
Benedetta Pilato ha 19 anni ed è cresciuta in acqua. Ha iniziato a nuotare in vasca a quattro anni e il primo podio mondiale lo ha ottenuto a 14 anni. Erano tutti concordi: "È nata una stella”. Cinque anni dopo è nel pieno della sua carriera agonistica; il palmarès è già ricco ma ha fiducia che possa crescere ancora. Lo ha dichiarato anche ai Giochi Olimpici, dopo un quarto posto che è stato considerato come un fallimento da una parte dell'opinione pubblica. La sua intervista ha fatto discutere e ci ha permesso di riflettere a fondo sul senso della competizione sportiva.

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È stato un anno lungo, come stai? Un bilancio del periodo a Torino?
È stato un anno lunghissimo. Quest'estate ho fatto più vacanza del solito, sono stata ferma un mese e una settimana, cosa che non capita praticamente mai, ma in realtà mi sembra di non averlo mai fatto. A settembre sono ripartita “a palla” con le gare, siamo stati un mese fuori [per la Coppa del Mondo, nda], poi gli Assoluti, adesso i Mondiali e devo dire che è sembrato un filone unico. Mi sto divertendo tanto in questo momento della mia carriera.
A settembre ho festeggiato l’anno a Torino, sono molto contenta. Ho comprato casa e anche per questo è stato un periodo lungo, ho dovuto arredarla e sono ancora in fase di trasloco. Sono soddisfatta della scelta che ho fatto, per quanto sia stata una decisione non dico sofferta, però è stata tanto ragionata.
L'anno prima di trasferirmi ho passato mesi pesanti prima di capire cosa fare, però sono davvero felice. Dal punto di vista tecnico, il 2024 è stata una grande stagione per me. Forse non la migliore ma mi ha fatto ricredere sul mio percorso, visto che l'anno prima delle Olimpiadi era stato complicato. A livello personale mi rendo conto tutti i giorni del lavoro che faccio su me stessa, stando lontana da casa, vivendo da sola.
Gli Assoluti sono andati bene e ora il Mondiale in vasca corta, distanza che forse hai un po’ abbandonato e in cui per la rassegna ci sono tanti assenti.
Solo nella mia gara ci sono tutti [ride, nda]. L’ho un po’ abbandonata nell’ultimo anno, in precedenza avevo solo quella per allenarmi [a Taranto, nda]. Prima mi sentivo molto più a mio agio, allenandomi tutti i giorni. L'anno scorso ho lavorato tanto in vasca lunga, ci siamo concentrati sul nostro obiettivo e poi mi sono trovata un po' in difficoltà a inizio stagione, ero stranita. Adesso sì, gli Assoluti sono andati bene. È stato un inizio molto diverso dal solito, perché non ero mai andata fuori ad allenarmi; o meglio: abbiamo gareggiato molto e tra una tappa e l'altra di Coppa del Mondo non potevamo allenarci tanto. Ero un po' preoccupata, però è stata una scelta ponderata, post-Olimpiadi volevo cambiare.
La rassegna sarà a Budapest: lì hai fatto il primo record del mondo nei 50 rana in lunga e hai vinto l’oro mondiale nel 2022.
Sono successe solo belle cose lì, ci sono stata forse 5-6 volte e 5-6 volte ho raccolto sempre esperienze fantastiche. Con il mio allenatore [Antonio Satta, nda] se magari un allenamento va male, diciamo «ma tanto i Mondiali sono in un bel contesto», scherziamo così. Dal punto di vista logistico è comodo, sia perché è vicino, sia perché la struttura è stupenda. Sono sempre stata un po' sfortunata nel Mondiale di corta, nel 2022 non stavo proprio benissimo, a Melbourne erano andati male. L'anno prima avevo vinto la medaglia nel 50 con il record del mondo [Europeo di Budapest del 2021, nda]: mi aspettavo di vincere ma non avevo nuotato i 100 rana, perché non mi ero qualificata per la finale, vediamo.
In cosa puoi migliorare ancora?
In corta mi manca un po’ di lucidità. In generale non lo so, sicuramente ho ancora tanti mondi da esplorare. Ho avuto dei grandi risultati già da piccola: con il mio allenatore [Vito D’Onghia, nda], quando al primo anno di Assoluti mi sono qualificata per i Mondiali, abbiamo dovuto fare un lavoro molto mirato a differenza dei miei coetanei. Molte cose nel mio percorso di allenamenti sono state, non dico tralasciate, però messe in secondo piano, mi allenavo solo una volta al giorno, non potevo provare cose che invece adesso sto facendo per capire meglio cosa riesco e non riesco a fare. Ora sto sperimentando un po' e mi piace, la monotonia non fa per me.
