Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
Toro scatenato
17 apr 2025
La prestazione di Lautaro Martinez ha portato l'Inter in semifinale di Champions.
(articolo)
12 min
(copertina)
IMAGO / ABACAPRESS
(copertina) IMAGO / ABACAPRESS
Dark mode
(ON)

A San Siro c’è un vento che annoda le bandiere alle aste, che contorce le facce, che scombina i capelli. È lo scenario drammatico perfetto per la battaglia immaginata che mette in scena il calcio - il Bayern Monaco che va all’assalto del risultato, l’Inter che cerca di difenderlo - ma anche un soggetto che interviene nella partita. Il vento accelera i rinvii del portiere, respinge i cross fuori dall’area, rende imprevedibili i rimbalzi. Quando la palla si alza sembra sempre poter succedere qualcosa, ma anche quando rimane sul terreno non è la stessa cosa perché - come notato da Massimo Ambrosini in telecronaca - il vento secca l’erba e la palla non scorre come dovrebbe.

Sui rinvii del portiere i giocatori sembrano preoccupati, come ingegneri alle prese con un calcolo complicato, guardano il pallone con attenzione scrupolosa, cercando di capire questa volta dove andrà a finire. E sui passaggi rasoterra c’è qualcosa che non torna: a volte la palla arriva più lenta del previsto, si incastra sotto i tacchetti o rimane come ipnotizzata a metà strada, mentre un avversario ci si avventa. Il vento sembra agire sulla partita come uno dei giocatori in campo, ma se è davvero così allora che maglietta indossa, quella del Bayern o quella dell’Inter?

Di Inter-Bayern Monaco abbiamo parlato anche in Che Partita Hai Visto, il podcast dedicato ai nostri abbonati in cui commentiamo a caldo le partite più importanti della settimana. Se non sei ancora abbonato puoi farlo cliccando qui.

È passato poco più di un minuto quando la squadra di Simone Inzaghi decide di rilanciare lungo direttamente verso le due punte. Il Bayern Monaco aveva provato a prenderla alta uomo su uomo, ma Dimarco aveva deciso di alzare il pallone verso il cerchio di centrocampo - o almeno questa era l’idea prima che il vento lo fermasse sulla mediana dell’Inter. Sul rimbalzo si annodano Eric Dier e Lautaro Martinez, entrambi guardano verso il cielo. Il difensore inglese prende alle spalle il suo avversario, gli mette le braccia intorno al collo e per un attimo li si potrebbe quasi scambiare per due fidanzatini la notte di San Lorenzo. Lautaro però spinge con le gambe all’indietro, fa forza col bacino piantando le punte dei piedi, e quando la palla finalmente atterra Dier è troppo lontano per arrivarci di testa.

È l’incipit di un’azione molto simile a quella che aveva portato al gol dello 0-1 all’andata. Ci sono solo un paio di rimpalli più in mezzo, una respinta di Acerbi, ma quando la palla torna da Lautaro possiamo rivederne la trama. Il capitano dell’Inter si associa sul cerchio di centrocampo con Thuram, che apre di tacco per Barella, che a sua volta serve sulla corsa Darmian, a destra. L’esterno nerazzurro controlla con qualche difficoltà, ma con un passaggio rasoterra riesce a trovare al limite dell’area Mkhitaryan, che però si fa ribattere il tiro.

lauti1

Quello del lancio lungo diretto dalla difesa verso le due punte ben presto finisce per diventare una trama troppo ricorrente per una squadra dalla costruzione dal basso curata come l’Inter. Al 9’ Sommer con un lancio pulitissimo trova Thuram direttamente sulla trequarti del Bayern, annodato di nuovo con il povero Eric Dier. L’ex Tottenham non nasce centrale di difesa e si fa spostare di nuovo dall’attaccante avversario. Dal loro duello nasce un rimbalzo che scappa verso l’area del Bayern. Thuram riesce ad arrivare fino ai suoi limiti, poi alza la testa per riflettere e trova dall’altro lato Federico Dimarco, che tira di prima ma troppo centrale.

