Deve esserci una connessione speciale, un legame extra-tattico, tra Marco Giampaolo e il ruolo di regista. Nel suo 4-3-1-2 (sistema di riferimento la scorsa stagione a Empoli – eredità della gestione precedente di Sarri - che Giampaolo ha portato con sé alla Sampdoria) il vertice basso del centrocampo a 3 assume un’importanza centrale nelle due fasi di gioco: dopo aver riadattato al ruolo di regista Leandro Paredes (con ottimi risultati), Giampaolo oggi ci sta provando con Lucas Torreira, una delle rivelazioni di questo primo scorcio di campionato.
In realtà, l’operazione Torreira è leggermente diversa, l’uruguaiano può già vantare una stagione completa nel ruolo di regista giocata a Pescara, ma il lavoro di fondo è simile: come con Paredes, più che plasmare un giocatore per farlo giocare in un determinato ruolo, Giampaolo sta raffinando un minerale grezzo per portarlo alla sua massima lucentezza. Con Lucas Torreira (20 anni, nato a Fray Bentos, Uruguay) Giampaolo corre il piacevole rischio di lavorare con uno dei diamanti grezzi più interessanti del panorama calcistico internazionale.
Trequartista —> regista
Lucas Torreira è arrivato in Italia nel dicembre del 2013 a 17 anni, inserito in un gruppo di cinque ragazzi prelevato dal Wanderers di Montevideo dopo un’analisi degli osservatori del Pescara (Di Battista, Ruffini e Druda), che ha usufruito della rete di collaborazione creata con la squadra uruguaiana da Victor Mesa, proprietario del club di Montevideo e anche del 10% di quello abruzzese.
Inizialmente è stato dirottato in Primavera, anche a causa dell’esperienza praticamente nulla in un campionato di massima divisione (in Uruguay ha giocato solo in divisioni giovanili). Dopo 1 anno e mezzo di ambientamento in Primavera (28 partite e 4 gol), esordisce in Serie B il 16 maggio 2015 giocando da titolare la partita persa 2-1 contro il Varese, nella quale viene schierato dall’allenatore Marco Baroni come trequartista.
«A Pescara sono stato inserito nella Primavera, allenata da Federico Giampaolo, il fratello di Marco. Giocavamo con il 3-5-2 e facevo l’attaccante: seconda punta, a volte fantasista. Il ruolo che mi ha lanciato in Uruguay. Lì, comunque, eravamo a livello giovanile, era tutto molto diverso da quello che ho trovato qui a Genova. La trasformazione è iniziata con Oddo, che mi ha spostato a centrocampo. Un ruolo che mi piace».
Oddo, che lo aveva già allenato in Primavera, ha un ruolo decisivo nella sua crescita: lo schiera subito titolare nei play-off del 2015 e nella stagione successiva Torreira diventa uno dei perni della squadra che conquista la seria A con un gioco particolarmente efficace e spettacolare (Una specie di Barcellona di B). Oltre alla fiducia, quasi incondizionata considerate la giovane età e la poca esperienza, Massimo Oddo lo ridisegna regista, abbassandone la zona di influenza, con un’intuizione ormai comune ma per niente scontata.
Nel frattempo la Sampdoria, anticipando ogni possibile concorrenza, aveva già bloccato il giocatore nell’estate del 2015, con prestito annuale al Pescara per assecondare sia le richieste della squadra di origine (consapevole dell’importanza di avere un calciatore tecnicamente superiore per la serie cadetta) sia la necessità del ragazzo di poter continuare la crescita in un ambiente familiare e per di più giocando da titolare con una centralità totale nel progetto tecnico-tattico.
Qui sotto un saggio completo delle qualità di Torreira espresse in serie B. Momenti interessanti: tackle a 0:20, controllo perfetto e dribbling a 0:24, recupero e giocata verticale a 0:31, filtrante fantascientifico a 1:15.
Uno dei tratti distintivi di Torreira, che lo accomuna ad esempio ad un giocatore come Jorginho, è il percorso di maturazione completato (almeno per quanto riguarda la prima parte) in Italia, lontano dal Sudamerica. Questo lo ha obbligato necessariamente a una reinterpretazione della parte più pura dei suoi fondamentali, per relazionarsi con l’ecosistema italiano. Il processo, opposto a quello che compiono abitualmente i talenti dell’America Latina (che prima diventano giocatori “veri” e poi tentano il salto in Europa) lo posiziona in una dimensione intermedia, di continuo avanzamento. Torreira è qualcosa di più di un semplice progetto di calciatore, ma al tempo stesso è ancora modellabile e in fase di sviluppo.