Parigi è stata già la tua seconda edizione delle Olimpiadi, quale è stato l’approccio?
Io ho una vita privata intensa, ho tanti amici, tante conoscenze, tanta voglia di fare esperienze al di fuori dell'allenamento. Non la vivo dicendo: «oddio le Olimpiadi, non esco più di casa, mi devo chiudere in una bolla». Siamo partiti di mercoledì, io gareggiavo la domenica e il martedì sera ero a cena con i miei amici e dicevo: «ragazzi, ma io domani parto, perché domenica gareggio». L'approccio è stato strano: sia prima di Tokyo che a Parigi, non ho mai fatto un quadriennio olimpico.
A Tokyo erano due anni che gareggiavo ad alto livello, il 100 rana lo nuotavo da cinque mesi e ho potuto partecipare anche perché avevano posticipato i Giochi. Ho debuttato con i Mondiali a Guangzhou nel 2019 (argento) e l'anno dopo c’erano le Olimpiadi, ho fatto un anno e mezzo di preparazione. Per Parigi ho fatto tre anni a casa con tanti alti e bassi, anni vincenti ma alti e bassi. Poi ho fatto l'ultimo anno pre olimpico, fuori [a Torino, nda] con un allenatore che non mi conosceva dal punto di vista tecnico. Mi reputo una ragazza molto matura per la mia età, ma ero comunque una persona di 18 anni che si trasferisce e va a vivere da sola dall'altra parte d'Italia. È stato un inizio, non una fine di qualcosa.
A proposito della vita privata: agli Assoluti il tuo tecnico ha parlato del giusto equilibrio tra nuoto e vita quotidiana, non è una cosa tanto comune, per molti lo sport è una forma di ossessione.
Ho avuto la fortuna di ottenere molti risultati in giovane età, perché a 15 anni non si poteva dire non andare al compleanno dell’amica o altro. Quello mi ha aiutato a viverla in modo più leggero e quando non è stato così non ero contenta e i risultati non arrivavano. Mi fa stare bene essere in compagnia, stare con i miei amici, anche a non fare nulla, non per forza devi fare cose eclatanti. Non penso di esagerare, anche se secondo molti sì, credo di riuscire ad avere un equilibrio. Lo sport deve essere vissuto anche e soprattutto in modo sano. Per me non è assolutamente un'ossessione.
Tornando a Parigi, ha fatto molto discutere la tua intervista dopo il quarto posto nei 100 rana, quando hai spiegato che le lacrime erano di gioia e che eri soddisfatta del tuo percorso. Ti aspettavi un polverone del genere?
Continuo a dire che quel giorno maledetto dovevo stare zitta e dovevo dire: «Non voglio parlare con nessuno, devo andare!» [ride, nda]. Non volevo che si creassero polemiche e ci tengo a dire che non sono uscita dalla gara e dall'acqua con l'obiettivo di fare un discorso o creare un motto: non mi sento Gandhi, non volevo mandare nessun messaggio e non volevo fare nessuna polemica. In gara non pensi a cosa dirai dopo. Ho detto realmente quello che pensavo. Era la cosa più vera che potessi dire appena uscita da quel contesto.
Credo si sia scatenata tutta questa polemica, sia perché sui social ormai la gente pensa di poter dire e fare quello che vuole, sia perché tante persone si sono sentite “rappresentate” dalle mie parole. Magari molti vivono situazioni del genere a scuola, all'università, al lavoro. Poi c’è anche mentalità di criticare, di giudicare il risultato altrui. Alla fine quello che ho detto e che penso, è che so solo io il mio percorso e le mie difficoltà, ovvio che volevo la medaglia, ma un anno prima non sapevo neanche se mi sarei qualificata per le Olimpiadi. La cosa che mi è dispiaciuta è che se non si conosce la mia storia non ci si può permettere di parlare di me. Non pensavo che se ne sarebbe parlato con quei toni. Ho visto persone che hanno detto basta, anch'io mi sono rotta le scatole di chi mi giudica e critica, è la mia vita. Sono contenta di quello che voglio e che anche altri ne abbiano parlato.
A questo punto ti chiedo: cos'è per te una vittoria e una sconfitta?
