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L'Inter più brutta dell'anno
28 apr 2025
Contro la Roma una sconfitta che potrebbe costare una stagione.
(articolo)
10 min
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IMAGO / Xinhua
(copertina) IMAGO / Xinhua
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Come si spiegano le tre sconfitte consecutive dell’Inter (senza gol: non succedeva da 13 anni) nel momento più importante della stagione? «È il calcio che…» inizia a spiegare Simone Inzaghi a caldo, alla fine della partita con la Roma. Però poi Inzaghi non conclude il suo incipit. Ringrazia i tifosi, si dice riconoscente verso la sua squadra che ci ha messo cuore e anima, e conclude mettendo tutte insieme una serie di possibili concause: «calendario, assenze, rimesse laterali, rigori».

Certo, il contesto è sempre importante, ma è a questo che si riduce, quindi, il calcio? A un insieme di avvenimenti concatenati che determinano la differenza tra una vittoria e una sconfitta? Possibile? Se bastasse una spiegazione di questo tipo perché allora creiamo così tanti discorsi intorno al calcio? Se così fosse, dovrebbe bastarci guardarlo, accettando fatalisticamente le cose che accadono. Tipo il gol di Soulé, secondo Inzaghi un altro segno del momento che sta vivendo l’Inter, nato da «un rimpallo fortuito».

Due tiri concessi quasi identici, a distanza di due minuti (19’ e 21’): il primo Koné lo calcia al lato del primo palo, il secondo Pellegrini lo mastica ma sulla ribattuta ci arriva Soulé con Dimarco che se ne disinteressa.

Una settimana fa l’Inter è uscita dal Dall’Ara con zero punti per via di un gol di Orsolini in sforbiciata nel recupero. E Inzaghi ha parlato di una rimessa laterale - non quella da cui è nato il gol, ma quella ancora precedente: una rimessa laterale che ha portato a un’altra rimessa - battuta troppi metri in avanti rispetto al dovuto.

Poi c’è stata la morte del Papa, con la seguente confusione della Lega Calcio che ha spostato la partita da sabato a domenica salvo concedere una “deroga” all’Inter (rifiutata) per darle un giorno in più di riposo prima di affrontare il Barcellona in semifinale di Champions League, mercoledì. E in mezzo il netto 0-3 con il Milan nella semifinale di ritorno di Coppa Italia, dopo il quale Inzaghi aveva fatto i complimenti agli avversari e parlato di un calendario «più fitto» rispetto a tutte le altre squadre - quelle, cioè, che non sono arrivate ad aprile con due semifinali da giocarsi in contemporanea con il primo posto in campionato.

Contro la Roma mancava ancora Marcus Thuram, Dumfries rientrava solo per la panchina mentre Bastoni e Mkhitaryan erano squalificati. Anche Pavard è dovuto uscire dopo pochi minuti, infortunato, lasciando il campo a Bisseck. Soulé ha segnato dopo un rimpallo e a pochi minuti dal novantesimo c’è stata una trattenuta di Ndicka su Bisseck che l’arbitro avrebbe potuto giudicare da rigore, cambiando il punteggio finale. Tutte cose vere. Eppure ieri, più che le altre volte, forse solo per accumulo, per somma di troppi eventi, è chiaro che la squadra di Inzaghi ci stia mettendo del suo, per quanto sia difficile individuare esattamente cosa.

Ad esempio, non si può spiegare solo con il contesto o con una stanchezza da finale di stagione i sette minuti del primo tempo in cui l’Inter ha concesso quattro occasioni da gol alla Roma di Ranieri, tra cui quella da cui Soulé ha ricavato il gol che ha deciso la partita.

Due distrazioni molto simili (anche se nel secondo caso Arnautovic avrebbe potuto giocare la palla profonda per Darmian, mentre nel primo caso Lautaro non aveva soluzioni) in una partita piena di distrazioni interiste.

19’. Farò un po’ come Inzaghi e andrò a ricercare l’origine del primo tiro di Koné, nel ventesimo minuto di gioco. La Roma recupera quel pallone nella propria metà campo, con Shomurodov che ripiega e raddoppia su Lautaro, toccandogli il pallone da dietro mentre l’argentino è impalato davanti a Mancini. Anche volendo Lautaro non avrebbe potuto servire Dimarco dietro a Soulé, perché la linea alta di difesa lo aveva già messo in fuorigioco. Poi la Roma fa un lento possesso da dietro e salta facilmente il pressing di Lautaro, Arnautovic e Barella, mentre il resto dell’Inter aveva iniziato ad abbassarsi nella propria metà campo. Quando Lautaro si gira e vede i propri compagni lontani se ne lamenta.

21’. Il gol di Soulé invece nasce da una palla in diagonale di Ndicka per Shomurodov che, seguito da Bisseck, lo elude con un velo per Dovbyk, tutto solo a metà campo. Acerbi avrebbe dovuto seguirlo nel movimento incontro ma si è fermato nella terra di mezzo, preoccupato da Angeliño che era scappato sulla fascia sinistra (Darmian era scalato su Pellegrini verso il centro). La Roma ha girato palla da sinistra a destra e di nuovo Soulé ha puntato Dimarco, con Barella in raddoppio. A differenza di quanto fatto due minuti prima, quando bene o male ha messo pressione a Koné, stavolta Calhanoglu resta piantato al centro dell’area e Pellegrini è libero di calciare. Mastica il pallone ma in qualche modo lo manda in direzione dello specchio. La differenza la fa il tocco un po’ fortunato di Shomurodov, ma anche il fatto che Dimarco non segue Soulé (e anche Bisseck, finito lì seguendo Celik, avrebbe potuto reagire diversamente in quella situazione).

Un solo giocatore copre gli ultimi metri di campo, è quello della Roma.

24’. Cinque minuti dopo, al 25esimo, è Arnautovic a farsi portare via il pallone da Manu Koné mentre duella con Mancini alle sue spalle. Quando Koné parte palla al piede, Bisseck è oltre la linea del pallone, lo recupera e lo rallenta ma nel frattempo si inserisce Cristante alle sue spalle e né Arnautovic, che lo aveva preso in carico fin lì, né Calhanoglu pensano a seguirlo. Koné serve bene sulla corsa Pellegrini che fatica un po’ nel controllo ma poi crossa sul secondo palo, dove solo l’imprecisione di Cristante, completamente libero di calciare in porta, evita all’Inter il secondo gol.

26’. A chiusura del momento in cui l’Inter è sembrata uscire spontaneamente dalla partita arrivano due dribbling di Soulé a metà campo per spezzare l’Inter. Il primo su Barella, girando su se stesso usando l’esterno del piede - come se Barella fosse un toro attratto dal capote del torero - e il secondo su Carlos Augusto, fingendo di rientrare e allungando poi il passo lungolinea. La Roma passa da destra a sinistra e ogni giocatore ha il tempo di ragionare e giocare il pallone come meglio crede: Dovbyk usa il tacco per appoggiare la palla al limite a Pellegrini, che addirittura si permette un controllo di suola prima di mandare Angeliño al cross basso. La palla taglia l’area piccola e ci vuole un mezzo miracolo in scivolata di Carlos Augusto sul tiro ravvicinato di Shomurodov per evitare, ancora, che l’Inter vada sotto di due.

A questo punto va detto che l’Inter nel secondo tempo ha aumentato la propria pressione e la Roma ha ceduto progressivamente campo - il possesso interista nei secondi quarantacinque minuti è arrivato al 77% - ma da questo sforzo la squadra di Inzaghi ha ricavato comunque poco. A conti fatti la Roma ha prodotto di più, secondo Understat la squadra di Inzaghi si è fermata a 1.1xG contro i 2.8xG di quella di Ranieri.

Un po’ per mancanza di brillantezza, dovuta certamente alla stanchezza ma, chissà, magari anche ai nervi che sono iniziati a salire a fior di pelle abbastanza presto. È mancato poco, pochissimo, al 66’, quando dopo aver recuperato palla dai piedi di Lorenzo Pellegrini, Barella ha combinato con Dumfries e Lautaro, che di esterno lo ha mandato al tiro in diagonale dallo spigolo destro dell’area piccola, di poco al lato del secondo palo.

Pellegrini in quell’occasione era partito in contropiede da solo ma si era girato e, braccato da Calhanoglu, era finito a correre all’indietro verso la propria area di rigore. Ma in altre occasioni la Roma ha costruito delle azioni verticali pericolose, anche nel secondo tempo dominato dall’Inter. Cinque minuti dopo l’occasione di Barella, addirittura su rimessa lunga di Svilar, in seguito a una serie di batti e ribatti di testa, l’Inter si fa trovare sbilanciata e scoperta su un lato. Soulé conserva un pallone sulla fascia destra, la difesa dell’Inter è tutta da quel lato e sul centro-sinistra si butta in area Pisilli, che Barella non segue. Soulé si gira e mette una palla curva sui piedi di Pisilli, che prova a calciare al volo ma mastica anche lui il pallone come Pellegrini e Cristante nel primo tempo.

Le due occasioni del secondo tempo a confronto.

Due minuti dopo, su una ripartenza nata da un contrasto tra Angeliño e Bisseck che l’arbitro non ha fischiato, in cui Acerbi si è trovato a difendere da solo, Dovbyk ha controllato con difficoltà l’assist del terzino spagnolo e poi si è fatto recuperare da Acerbi prima del tiro. Poco dopo, di nuovo, Dovbyk è libero di portare palla e puntare Carlos Augusto a ridosso dell’area, calciando di sinistro e costringendo alla parata Sommer, mentre il resto della linea difensiva interista era scivolato lentamente all’indietro con una passività sorprendente.

L’Inter ha crossato 33 volte e, da quando è entrato dopo un quarto d’ora del secondo tempo, è sembrata ridursi al tentativo di raggiungere la testa di Dumfries. Tornato in campo dopo più di un mese, sembrava il possibile salvatore dell’Inter, annunciato proprio da un colpo di testa sul secondo palo su cui ha sovrastato Angeliño. È bastato, però, che Ranieri rispondesse con una piccola mossa vecchia scuola - invertire Angelino e Ndicka in modo da mandare il più alto al duello aereo con l’olandese - per riportare la situazione al punto di partenza. Negli ultimi minuti, sempre per ricevere il cross di destro di Zalewski, è salito in area anche Bisseck, ma non è servito a niente.

Tutto qui? L’Inter non aveva molte altre idee per provare ad aprire il blocco basso della Roma. È mancata, come è successo anche in passato, la capacità di rifinire l’azione sulla trequarti, mentre nel primo tempo era mancata l’abilità necessaria a saltare la linea di difesa alta della Roma; sono mancati i dribbling, la precisione al tiro (anche Zielinski ha avuto un tiro dal limite di destro che, complice anche in questo caso la ruggine dei quasi due mesi lontano dal campo, ha sprecato malamente) e la capacità di vincere duelli significativi.

In una squadra che dribbla pochissimo è significativo che i due giocatori ad aver saltato più volte l’uomo (3) siano stati Zalewski, entrato a mezz’ora dalla fine, e Frattesi, sulla cui partita vanno spese almeno poche parole in più.

Nel primo tempo Frattesi ha effettuato solo tre passaggi, di cui uno solo riuscito. Certo, gli è stato anche annullato un gol (per fuorigioco di partenza di Arnautovic, in una delle rare occasioni in cui l’Inter è riuscita a sfruttare la difesa alta romanista a proprio favore).

Sarebbe davvero troppo limitante, di fronte a una prestazione così chiaramente insufficiente per una squadra che avrebbe avuto bisogno di questi tre punti per restare aggrappata al primo posto, parlare della trattenuta di Ndicka. Alla fine è sempre una questione di dettagli ma tutto sommato le scelte di Ranieri si sono rivelate più efficaci di quelle di Inzaghi: il 3-5-2 a specchio con Shomurodov su Calhanoglu e Soulé a tutta fascia che ha vinto il duello con Dimarco; le mezzali (Cristante e Pellegrini) che si alzavano su Pavard/Bisseck e Carlos Augusto; Manu Koné finalmente davanti alla difesa come in Nazionale.

La Roma ha saputo quando pressare e ha saputo accettare il contesto più difensivo del secondo tempo, ha cercato di prendersi tutta l’ampiezza e di girare da una parte all’altra del campo: tutte cose che l’Inter fa benissimo, di solito, e che alla Roma è bastato fare in modo sufficiente per batterla.

La sconfitta di San Siro contro la squadra di Ranieri (al suo 18esimo risultato utile consecutivo) probabilmente ha contribuito all’entusiasmo con cui il Napoli ha affrontato il Torino poche ore dopo, segnando un gol dopo appena sei minuti e chiudendo la pratica con un secondo gol poco prima della fine del primo tempo. Delle tre arrivate nel giro di una settimana rischia di essere quella più grave e decisiva, di sicuro è la più brutta (persino con il Milan, nel primo tempo, l’Inter aveva fatto qualcosa di più). Mai l’Inter è sembrata così lenta, fuori tempo, povera di idee e connessioni, di lucidità e intensità.

La speranza è che in pochi giorni Simone Inzaghi ritrovi l’energia per affrontare il Barcellona a Montjuic. L’Inter al proprio meglio è all’altezza di questa semifinale, ma quanto riuscirà a riavvicinarsi alla propria forma ideale rispetto a quel che si è visto contro la Roma?

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