Tecnica
Il repertorio tecnico a disposizione di Torreira è di altissimo livello. Balza all’occhio soprattutto la qualità del gioco di prima, orientato a 360° ed esaltato da un uso sopraffino del piatto del piede. La qualità è sopra la media del ruolo quando è spalle alla porta: con un unico tocco Torreira può eseguire lo smarcamento e orientare lo sviluppo della manovra, arricchendo l’uscita del pallone anche sotto pressione. Il contributo che riesce ad offrire nella fase di possesso palla è totale: nel sostegno, negli appoggi semplici e nella verticalizzazione.
Da un punto di vista sia estetico che funzionale, l’aspetto più prezioso del gioco dell’uruguaiano è la gestione e il controllo delle traiettorie corte. Il modo in cui Torreira calibra la potenza dei passaggi rasoterra a breve distanza. Torreira dà ritmo alla circolazione del pallone percuotendo il possesso, come un grande batterista che non dà mai un colpo uguale ad un altro nonostante l’utilizzo di poche variazioni. Con estrema precisione, senza mai monopolizzare il possesso palla ma staccandosene per evitare di diventare prevedibile e monotono.
Naturalmente ne beneficiano i compagni, che lo identificano come un punto di riferimento tecnico sia per i singoli – direttamente, è più agevole la loro ricezione e il gioco che ne consegue – che per la sincronia globale dei movimenti collettivi. L’effetto sul gioco di squadra, con un giocatore come Torreira a fare da regista, è che si libera spazio per le mezzali e si dà ossigeno ai difensori durante il pressing avversario. Torreira si propone continuamente e si fa dare il pallone anche in situazioni complesse, dimostrando confidenza e personalità. Sono abilità che concretizzano il paragone con Verratti, nato principalmente per i suoi trascorsi al Pescara, per la tipologia fisica (praticamente speculare) e per il ruolo in campo (e per le parole dello stesso Verratti).
Torreira sembra il regista perfetto per interpretare lo sviluppo di gioco della Sampdoria, traslato direttamente dal lavoro fatto dal suo tecnico l’anno scorso ad Empoli. La sequenza “tipo” delle giocate con cui la Samp risale il campo prevede palle verticali in avanti e all’indietro. Il senso della posizione, la visione di gioco e la precisione negli scambi, oltre ad essere pregi di Torreira, sono prerequisiti per un’efficace concretizzazione delle idee di Giampaolo. La competizione con Cigarini potrebbe sottrargli qualche minuto, ma considerata l’età non c’è fretta per Torreira e il contesto tattico di Giampaolo sembra quello ideale in cui continuare a crescere.
Prendendo in esame le mappe relative alle prime due partite casalinghe della Samp, contro Atalanta e Milan, non si può non notare come Torreira riesca a creare connessioni con praticamente tutti e 4 i difensori e con le due mezzali (la grandezza dei cerchi è proporzionale al numero di tocchi palla, la posizione sul campo è la media delle posizioni dei tocchi palla e per ciascun calciatore sono disegnate solo le 3 combinazioni di passaggio più frequenti).
È da sottolineare anche come dal grafico risalti il gioco di prima o comunque a pochi tocchi dell’uruguaiano: la dimensione del suo cerchio è relativamente piccola a dispetto dell’elevato numero di passaggi ricevuti/effettuati, proporzionale allo spessore delle linee.
Uno dei segnali più evidenti che il suo gioco si basa principalmente sull’essenzialità e sulla pulizia dei gesti tecnici è visibile nella frequenza altissima dell’uso del piede debole, il sinistro, per addomesticare il pallone e giocarlo immediatamente con il destro. È una routine perfettamente rodata, in contrasto però con la conduzione del pallone da tutorial calcistico (testa alta, passi né troppo lunghi né troppo corti, tanti tocchi interno/esterno) ma spesso istintiva, quasi selvaggia.
Il campionato di B è stato determinante in termini di consapevolezza e di sviluppo fisico. Innanzitutto, la capacità di assorbire i contatti è nettamente migliorata all’impatto con un campionato così fisico. Grazie ad uno spiccato senso dell’equilibrio, Torreira non paga neanche le carenze in chili e altezza, prendendo vantaggio soprattutto nella gestione dei cambi di direzione che nella marcatura e nella pressione individuale fanno la differenza. Interpreta la marcatura e il pressing in modo asfissiante ma allo stesso tempo razionalizzando i tempi, accentuando i momenti in cui l’avversario dimostra un controllo del pallone più fragile.
