All’inizio sembravano solo pochi insetti a ronzare attorno al corpo taurino di Carlos Alcaraz che prova a scacciarli scazzato. Poi l’inquadratura si allarga e l’ambiente diventa denso di corpi volanti, arrivati per turbare la partita dei quarti di finale tra lo spagnolo e Alexander Zverev. Il giudice di sedia sorride pacifico e annuncia: «Siamo circondati da api», fatica a trattenere le risate. È lo svedese Mohamed Lahyani, celebre per la teatralità dei suoi arbitraggi, che vede un’occasione per mantenere un contegno rilassato e indifferente, da gigachad. In campo Alcaraz, invece, è sempre più preoccupato e sembra alle prese con un assalto: le api ce l’hanno con lui.
Sempre sorridendo Lahyani dice che è troppo pericoloso e il gioco deve essere sospeso (lo afferma col tono di chi suggerisce che è pericoloso per gli altri).
Alcaraz esce dal campo corricchiando, schiaffeggiandosi la testa. È stato punto sulla fronte. Zverev, invece, non vogliono toccarlo nemmeno le api. È una situazione strana, che ci fa ridere perché non siamo lì. Come sa bene chi è terrorizzato dagli insetti, e in particolare da quelli col pungiglione, non ci può essere niente di peggio che ritrovarsi in una nuvola ronzante di api. Negli Stati Uniti tra il 2011 e il 2021 sono morte 788 persone per punture d’api o vespe. Sono 72 persone morte per anno. I decessi riguardano soprattutto i maschi, e infatti le api hanno invaso una partita maschile, non certo femminile. È pur sempre una società matriarcale, quella delle api.
È un’incursione del naturale piuttosto surreale, e poetica. Una specie di rivendicazione politica di questi animali che si riprendono uno spazio di pura artificialità, spalancato tra i canyon del deserto californiano. Le api sono uno degli ultimi baluardi tra noi e l’apocalisse finale. Impollinano il 70% delle specie vegetali del pianeta e permettono quindi la produzione agricola.
La regia stacca su una telecamera assaltata da api, come se fosse il loro occhio di Sauron. Da fuori capiamo che è la Spider Cam. Nuvole di insetti che vengono attirati una telecamera distopica che vola e sorveglia il campo dall’alto, ci si posano sopra, in adorazione di un Dio macchinico nominato come un altro insetto. Come sappiamo, c’è qualcosa di vetero-testamentale nell’invasione degli insetti. La cavalletta sulla fronte di Cristiano Ronaldo infortunato era stata l’incursione da un mondo altro. Una messaggera con un messaggio criptico (poi rivelatosi positivo, come sappiamo).
Le api, in più, ci affascinano in modo inquietante da sempre. Intorno agli anni ’50, per dire, abbiamo scoperto che il loro volo non era casuale ma incorporava un complesso sistema di comunicazione. Non sappiamo nulla sull’intelligenza animale, e dentro quel mistero può proliferare la paranoia complottista (come sapete, qualcuno crede che gli uccelli non siano reali ma dei droni creati dalla CIA che si ricaricano sui cavi dell’alta tensione). In più, insetti e api rappresentano un espediente narrativo molto usato in film e romanzi post-apocalittici. Quando il mondo finirà gli insetti ci sopravviveranno, e le api ricominceranno a impollinare piante. Come Kafka insegna: la metamorfosi in un insetto significa la totale deumanizzazione. A volte l'arrivo di una farfalla, o di una falena, annuncia in un film lo spalancarsi di una dimensione trascendentale, di un ribaltamento del nostro mondo fisico.
Le api a un certo punto hanno completamente ricoperto la Spidercam, che forse in pochi secondi si sarebbe messa a sparare dardi laser verso la folla. I giocatori, i raccattapalle e gli arbitri sono usciti dal campo, ormai occupato solamente da api: «Play suspended - Bee invasion» recita la grafica per avvisare chi si fosse collegato solo in quel momento.
Dopo diversi minuti arriva una persona con gli occhiali da sole e i capelli lunghi tipo Ramones. Una crasi quasi perfetta tra Ozzie Osbourne e Adriano Panatta, ma con un twist anti-sociale da provincia americana. Questa persona si arrampica fino al sole nero delle api, la Spidercam, e si mette a ripulirla con un’aspirapolvere. Non indossa protezioni sul corpo, non indossa una maschera: la calma con cui si mette a disinfestare quel potenziale pericolo è tipica di un popolo che da secoli gode a sottomettere la natura all’uomo.
Ma chi è quest’uomo del deserto? Il suo nome è Lance Davis e su LinkedIn si presenta come Presidente della Killer Bee Live Removal. C’è una foto di lui col suo furgone customizzato francamente incredibile. La puntata dei Simpson di Mister Spazzaneve, ma con le api al posto della neve.
Ha iniziato con le api nel 1970, in una piantagione di pesche in Colorado, e da lì non si è mai fermato. A dispetto del nome minaccioso, e l’aria da ex punk che si è messo a sterminare api, Davis scrive sul suo LinkedIn che sta lavorando «Su diversi progetti che riguardano il miele d’api, lo stabilire degli ambienti più giusti e amichevoli per le api, e per sensibilizzare sull’importanza del miele d’api per il mondo e l’umanità intera». Insomma: un ecologista, un filantropo, e l’idolo della folla, che poi lo acclama.
Del resto lui si descrive come “Master Beekeeper” e su internet si trovano descrizioni che sfiorano il mistico: «Lance è qualcuno che sussurra alle api». In realtà le recensioni in giro su internet sono piuttosto ambivalente. Qualcuno lo descrive come una sorta di gran sacerdote degli ecosistemi, che sposta le api con una sapienza profonda, orientale. Qualcun altro sostiene che una volta entrato in casa ha rubato i soldi a sua nonna.
In ogni caso stiamo parlando di una leggenda vivente. Esiste persino una serie a lui dedicata che purtroppo non ho fatto in tempo a guardare prima di scrivere questo articolo. Su YouTube trovate comunque molte delle sue gesta documentate con una certa enfasi; tipo Killer Bee Skills and Goals, Full Performance.
Il suo profilo Instagram è un trip allucinatorio che vi fa capire quanto stranamente possono piegarsi le esistenza degli esseri umani nati negli Stati Uniti. Immaginate Tiger King, ma con le api al posto delle tigri.
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Semplicemente Master Bees che aspira api sotto i suv parcheggiati al Coachella Festival.
I giocatori sono rientrati in campo e quello punto dall’ape ha demolito quello non punto dall’ape. Alcaraz ha storicamente problemi con Zverev e aveva perso gli ultimi due confronti, ma evidentemente qualcosa è cambiato. Degli insetti provenienti da un mondo altro sono arrivati ad iniettargli sulla fronte una nuova consapevolezza. Ricordiamo il momento di Jannik Sinner che vomita nel secchio a Pechino. Da allora non ha praticamente perso una partita, come se avesse buttato fuori da sé tutta la sua fragilità, come in un mito greco. Ricorderemo allo stesso modo la puntura d’api per Alcaraz?