
Dopo una grande prova di forza nel girone eliminatorio, in cui aveva superato un Brasile attempato ma pur sempre pericoloso, un avversario più accomodante come l’Egitto e poi la Polonia, in una sorta di finale anticipata tra le due principali favorite per l’oro olimpico, l’Italvolley di Fefè De Giorgi si era guadagnata il primo posto assoluto nella griglia dei quarti e il relativo accoppiamento col Giappone reduce da un girone deludente, in cui si era salvato solo grazie al successo con l’Argentina nella seconda giornata del gruppo C.
Non era comunque un incrocio scontato per i campioni del mondo del carica, un po’ perché la Nazionale asiatica poteva diventare una possibile outsider anche per una medaglia, e un po’ perché i due big del Giappone, gli schiacciatori Yuki Ishikawa e Ran Takahashi, venivano da un’annata stellare proprio nel campionato italiano – come sempre uno dei migliori al mondo - rispettivamente con le maglie di Milano e Monza.
La Nazionale asiatica alla fine ha giocato una partita stratosferica per tutti e 5 set, ma se non è riuscita a concretizzare nessuno dei 4 match point ottenuti tra il terzo e il quinto parziale. L’Italia a sua volta ha saputo adeguarsi al contesto imposto dai giapponesi e ne è uscita indenne, e l’ha fatto al termine di una gara epica per emozione e sofferenza. Una delle partite più belle della storia della pallavolo olimpica, che dimostra quanto sia sottile la distanza tra vittoria e sconfitta in questo sport, spettacolare e tremendo al tempo stesso.
L’Italia, che è scesa in campo con ormai il classico sestetto più uno - che potremmo recitare a memoria (la diagonale palleggiatore-opposto Giannelli-Romanò, i due schiacciatori di Trento Michieletto e Lavia, i centrali Galassi e Russo più il libero Balaso) e che Fefè De Giorgi difficilmente tocca, se non per un paio di ingressi al servizio del secondo palleggiatore Sbertoli - ha scritto quindi un’altra pagina di storia di questo ciclo inaugurato tre anni fa. Un'altra partita in cui è stata messa spalle al muro ed è incredibilmente risorta, ancora più clamorosa della finale di Euro 2021 con la Slovenia e dei quarti continentali con l’Olanda nel 2023.
Abbiamo assistito a un quarto di finale in cui entrambe le squadre si sono superate per mettere a terra un pallone. Incredibili infatti sono state entrambe le difese, e in particolare quella giapponese guidata dal libero Yamamoto, che coi suoi interventi ha deciso una quantità di azioni davvero rara per un ruolo che tecnicamente non porta punti diretti. In generale comunque le azioni difensive hanno trovato le spaziature e i posizionamenti per tirare su un attacco, costringendo a un nuovo tentativo l’avversario, che però è riuscito ad aumentare la qualità del gioco, anziché il numero degli errori diretti o la frustrazione.
Un esempio di cos’è stata questa partita a livello difensivo.
I ragazzi di De Giorgi nei primi due parziali hanno attaccato con un ottimo 54,9% di positività, che di solito è più che sufficiente per essere avanti 2-0, eppure il Giappone ha risposto con un irreale 64% offensivo. La squadra di Blain ha costruito la prima parte della gara su una ricezione eccellente (anche in questo fondamentale Yamamoto ha offerto un contributo difficilmente replicabile, con un 54,2% di rice perfetta su 35 palloni), il quale ha permesso a Sekita di velocizzare il gioco anche sul trio di palla alta, che ha fatto impazzire il muro avversario per una metà gara abbondante. Alla fine si conteranno addirittura 28 mani-fuori ad opera dei vari Ishikawa, Takahashi e Nishida, l’opposto con un trascorso a Vibo Valentia, di cui 14 solo nei primi due set. I centrali azzurri, specie con ricezione nei 2-3 metri, sono rimasti più in lettura sugli omologhi (due attaccanti però meno efficaci dei laterali), tanto che Nishida in più di una circostanza ha giocato sul piano di rimbalzo poco composto, offerto dal centrale in ritardo nello scorrimento verso posto 4.