L’Inter lancia ancora e ancora e ancora. Yohann Sommer, che in campionato tenta una media di 9 lanci lunghi a partita (riuscendo in poco più della metà), a fine partita ne avrà fatti 20. Bastoni, che in Serie A ne tenta in media 8.8, ne avrà fatti 11. Sul cerchio di centrocampo è un bombardamento continuo.

Il Bayern capisce ben presto di essere entrato in una partita che non aveva messo in conto. Il suo pressing uomo su uomo non ha senso se la palla è continuamente in aria, e il suo baricentro alto isola le due punte dell’Inter con i suoi due centrali di difesa, mai apparsi così inadeguati a un quarto di finale di Champions come ieri sera.

Al 21’, su una palla alzata a campanile da Calhanoglu all’altezza di centrocampo, Kim Minjae va completamente in confusione. La alza di nuovo in verticale con un primo colpo di testa, forse perché il vento lo ha ingannato su dove sarebbe caduta; poi, nel tentativo di respingerla di nuovo di testa, si scontra con Sané, lasciandolo a terra per la transizione dell’Inter.

Al passare dei minuti quella dell’Inter sembra sempre meno un tentativo disperato di sfuggire al pressing del Bayern e sempre più una strategia per metterlo in difficoltà. È questa l’ultima trovata di Simone Inzaghi? È così quindi che fanno i demoni, quando vogliono portarsi dalla propria parte gli elementi naturali?

Se davvero era questo il piano - ed è una discussione interessante, visto che l’Inter ha avuto solo tre giorni per preparare questa partita e avrà saputo del vento solo poche ore prima dal fischio di inizio - non poteva esserci un giocatore migliore di Lautaro Martínez per applicarlo in campo. All’andata, con il suo incredibile gol di esterno, avevamo visto le qualità più appariscenti del capitano dell’Inter: la sensibilità tecnica, il rapporto con il pallone. Ieri, invece, quelle invisibili: la reattività, l’intensità mentale, soprattutto la capacità di manipolazione del proprio diretto marcatore mentre la palla è in viaggio, e non è ancora né di una né dell’altra squadra.

Secondo Google, Lautaro Martínez è alto un metro e 74 centimetri. Non l’ho mai visto dal vivo ma insomma, anche a non volersi fidare di internet, non si può certo dire che sia un giocatore grosso. Sempre secondo Google, per dire, Eric Dier gli dà 17 centimetri d’altezza e 19 chili di peso. Se dovessero entrare in un ottagono o in un ring non potrebbero far parte nemmeno della stessa categoria di peso. Eppure ieri, quando la palla era in aria e i giocatori si avviluppavano in quella strana danza che serve a prendere posizione per quando atterrerà, tra i due semplicemente non c’è stata storia.

Al 27’, sull’ennesimo lancio lungo di Sommer, Lautaro è riuscito a mettere giù la palla addirittura tra due giocatori. Si è reso conto che Dier avrebbe lasciato l’intervento a Goretzka, alla sua destra, e quindi si è spostato dal suo lato per mandarlo fuori strada con la spalla. A quel punto c’era da controllare il pallone, però, e Lautaro è riuscito a farlo fuori equilibrio, in due tempi, prima con l’esterno e poi con la punta, mentre Goretzka (un metro e 89 centimetri per 82 chili) era costretto a fargli fallo, salendogli sulle spalle in maniera un po’ ridicola. Non erano passati nemmeno dieci minuti da quando Lautaro lo aveva umiliato una prima volta, facendogli passare la palla in mezzo alle gambe prima di mettersi alle spalle anche Kimmich e lanciare sulla sinistra Federico Dimarco.

lauti2

Anche l’unica occasione pericolosa dell’Inter nel primo tempo - il tiro da fuori area di Calhanoglu finito meno di un metro al lato del palo alla sinistra di Urbig - si deve a questo lavoro di riciclo di Lautaro Martinez, che ieri ha vinto un quarto di finale di Champions raccogliendo i prodotti di scarto del calcio. I rimpalli tra i corpi dei giocatori, le palle sbucciate, i lancioni mandati nella metà campo avversaria per non pensarci più. Nel caso in questione una palla alta e verticale mandata verso il centrocampo da Mkhitaryan, su cui Lautaro è riuscito a svettare più in alto di Kim Minjae, gettando le basi della transizione dell’Inter.