Dipende. Ho sempre fatto un esempio: se avessi vinto le Olimpiadi di Tokyo o il Mondiale l'anno prima di Parigi o fossi arrivata con un super risultato, da campionessa in carica, avrei “dovuto” mantenere quel ruolo. Arrivavo da un'Olimpiade in cui ero stata squalificata: è vero nel 2022 ho vinto il Mondiale, però era un Mondiale in cui non c'era nessuno, ho vinto, grazie a Dio, e l'anno dopo non ho neanche nuotato questa gara [al Mondiale di Fukuoka fece solo i 50 rana, nda]. Aver fatto il record italiano (1:05.44) un mese prima delle Olimpiadi, mi caricava di aspettative e responsabilità o meglio, gli altri lo facevano, io no. Se avessi avuto un background del genere e fossi arrivata quarta alle Olimpiadi, probabilmente sarebbe stato come scendere un gradino, l'avrei vissuta peggio. Nel mio caso, visto i trascorsi, non potevo che essere contenta quando mi sono vista quarta, cosa dovevo fare? Sono state più brave di me.
Tempo fa Luca Dotto diceva che per nuotare devi essere un po’ folle perché guardi quella linea nera a fondo vasca e non è divertente. Cos’è per te il nuoto?
Io mi diverto ma con i miei compagni di squadra: l’esigenza di spostarmi nasce dal fatto che nuotavo da sola. Ora, durante l'allenamento mi faccio un sacco di risate per quanto sia faticoso. Per le gare che faccio non sto dieci minuti con la testa giù e al massimo ogni cento metri mi fermo e parlo. Mi diverto tantissimo perché sono persone che vedo tutti i giorni due volte al giorno, condividi una parte della tua vita che è fondamentale. Se un giorno un compagno è arrabbiato, piange o scherza, te ne accorgi. Condividi tutto sia con loro che con l'allenatore, per me questa è la cosa più bella. La parte divertente del mio sport e nel complesso è gareggiare. Faccio tutte le gare, che siano regionali, mondiali, olimpiche, perché mi diverto tantissimo, ma con i compagni di squadra. Spesso, quest'estate, prima delle Olimpiadi, magari il mio allenatore non voleva che gareggiassi, ma andavo in piscina lo stesso, mi piace.
Hai iniziato molto presto, hai scelto tu la rana o la rana ha scelto te?
Ho iniziato a nuotare per caso: sono nata con un problema alle anche e mi hanno dovuto operare. Ho cominciato perché dovevo fare la riabilitazione, cosa che odiavo: odiavo nuotare, mi hanno costretto i miei genitori per esigenza e per lo stesso motivo non potevo nuotare a rana. L'unica cosa che non dovevo fare era fare questo stile, e poi è successo e me la sono tenuta.
Hai ottenuto le luci della ribalta grazie ai tuoi risultati da adolescente: è stato uno svantaggio affermarsi subito?
Dipende dai punti di vista. Se parliamo di esperienze di vita, è un vantaggio. Rispetto ai miei coetanei ho vissuto esperienze che probabilmente non proveranno mai nella loro vita o che un adolescente non fa. All’età di mio fratello, avevo già viaggiato, girato per il mondo. Può sembrare una banalità, però è una cosa che ti forma, ero lontano da casa, in qualche modo dovevo farcela da sola. Quest'anno è andata bene, però se ci penso ho passato tre anni, a inizio carriera, a 15 anni in cui ogni volta che entravo in acqua facevo scintille. A 19 mi sento quasi come se avessi già raggiunto gli anni d'oro della mia carriera, anche se razionalmente non lo penso. Dovrei nuotare altri 10, 8 anni. A volte mi sento così.
Tornando indietro, che consigli daresti a quella adolescente?
Di fare quello che ho fatto, di non ascoltare nessuno, sono così. Dico sempre quello che penso, purtroppo non riesco ad essere falsa se penso qualcosa la dico, magari in maniera sbagliata, quindi di avere coraggio e di dire tutto con onestà.
Negli anni il tuo corpo è cambiato, che rapporto hai con te stessa?
Adesso mi piaccio, sono sempre d'accordo con l'idea del non sentirsi mai arrivati, in generale, nella vita. So che potrei migliorare determinate cose di me e che potrei lavorare su me stessa e sul mio corpo, però sono molto più serena. Ho passato anni in cui ho avuto parecchi problemi ormonali che poi mi hanno provocato, oltre a difficoltà in allenamento e in gara, in cui non ero performante, anche problematiche come l'acne, le ovaie. Ci sono state una serie di complicazioni che non mi facevano stare tranquilla. Se hai un problema e non sai come risolverlo e vedi nel frattempo che il tuo corpo non reagisce alle possibili soluzioni che ti propongono; quello mi destabilizzava. Ora mi voglio bene. Prima non tanto, perché c’era un problema al giorno: il mio corpo stava cambiando, ma io volevo e voglio fare l'atleta: non voglio avere il seno grosso perché devo sentirmi figa. Ho vissuto un paio di anni particolari.
Come hai iniziato ad “accettarti”?
