qualità di Plummer: in questo scambio contro Pinerolo, l’americana pianta un chiodo in parallela da posto 1, la zona solitamente di competenza dell’opposto.
La schiacciatrice di Long Beach, assieme all’altra americana Robinson Cook e all’opposta Haak, forma un trio di palla alta che forse non ha eguali in questo momento. Le loro caratteristiche si incastrano benissimo: Plummer ha un braccio potente ed è un’ottima diagonalista, meno stabile in ricezione di una Cook – solitamente Plummer nel secondo giro dietro viene sostituita da Gennari o dal secondo libero Bardaro - più precisa nei fondamentali di seconda linea (41,2% di rice++!), ma non per questo meno risolutiva in attacco (45,2% di positività), specie negli scambi lunghi.
L’opposta svedese invece è forte in ogni fondamentale, dalla battuta alla difesa, passando naturalmente per l’attacco: attacca da seconda linea sia in pipe sia con la “gamma”, una palla che viene alzata tra posto 6 e 5, e quando necessario non ha problemi ad accelerare la rincorsa. Anche perché salta molto e dallo slancio ricorda una cavalletta. Il suo 51,4% di positività offensiva tra campionato e Champions sintetizza un’annata clamorosa, paragonabile a quella dei migliori opposti del maschile.
L’alzata di De Gennaro è un po’ lunga, ma Haak la chiude comunque con un “cut shot” da beacher, che non sacrifica troppo la potenza del colpo.
Questa varietà di opzioni in palla alta si somma alla creatività di Wolosz in regia e alla qualità del gioco al centro della coppia italiana Lubian-Fahr. Lubian è una specialista della fast, giocata sia vicino all’alzatrice sia più spostata verso zona 2, Fahr invece ha assorbito l’infortunio al ginocchio e sta giocando la sua migliore pallavolo. Esuberante a muro e puntuale in attacco, ama anticipare moltissimo i primi tempi e attaccare vicino a Wolosz, possibilmente con una bella rincorsa.
Nel secondo set della finale di Coppa Italia, Fahr ha quasi strappato la palla dalle mani di Wolosz da quanto ha anticipato questo primo tempo.
Conegliano ha affrontato già 4 volte in questo 2023/24 la Vero Volley e ha sempre vinto, mostrando in maniera più o meno netta i rapporti di forza tra le due formazioni. La squadra di Santarelli ha avuto la meglio sia nei due confronti in A1, sia in finale di Supercoppa e di Coppa Italia.
Il confronto più equilibrato si è rivelato la finale di coppa, disputato in febbraio e vinto dalle venete soltanto al tie break. In quella circostanza Milano era andata avanti pure 6-4 nel quinto set e con una palla per il possibile 7-4, ma si è dimostrata meno lucida nella scelta dei colpi rispetto alle gialloblù che, nonostante abbiano attinto dalla panchina (Plummer nel quinto è stata sostituita da Gennari, protagonista con 2 punti e il 62% rice positiva su 8 palloni), hanno vinto comunque 15-11.
Il confronto statistico tra le due squadre nelle 4 partite, rapportato anche alle rispettive medie stagionali. In verde i numeri migliori, in rosso quelli più deficitari.
La squadra di Gaspari quest’anno sta ricevendo meglio dell’Imoco e attacca con percentuali simili (44,2 contro il 47,9 di Conegliano), ma negli scontri diretti il rendimento dell’attacco è crollato, soprattutto in termini di efficienza: è difficile impensierire una delle migliori fasi punto al mondo con un’efficienza inferiore al 20%. Milano oltretutto ha chiuso male la stagione, con 7 sconfitte nelle ultime 14 gare tra campionato e Champions. Non gioca una sfida ufficiale dal 10 aprile, ossia dalla sera dell’eliminazione nella semifinale scudetto con Scandicci, e non sappiamo se questi 25 giorni di riposo abbiano giovato a una squadra che si presenta alla finale con tanti dubbi di formazione (chi affiancherà Sylla in posto 4? Chi giocherà al centro con Folie?) che Gaspari si è trascinato per tutto l’anno. Milano avrà anche la pressione di conquistare un trofeo per riscattare un’annata altrimenti deludente.
Di sicuro serviranno le migliori versioni di Sylla e Egonu (oltre che di Orro, reduce da una distorsione alla caviglia che le ha fatto saltare alcune gare nella post season) e la solita attenzione del muro, che nella semifinale contro il Fenerbahce vinta al golden set ha messo giù 25 block tra andata e ritorno. Se appare inverosimile che Milano riesca a trovare il suo ritmo in cambio palla, sarebbe importante rallentare quello avversario, quanto meno per sporcare la partita a un avversario in possesso di più soluzioni e maggior imprevedibilità.
In Turchia arriverà una Conegliano senz’altro più stanca, ma galvanizzata dall’ennesimo scudetto vinto, il sesto consecutivo e il settimo della propria storia. La serie contro Scandicci è stata logorante, ma ha mostrato ancora una volta che la Prosecco, al netto delle ambizioni e degli investimenti delle competitor, rimane la squadra da battere: la formazione di Santarelli ha trionfato in ogni competizione a cui ha partecipato (nell’ordine, Supercoppa italiana, Mondiale per club, Coppa Italia e scudetto) ed è a una partita dalla stagione perfetta. «Abbiamo un sogno che non è a breve termine», ha detto Santarelli dopo la vittoria della Coppa Italia «Dobbiamo essere bravi a goderci il momento e poi fra 10 anni ci diremo se abbiamo fatto quello che volevamo fare». A questo punto l’obiettivo potrebbe essere quello di arrivare agli 11 campionati consecutivi dalla Teodora Ravenna, che negli anni ’80 ha collezionato 17 titoli tra Italia ed Europa.
Dopo una stagione del genere, in cui ha pure eliminato nella fase finale di Champions le campionesse in carica del Vakifbank e un’altra corazzata turca come l’Eczacıbaşı, non può che arrivare favorita. In ogni caso sarà una giornata storica per lo sport italiano, se pensiamo che nel pomeriggio anche Trento giocherà la finale della Champions League maschile contro i polacchi dello Jastrzebski Wegiel.