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Ci sono troppe cose che non vanno, intervista a Cecilia Zandalasini
05 set 2024
05 set 2024
Con lei abbiamo parlato di Virtus Bologna, Nazionale, obiettivi personali.
(copertina)
IMAGO / Alexander Trienitz
(copertina) IMAGO / Alexander Trienitz
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È la sera del 29 luglio a Berlino. Sono circa le 22:30 e non è un sabato come un altro, ma una notte difficile per il caldo che esala dal cemento della Friedrichstraße e non aiuta a processare la sconfitta che l’Italia ha appena subito all’Olympiastadion contro la Svizzera agli Europei di calcio.

Per consolarci delle maglie rosse e bianche che sembrano aver inondato la città come cimici da letto, ci troviamo in una pizzeria italiana occupata da tifosi tedeschi che stanno seguendo la partita contro la Danimarca. È qualche minuto dopo che scopro che la Virtus femminile non si iscriverà al prossimo campionato di serie A di basket. A comunicarmelo è il fotografo sportivo che ho incontrato per cena insieme a due giocatrici di pallacanestro professioniste. Come ha fatto a sfuggirmi una notizia del genere, mi domando? Nemmeno loro che sono addentro al sistema sanno dirmi di più sulle motivazioni della chiusura della squadra. È già nel viaggio in metro di ritorno verso casa che cerco notizie sui media specializzati ma non trovo quasi niente. Una delle tre realtà più importanti del basket femminile italiano decide di non iscrivere la squadra al campionato di massima serie e non si capisce perché. Faccio il solito giro di messaggi su whatsapp, indago. Ma nessuno sa. Niente di insolito, questa è quasi la prassi. Se qualcosa di grande ma controverso accade nel mondo sportivo femminile probabilmente ad avere la risposta che stai cercando non sarà un’autorità a cui rivolgersi o una testata, ma una persona direttamente interessata o per lo meno vicina all’ambiente.

Ci vuole qualche settimana prima che Cecilia Zandalasini pubblichi un post sul suo profilo Instagram e ci dica un po’ di più nella caption a quella che sarà l’ultima foto postata con indosso la canotta delle V nere: “in due mesi la mia vita è passata da avere la certezza di due anni di contratto, nella città che amo, alla chiusura del settore femminile della mia squadra. Senza preavviso, senza segnali di avvertimento, senza garanzie e all’interno di una società che ha sempre fatto grandi proclami e rivendicato solidità e progettualità. La chiusura del progetto femminile a Bologna è un grande passo indietro non solo per la città, che vive e respira pallacanestro, ma anche per tutto il progetto nazionale”.

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La dichiarazione è importante non solo perché fa un po’ di chiarezza ma anche perché consente di mettere in prospettiva le conseguenze drastiche che la perdita della Virtus avrà, non solo per Bologna, ma per tutto il basket femminile italiano. Ho contattato Zandalasini, che al momento si trova a Minneapolis in forza alle Minnesota Lynx, e su Zoom mi sono fatta raccontare altri dettagli che non sono presenti nel post: le dinamiche e le ovvie ricadute sul piano personale di un prolungamento di contratto fino al 2026 che è stato rescisso improvvisamente.

A partire dalla prossima stagione Zandalasini giocherà di nuovo in Turchia, questa volta al Galatasaray Basketbol insieme alla belga Julie Vanloo e alla turco-americana Quanitra Hollingsworth. La scomparsa della Virtus e la sua partenza abbasseranno ulteriormente il livello di un campionato di massima serie già di per sé poco competitivo, conteso com’è da anni dalle sole Famila Schio e Reyer Venezia.

E visto che gli Europei sono vicinissimi è stato inevitabile mettere tutto questo anche in contesto nazionale con qualche breve incursione sullo stato di salute del basket fuori da qui. Belgio e Germania continuano a crescere mentre la Francia è stata capace di far vacillare la corona sulla testa delle americane nella recente finale olimpica. Ma tutto inizia dal basket giocato in casa e il modo in cui si stanno mettendo le cose ci suggerisce che dalle nostre parti si stia andando in una direzione contraria rispetto a quella seguita da chi punta a strappare il primato agli USA in occasione di Los Angeles 2028.


Nell’oroscopo il tuo segno zodiacale dei pesci come colore caratteristico ha il blu e tutte le sfumature dell'azzurro. Questo ovviamente mi fa pensare alla maglia della Nazionale e alla canotta delle Minnesota Lynx. Ti sei mai sentita una predestinata?

Oddio… predestinata no. Sin da piccola non mi son mai fermata troppo a capire quelle che potevano essere le mie capacità. Ho sempre giocato per il piacere di farlo, è nata come una passione. È chiaro che col passare degli anni, nel momento in cui arrivavano i risultati e le chiamate di varie squadre, mi sono accorta di quello che poteva essere il mio potenziale. Però ho avuto un'infanzia molto serena dal punto di sportivo. Non mi sono mai state fatte pressioni o imposte aspettative troppo alte. L'ho vissuta sempre molto bene.

Eppure io mi ricordo un bellissimo pezzo uscito nel 2018 per The Owl Post in cui tu facevi un po' il riassunto di tutto quello che era successo in quei dodici mesi che ti avevano portato dalla finale di un Europeo U20 al tuo primo anello in WNBA con le Minnesota Lynx. Oltre alla gioia immensa avevi fatto trapelare l’esistenza di un lato oscuro della fama enorme che avevi raggiunto in così poco tempo e ad appena ventuno anni. Ovviamente è passato molto tempo da allora, sono accadute molte cose. Sei ancora d’accordo con la descrizione di quelle sensazioni? Leggendole al tempo mi avevano fatto pensare che magari poteva esserci un po' di frustrazione rispetto a quelle che erano le aspettative degli altri.

Mi ricordo benissimo quel periodo. È stato in assoluto il più impegnativo della mia carriera, ma se vogliamo comunque dettato dal giocare ad alti livelli. Avevo ventuno anni ed ero appena entrata nel mondo professionistico. Avevo fatto tre anni in serie A [a Schio, n.d.a.] e quello del 2017 era stato il mio primo Europeo con la squadra senior. Poi era seguita immediatamente la chiamata negli Stati Uniti. Secondo me ero troppo piccola, proprio anche a livello di esperienza, per riuscire a controllare tutto quello che mi stava succedendo. Ma anche tutto quello che si diceva su di me. E quegli Europei non erano andati benissimo per la nostra squadra, ma allo stesso tempo si era fatto molto il mio nome per quell’ultima azione decisiva in cui mi era stato fischiato un fallo antisportivo [che ha compromesso il risultato e la prosecuzione della squadra nel percorso europeo, n.d.a.]. E poi sono stata catapultata in un mondo dove si iniziava tanto a usare i social, e anche quella per me era stata una cosa nuova.

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Sono successe una serie di cose che mi hanno portato a essere un po' scombussolata, un po' fuori dalla mia zona di comfort. Però la cosa più difficile di quel momento lì secondo me è stata tornare dagli Stati Uniti e ripartire immediatamente. Dopo la WNBA avevo firmato in Turchia [al Fenerbahce, n.d.a], quindi è stato veramente un anno intero dove non toccavo base, non sono mai passata a casa. Mi è successo anche altri anni, ma quell'anno lì essendo la prima volta devo dire che è stata veramente dura. Ho toccato con mano cosa volesse dire essere una giocatrice professionista di basket ad alti livelli e quanto comporta un sacrificio ulteriore, perché veramente giochi dodici mesi su dodici mesi.

Ti ha mai sfiorata l'idea di smettere di giocare? Anche solo per un secondo, per liberarti dalla pressione. Pensare: ok, forse la mia vita senza il basket a questi livelli sarebbe più leggera?

No mai. Mai. Magari ho pensato di aver voglia di avere una pausa, di staccare un attimo. Ma di smettere di giocare no, perché alla fine me la sento troppo dentro. E mi piace troppo giocare, così tanto che alla fine mi viene da riuscire comunque a superare anche quei momenti di difficoltà tramite lo sport, il competere. Quindi no: smettere di giocare non mi è mai capitato di pensarlo.

Durante la tua carriera sportiva hai parlato sempre molto poco ma in maniera molto puntuale. A volte lo hai fatto anche per denunciare, come quando hai espresso su Twitter il desiderio che anche la Nazionale femminile si spostasse sui voli charter, esattamente come accadeva alla Nazionale maschile. Oppure quando hai messo in evidenza che non c’erano abbastanza palloni a disposizione per permettere alle giocatrici di fare riscaldamento in maniera idonea. Vieni ascoltata quando fai questo tipo di dichiarazioni finalizzate ad alzare il livello del basket femminile italiano?

