Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
Innamorati di Dominik Szoboszlai
09 lug 2020
Questa volta è stato il centrocampista del RB Salisburgo a rubarci il cuore.
(articolo)
12 min
Dark mode
(ON)

Il calcio ha una storia relativamente giovane, i movimenti nazionali che più l’hanno nutrita hanno avuto alti e bassi in questi circa 150 anni, ma quasi nessuno di loro è davvero scomparso. Quasi nessuno ha vissuto un declino tale da non poter essere più considerato competitivo per decenni in un torneo internazionale.

Tra le pochissime eccezioni troviamo il calcio mitteleuropeo, austriaco e soprattutto ungherese. Oggi ripensiamo senza nostalgia alla cosiddetta Squadra d’oro, cioè alla Nazionale ungherese di Ferenc Puskás, Gyula Grosics e Nándor Hidegkuti della prima metà degli anni '50, come si fa con le civiltà perdute e le epoche storiche così lontane nel tempo da risultarci indecifrabili. L’ultima volta che l’Ungheria si è qualificata ai Mondiali era il 1986 e non era ancora crollato il muro di Berlino; l’ultima volta che si è spinta fino alle fasi finali era il 1966 e i calciatori portavano la brillantina sui capelli e i pantaloncini sopra l’ombelico. Bisogna andare indietro ancora di più, di un altro decennio, per arrivare all’epoca in cui l’Ungheria era una delle potenze calcistiche d’Europa ed esportava allenatori geniali, calciatori leggendari e raffinati. Negli ultimi cinquant’anni, però, il paese ha praticamente smesso di produrre grandi talenti calcistici, come se avesse all’improvviso disimparato una cosa che gli riusciva con naturalezza.

Dopo diversi decenni Dominik Szoboszlai sembra uno dei pochi calciatori con un talento in grado di ricordare l’epoca aurea del calcio ungherese. È nato a Székesfehervar, che significa “castello bianco del trono reale”, una città tra il lago Balaton e Budapest in cui è stato incoronato Stefano I, primo sovrano d’Ungheria. Non solo sembra poter diventare un calciatore di livello assoluto, ma possiede quel tipo di talento universale e senza tempo per cui è naturale essere eccitati: è un calciatore tecnico e intelligente, dalle letture raffinate e dal piede dolce.

Intorno a Szoboszlai l’attenzione cresce ormai da anni: nonostante sia appena un 2000, è già da tre stagioni che si parla di lui come di un potenziale fenomeno. Su l’Ultimo Uomo lo avevamo inserito nel tradizionale articolo sui giovani da seguire all’inizio del 2018; circa un anno dopo il suo nome è comparso sul celebre “foglietto” di Paratici, insieme ad altri giovani entusiasmanti come Zaniolo, Federico Chiesa o Romero. Fra loro, Szoboszlai era il nome più oscuro, anche perché all’epoca doveva ancora entrare nell’undici titolare del RB Salisburgo e aveva appena 18 anni.

La sua gavetta è stata lunga: suo padre, Zsolt, gestisce un’accademia calcistica (Fonix Gold) molto focalizzata sull’allenamento individuale e sta cercando di coordinare la sua crescita in modo oculato. La scelta del Red Bull Salisburgo è stata pensata proprio per le garanzie che offriva nello sviluppo dei giovani talenti. Il Salisburgo gli ha permesso di esordire nel contesto più morbido della seconda serie austriaca, nella sua squadra satellite, il Liefering, da dove sono passati tutti quelli poi finiti nella Red Bull, tipo Daka e Mwepu che adesso sono in prima squadra con lui. In quel campionato è sembrato francamente fuori scala (10 gol in una trentina di presenze) ma Ernst Tanner, dirigente del club, spegneva gli entusiasmi: «Nei prossimi anni Dominik dovrà capire se può diventare un giocatore top o solo un giocatore di calcio professionista medio. Secondo me c’è la possibilità che diventi un grande giocatore».