L’Italia nel primo set si è inceppata sulla P1, la rotazione in cui l’opposto e il primo schiacciatore teoricamente dovrebbero attaccare a posizione invertite, ma che gli azzurri eseguono in maniera atipica, con Michieletto, l’S1, che riceve da zona 6 poi corre verso posto 4, mentre Romanò ha già compiuto il giro dietro i suoi compagni per andare da 4 verso 2. Una fase in cui la Nazionale ha perso 6 punti di seguito (da 12-14 a 12-20).
Nel parziale successivo però l’Italia ha iniziato a fare l’Italia, ossia quella squadra che accetta serenamente di forzare gli attacchi anche con ricezione fuori dai 3 metri, sistemando col secondo e soprattutto il terzo tocco quelle azioni apparentemente più leggibili per il muro difesa avversario: Balaso si schianta su un tabellone pubblicitario per alzare a Michieletto una palla fuori dal campo, Giannelli invece si affida alle pipe, la nostra ancora di salvezza, anche con la rice spostata o nei 4 metri (ne alzerà addirittura 21 tra Michieletto e Lavia, con 13 punti complessivi e nessun errore) pur di dare fiducia ai suoi schiacciatori. Gli attaccanti di palla alta avranno il merito di non farsi innervosire da una formazione in grado di recuperare qualsiasi cosa, evitando di abbassare i colpi - contro un muro, quello giapponese che paga addirittura 73 centimetri di altezza, se consideriamo soltanto i laterali - o forzare le traiettorie.
La Nazionale andrà addirittura sul 17-13 e sul 23-21, prima che il Giappone compia un break di 4 punti frutto del solito immenso Yamamoto, protagonista sul 23-23 di una difesa in tuffo plastico con cui copre anche Ishikawa, che poi trova il contrattacco del sorpasso. La formazione in maglia rossa si aggiudica tanti scambi lunghi, sugli attacchi da posizione centrale tiene gli uomini di seconda linea particolarmente stretti e dentro al campo e riesce a mettere la palla in testa a Sekita anche ricevendo in tuffo. Yamamoto poi compie tre difese nello stesso scambio, in compressione e di posizione, propiziando nel terzo set il punto del 13-9 che sembra indirizzare definitivamente la gara. Va detto però che nel confronto diretto col libero nipponico, Balaso non è stato da meno del libero avversario e, come contro la Polonia, è stato fantastico nell’incassare ogni tipo di battuta, a costo di coprire se necessario anche le zone di conflitto, chiudendo con un ottimo 41,6% di ricezione perfetta e 14 difese.
14 difese e una rovesciata.
L’Italia è rimasta dentro la partita anche sotto di due parziali, aggrappandosi a Michieletto ogni qualvolta la rice si è staccata da rete (14 palloni attaccati e 6 punti nel terzo), ma continuerà a fare una fatica immane in fase break perché dalla battuta ricava relativamente poco contro una ricezione così pulita (23 errori contro 6 ace). Dal terzo comunque è riuscita finalmente a sporcare il cambio palla avversario, provando a portare la sfida nella propria comfort zone, quella dell’entropia e delle situazioni out of system, che costringono a pensare soluzioni anticonvenzionali.
Il problema è che la formazione giapponese, pur abbassando le percentuali offensive, ha mantenuto il proprio ordine rigoroso e una qualità elevata in rigiocata: prima Takahashi e poi Ishikawa metteranno giù due contrattacchi che valgono il 24-21 e quindi 3 match point per la selezione asiatica. È un momento che ricorderemo per un bel po' di tempo.
L’Italia non stava giocando male, tutt’altro, ma dall’altra parte della rete aveva semplicemente trovato una squadra che stava camminando sulle acque e pareva condannata a una precoce eliminazione. Eppure il sestetto di De Giorgi ci ha mostrato ancora una volta di essere una formazione capace di alzare ulteriormente il livello del suo gioco nel momento decisivo: un ace di Giannelli nella zona di conflitto tra Yamamoto (!) e Ishikawa, un murone a uno altissimo e invadente di Michieletto su Nishida e soprattutto due attacchi di Lavia - che sembrava essersi sgonfiato dopo aver subito un ace e mezzo nel parziale – ribalteranno un set assurdo che allunga il match al quarto. Lo stesso Lavia, pur essendo stato meno coinvolto negli ultimi 3 set (per quanto parliamo di una prestazione da 19 punti con 16 attacchi vincenti su 36), sta diventando sempre più prezioso in seconda linea (50% di rice++).