Hai detto bene: probabilmente non mi esprimo pubblicamente abbastanza o comunque il mio modo di essere è questo, di non alzare molto la voce. Lo faccio solo quando secondo me è veramente necessario, quando c'è una causa in cui credo e quindi sento di poter provare almeno a dire la mia. Con la Nazionale avevamo appena preso come nuovo sponsor la Ita Airways e puntualmente i ragazzi volavano con un charter e noi no. È chiaro che poi si aprono tantissime altre questioni tra lo sport femminile e lo sport maschile: budget, visibilità e tutto quanto. Però secondo me in quel caso era necessario almeno far notare che questa cosa a noi non andava bene. Detto ciò, poi sono arrivati dei cambiamenti, quindi devo dire che il più delle volte quando mi sono esposta è andata a buon fine. Ma in generale non mi piace troppo espormi. Però, ripeto, è un po' come sono come sono fatta io, non è proprio nel mio carattere.

Anche quando è diventato ufficiale che la Virtus Bologna femminile non si sarebbe iscritta al prossimo campionato ti sei presa qualche settimana prima di esporti. In quel post ci sono dentro molte cose e ci ritorniamo fra poco, ma intanto mi piacerebbe sapere dall’interno che cosa è successo, visto che la notizia è arrivata come un fulmine a ciel sereno e sui media si è trovato poco o niente.

In realtà non lo so neanch’io. A stagione in corso avevo firmato un prolungamento di contratto fino al 2026, perché a Bologna mi trovavo bene. Era una squadra con un bel progetto, o almeno così mi era stato raccontato. Volevano fare le cose in grande, ma comunque con le tempistiche giuste, proprio perché era una squadra nuova. Passo dopo passo si provava a crescere insieme, tant’è che da quando sono arrivata io siamo riuscite a fare due finali scudetto, abbiamo vinto una Supercoppa, insomma sembrava che stagione dopo stagione si riuscisse comunque a fare bene. Abbiamo anche portato l'Eurolega a Bologna e quindi era un bel contesto in cui stare. Io stavo bene, avevo trovato i miei equilibri e così avevo accettato questo prolungamento.

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Per quanto riguarda la stagione scorsa non lo so bene cosa sia successo. Avendo una squadra maschile così trainante, la conseguenza è che quella femminile, come in tante altre realtà, è un po' messa in secondo piano. Ma in realtà non è stato neanche il problema principale. Credo che i piani alti a un certo punto abbiano un po’ mollato su di noi, che non avessero troppa fiducia. Certo, noi non abbiamo fatto una grandissima stagione e di questo io mi prendo le mie responsabilità, come credo di essermele sempre prese. Anche perché per una squadra com'era la nostra ci stava di uscire dall’Eurolega. Ma non arrivare né in finale di di Coppa Italia né in semifinale Scudetto è stato un grande buco nell’acqua. Sicuramente le principali responsabili siamo noi, insieme allo staff tecnico, insomma a tutte le componenti che scendono in campo. Poi sapere cosa sia successo da lì al mese successivo, non lo so.

Da quel che so, problemi economici o comunque poca fiducia in un progetto nuovo che a quanto pare richiedeva un po' troppo budget. Da lì a chiudere tutto mi sembra veramente strano. Però io più di così non lo so. Tant’è che anch'io ci sono rimasta, perché dovevo partire per gli Stati Uniti intorno al dieci maggio e l'otto maggio mi è stato comunicato che la squadra sarebbe stata chiusa e non ci sarebbe più stato un progetto. Mi è caduto un po' il mondo addosso e di conseguenza ho dovuto muovermi velocemente per cercare un’alternativa.

Leggendo il tuo post su Instagram, tu dici che c'è una grande delusione personale per non essere riuscita ad aiutare il movimento a crescere. E io mi domando: perché personale? Pensi che ci sia una tua responsabilità in quello che è successo?

Facevo riferimento alla crescita del movimento del basket italiano, al di là di quello interno alla Virtus, che al momento secondo me ha poco margine di crescita. La Lega Basket Femminile mi odierà forse, ma non ho mai apprezzato il lavoro che fanno per spingere quello che è il movimento. Sono loro che sono a capo del campionato e secondo me ci sono troppe cose che non vanno. Ci sono tante altre cose organizzate male, che non hanno mai funzionato. Ma non sono solo io a dirlo. Mi è capitato di parlare spesso con altre ai raduni in Nazionale, quindi giocatrici della Reyer [Venezia, n.d.a.], di Schio, e c’erano lamentele per quanto riguarda la gestione del nostro campionato.

Ora è anche sparita anche una squadra competitiva come la Virtus e io devo andare via dall’Italia. C'è Schio, c'è Venezia e ci saranno sicuramente altre realtà che cresceranno, però diciamo che negli anni a venire non vedo grandi svolte per quanto riguarda il nostro campionato. Ed è un po' un peccato. Sicuramente il fatto che il campionato italiano perda una giocatrice come me credo non sia una bella mossa per il movimento in generale. Quindi era un po' più rivolto a quello il mio pensiero.

Nel post ringrazi anche Bologna. Dici che in questi tre anni sei riuscita a diventare una Donna [con la D maiuscola nel post, n.d.a.], a essere te stessa e a capire che non c'è più bisogno di nascondersi.

Secondo me non ci sono troppi mezzi termini. Ho scritto quello che mi sentivo di dire, quello che sentivo dentro e quello che in realtà è successo. Ho vissuto molti anni, non so se dettati dall’età, dalla mia posizione, visto che ero sempre tra le le giocatrici un po' più esposte, sempre sotto i riflettori, e la città di Bologna mi ha aiutata semplicemente ad aprire gli occhi e a riuscire ad essere me stessa. Ho trovato una casa, ho trovato una persona che amo, ho trovato un posto che mi ha semplicemente aiutato a fare uscire tutte queste cose di me che probabilmente prima non mi sentivo pronta a realizzare. Come ti dicevo prima, caratterialmente io sono una persona molto introversa quindi credo fosse anche quello. Ho vissuto sempre molto da sola, sono andata via di casa molto presto, probabilmente non si erano mai trovate le situazioni giuste per riuscire a esternare questa cosa.

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In WNBA il tuo gioco cambia, diventa per esempio molto più perimetrale mentre io ritengo che una delle cose più belle che tu faccia fare al tuo corpo quando giochi a pallacanestro è l'uno contro uno. Nonostante la tua stazza hai la capacità di trovare sempre degli spazi minimi per arrivare a contatto col canestro e in poco spazio trovi soluzioni piene di estro e di bellezza. Perché questa cosa in America accade di meno?

Le differenze sono tante, ma la principale è un po' quello che mi viene richiesto. In questo caso quindi il ruolo che la squadra decide di darmi, che è un ruolo completamente diverso rispetto a quello che si è visto negli ultimi anni in Italia, con la Nazionale o comunque nelle squadre in cui sono stata in Europa. È diverso nel senso che sono sempre stata una molto pronta a prendersi responsabilità, a far gioco e aver voglia di sfruttare quelle che penso siano le mie le potenzialità.

È chiaro che qui al di là del livello, che è altissimo, mi ritrovo comunque a fare la role player, quindi ad avere non troppe responsabilità né troppi palloni in mano da gestire e di conseguenza cambia anche il modo in cui io mi trovo a giocare. Mi sono dovuta un po' adattare a questa cosa. Non è semplicissimo, però cerco di fare il mio meglio. Credo che una delle mie caratteristiche migliori sia comunque riuscire ad adattarmi più o meno in qualsiasi contesto io sia messa, e nel momento in cui son riuscita a ritagliarmi un po' di spazio, sono riuscita a mostrare anche quelle che sono le mie le mie potenzialità anche qui. Anche il minutaggio ridotto incide ed è chiaro che il margine di errore diventa sempre più piccolo. Se giochi bene, giochi quindici minuti, se ovviamente inizi a fare qualche errore o non sei troppo connessa quei minuti scendono drasticamente. È una situazione diversa, complicata, ma ho preso questa sfida, era il motivo per cui avevo voglia di riprovare in WNBA e quindi va benissimo così.

Il basket internazionale sta cambiando. La Nazionale USA femminile e maschile hanno vinto l’oro anche a questa edizione dei Giochi Olimpici, ma in un modo che è sembrato molto meno scontato delle altre volte. Le distanze fra loro e il resto del mondo si stanno assottigliando?

Secondo me queste cose sono un po' più visibili nella parte maschile. Ovviamente gli USA erano i favoriti, ma io non pensavo che avrebbero vinto l’oro. Invece il divario nelle donne c'è ancora molto. Sono nettamente le più forti. Non hanno giocato bene nella finale, che è una cosa che succede quando fai competizioni di questo tipo in cui giochi sei, sette partite in dieci giorni e ci sta che una non vada benissimo come le altre. In finale le giocatrici USA hanno tirato malissimo da tre, difeso male, sembravano scollegate. Detto ciò la Francia secondo me è la Nazionale che, ora come ora, può tentare di infastidirle. Hanno una grandissima organizzazione, hanno giocatrici forti, giocatrici giovani che son talentuosissime . Poi hanno “vietato” alle giocatrici francesi più forti di andare in America quest'estate proprio perché volevano fare due mesi di raduno in preparazione per le Olimpiadi casalinghe. E si è visto il risultato. Adesso però a Los Angeles la vedo dura che qualcuno possa batterle a casa loro.