Ancora all’inizio dello scorso anno Szoboszlai giocava in seconda serie austriaca e solo col passare dei mesi ha cominciato a comparire in campo con la maglia del RB Salisburgo. Christoph Freund, direttore sportivo del club, ha evidenziato come quei mesi siano serviti al giocatore per accompagnare al suo talento l’etica del lavoro e la consapevolezza dell’asperità del calcio professionistico: «È un talento eccezionale, ma ha dovuto guadagnarsi l'occasione, ha combattuto per nove mesi, ma è maturato di nuovo. È diventato più stabile nella sua personalità».

La partita della svolta con il Napoli

A marzo 2019, in Europa League contro il Napoli, ha giocato la sua prima grande partita in uno scenario ben più complicato del calcio austriaco: la squadra partiva da una situazione compromessa, avendo perso 3-0 fuori casa, e Szoboszlai ha interpretato la gara con aggressività e carisma, cercando di incidere quasi con ogni tocco di palla. Partiva da mezzala, ma veniva spesso a giocare tra le linee, dietro le punte, il più possibile vicino alla porta. Al 25’, in una di quelle transizioni corte fulminee del RB Salisburgo, ha intercettato palla e servito a Dabbur l’assist dell’1-0. Un minuto dopo ha quasi mandato in porta Minamino con un lancio dolcissimo di interno destro. Dopo un altro minuto un suo profondo ripiegamento difensivo, concluso in scivolata, ha evitato un gol a porta vuota di Milik. La sua partita si è composta anche di cose meno appariscenti: passaggi corti per aiutare l’uscita palla, resistenze alla pressione, nonostante dal suo lato avesse Allan, e una capacità unica di accelerare la velocità della circolazione palla senza perdere precisione.

Ma l’aspetto più impressionante di quella partita non è stato tanto il suo talento quanto la convinzione con cui l’ha sfruttato contro un avversario di livello così alto. Dopo la partita Freund ha dichiarato: «Lo vediamo ogni giorno in allenamento. So cosa può fare e quindi non sono sorpreso. È un calciatore incredibile - un talento eccezionale. E oggi ha anche dimostrato di essere freddo». Meno di una settimana dopo ha ricevuto la sua prima convocazione in Nazionale. Era da anni considerato la giovane stella del movimento, ma forse per timore di bruciarlo troppo in fretta non era ancora stato convocato.

Giovanni Costantino, analista e assistente del CT dell’Ungheria Marco Rossi, ha visto quella partita e ha subito avvisato il tecnico che Szoboszlai era pronto (come si capisce dai nomi, sono entrambi italiani). Ho sentito Costantino al telefono per parlare del percorso di Szoboszlai, e avere un parere da chi ha potuto vederlo da vicino. Costantino è in Ungheria dal 2016, dove era arrivato all’Honved proprio per fare da assistente a Marco Rossi. La sua è una storia di gavetta lunga, partita addirittura dalla Finlandia. Costantino definisce Szoboszlai: «Un giocatore tecnico, di palleggio, ambidestro».

Sembra un giocatore anomalo rispetto al contesto della galassia Red Bull, che ci ha abituato a centrocampisti iper-dinamici che leggono il gioco solo nella dimensione verticale. È diverso non solo per la sensibilità con cui tocca la palla, ma anche per un senso del gioco più associativo, si muove sempre in zona palla e non ha la verticalizzazione come prima opzione, cerca spesso il passaggio corto per l’uomo vicino. Ogni tanto riesce persino a dare la pausa alla squadra. Lo scorso anno con Marco Rose, nel 4-3-1-2, agiva da mezzala sinistra di possesso, aiutando spesso la squadra a ripulire l’uscita dal basso e a far avanzare il pallone sul suo lato. Nel ruolo di trequartista giocavano incursori molto dinamici, quasi delle punte, come Minamino o Wolfes.

