Qualche settimana fa alcune quote dell’Inter sono state acquistate dal fondo BC Partners del manager greco Nikos Stathopoulos. Da quel momento si è cominciato a parlare molto delle presunte difficoltà del gruppo Suning nel portare avanti il progetto Inter. Voci che però vanno inquadrate in un contesto più ampio che coinvolge tutto il calcio in generale in questo momento. Un contesto rispetto a cui un possibile passaggio di proprietà dell’Inter rappresenta solo la punta dell’iceberg e che quindi vale la pena ricostruire.
Il Covid-19 continua a produrre effetti sui bilanci
I bilanci della stagione 2019/20 si sono chiusi in rosso per tutti e cinque i club più ricchi della Serie A. Dal tutto sommato accettabile passivo di 19 milioni del Napoli (di portata ridotta anche grazie a 100 milioni di plusvalenze) fino ai buchi “extralarge” della Roma (204 milioni) e del Milan con (195). In mezzo ci sono le perdite di 89 milioni della Juventus e di 102 milioni dell'Inter. In estate, quando la situazione della pandemia in Italia sembrava migliorata, i club speravano di poter riaprire gli stadi già all’inizio della stagione 2020/21 con un impatto minimo del Covid-19 sui bilanci in corso.
La realtà si è invece allineata alle aspettative più pessimistiche: gli stadi sono tuttora chiusi, lo rimarranno come minimo fino al 5 marzo, e non è affatto improbabile che questo scenario si protragga fino alla fine della stagione. Il mancato incasso dei ricavi da stadio (che nonostante una situazione limitata dalla pandemia avevano garantito nel 2019/20 49 milioni alla Juventus, 44 all’Inter, 26 alla Roma, 24 al Milan e 17 al Napoli), al quale aggiungere sempre a causa del Covid-19 una probabilissima riduzione dei ricavi pubblicitari e soprattutto da merchandising, andrà a impattare in negativo sui bilanci della stagione in corso. Non basteranno le vecchie quote dei diritti tv nel 2020/21 per compensare queste ulteriori perdite.
Le conseguenze sono a cascata. L’impoverimento generale dei club che abbiamo osservato nel calciomercato estivo rende complicato “abbellire” i bilanci nel modo più usato negli ultimi anni, cioè il ricorso alle plusvalenze. Le cessioni di calciatori a cifre elevate saranno sempre più rare, almeno fino a quando il mondo non si libererà dalla pandemia. Facciamo due esempi. A oggi la Juventus ha incassato dal 30 giugno appena 11,5 milioni di plusvalenze a fronte dei 172 milioni dell’anno scorso, l’Inter solo 5. È quindi probabile che la stagione 2020/21 si concluderà per tutti i principali club con passivi simili a quelli dell’anno precedente se non addirittura peggiori. A farne le spese più di tutte potrebbero essere proprio Inter e Juventus, sia perché sono le due squadre che incassano di più dai ricavi da stadio sia perché sono quelle che si sono distinte maggiormente per il ricorso alle plusvalenze negli anni passati.
Milan e Roma partono già da un risultato economico molto negativo nell’anno passato che difficilmente riusciranno a migliorare, mentre il Napoli è probabilmente destinato a un passivo meno roboante delle altre, essendo riuscito comunque a concludere alcune buone plusvalenze dopo il 30 giugno. Passivi così elevati per due anni consecutivi e l’impossibilità di stabilire con certezza quando avverrà il ritorno alla normalità impegneranno tutti i proprietari di club in ingenti esborsi per appianare le perdite tramite aumenti di capitale. La Juventus forse farà eccezione, ma solo lasciando evaporare tutto o quasi l’aumento di capitale deliberato l’anno scorso. Una mossa che in origine aveva l’obiettivo di rafforzare la struttura economica, patrimoniale e agonistica del club, destinandolo a tamponare le falle causate nei conti societari dai mancati introiti di questo biennio anomalo.
“Caso Inter”: le difficoltà di Suning
L’Inter si trova al centro di una “tempesta perfetta”. Alla difficile situazione globale in casa nerazzurra si aggiungono altre due variabili complicate da gestire: il diktat del governo cinese che impone alle imprese locali di diminuire il capitale investito all’estero in settori non strategici (e il calcio non è più fra questi a quelle latitudini già da qualche tempo) e soprattutto la necessità di rifinanziare un bond da 375 milioni in scadenza nel 2022. Se la prima variabile sarebbe stata un problema da gestire anche in tempi “normali”, la seconda viene invece influenzata dalla situazione pandemica. Per Suning fu relativamente facile trovare sottoscrittori nel 2017 presentando un ambizioso piano di sviluppo e rilancio del club, ora di certo è più complicato. Meno rilevante è invece la notizia che l’Inter sia di fatto in pegno a Jack Ma in quanto inserita nella società Suning Holdings Group, a sua volta data in pegno a una controllata di Alibaba in cambio di una contropartita non ben definita. In mancanza di ulteriori informazioni l’operazione sembra doversi inquadrare come una normale cooperazione d’affari fra due colossi con obiettivi che nulla hanno a che fare con l’Inter. Verosimilmente Suning arriverà a ripagare il suo debito con Ma senza perdere il controllo della Suning Holdings Group.
Dalla necessità di far fronte alla “tempesta perfetta” nascono le due mosse che Suning ha messo in atto nelle ultime settimane e che hanno allarmato i tifosi facendo nascere ogni sorta di speculazione sul futuro dell’Inter. Inizialmente la proprietà ha deciso di percorrere ogni strada possibile per ridurre gli esborsi “cash” da effettuare nei prossimi mesi, concordando dilazioni di pagamento sia con i club cedenti per alcuni acquisti del mercato estivo (in particolare Hakimi) sia cercando accordi a più riprese con i giocatori per rimandare le scadenze di pagamento degli stipendi. Questo non vuol dire che Suning sia in una situazione finanziariamente compromessa o peggiore di altri club, basti pensare che tutte le big italiane (meno l’Inter) hanno già concluso accordi di questo tipo con il personale tesserato nella scorsa primavera, rimandando il pagamento di alcuni stipendi in questa stagione (accordi che, fra l’altro, contribuiranno quindi a peggiorare ulteriormente i bilanci 2020/21 di Juventus, Napoli, Milan e Roma). La seconda decisione di Suning, quella che sta facendo più discutere, è stata di scandagliare il mercato alla ricerca di possibili azionisti che possano affiancare il colosso cinese nei costi da sostenere in questa delicata fase, con la prospettiva di entrare in un club che potrebbe avere ampi margini di crescita futuri dal punto di vista dei ricavi se solo lo scenario mondiale ritornasse quello pre-Covid. Con questo obiettivo sono iniziate le contrattazioni con il fondo BC Partners che sta attualmente portando avanti una “due dligence” per valutare nei dettagli la situazione finanziaria del club e decidere se investire nell’Inter e in che modo.
I fatti inconfutabili fino a questo momento si fermano qui, le ipotesi di cessione della quota di maggioranza come conseguenza di quanto appena descritto sono per ora speculazioni portate avanti da alcuni media con molti condizionali. Va valutato quanto sia conveniente per un qualsiasi investitore scommettere su una società di calcio in un momento come questo, nel quale non è possibile pronosticare quanto tempo ci vorrà ancora prima che i bilanci dei club tornino a chiudersi in attivo. Potrebbe essere il momento giusto per un acquisto di questo tipo da parte di un fondo, a patto di spuntare un prezzo molto favorevole, ma svendere il club non sembra essere intenzione di Suning. Per sedersi a trattare la proprietà dell’Inter richiederebbe un impegno da parte dei compratori di non meno di 900 milioni fra acquisto delle quote e debiti del club da rilevare. Anche se BC Partners volesse provare ad acquistare il club una volta completata la “due diligence” c’è da aspettarsi quindi una trattativa non breve e piena di ostacoli; Stathopoulos non sembra disposto a mettere sul piatto più di 750 milioni.
Inter: quale futuro?
Fare previsioni su come finirà la vicenda è quindi impossibile, possiamo però immaginare cosa potrà succedere nei due differenti scenari. Nel primo, quello forse più logico, con Suning saldo alla guida dell’Inter, la fase pandemica verrà affrontata provando a ridurre le perdite inattese in ogni modo. O quantomeno diluirle il più possibile nel tempo, come proveranno a fare un po’ tutti i club. In quel caso gli investimenti futuri saranno direttamente proporzionali alla capacità di trovare soci di minoranza o investitori pronti a sottoscrivere il finanziamento dei bond; così che che Suning non debba sobbarcarsi oneri eccessivi per rafforzare la prima squadra. Se invece si dovesse arrivare a una cessione delle quote di maggioranza a un fondo non ci vuole la sfera di cristallo per immaginare un percorso molto simile a quello vissuto recentemente dal Milan. Quindi: un drastico taglio dei costi per portare il club più velocemente possibile in attivo di bilancio, dopodiché investimenti per provare ad aumentare il valore economico e finanziario del club e rivenderlo nel medio periodo. In questo caso sarebbe prevedibile un ridimensionamento delle ambizioni sul mercato nella prima fase, ma come stiamo vedendo con i rossoneri non sempre questo equivale a un indebolimento della squadra.