Veniamo un attimo alla nostra nazionale. Come li vedi i prossimi due anni?

Ogni volta rimango completamente delusa quando finisco degli Europei e quindi dico: vabbè ci riproveremo tra due anni. Ma visto che questa domanda non mi è stata fatta nella settimana successiva a un Europeo, adesso ti dico che ci sono buonissimi propositi. Nelle ultime quattro edizioni il risultato alla fine è stato sempre uguale: puntualmente agli ottavi di finale andavamo a casa. È sempre stato molto frustrante fare un mese di raduno e poi proprio il nulla. Quindi è sempre stato un po' un po' amore e odio.

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E poi adesso c’è anche Matilde Villa.

Sì abbiamo delle ragazze giovani. Come hai detto tu Matilde è la più promettente. Ci sono tantissime aspettative anche su di lei che è molto giovane, però è una ragazza molto semplice. Ma semplice nel modo più positivo che si può intendere. Mi sembra che la tocchino poco tutte queste voci, tutte queste aspettative, tutti elementi che potrebbero anche trasformarsi in pressione. E questa è una cosa bellissima come sua caratteristica. Detto ciò secondo me è fortissima e quindi meno male che che giocherà con noi in nazionale. Speriamo di di fare delle delle belle cose insieme.

Obiettivi?

Avremo gli Europei in casa e il girone sarà a Bologna. L'obiettivo rimane quello di riuscire finalmente a raggiungere i quarti e magari arrivare tra le prime sei, per poi andare a fare i pre-Mondiali, visto che ci saranno i Mondiali nel 2026. Poi se andremo a medaglia o no mi sembra un po' troppo presto per dirlo. Gli Europei sono dei campionati veramente competitivi, forse la gente non lo sa, non se ne accorge, ma già fa riflettere che il Belgio abbia vinto l’ultima edizione. Uno dice: “il Belgio, ma come è possibile?” C'è gente che magari non sa neanche dov'è il Belgio e invece hanno fatto un lavoro di costruzione incredibile negli ultimi sei anni. Saranno stati anche fortunati ad avere quelle tre, quattro giocatrici che son nate tutte nello stesso decennio, tutto quello che vuoi, però tanto di cappello a quello che han fatto.

In campo sembri spesso molto riflessiva. E allora io mi domando: Zanda, ma cosa pensi?

Oddio non lo so [ride, molto, n.d.a.] Probabilmente penso a cosa devo fare. Sai la parte della pallacanestro che mi piace di più è la parte mentale. Quella degli schemi, la parte delle letture: la difesa fa quello, allora cosa faccio. Leggere e reagire. Poi chiaro che se faccio una tripla in step back e entra è la sensazione più bella del mondo. Però ci sono tantissime altre cose del gioco che mi affascinano e credo di essere una giocatrice che pensa molto in campo ma senza perdersi troppo nei pensieri. Altrimenti poi perdi anche gli attimi. Ed è lì che si inizia a fare degli errori.

A che cosa aspira ancora una come te, che a livello di club ha praticamente vinto quasi tutto?

Prima che chiudesse la Virtus il mio sogno immenso della vita era vincere un'Eurolega a Bologna. Adesso non lo so. Diciamo che le cose di massima aspirazione sono sempre legate alla Nazionale, che è anche il motivo per il quale poi ci sono sempre le delusioni più grandi. Vorrei fare molto bene a questo Europeo, vorrei riuscire a giocare in altre competizioni che siano i Mondiali, che siano le Olimpiadi. A livello personale non dico di aver perso ambizione, perché non sono una persona che perde ambizione, però col passare degli anni inevitabilmente è come se quasi cambiassero le tue priorità di vita. È chiaro che la pallacanestro è il mio lavoro e non c'è mai un giorno in cui mi sveglio e dico che non ho voglia di farlo. Ma essendo sempre stata una vita in viaggio, una vita lontana da tutti, crescendo, secondo me, mi sto un po' ridimensionando da quel punto di vista, se ha senso.


Ha senso, molto.

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