Prova a immaginare. Sei un calciatore forte, te lo dicono da quando eri solo un ragazzino, talmente tanto spesso che hai finito per crederci anche tu. Dai il massimo in ogni allenamento, sei il migliore dei tuoi coetanei, sempre, ad ogni età. Due delle più grandi nazionali d’Europa si contendono le tue prestazioni. Approdi alla prima squadra di uno dei più grandi club calcistici del mondo, devi restarci il tempo di un ritiro e invece vogliono che ti fermi per il resto della stagione. Non fai in tempo ad abituarti all’idea che ti ritrovi nelle rotazioni dei titolari, prima in campionato, poi in Champions League. Dividi il campo e lo spogliatoio con calciatori fantastici, che fino a quel momento avevi visto solo nelle fattezze elettroniche riprodotte in un videogioco. Ora che lo hai immaginato, cosa provi? Che cosa senti?
Nonostante questa sia la sua dimensione, la sua realtà, Jamal Musiala prima di ogni partita ha paura. Lo ha dichiarato lui stesso, in una recente intervista rilasciata alla rivista tedesca Kicker. Certo, è una paura che potremmo chiamare positiva, che ti tiene all'erta, che ti fa percepire i segnali buoni quanto quelli cattivi. Ma è pur sempre paura, un sentimento che scava le viscere, che fa tremare le gambe. Tutto quello che Musiala fa nel resto della sua vita, fuori dal campo da gioco, è per sopravvivere a quei quindici minuti di paura. Per esempio, oltre alla disciplina che segue in uno dei club meglio strutturati e con i migliori coach professionisti al mondo, un club come il Bayern Monaco, Musiala segue un programma di allenamento personale. Due volte al mese visita un centro di neuroscienze, allena la concentrazione, la visione periferica, bada a tutto quello che sul campo può fare una seppur piccola differenza. Musiala ha diciotto anni e una consapevolezza di quello che gli viene richiesto che solo dieci anni fa era impensabile per un suo coetaneo. Vede anche un mental coach, ormai non dovrebbe essere neanche più una notizia per dei professionisti chiamati a “consegnare” una prestazione di alto livello ogni volta che scendono in campo.
Quando entra sul prato di uno stadio, quando il mondo si restringe a una tavola verde delimitata da strisce di gesso, quando il gioco inizia con le sue regole, la paura passa. Musiala in campo è calmo, persino compassato. Danza come un pugile, è agile sui piedi quando si muove tra due linee di avversari. Quando scopre nello schieramento un punto debole, saltella sui due piedi, leggero, e una volta in posizione stende il braccio, si indica il piede col palmo della mano aperta. Musiala vuole sempre la palla per sé e sa corsa farci.
È veloce di pensiero, certe volte persino troppo veloce. Quando riceve palla prova un passaggio di prima, magari lì dove la linea di passaggio non si è ancora aperta, un avversario non ha fatto in tempo a muoversi. La prima idea di Musiala è la giocata di prima. Sa che gli avversari non li abbatti né con la tecnica e nemmeno con la forza. Il calcio è solo una questione di spazio e di tempo, chi è capace di manipolare queste due grandezze è un passo avanti agli altri.
La partita di Musiala è una continua ricerca. Le scelte che prende sono le conseguenze di un processo di selezione che nell’arco dei novanta minuti di gioco va avanti nella sua testa. A volte cerca un ricamo lì dove poteva bastare chiudere gli occhi e prendere un tiro. Musiala pretende sempre qualcosa di più per sé e per i suoi compagni, un’altra occasione, migliore di quella che ha tra i piedi.
Musiala è, anche, una macchina da pressing: per pressioni, contrasti, intercetti è nel novantaseiesimo percentile, secondo i dati di fbref.com. Pochi atleti in Europa sono attenti nella lettura sulle linee di passaggio quanto Musiala. È resistente nella corsa, gli avversari se lo ritrovano appiccicato addosso come una zanzara, a decine di metri di distanza da dove hanno preso il pallone. Gli capita di essere ancora un po’ svagato in alcuni interventi difensivi. Sono interventi da centrocampista, irruenti, col corpo aperto, può essere così saltato da entrambi i lati, se l’avversario è freddo abbastanza da tentare.
La parte più bella del suo gioco spesso Musiala la nasconde, perché il Bayern gioca in una sola metà campo e non c’è spazio per mostrare la sua favolosa conduzione palla al piede. Quando accende i motori, non lo prendono più. La falcata è sicura, da mezzala vecchio stampo, sempre con la testa alta. La palla resta incollata al destro, con cui ha una buona sensibilità su tutta la superficie del piede.
Musiala ha giocato in tutte le posizioni del centrocampo, dal mediano basso all’ala sinistra, anche se il suo ruolo naturale sembra essere quello di trequartista, dietro la punta. Da lì Musiala può leggere meglio il gioco, rompere le linee con i suoi movimenti, sia in contro alla palla che in profondità. Può affiancare la punta, togliergli pressione; cercare trame complesse negli uno-due che propone continuamente davanti alla difesa tra una selva di gambe.
Chiudere Musiala in una categoria è come fargli un torto. Quando gioca da ala, soprattutto a sinistra, può rientrare sul destro educato per cercare la porta dopo un dribbling. Lo scorso anno, schierato come mediano contro il tignoso centrocampo dell’Atletico Madrid di Simeone, Musiala ha vinto 11 duelli su 16.
In poco più di 1500 minuti giocati in Bundesliga, ha già segnato 9 gol e servito 5 assist. Ha segnato anche in Nazionale, nella partita contro la Macedonia del Nord valida per le qualificazioni ai prossimi Mondiali, marcando un record di precocità. All’ultimo Europeo ha accumulato 9 minuti in totale. Stiamo parlando di un ragazzo del 2003, diciannove anni li compirà il prossimo 26 febbraio. Musiala è nato a Stoccarda, ma i suoi natali calcistici sono in Inghilterra, i primi passi li ha mossi nell’accademia del Southampton. Da lì sono usciti veri e propri fenomeni come Gareth Bale, Theo Walcott e Alan Shearer, per citarne tre. Musiala è passato anche per le giovanili del Chelsea, i suoi allenatori ora ricordano prima il ragazzo del calciatore: umile, determinato, mai domo.
Inizialmente Musiala era stato impostato come centravanti, ha avuto stagioni anche da 50 gol nei campionati giovanili inglesi. La sua tecnica era sopraffina, la sua capacità di dribbling, che ha conservato intatta tra i professionisti, era a dir poco eccezionale per l’età. A poco a poco, crescendo, ha arretrato il suo raggio di azione, si è trasformato in un Dieci. La sua precocità poteva addirittura essere un problema, Musiala ha sempre giocato fuori età, con avversari più anziani, più grossi fisicamente. «Mi è servito a trovare altre soluzioni,» dice adesso, le difficoltà gli hanno permesso di crescere in modo diverso.
Chi lo ha conosciuto, giura che Musiala è più di una promessa. In Germania, fioccano i paragoni importanti, è lui l’erede di un giocatore totale come Thomas Muller, dice qualcuno. I minuti che sta accumulando al Bayern non sono solo conseguenza dell’assenza di Kimmich. Uno come Musiala, un posto dell’undici titolare, non faticherà mai a trovarlo.