Calhanoglu, che si è avventato sul loro duello aereo, gli ha lasciato la palla con deferenza, e Lautaro l’ha gestita con la calma dei grandi campioni. Ha fintato un passaggio a sinistra per Dimarco che sarebbe stato intercettato da Goretzka, poi con l’esterno ha aperto per Barella.

lauti3

È a quel punto che l’invisibile del suo talento si è fatto visibile. Il centrocampista sardo ha cambiato gioco a sinistra per Dimarco, che ha cercato al limite dell’area Calhanoglu. Il numero 20 dell’Inter, però, non avrebbe mai potuto tirare libero dal limite dell’area senza l’ultimo ricamo di Lautaro - un movimento incontro alla linea di passaggio a fintare un inserimento in area che ha portato fuori posizione Kimmich. Senza questo movimento impercettibile ma decisivo, il centrocampista tedesco avrebbe chiuso lo spazio al limite dell’area impedendo a Calhanoglu di tirare.

La strategia dell’Inter, inevitabilmente, aveva anche dei rischi. Giocare così tanto di rimessa significava infatti allungare il campo, correre di più, sottoporsi a una partita atleticamente più dura contro una squadra dal livello atletico piuttosto alto - sicuramente più alto dell’Inter. E all’inizio del secondo tempo c’è stato un momento in cui questo filo che Inzaghi aveva teso tra i quarti di finale e la semifinale ha rischiato di spezzarsi.

È avvenuto tutto nell’arco di pochi secondi, all’inizio del secondo tempo. Il Bayern Monaco aveva da poco pareggiato con un gran tiro a incrociare di Kane e sembrava poter finalmente ribaltare l’inerzia emotiva della partita. Soprattutto a destra, dove le sovrapposizioni infernali di Laimer permettevano a Olise di isolarsi in uno contro uno sull’esterno, la squadra di Kompany pareva poter finalmente aprirsi un varco per sfondare le difese dell’Inter.

Al 56’ il Bayern è entrato nell’area nerazzurra così. Ha cambiato velocemente campo da sinistra a destra verso Olise, attaccato sempre con troppa timidezza da Dimarco, e ha liberato dall’altro lato Thomas Muller, mentre la difesa di Inzaghi collassava verso il primo palo. L’esterno francese lo ha servito con un passaggio orizzontale rasoterra preciso come un tocco sul green, ma la leggenda del Bayern Monaco lo ha tirato alto di diversi metri. Sull’azione successiva l’Inter ha ottenuto il calcio d’angolo da cui ha tratto il pareggio che ha definitivamente rimesso la partita sui suoi binari. A vederla dal lato del Bayern Monaco, una punizione un po’ crudele dopo le polemiche alzate da Lothar Matthaus nei confronti di Vincent Kompany per l’impiego di Thomas Muller nella sua ultima stagione con la squadra bavarese. «Se Kompany non scegliesse Muller e le cose andassero male», aveva detto Matthaus in modo minaccioso prima della partita, «l’allenatore, che ha fatto un ottimo lavoro negli ultimi mesi, andrebbe sicuramente incontro a momenti difficili». Kompany alla fine ha ascoltato il “consiglio” di Matthaus ma le cose sono andate male lo stesso, ma la ragione più che nella prestazione (comunque buona) di Thomas Muller va ricercata in quella (piuttosto incredibile) di Lautaro Martinez.