Aver attenuato determinate problematiche mi ha aiutato perché anche il mio corpo si è rasserenato. Poi mi sono trasferita e ho trovato una situazione che mi piace. L'ultimo anno a Taranto avevo il pensiero di cosa avrei fatto, se sarei andata alle Olimpiadi, poi le ovaie, le gare che vanno male, cento rana non li faccio e poi li faccio. Poi vai al Mondiale ma fai solo una gara e prendi gli insulti sui social: ho vissuto un anno complesso e quando sono arrivata a Torino ho detto basta. Pian piano, ho iniziato a capire che il mio corpo fa delle cose giganti, fa cose bellissime. Le cose che succedono in piscina le faccio grazie al mio corpo, non grazie a qualcun altro. È lo strumento più grande e forte che abbia. Non posso odiarmi, non posso non volermi bene. Poi, ognuno deve lavorare su sé stesso. Ho il problema dell'acne che è scaturito da un problema più grave che è quello alle ovaie [ovaio micropolicistico, nda]. Sto provando a risolverlo, però non mi dispero più come prima.
Hai parlato proprio per questo delle difficoltà prestative legate al ciclo. Perché secondo te è un argomento ancora tabù in Italia?
Avevo quella complicazione e nel momento in cui mi si chiede una giustificazione o ci si prende la risposta per quella che è oppure devo inventare qualcosa, cosa che non faccio.
Non lo so perché ci sia questo tabù: adesso sui social se ne parla molto di più, anche da parte delle ginecologhe, tra cui la mia, che aprono profili Instagram e fanno divulgazione. A prescindere dal ciclo mestruale, in generale non si parla del sesso, delle malattie sessualmente trasmissibili, dell'HIV, del vaccino contro il papilloma virus: ci sono mille cose di cui parlare e noi non parliamo di niente, ci scandalizziamo. È un po’ come far vedere un capezzolo su Instagram. Non ho mai avuto problemi a soffermarmi su questi temi, sono situazioni reali. Il ciclo ti condiziona in tutto quello che fai, dall'allenamento, perché è uno stress fisico elevatissimo, fino all’alzarsi dal letto per andare a lavare i piatti. Un atleta lo percepisce molto di più.
Anche in virtù di questo, quanto è difficile essere donna ed essere atleta di alto livello?
Non ho mai sentito quella differenza enorme e non sono mai stata discriminata da compagni. La battuta del tipo: «le gare delle donne servono a fare riposare gli uomini» c’è: detta dai compagni, sai che non è vero, perché ci stimiamo, detta da allenatori diventa non sgradevole, di più. Non va oltre questo, so che da qualche altra parte, in qualche altro sport succede di più, esiste un problema di cultura di cui bisognerebbe parlare.
L’anno scorso, dopo l’omicidio Cecchettin ti eri espressa sulla violenza di genere, ti sei mai sentita in pericolo?
Condivido tanto il mio pensiero sui social o nelle interviste. Se dice qualcosa un mio amico su Instagram, non ha la stessa rilevanza che posso avere io che ho una community, persone che mi ascoltano. Non sono un profeta, però condividere il mio pensiero fa aprire la mente a qualcun altro o fa ragionare. Non dico che non mi senta al sicuro, vivo in una situazione calma, ma la sera quando torno a casa con le cuffiette ne uso solo una perché altrimenti non sento niente e ho paura di quello che potrebbe succedere. Ho comprato casa in una zona dove non c'è parcheggio e sono preoccupata la notte quando rientro, se parcheggio lontano, a piedi, da sola non voglio tornare.
Non mi è mai successo niente ma è quello che si sente. Nel processo a Turetta, la difesa di lui è stata raccapricciante, non puoi difendere un'azione del genere. È quello che fa paura. Se domani mi succedesse qualcosa, non vorrei essere ricordata con: «ah mi aveva trattato male», non è così. È un esempio, non mi sento sempre sicura: gli uomini non sono tutti così, anche le donne sbagliano, però, ho visto un elenco di tutte le donne uccise nell’anno, possiamo leggerlo sui social e poi guadare oltre ma è qualcosa che ci deve fare svegliare.
Mi racconti i tuoi pregi e i tuoi difetti?
Possiamo stare quasi dieci anni a parlarne [ride, nda]. Sono una persona solare che porta leggerezza. L’altro giorno ho cantato per 24 ore una canzone di Cremonini e qualcuno dei miei compagni mi ha detto: «basta, stai zitta, siamo stremati». Nei periodi di gare, sono molto tranquilla e cerco di portare serenità agli altri. Difetti, beh: sono un po' permalosa, nonostante io sia la prima che punzecchia e prende in giro e poi non credo tanto in me stessa. Questa è una cosa su cui devo lavorare.