Da questo muro di Michieletto emerge tutta la sua aura.
Il parziale vinto però non ha spostato l’inerzia della gara, nel senso che il Giappone è ripartito ad attaccare e difendere l’impossibile. Ma l’Italia non è stata da meno e anzi i centrali hanno iniziato a toccare più palloni a muro seguendo con più continuità i laterali avversari (Nishida e Takahashi negli ultimi tre set attaccheranno con un più normale 30 e il 22% di efficienza). Se è vero che Giannelli nell’ultima fase tenderà a trascurare i suoi posti 3 (un po’ perché l’attacco si regge principalmente sul trio di palla alta, un po’ perché i due non sono andati oltre il 52,3% su 21 palloni), le prestazioni di Galassi e Russo sono comunque lievitate come una torta in forno, confermandosi determinanti in tutti i fondamentali. Russo si è preso la responsabilità di ricevere le battute corte (addirittura 10 palle, di cui 5 ricevute ++) e, come contro la Polonia, si è rivelato insospettabilmente agile nell’andare a terra per coprire il compagno a muro. In più ha messo giù 5 muri, di cui 4 negli ultimi due parziali.
Qui Russo quasi mette le mani in faccia a Ishikawa da quanto è invadente.
Galassi invece, in possesso di una battuta interessante ma abbastanza fallosa, ha chiuso con 2 ace a fronte di 3 soli errori, a cui aggiungere 3 muri. Tra l’altro il quarto set, in cui gli azzurri erano andati sopra anche di 4 punti (11-7 e 14-10), terminerà ai vantaggi grazie a due muri a 3 finalmente composti su Ishikawa e Nishida.
Il tie break non poteva che essere un’appendice di un quarto di finale appassionante quanto logorante, in cui il livello è rimasto altissimo. La squadra di Blain è andata al cambio campo sull’8-6, salvo poi subire il sorpasso sul 10-11, propiziato da un mezzo ace di Romanò. L’opposto di Piacenza ha patito in realtà una giornata tormentata dai 9 metri (2 ace e 9 battute sbagliate), ma partita dopo partita si sta consolidando come l’attaccante più affidabile, capace di galleggiare costantemente sopra il 50% di positività in attacco (16/31 ieri). Il resto l’hanno fatto un Michieletto sempre più uomo provvidenza per Giannelli, con una diagonale stretta praticamente cadendo all’indietro, e il punto finale di Russo, un guizzo sotto rete al termine di uno raro scambio in cui la squadra di Blain è parsa disordinata e un po’ impaurita.
Questo confronto sembra legato da un filo rosso, per la carica emotiva, per l’epicità della rimonta e per il palcoscenico olimpico, all’ultima grande vittoria della Nazionale di Chicco Blengini, la semifinale contro gli Stati Uniti a Rio 2016 e la serie al servizio di Giannelli nel terzo set a quella dell’allora opposto Ivan Zaytsev sul 20-22 del quarto parziale – da 5 battute di cui 3 ace – che ha prolungato il confronto al tie break. Ma andando ancora più indietro, troviamo un’altra rimonta sempre ai danni del Giappone, al torneo preolimpico del 2008, quando una serie al servizio chilometrica di Birarelli portò l’Italia ai vantaggi (e alla vittoria di quel match) da una situazione di 17-24 per i nipponici, avanti 1-2 nei parziali.
Curiosamente al commento tecnico per la Rai c’era proprio Fefè De Giorgi in quella circostanza.
Domani in semifinale l’Italia sarà attesa ad un’altra sfida, ancora più sentita, quella contro i padroni di casa della Francia. La selezione di Giani è campione uscente, ma i confronti degli ultimi due anni, ai Mondiali e agli Europei, non possono che far propendere il pronostico dalla parte dei ragazzi di De Giorgi.
L’Italia ha più peso e soluzioni nel trio di palla alta, però la Francia, pur nelle difficoltà, resta sempre una squadra capace di accendersi e farsi trascinare dal pubblico. Come è effettivamente successo ieri pomeriggio, in cui i padroni di casa erano andati sotto 0-2 con la Germania, prima di trionfare al tie break. Esattamente come l’Italia.