Il gol dell’1-1 è stato infatti un inno alla sua partita di manipolazione degli avversari. Sul calcio d’angolo da cui nasce, il Bayern Monaco ha deciso di tenere i suoi due centrali nel castello a difesa dell’area piccola. Un sistema di marcature a zona con solo alcune eccezioni. Laimer su Pavard, Goretzka su Acerbi e Kimmich su Lautaro Martinez. Non so se è stata fatta davvero una scommessa sull’altezza (Kimmich, sempre secondo Google, è alto un metro e 77 centimetri) o se Kompany contasse sul passato da centrale di difesa del centrocampista. In ogni caso, Lautaro è riuscito a manipolarlo in maniera ancora più eclatante rispetto a quanto aveva fatto con Dier. Sul cross di Dimarco, l’attaccante argentino gli ha prima dato una leggera spinta per crearsi lo spazio per il colpo di testa. Poi, sul rimpallo che ne è uscito, ha dimostrato di avere quella reattività che avvicina davvero i centravanti ai predatori. E mentre Kimmich, alla cieca, lisciava il pallone con il destro, Lautaro lo colpiva di collo piede facendogliela passare in mezzo alle gambe. Un gol che magari non sarà bello in maniera canonica, ma che per velocità, intuito, coordinazione ha una complessità che pochi giocatori al mondo potrebbero decriptare con questa facilità.

lauti5

Nemmeno cinque minuti dopo, il capolavoro di Lautaro è stato portato a compimento. Su una rimessa con le mani sbilenca da parte di Urbig, l’Inter ha recuperato palla sulla trequarti e si è lanciata all’attacco dell’area avversaria lasciando il pallone al suo capitano, che lo ha gestito con una tranquillità che sembrava voler far risaltare l’incapacità degli avversari nel contenderglielo. Lautaro si è messo alle spalle Kimmich come un concierge che lascia entrare un turista nella porta girevole di un albergo, e poi ha evitato anche il ritorno di Sané facendosi passare il pallone da un piede all’altro, prima di appoggiare un passaggio morbido morbido per la bomba dalla distanza di Calhanoglu. Il tiro è stato ribattuto dalla difesa del Bayern ma il rimpallo è finito sui piedi di Darmian, che a botta sicura, in area, ha trovato un salvataggio in scivolata di Dier a pochi metri dalla linea che va oltre il miracoloso. Sul calcio d’angolo successivo l’Inter ha segnato il gol del 2-1.

Questo è il punto di questi pezzi in cui si liquida velocemente il finale facendo intendere che il più era fatto, ma chi ha visto la partita sa che è stato tutto il contrario. Il Bayern ha provato in tutti i modi a rimettere la partita in gioco, al 76’ è riuscita a pareggiare con un gol di Dier che è stato l’unico regalo del vento ai bavaresi, e dopo è sembrato più volte vicina ad approfittare di un’Inter sempre più stanca. I sei minuti di recupero per i tifosi nerazzurri saranno sembrati sei anni, e diverse coronarie avranno perso l’elasticità di un tempo.

Non è certo un caso che la prestazione dell’Inter abbia iniziato a imbarcare acqua quando Lautaro, sfinito, è stato costretto a uscire dal campo, all’80’. Non so quanto possa essere rimproverato a Inzaghi un cambio simile, considerando che l’Inter tra quattro giorni scende in campo di nuovo per una delicatissima sfida scudetto contro il Bologna infernale di Vincenzo Italiano e poi mercoledì prossimo contro il Milan nella semifinale di ritorno di Coppa Italia. Rimane comunque un tema della stagione nerazzurra, cioè la mancanza di alternative: quante energie rimangono ancora a Lautaro Martinez? Quante speranze rimarrebbero all’Inter se si dovesse infortunare prima della semifinale? Già in conferenza pre-partita Simone Inzaghi avvertiva preoccupato che «questa nuova Champions ha portato via tante energie in più rispetto al passato».

C’è da dire che, per l’importanza che ha raggiunto Lautaro nell’economia del gioco dell’Inter, sarebbe difficile trovare alternative in ogni caso. Ancora di più dopo la partita di ieri, che mi sembra aver legittimato il suo talento anche al di fuori della comunità di tifosi che guardano l’Inter, o degli appassionati che seguono la Serie A. Ieri solo una volta, a metà del secondo tempo, Dier è riuscito ad anticiparlo, ma l’arbitro gli ha fischiato uno di quei falli che i commentatori definiscono generosi e che credo non avrebbe fischiato dopo una partita qualsiasi. Non è questo forse il modo inconsapevole che hanno gli arbitri per dare il proprio tributo ai grandi campioni?

Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura