I dati di quest'analisi sono stati gentilmente offerti da Opta.
La fotografia più precisa di una partita senza controllo è un gol segnato dal terzino di riserva mentre la regia recupera le immagini di un potenziale contatto da rigore avvenuto nell’altra metà campo. È arrivato così, il gol bellissimo di Danilo D’Ambrosio, nella quiete di un replay spezzata dalla voce incredula di Fabio Caressa («e intanto dalla parte opposta...», poi cinque secondi di pausa necessari a convincersi che era stato proprio D’Ambrosio a segnare quel gol).
Le statistiche sono altrettanto precise nel dare una forma alla confusione che per larghi tratti ha governato i ritmi di gioco, determinando un sostanziale equilibrio tra le due squadre. Sia l’Inter che la Fiorentina hanno registrato una precisione passaggi mediamente bassa (77% per l’Inter, 78% per la Fiorentina), con un calo sensibile nel secondo tempo rispetto al primo.
Nella stessa misura, il dato della lunghezza media (45.5 metri per l’Inter, 43.2 metri per la Fiorentina) rinforza l’impressione di due squadre molto lunghe, che hanno faticato a trovare connessioni nel campo, e hanno deciso di giocarsela sul filo della tensione.
Spalletti e Pioli hanno proposto il modulo base e nessun cenno di turnover, nonostante fosse la terza partita nell’ultima settimana per entrambi.
Le scelte dei due allenatori
Le formazioni iniziali hanno rispettato i pronostici della vigilia, anche perché i dubbi da sciogliere erano pochi per entrambi gli allenatori. Spalletti ha preferito ancora una volta Vecino a Gagliardini, per il resto si è limitato a sostituire gli acciaccati. Miranda si è infortunato e ha lasciato a De Vrij il suo posto al centro della difesa, mentre Politano aveva abbandonato il campo dolorante durante la partita contro la Sampdoria, ed è stato lasciato in panchina per dare spazio a Candreva.
Al di là delle comprensibili ragioni precauzionali, sembrava una mossa sensata anche dal punto di vista tattico, considerata la tendenza della Fiorentina a difendere principalmente la fascia centrale del campo e ad accettare gli uno contro uno sulle fasce. Candreva si è adattato abbastanza in fretta all’unico contesto tattico che lo mette realmente a suo agio, e dalla sua fascia sono nate le occasioni più pericolose per l’Inter.
D’altra parte, Candreva non ha contribuito a portare quella qualità e quelle letture di cui l’Inter è stata carente per tutta la partita. Ha tentato 3 dribbling completandone 1, e ha sparato 10 cross verso l’area, 3 dei quali sono arrivati a destinazione. Ha registrato un passaggio chiave (a conferma del vuoto creativo: più di lui solo Asamoah, che ne ha realizzati 2) e soprattutto è stato protagonista nell’azione controversa che ha portato al rigore trasformato da Icardi.
Nella pass-map dell’Inter emerge come al solito Brozovic, assoluto padrone del centrocampo. Importantissimo il supporto creativo di Asamoah, mentre la connessione D’Ambrosio-Candreva ha macinato chilometri con risultati contrastanti.
Come Spalletti, anche Pioli è molto vicino alla definizione di una formazione titolare: nove undicesimi sono più o meno intoccabili e i due posti vacanti vengono assegnati partita dopo partita. Questa volta nel ruolo di terzo centrocampista ha scelto Edimilson, più dinamico di Gerson e quindi più adatto a reggere l’urto del centrocampo dell’Inter, mentre nel ruolo di terzo attaccante ha dato fiducia a Mirallas, all’esordio da titolare in questa stagione.
Il belga si è mosso bene ma non ha inciso molto, ha mostrato una tendenza più associativa e meno individualista rispetto a Pjaca, e si è prestato anche al ruolo di punta centrale nel secondo tempo, quando Pioli si è reso conto che la fisicità di Simeone non era sufficiente a prevalere su Skriniar e De Vrij. Dopo quattro minuti è andato anche vicinissimo a portare in vantaggio la Fiorentina, quando ha colpito un palo dopo uno sciagurato tentativo di riaggressione del centrocampo interista: Edimilson è scappato indisturbato alle spalle di Vecino, D’Ambrosio lo ha seguito lasciando Mirallas libero di ricevere e calciare.
La pass-map della Fiorentina è disordinata dalla mobilità di Chiesa, spostato da destra a sinistra per non lasciare riferimenti. Tra le maglie del centrocampo dell’Inter, in una partita così fisica, Veretout ha faticato ad imporsi.
Il canovaccio tattico
Questo livello di intensità si è conservato per tutto il primo tempo, e ha generato una partita poco ordinata ma divertente, piena di duelli individuali interessanti in ogni zona del campo, dal momento che le due squadre si disponevano in modo esattamente speculare: l’Inter 4-3-3 con vertice alto, la Fiorentina 4-3-3 con vertice basso.
In particolare, Nainggolan ha fatto un grande lavoro per schermare Veretout sulla prima costruzione. Il francese ha ricevuto solo 27 passaggi, meno di Mirallas e Chiesa, e quasi esclusivamente dai due terzini, quando si proponeva in seconda battuta in appoggio sulla fascia. Vecino e Brozovic avevano il compito di seguire rispettivamente Edimilson e Benassi, anche dentro la trequarti se necessario.
Il pressing alto dell’Inter ha più volte messo in difficoltà le capacità di distribuzione di Lafont (molto equilibrato nelle scelte: 12 passaggi lunghi, 14 corti, 74% di precisione). La posizione stretta di Candreva invitava la costruzione a sinistra, così la Fiorentina ha provato a muovere il pallone in diagonale da Biraghi a Benassi passando per Veretout. Le occasioni migliori, in ogni caso, sono arrivate sempre attraverso la pressione a centrocampo, che per l’occasione avrebbero potuto circondare con le corde di un ring.
Escludendo il rigore dal conto degli xG, la Fiorentina ha prodotto complessivamente di più rispetto all’Inter. In questa mappa di progressione temporale, si può apprezzare come per tutta la prima metà del secondo tempo la Fiorentina abbia reso l’Inter completamente inoffensiva. La doppia occasione di Pjaca e Benassi, che si fanno respingere le conclusioni in area piccola da D’Ambrosio e Skriniar, fa esplodere il contatore.
È stata una partita di grande distruzione e scarsa costruzione, in cui i difensori hanno fatto una gran figura (lo stesso Vitor Hugo, al di là dell’episodio del rigore) e gli attaccanti hanno mostrato tanta voglia e scarsa lucidità. L’Inter ha sofferto meno la pressione rispetto alla Fiorentina, che portava i tre attaccanti molto in alto tenendo il resto della squadra all’altezza del centrocampo, ma non ha trovato nessuna connessione da sfruttare nella metà campo offensiva. Il conto complessivo dei cross è impietoso (30 per l’Inter, meno della metà, 14, per la Fiorentina) in confronto alle occasioni da gol generate.
Per tutta la partita, l’Inter ha provato a costruire sulla fascia sinistra nella metà campo difensiva e a finalizzare sulla fascia destra in quella offensiva, ma la povertà tecnica della catena laterale D’Ambrosio - Vecino - Candreva ha minato ogni azione promettente. In particolare l’uruguagio, che ha registrato un vertiginoso 54% di precisione passaggi, potrebbe aver pagato una settimana in cui ha giocato più di quanto il suo fisico gli consentisse.
Il pressing della Fiorentina punta a far giocare velocemente il pallone ai difensori dell’Inter per poi creare una gabbia all’altezza del centrocampo. In tutto questo Brozovic gode di grande libertà ma fatica a ricevere passaggi puliti.
I due protagonisti
Primatista di passaggi sbagliati (13) e palle perse (21) tra i giocatori dell’Inter, D’Ambrosio ha deciso la partita con una corsa diagonale di quelle che faceva Maicon e lui non ha fatto mai. Il gol, peraltro segnato con il piede debole, ha rappresentato la ciliegina su una partita che lo ha visto spesso coinvolto al centro dell’azione, con risultati che gli stampano addosso a caratteri cubitali l’etichetta di one-way player.
In fase di possesso ha accettato suo malgrado di essere continuamente chiamato in causa, con i risultati che abbiamo visto, ma in fase difensiva ha giocato una partita di un impegno commovente e di grande qualità, nella lettura dei movimenti e nel tempismo delle scelte. È stato il primo giocatore in campo per contrasti vinti (6, su 6 tentati), il primo insieme a Chiesa per falli commessi (6), e il primo dell’Inter per intercetti (2 come Skriniar, Brozovic e Vecino). Ha anche registrato un tiro bloccato, su un totale di 8 che l’Inter ha bloccato alla Fiorentina (5 il solo Skriniar): farsi spazio nell’area di rigore dell’Inter può essere veramente frustrante.
D’Ambrosio è stato prezioso anche per il contributo al pressing alto. Qui insegue Chiesa fin dentro la sua metà campo costringendolo all’errore, che genera una potenziale palla gol per l’Inter.
Allo stesso modo, anche Chiesa ha giocato una partita specchio dei lati più brillanti e dei lati più oscuri del suo talento. Le statistiche segnalano una percentuale sconfortante di dribbling completati (1 su 10 tentati) e lo registrano nettamente al primo posto nella classifica delle palle perse (26!). Al secondo posto come detto c’è D’Ambrosio, al terzo c’è Nainggolan (17), che per certi versi è il suo alter ego nella fase offensiva dell’Inter.
Eppure è impossibile togliersi dalla testa le volte in cui perdeva un pallone e andava a riprenderselo a venti metri di distanza, o quelle in cui scompariva in mezzo a tre difensori dell’Inter e riappariva magicamente curvo sul pallone un secondo dopo, l’effetto di un ovale da rugby che rotola fuori da una mischia ordinata.
Il gol che ha segnato, attribuzione ufficiale o meno, sembra un’ulteriore rappresentazione del tipo di calciatore che promette di diventare. Dal suo destro è partita una conclusione molto potente diretta verso il palo lontano, forse leggermente fuori dallo specchio, in ogni caso insidiosa, tentata però da posizione decisamente defilata e con il marcatore a due passi. Uno schiaffo a tutta l’attenzione posta alla shot selection nel calcio contemporaneo.
Qui invece ha provato a imitare Totti, perché il coraggio non gli manca, e neanche il gusto della citazione.
A pari punti
In attesa delle partite di questa sera, l’Inter ha raggiunto la Fiorentina in classifica a quota 10 punti, riportandosi praticamente a ridosso delle posizioni che valgono un piazzamento in Champions.
La vittoria ha coronato una settimana felicissima sul piano dei risultati e particolarmente intensa per la tenuta nervosa. L’Inter ha attraversato da parte a parte numerose volte tutto lo spettro delle emozioni, a tratti anche contromano, ed esserne usciti con tre vittorie su tre partite, tutte quantomai necessarie, è la notizia migliore possibile per consolidare le sicurezze del gruppo. Sul piano del gioco, converrà aspettare tempi migliori.
La Fiorentina ha lasciato il campo con una sensazione di rammarico immediatamente percepibile, ancora ben presente nelle dichiarazioni rilasciate da Pioli a fine partita, quando ha ripetuto più volte che la sua squadra se l’è giocata alla pari, che meritava un risultato diverso, che la partita si è decisa sugli episodi, e che in fondo «ci sono molte più cose positive che negative, e su queste ultime lavoreremo».
La Fiorentina deve ripartire da quei venti minuti all’inizio del secondo tempo in cui il conto dei tiri tentati è stato 10 a 0, in cui sembrava aver trovato il miglior compromesso possibile tra intensità e controllo, mandando l’Inter completamente fuori giri, e di conseguenza fuori dalla partita.
L’impressione è che da questo punto in poi la crescita della squadra passi necessariamente dalla crescita ulteriore dei suoi giocatori, perché al cospetto di un’avversaria più forte non ha avuto difficoltà a vincere i duelli a centrocampo, o ad attaccare l’area in parità numerica, quanto a mantenere la precisione negli ultimi venti metri. Quel tipo di forza mentale si conquista mantenendosi a questi livelli, ma se le premesse sono queste, Pioli promette di riportarci la Fiorentina prima di quanto avremmo immaginato.