I dati di quest'analisi sono stati gentilmente offerti da Opta.
Il gol di Icardi nel finale della partita difficile contro il Barcellona lascia all’Inter la certezza di una solidità mentale che non tutte le squadre possono dire di avere; oltre ovviamente ad aggiungere un punto prezioso in classifica che permetterà alla squadra di Spalletti di pensare alla sfida con il Tottenham (che adesso ha 3 punti in meno in classifica) con maggiore leggerezza, senza pensarla necessariamente come ad un’impresa. Ma la partita contro il Barça serviva soprattutto per capire il proprio livello, e se un primo tempo di pura sofferenza può aver spaventato, l’Inter è riuscita a guadagnare lentamente fiducia in se stessa, fino a trovare la propria dimensione nell’ultima mezz’ora di gioco.
L’Inter oggi è una squadra che riesce a compensare quello che manca dal punto di vista tecnico con il carattere, riuscendo a non farsi piegare da un avversario superiore, che punta alla vittoria della coppa, e che per una buona ora le ha imposto il proprio gioco.
Il domino del Barça
Come già avevamo scritto in occasione del Clásico, per capire questa versione del Barça, successiva all’entrata di Arthur Melo nell’undici titolare, bisogna pensare alla ritrovata capacità con cui recupera il pallone immediatamente dopo averlo perso. Perché la sicurezza che ora riesce ad avere nel possesso e nella ripartizione degli spazi in campo viene dal fatto che la squadra di Valverde recupera il pallone in zone alte di campo, e subito dopo la perdita. Questo, in estrema sintesi, è quello che permette al Barça di avere un dominio territoriale prolungato: solo nel primo tempo della partita con l’Inter, il Barcellona ha recuperato 16 volte il pallone nella metà campo avversaria.
Il piano iniziale di Valverde in questo senso, era basato su un meccanismo di pressione che chiedeva a Sergio Busquets di alzarsi molto, accompagnando la manovra con la palla e andando a difendere in avanti in caso di perdita, invece di rimanere come centrocampista centrale a protezione della transizione difensiva. In quella posizione ci scivolava invece il più dinamico Rakitic, che poteva così seguire Nainggolan.
Con l’idea di difendere le transizioni andando verso il pallone, e non verso la propria porta, il Barça ha recuperato il pallone in alto, a 43.8 metri dalla propria porta in media, e spesso subito dopo la perdita.
La posizione dei palloni recuperati da Busquets e Rakitic mostra la capacità di riaggredire alto di questo Barça.
Lo stesso Spalletti a fine gara ha voluto sottolineare prima di tutto la capacità di riaggressione della squadra di Valverde, e quanto questo abbia portato al loro dominio territoriale: «Nel primo tempo non siamo riusciti a tenere palla e così non potevamo rifiatare mai. I blaugrana ti ammucchiano in difesa quando attaccano e poi restano alti a impedirti di uscire. Così il pallino ce l'avevano sempre loro. Da questo punto di vista il Barcellona è superiore, poco da dire».
Il dominio territoriale del Barça ha costretto l’Inter ad un baricentro molto basso (con un media a 45.7 metri) e una squadra corta (racchiusa in 34 m) che ha portato naturalmente ad un atteggiamento di recupero palla molto basso (29.8 m). Per capirci: l’Inter ha chiuso la partita con solo 6 palloni recuperati, solo un anticipo riuscito (di Asamoah al 90’) e 2 contrasti riusciti (uno di Brozovic e uno di Perisic) nella metà campo offensiva. Per tutta la partita non è riuscita a forzare neanche un fuorigioco.
Recuperare palla in alto permette a questo Barcellona di giocare a lungo nella metà campo avversaria e, di conseguenza, di scaglionarsi in modo razionale per il campo mantenendo la struttura del sistema sempre ordinata. Una squadra ordinata nella ripartizione degli spazi con la palla è in grado di sfruttare meglio tutto il campo. Sia Dembélé che Coutinho giocavano alti e partivano larghi, in attesa della salita dei due terzini: a quel punto, quando Jordi Alba e Sergi Roberto salivano, le due ali stringevano la loro posizione per ripartire meglio gli spazi e permettere al Barça di attaccare coprendo sia in ampiezza che in profondità. Una ripartizione del campo simmetrica, con il solo Suárez come variabile a seconda di dove decide venire in appoggio prima di tagliare in area.
La simmetria del sistema di Valverde senza Messi: un centrocampo che riesce a stare alto e giocare con continuità il pallone, i terzini per dare ampiezza e gli attaccanti che partecipano molto alla manovra.