L’intensità nel gioco di non possesso, però, contribuisce al calo atletico che affligge Torreira nella parte finale di tutte le partite. È uno dei suoi principali difetti, che lo limita in entrambe le fasi precludendogli lucidità e precisione.
Posizione
Le nuove possibilità che Torreira offre a Giampaolo, rispetto a quanto faceva Paredes la passata stagione (e con alcune differenze sostanziali rispetto a quanto può garantire Cigarini), riguardano la fase di pressing. In una struttura di pressione comunque rigida come quella della Samp, Torreira può aggiungere la giusta flessibilità per cambiare ritmo e baricentro.
Nell’amichevole estiva contro il Barcellona, la Samp ha addirittura provato più volte ad attaccare altissimo gli spagnoli sfruttando la predisposizione di Torreira a scalare lungo direttrici orizzontali, scivolando sull’esterno per coprire la mezzala avversaria, e a ripiegare all’indietro quando necessario controllando contemporaneamente pallone e avversari.
Torreira non ha paura di attaccare gli avversari in porzioni di campo anche profonde e di guidare la riconquista del pallone. Il temperamento sicuramente aiuta, ma viene amplificato da intelligenza e furbizia fuori dal comune. Merito anche del senso della posizione innata di Torreira. Anche nella difesa posizionale il playmaker uruguaiano disegna le distanze con i compagni sempre con ordine ed attenzione ed è difficile passare dalla sua parte.
Il discorso però cambia completamente se si parla di assorbire i tagli interni verso l’area di rigore, su cui Torreira appare ancora troppo passivo. Ancora non è chiaro se i suoi limiti derivano da un tempo di reazione troppo alto o se si preoccupi troppo di controllare la sua porzione di campo, trascurando le traiettorie di corsa degli incursori avversari.
Futuro
Nonostante il campione limitato preso in esame, dalle statistiche di base di Torreira si può tracciare un profilo di centrocampista difensivo d’élite: in queste prime 6 presenze ha effettuato 2,8 intercetti e 3,3 tackles a partita whoscored.com. Sono numeri che, se reggono in continuità, proiettati sulla durata complessiva della stagione, forniscono un’ulteriore testimonianza della bontà delle scelte posizionali e del temperamento del centrocampista.
Forse un altro aspetto da migliorare ancora è lo smarcamento, sembra troppo forte ancora la voglia di Torreira di fare da punto di riferimento stabile per i compagni. Si intuisce, però, la volontà di ampliare il set di spostamenti senza palla. È molto frequente il movimento ad elastico in verticale: quando una delle mezzali, oppure entrambe, si abbassano per ricevere direttamente dai difensori centrali, Torreira si alza per ricevere tra le linee o semplicemente per svuotare il campo centralmente. Però, ancora non si sente abbastanza sicuro nell’organizzazione doriana per attaccare con continuità l’area di rigore come faceva a Pescara.
Un altro problema emerge quando le squadre si allungano, momenti che spesso coincidono con i finali di partita e si sovrappongono con il suo calo atletico. Torreira fatica ad adeguarsi al cambio di riferimenti e diventa quasi un corpo estraneo in una struttura meno ordinata. Se questo può produrre effetti negativi in fase di non possesso, la mancanza di continuità nell’arco dei 90 minuti nella gestione del ritmo lo porta a scivolare fuori dalla partita, con lunghi momenti in cui non tocca il pallone.
Prima di concludere va almeno accennato al fatto che se Torreira interpreta il ruolo di regista basso con modernità, soprattutto in termini di stile e intensità, e che al momento è sicuramente il miglior abito che gli si possa cucire addosso, non è l’unica posizione in cui può giocare ad alto livello. Non è improbabile, anzi, che venga usato in futuro come mezzala di possesso. E lo stesso ragionamento vale per il ruolo di centrale classico in un doble pivote.
La storia tattica di Torreira, con il precedente passaggio da trequartista a regista, aggiunge valore a questa teoria evolutiva: la sua qualità nel vedere il gioco all’interno dell’ultimo terzo di campo, ad esempio, è stata poco sfruttata in questi ultimi anni da regista. Contro il Milan, ad esempio, ha dimostrato di essere pericoloso anche nella conclusione dalla distanza, ma per giocare ancora più avanti, per tornare a trequarti, cioè, ha troppo poca influenza e una scarsa capacità di mettere il pallone alle spalle della linea difensiva.
Guardando più lontano, in prospettiva, c’è curiosità nel vederlo in altri contesti tattici. Uno potrebbe essere quello della Selezione uruguaiana: nonostante il doppio passaporto spagnolo, se Torreira continuerà a giocare con continuità, difficilmente la Celeste si lascerà sfuggire un profilo del genere.