Jesse Marsch, il nuovo allenatore, non ha cambiato molto i principi della squadra. Il RB Salisburgo continua a cercare di arrivare ai giocatori offensivi il prima possibile, attacca con tanti uomini e cerca una riconquista furiosa nel momento della perdita. Rispetto allo scorso anno però i giocatori offensivi giocano più vicini e cercano combinazioni più basse e veloci, generando una sorta di caos controllato che sembra la cifra di un certo calcio ad alto livello oggi. È sempre il pressing a definire il gioco del Salisburgo, e il contesto tattico che vuole cercare di imporre, specie contro squadre di livello più alto che non si limitano a rifugiarsi nella propria area di rigore, come gli capita invece sempre nella Bundesliga austriaca. È un gioco rischioso, estremamente dispendioso dal punto di vista atletico, ma l’unico possibile per una squadra che, almeno secondo Marsch, «per natura pensa e gioca aggressiva».

Marsch ha ruotato molto i sistemi quest’anno: 4-2-2-2, 4-3-1-2, 4-2-3-1, con una fluidità che rende in realtà vano questo sforzo numerico. Szoboszlai ha ricoperto diversi ruoli trovandosi sempre a proprio agio, mostrando un dominio tecnico impressionante sugli avversari nel campionato austriaco, ma anche all’altezza della Champions League in un girone difficile che comprendeva Napoli, Genk e Liverpool.

Le sue partite erano più che altro fatte di piccole cose: protezioni palla, dribbling difensivi, pause con cui permetteva alla squadra di ordinarsi, attenzione in pressing. Ma è soprattutto dopo il lockdown che il suo rendimento è schizzato e il suo talento non si è mostrato solo nelle piccole cose deliziose di cui riempiva la partita, ma anche nella merce più preziosa, e cioè gol e assist. Il RB Salisburgo ha ceduto Minamino al Liverpool, e Szoboszlai a quel punto ha potuto prendersi il suo spazio definitivo sulla trequarti, trovando maggiori responsabilità in fase di creazione e definizione del gioco. Con la squadra in possesso va a giocare soprattutto nel mezzo spazio di sinistra, la sua posizione preferita da cui creare gioco a piede invertito.

Questa svolta è stata importante secondo Costantino: «Con Rose giocava soprattutto mezzala e aiutava tanto in costruzione. Ora è stato avvicinato alla porta e sta facendo meglio. Lui ha le qualità per fare tutti i ruoli, anche il regista, ma lontano dalla porta il suo talento è sprecato». Anche nell’Ungheria finora ha giocato soprattutto da interno di centrocampo ma Costantino dice che stanno lavorando per avvicinarlo alla porta.

Quest’anno con la maglia Red Bull Szoboszlai ha segnato 9 gol e servito 14 assist. La squadra ha vinto il campionato con un cammino impressionante nei playoff, di cui il trequartista ungherese è stato il principe indiscusso. Qui dobbiamo per forza parlare di qualche azione che ci ha fatto vedere nelle ultime partite.

I due calci di punizione contro lo Sturm Graz, con la palla fatta girare sopra la barriera con la naturalezza degli specialisti; quello segnato in Coppa al Lustenau, una mezza citazione del gol di Kroos alla Svezia; il tiro volante in area contro il Rapid Vienna; il magari più banale ma raffinato dribbling di suola sul portiere del LASK, ma soprattutto il gol da Playstation segnato sempre al Graz. Su una trequarti condensata di uomini, Szoboszlai si è aperto lo spazio per il tiro con una ruleta di prima intenzione, così improvvisa e controintuitiva che bisogna rivedere il replay più volte per accorgersi di cosa ha fatto. Chi aveva la palla, come l’ha toccata. Poi ha lasciato partire un tiro secco e radente all’erba finito all’angoletto.

La qualità - la pulizia, la forza, l’eleganza - del suo destro è la cosa che più risalta nel suo gioco, anche se non disdegna l’uso del sinistro, soprattutto in conduzione, ma anche nelle conclusioni e nei passaggi. A colpire guardandolo giocare è l’impressione generale di calma e controllo propria dei giocatori più tecnici. Szoboszlai è un giocatore bello da vedere: nel contesto caotico che vuole creare il Salisburgo riesce sempre a mantenere un controllo impeccabile; ama toccare la palla con la suola, ha il gusto del bello, dopo un dribbling alza sempre la testa.

Finalmente maturo?

Con le cessioni di gennaio Szoboszlai è diventato il leader tecnico del RB Salisburgo, ed è sembrato a suo agio anche in un ruolo che gli richiede molte più responsabilità e palloni da poter toccare. Ma secondo Costantino il più grande miglioramento dopo il lockdown è stato soprattutto nella fase difensiva: «Non è solo una questione fisica ma mentale. Dopo il lockdown ha migliorato la sua disposizione mentale in fase difensiva». Una fase che ovviamente nel gioco del RB Salisburgo è profondamente intrecciata con quella offensiva, visto quanto la squadra tenta di creare occasioni pericolose a partire da situazioni di pressing o gegenpressing.

Nell’applicazione alla difesa in avanti Szoboszlai sta mostrando intelligenza e applicazione, usando delle doti atletiche significative. È alto un metro e 86 ma è sorprendentemente agile e la leggerezza con cui si muove, anche negli spazi più angusti, lo fa sembrare più basso. Per questo abbinamento tra doti atletiche e tecniche è stato paragonato a centrocampisti-freak come Pogba e Milinkovic-Savic, oltre che a geometri raffinati del gioco come Toni Kroos. In realtà Szoboszlai non sembra avere il senso dell’ordine di un giocatore come il tedesco, né riesce a usare il corpo in modo dominante come Pogba o Milinkovic (e forse in futuro le squadre potrebbero fargli aumentare la massa muscolare nella parte superiore del corpo). Pur essendo un giocatore forte fisicamente, il suo stile di gioco è basato sulla tecnica. La sua influenza ad alti livelli, se vorrà giocare vicino alla porta, sarà legata alla capacità di produrre molto a livello in termini di gol, rifiniture e vantaggi chiari per la squadra. Qualcosa che ha cominciato a fare con regolarità nel campionato austriaco ma che non è detto riesca a fare in contesti più competitivi.

Da anni si parla di Szoboszlai per quasi tutte le migliori squadre europee. Già ai tempi del suo passaggio al RB Salisburgo aveva, insieme alla sua famiglia, rifiutato la Juventus, e non è detto che non continui a fare scelte oculate. La clausola di 25 milioni è bassa, come tutte quelle che riguardano i giocatori del suo club, è questo potrebbe favorire il passaggio a un livello intermedio tra Salisburgo e una squadra d’élite.

Per Costantino la migliore qualità di Szoboszlai è «la sua ambizione, la convinzione dei suoi mezzi», e secondo lui non c’è il rischio che possa soffrire il salto a un campionato più intenso di quello austriaco. Allo stesso tempo, però, Costantino mi dice: «Per permettere il suo adattamento il contesto sarà importante. Guarda per Haaland quanto è stato importante andare al Dortmund, in un contesto tattico simile per filosofia a quello del RB Salisburgo; stessa cosa per de Ligt, facilitato nel suo inserimento in Italia dal fatto che era abituato già all’Ajax a difendere a zona in una difesa alta, come gli chiede Sarri».

Per Szoboszlai sarà quindi decisivo, nel caso decidesse di andare via dall’Austria trovare una squadra proattiva, che vuole imporre il proprio contesto tattico con e senza palla. È anche per questo che negli ultimi giorni viene accostato soprattutto al Milan, dove potrebbe trovare Ralf Rangnick (cioè l'architetto tattico dell'intera galassia Red Bull) come allenatore, cioè quello che più potrebbe capirne il talento ed esaltarne le qualità.

Ad appena vent’anni lo sviluppo di un giovane calciatore di alto livello è ancora in una fase delicata, ma Szoboszlai sembra avere il carisma e la profondità di talento per resistere alle difficoltà che il calcio gli metterà davanti.

Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura