Alla fine di un turno di campionato in cui Milan e Roma hanno entrambe perso, la Lazio esce da San Siro con tre punti tanto preziosi per la corsa alla Champions League quanto sofferti, conquistati con una partita in cui ha saputo accettare con grande maturità tattica i momenti di maggiore intensità dell’Inter, riuscendo a rendersi temibile grazie alla sua arma migliore, la gestione delle transizioni offensive, e concedendo poche occasioni realmente pericolose a fronte di lunghi periodi di attacco posizionale da parte dei padroni di casa.
Il totale degli xG segna un leggero vantaggio per l’Inter (1.7-1.4), con lo scarto dato soprattutto da un’occasione enorme capitata sui piedi di Skriniar (che da sola vale 0.58) all’ottavo minuto, sugli sviluppi rocamboleschi di un calcio piazzato. Per il resto della gara le due produzioni offensive sono state equiparabili, nonostante l’approccio differente e un’Inter che nel secondo tempo ha dato fondo a ogni energia per tentare di riacciuffare il pareggio con un forcing intenso.
Spalletti ha scelto di tenere fuori dai convocati Icardi (ultimo strascico di vicende note, di quella “situazione” da cui Marotta dice di essere già uscito, nonostante l’allenatore toscano a fine partita non sembra aver seppellito l’ascia di guerra) e con Lautaro infortunato è stato costretto a schierare Keita in posizione di punta centrale. Per il resto, la formazione è stata la più pronosticabile, con Borja Valero a vincere il ballottaggio con Gagliardini per un posto a centrocampo e Miranda a rimpiazzare l’assente De Vrij. L’Inter si è disposta quindi con un 4-3-3/4-5-1 in base all’altezza del pallone in fase di non possesso, variando principalmente la posizione di Vecino in fase di possesso, affrontata con il solito 4-2-3-1.
Va detto subito che Keita è stato abbastanza ligio al dovere nel cucire il gioco e gestire anche diverse giocate spalle alla porta, oltre a essere il più pericoloso dei suoi su azione nel primo tempo; con Vecino attento a occupare lo spazio alle spalle del centrocampo biancoceleste, mentre con Borja forniva supporto a Brozovic e le ali davano ampiezza, con i piedi sulla linea laterale.
Anche la Lazio è rimasta fedele alla propria identità di gioco, e Simone Inzaghi ha confermato 9/11 del blocco più convincente - con l’eccezione di Bastos per Radu (indisponibile) e Romulo per Marusic. L’italobrasiliano e Lulic scalavano da quinti bassi nelle fasi di difesa posizionale, formando un 5-3-2, alzandosi però quando l’Inter manovrava la palla sulla loro fascia, per consentire alla mezzala di parte di non allargarsi troppo in pressione e coprire eventuali sovrapposizioni dei terzini.
E come da copione la Lazio ha concentrato i suoi sforzi offensivi sul fraseggio rapido e ravvicinato dei suoi giocatori migliori: Milinkovic-Savic e Luis Alberto, mezz’ali alle spalle di Correa e Immobile, e anche Romulo, piuttosto coinvolto nel palleggio
Una Lazio finalmente matura
Nei primi dieci minuti di gioco la Lazio ha avuto qualche difficoltà a rallentare la risalita dell’Inter, ma la contromisura non è tardata ad arrivare: Inzaghi ha scelto di adottare un approccio più prudente, andando a compattare le linee nella sua metà campo e lasciando palleggiare l’Inter con tranquillità dalla difesa, preoccupandosi soprattutto di schermare le ricezioni tra le linee di Vecino, attivando il pressing verticale in occasione di retropassaggi e palla laterale. A fine partita, infatti, i giocatori con il maggior numero di passaggi riusciti saranno tutti i componenti della linea arretrata dell’Inter: Asamoah 101, Skriniar 69, Miranda 63, D’Ambrosio 55, più Brozovic 67.
Grazie a un’attenzione quasi maniacale alle marcature sull’uomo e a una prestazione straordinaria di Lucas Leiva, ormai pilastro indiscutibile della squadra di Inzaghi, la Lazio è riuscita a spegnere l’entusiasmo iniziale dell’Inter e ha iniziato a colpire attraverso micidiali ripartenze in campo aperto. Proprio grazie a una ripartenza gestita da Romulo, Milinkovic-Savic, Luis Alberto e Correa è arrivato il gol del vantaggio
Dopo aver riconquistato palla all’interno dell’area di rigore grazie a Leiva, Correa e Romulo riescono a districarsi dal pressing e si avvia una situazione di campo aperto. L’argentino verticalizza su Sergej e scatta in avanti, mentre Immobile attacca immediatamente la profondità; la sovrapposizione di Romulo fa collassare la difesa interista, carente di uomini, sul lato forte, e Luis Alberto può raccogliere il cross dall’altro lato, rientrare sul destro e mirare alla testa di SMS.
La rapidità dell’azione non consente ai difensori interisti di organizzarsi, e nel marasma della corsa all’indietro il serbo finisce marcato da Brozovic, inutilmente. Un’azione da manuale, impreziosita dalla palla curva di Luis Alberto.
Dopo il vantaggio, la Lazio ha continuato a rendersi pericolosa in situazioni simili, fino almeno alla sostituzione di Correa verso la fine del primo tempo, obbligata da un problema fisico, e all’ingresso in campo di Caicedo, autore comunque di una buona partita, ma che ha interpretato in modo radicalmente differente la posizione alle spalle di Immobile (meno rapido e manovriero negli scambi, un po’ impreciso nei controlli, ma più esplosivo, fisico e diretto) togliendo un po’ di brillantezza alle risalite della Lazio.
Nell’intervista post partita su Sky Sport, Pirlo ha chiesto a Inzaghi la ragione per cui ha preferito sostituire Correa con Caicedo, piuttosto che riportare Luis Alberto vicino a Immobile, come la scorsa stagione, facendo entrare magari un giocatore affidabile come Parolo a centrocampo. La risposta di Inzaghi è stata abbastanza indicativa: Luis Alberto ha fatto passi da gigante nella gestione delle fasi di non possesso ed è ritenuto dall’allenatore prezioso non solo per le sue capacità col pallone, ma per le doti di lettura dei tempi di pressione individuale.
Inzaghi ha detto: “Mi piace come esce sull’esterno, non si fa attirare, non lascia il buco in mezzo, capisce quando muoversi”. Un tassello positivo nella valutazione del percorso dello spagnolo, che in questa stagione è stato utile a tutto campo, piuttosto che nell’ultimo terzo, e che ha permesso alla squadra di ritrovare efficacia anche grazie alla sua interpretazione senza palla.
Ma non possiamo non sottolineare anche la prestazione di Lucas Leiva: oltre a leggere con grande accuratezza gli inserimenti di Vecino o Borja Valero, e sapere sempre quando seguirli e lasciarli, il brasiliano infonde sicurezza ai compagni anche attraverso i suoi scivolamenti laterali in copertura, che consentono alle mezzali di sganciarsi in pressione sulla palla laterale senza troppi pensieri. Oltre alle scelte tattiche, anche i numeri difensivi individuali sono eloquenti: Leiva è stato il giocatore con più anticipi (9), il miglior tackler della Lazio insieme a Lulic (3 su 5), ha recuperato 5 palloni e messo a segno 9 disimpegni più altri 3 di testa.
L’ennesima ottima partita difensiva di Lucas Leiva. I cerchi sono i disimpegni, i rombi gli anticipi, i “più” le palle recuperate, le x i tackle riusciti.
Poter disporre di un giocatore come Leiva regala alla Lazio parecchia tranquillità e sicurezza in più nei momenti difficili a ridosso della propria area, e la partita di San Siro ne è stata ulteriore conferma. Soprattutto nel secondo tempo, forse anche a causa dell’assenza di Correa e un parziale calo di Luis Alberto (poi sostituito da Parolo), la squadra di Inzaghi si è lasciata schiacciare un po’ troppo verso la porta di Strakosha, e l’Inter è riuscita a costruire diverse azioni consecutive arrivando spesso al cross, ma l’atteggiamento dei difensori della Lazio sulle palle alte e vaganti, anche sui piazzati, è stato impeccabile.
E in questo senso l’Inter ha sicuramente pagato l’assenza di una punta più avvezza allo smarcamento in situazioni di grande congestione, ma anche gli inserimenti intorno a Keita non sono stati portati collettivamente in maniera sempre ordinata. L’ex esterno della Lazio è stato controllato egregiamente da Acerbi, in area e fuori: i suoi movimenti incontro o ad allargarsi per cucire il gioco venivano seguiti con grande aggressività e sintonia coi compagni.
Un’Inter troppo piatta
Nonostante la reazione di carattere, e di intensità, dell’Inter nel secondo tempo, la manovra nerazzurra non è stata sufficientemente abile a cogliere impreparata l’organizzazione difensiva della Lazio. Anzi, rimangono negli occhi soprattutto le parate di Handanovic - specie quella du Caicedo - rispetto a quelle di Strakosha.
La partita dei nerazzurri è stata persa soprattutto a centrocampo: Brozovic non è riuscito a trovare abbastanza ricezioni pulite al di là del centrocampo biancoceleste, a causa del lavoro di disturbo delle punte della Lazio, ma anche Borja Valero e Vecino hanno faticato a ottenere spazio e agestire palla tra le linee, latitando anche nelle incursioni.
Asamoah è stato forse il giocatore più attivo nella metà campo avversaria, non solo per la partecipazione al palleggio (46 passaggi riusciti sulla trequarti) ma anche per l’insistenza con cui si è proposto. Politano e Perisic sono risultati troppo prevedibili e dunque facilmente controllabili dal sistema difensivo della Lazio, collaudato nelle scalate laterali.
Come detto, l’apporto di Keita nello sviluppo della manovra è stato sufficiente, seppur ben ostacolato da Acerbi, e il senegalese è stato anche tra i pochi a impensierire Strakosha, anche se da posizione defilata. Ancora una volta, però, l’Inter è stata limitata dalle sue mancanze strutturali nell’imprevedibilità collettiva della proposta offensiva: le rotazioni posizionali e i fraseggi, contro squadre abili a congestionare gli spazi, vengono meno.
Si vedono quasi solo passaggi sui piedi, poche volte viene cercato l’uomo sulla corsa, e la fatica nel costruire occasioni dalle transizioni positive corte è abbastanza evidente. Così, anche contro la Lazio, la principale arma offensiva dei nerazzurri sono stati cross, che tra un pizzico di sfortuna e l’impeccabilità della difesa laziale non hanno sortito effetti positivi, hanno finito per dare ulteriore risalto all’assenza di Icardi e Lautaro Martinez.
Nel secondo tempo Politano è stato più mobile, giocando anche sul corridoio centrale e sulla fascia sinistra, consentendo all’Inter di trovare qualche ricezione tra le linee in più, ma ciò non ha fruttato variazioni in rifinitura.
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Nel giro di due minuti, grazie anche a una riaggressione convincente e a qualche titubanza nel palleggio in uscita della Lazio, l’Inter arriva al cross da sinistra per ben 4 volte. Solo l’ultima riuscirà a tirare verso la porta, con Vecino. Il coefficiente di difficoltà di queste occasioni è molto elevato: i nerazzurri hanno tradito qualche imperfezione nei tempi e nelle modalità di smarcamento, ma la reattività e organizzazione della Lazio sono state decisive nel ridurne all’osso la pericolosità.
Ai problemi di prevedibilità offensiva va aggiunto che in fase difensiva la partita di Skriniar non è stata tra le migliori: eloquente l’azione in cui si fa saltare con troppa facilità da Caicedo non riuscendo a temporeggiare e piantandosi troppo presto, consentendo all’ecuadoriano di arrivare a tu per tu con Handanovic. Anche in occasione del gol, forse, lo slovacco avrebbe potuto prendere qualche responsabilità in più sulla marcatura di Sergej, avendone controllato la posizione, ma ha preferito lasciarlo a Brozovic.
In questo caso, però, va detto che l’Inter è sembrata patire in maniera piuttosto collettiva le transizioni negative, tutte quelle situazioni in cui ha dovuto difendere correndo all’indietro, anche grazie alla rapidità con cui la Lazio riusciva a muovere e scoprire il pallone, e sotto questo aspetto sono state anche le performance dei centrocampisti a lasciare a desiderare.
In definitiva, la Lazio ha portato la partita sui binari tattici desiderati ed è riuscita a far risaltare i propri punti di forza; l’Inter, invece, dopo aver sfruttato nei primissimi minuti della gara in maniera positiva alcune transizioni offensive, è stata costretta a sviluppare gioco, ed è parsa confermare le proprie lacune strutturali, nonostante un atteggiamento positivo e una coerenza tattica di base. L’impressione è che per creare occasioni pulite e muovere le difese avversarie la squadra di Spalletti sia fortemente dipendente dall’indipendenza e l’efficacia del suo centravanti, e non sia in grado di colmare con un apporto credibile di centrocampisti e ali nell’ultimo terzo di campo.
Ritrovare un Nainggolan a buoni livelli, e recuperare al più presto Lautaro, in attesa che si risolva davvero la grana Icardi, a questo punto più umana che tecnica, potrebbe essere decisivo per mantenere il posto in Champions League.