Per l’Inter era complicato difendere i mezzi spazi ai lati di Brozovic, quando una delle due mezzali blaugrana saliva per ricevere lì, perché il croato era occupato a seguire con attenzione gli esterni avversari che si muovono già da prima in quella stessa zona. Come detto da Spalletti, l’Inter ha provato a difendere gli spazi, non gli uomini, ma Valverde ha sfruttato una zona del campo in cui per l’Inter era strutturalmente difficile difendere: Brozovic doveva ogni volta scegliere se seguire o meno il movimento a rientrare degli esterni e, se lo faceva, ecco che saliva la mezzala a ricevere in quella zona.
Sullo scalo successivo Nainggolan e Vecino dovevano scegliere ogni volta se uscire su Busquets in pressione, sapendo che se il centrocampista catalano li avesse saltati si sarebbe liberata immediatamente una casella alle loro spalle. Con il talento tecnico distribuito lungo tutto il fronte offensivo, capace di attaccare con 5 giocatori praticamente in linea (Jordi Alba, Sergi Roberto, Coutinho, Dembelé e Luis Suarez), di cui almeno uno che si muove sempre in profondità, e tre centrocampisti alle loro spalle, diventava complicato per l’Inter alzare il proprio baricentro.
Per quanto, stando alle dichiarazioni di Spalletti, l’intenzione dell’Inter fosse quella di pressare alto, la schiacciante superiorità tecnica e tattica del Barça glielo ha sconsigliato subito, costringendola a lunghe fasi di difesa posizionale nei pressi della propria area. Forse anche la scelta di avere Nainggolan, anziché sulla trequarti, come mezzala sinistra per difendere con un 4-5-1, non ha permesso alla squadra di adeguarsi al centrocampo del Barça, così efficace nelle letture senza palla, costringendo l’Inter a percorrere troppi metri per arrivare nell’area avversaria.
L’Inter sarebbe dovuta passare per Brozovic per distribuire il pallone, ma difficilmente il croato poteva passarlo con sicurezza in avanti: solo 3 suoi passaggi sono arrivati a Politano, 4 a Perisic, nessuno ad Icardi. Così per risalire il campo dipendeva dalla capacità di conduzione dei suoi uomini di fascia. L’Inter non è riuscita a salire mai in modo compatto, né a subire fallo nella metà campo del Barça (solo 2 in tutta la partita). Ha effettuato solo 2 conclusioni nell’arco di tutto il primo tempo, con la più importante, quella di Asamoah, finita fuori dallo specchio al 19’.
Brozovic al centro del sistema che raccoglie dalla difesa, manca però un pattern preciso per arrivare ai giocatori offensivi che non sia il passaggio ravvicinato per Nainggolan.
A salvare l’Inter in questa lunga fase della partita c’è stata sicuramente la scelta dei giocatori del Barça di accontentarsi della prima conclusione possibile, anziché cercarne una migliore dopo aver disordinato i rivali: il dominio territoriale e la supremazia tecnica e tattica mostrati hanno portato a conclusioni troppo poco pericolose, affettate dai pressi del limite dell’area.
Opta ci dice che i 26 tentativi del Barça sono la cifra più alta in trasferta per la squadra dalla stagione 2004/05, ma è anche vero che il nostro indice xG ci dice che la pericolosità delle conclusioni non è stata eccezionale, proprio per la tipologia di tiri presi.
Sono addirittura 10 i tiri del Barça che arrivano da fuori area, un volume di gioco che in sostanza si traduce in occasioni a bassa pericolosità. Coutinho come leader tecnico non è esattamente Messi.
Va detto anche, però, che in un contesto di sofferenza del genere i centrali interisti e Handanovic (salvo che in occasione del gol di Malcom) ne sono usciti fuori bene, perché per quanto il dominio territoriale del Barça sia stato schiacciante sulla trequarti, la protezione dell’area ha tenuto, pur dovendo avere a che fare con un Suárez maestoso (in tutto tranne che nella conclusione in porta).
Se De Vrij si è visto sui 4 tiri bloccati, Skriniar ha mantenuto la massima concentrazione e ancora una volta ha dimostrato quanto un grande centrale non si vede dal singolo intervento ma dalla perseveranza con cui tiene testa alla battaglia psicologica con l’avversario. Ad esempio, dopo pochi minuti di sofferenza ha preso le misure a Dembélé insistendo e riprovando subito dopo ogni tentativo di intervento. Handanovic ha addirittura chiuso con 7 parate una partita che gli ha chiesto una partita che sembrava una sessione di allenamento sui tiri dai 20 metri: l’unica vera parata difficile è stata sul tiro ravvicinato di Rakitic all’ora di gioco.
Cosa resta all’Inter
Chi, invece, non è riuscito ad interpretare la partita come necessario è stato Radja Nainggolan, che era tanto importante nel piano gara ma che si è rivelato ininfluente con la palla: in 63’ ha toccato 25 palloni, eseguendo 16 passaggi, e il bilancio della sua partita può essere riassunto nel fatto che ha perso più palloni (6) di quanti ne abbia recuperati (5), pur essendo un giocatore chiave nella strategia di Spalletti proprio per il suo ruolo nelle due fasi di transizione. Una brutta prestazione, sottolineata ulteriormente ancora di più dall’entrata di Borja Valero: le capacità dello spagnolo gli hanno permesso di interpretare meglio la partita.
La sponda di Icardi arriva a Borja Valero che legge come l’unico modo per avanzare è far andare il pallone di prima a Politano. Ci riesce con una mezza rovesciata, questo è il tipo di tecnica e creatività che a questi livelli fa la differenza.
Fondamentalmente all’Inter è mancata qualità tecnica e creatività: troppi errori non forzati e troppi gesti poco precisi. L’Inter ha fatto vedere di essere in grado di salire il campo partendo da un recupero tanto basso, e di riuscire ad arrivare a giocare 18 palloni nell’area avversaria, ma non ha mai impegnato Ter Stegen in una parata. Per quanto i due esterni siano stati bravi a risalire con continuità il campo, Perisic è riuscito in 1 solo dribbling e Politano in 2 (sui 6 tentati); Perisic ha creato 1 solo passaggio chiave e Politano 0, pur avendo effettuato un totale di 9 cross; Perisic ha tirato 2 volte come Politano, entrambi sono andati larghi in una e sono stati bloccati nell’altra conclusione.
Dei 23 cross totali effettuati dall’Inter (tolti i corner) solo 4 sono andati a buon fine (2 hanno portato a conclusioni).
L’Inter dipendeva dalla loro capacità di portare il pallone verso l’area, e sia che Perisic che Politano hanno provato a fare proprio questo, ma la qualità delle occasioni create non è stata abbastanza. Insomma, l’Inter pur riuscendo ad essere generalmente pericolosa nel secondo tempo non è riuscita a mettere Icardi in condizione di fare il suo gioco: l'argentino ha toccato in totale 21 volte il pallone, con cui è riuscito a fare 3 sponde e 12 passaggi riusciti; ha perso 5 palloni e ne ha recuperati 3, finendo 2 volte in fuorigioco e senza subire mai fallo.
Icardi ha salvato la partita con il suo gol, ma non è stato mai messo in condizione di aiutare la manovra o concluderla. L’entrata di Lautaro Martínez, proprio nel finale, ha mostrato ancora una volta quanto le cose possano cambiare con giocatori offensivi con tecnica e creatività: per quanto rocambolesca, l’occasione del gol del pareggio nasce da un’azione inventata da Lautaro Martínez, con un grandissimo controllo dopo aver ricevuto in area e un ottimo cross dopo essersi allargato.
E per quanto si tratti di una fortunata coincidenza, il fatto che il pallone sia finito sui piedi di Icardi su di un tiro sbilenco che sbatte su Piqué, rimane il fatto che non bisogna solo essere al posto giusto nel momento giusto, ma che bisogna essere anche in grado di sfruttare l’occasione giusta.
Va sottolineato il brutto errore della difesa del Barça, con Busquets che ha compiuto un disimpegno errato, e una difesa posizionata male (Sergi Roberto lascia libera la conclusione sul piede forte a Icardi), che ha permesso al capitano dell’Inter di effettuare l’unico tiro nello specchio della partita della sua squadra, una conclusione che da sola vale 0.53 xG. Ma l’Inter nel finale ha comunque messo pressione al Barça, portando molti uomini in area avversaria.
Ed è attorno alla solidità mentale che l’Inter sta costruendo la propria identità, che dal punto di vista tattico è piuttosto fluida. La prestazione del singolo, il sistema, gli schemi vanno e vengono, ma la capacità del gruppo di saper soffrire senza concedere mai la resa è una qualità innegabile della squadra di Spalletti, che gli permette di sfruttare tutti i 90’ a pieno (ben 12 dei 26 gol stagionali dell’Inter sono arrivati nell’ultimo quarto d’ora) anche contro squadre più forti. In questo, l’Inter è al pari delle grandi squadre.