Spesso parlando di tattica si abusa delle similitudini tra il calcio e il gioco degli scacchi, forse per sottolinearne la raffinatezza strategica. C’è però un altro gioco che possiede contatti più precisi: il Go, sviluppato in Estremo Oriente più di 2500 anni fa e arrivato nel resto del mondo solo di recente.
Si tratta di un gioco dalle regole relativamente semplici: c’è una scacchiera con una griglia di linee nere, i due giocatori hanno delle pietre (nere e bianche, in genere) da dover posizionare alternativamente nelle intersezioni tra le linee, liberamente, ovunque vogliano. Le pietre, raggruppate in verticale o in orizzontale l'una dopo l'altra, possono essere catturate dall’avversario (e tolte dalla scacchiera) se vengono circondate, vince la partita chi controlla una maggiore porzione di territorio, con le pietre del proprio colore che non possono essere catturate e con le pietre dell'avversario che non potrebbero occupare quelle stesse zone senza venire "uccise".
Il punto di contatto con il gioco del calcio ha a che fare con l’aspetto strategico del Go, perché il giocatore è stretto tra la necessità di difendere la propria pedina, disponendone più di una vicina per formare un gruppo, e quella di allargare la propria influenza lungo tutta la scacchiera, coprendo l’ampiezza disponendo le proprie pietre a distanze anche lontane. Esattamente come nel calcio, dove la coperta è accorciata dalla doppia necessità di avere superiorità numerica nella zona della palla per perdere il possesso e lasciare spazi, ma anche mantenere l'ampiezza per allargare il campo e creare spazi tra i giocatori (pedine) avversari. Nel Go, come nel calcio, la strategia è un continuo compromesso tra le esigenze offensive e difensive.
Un famoso proverbio sul Go dice che una pietra non è mai buona o cattiva, è il modo con cui ci si serve di quella pietra che è buono o cattivo. Zinedine Zidane deve avere un talento innato per il Go e ha inconsciamente fatto tesoro di questo proverbio: ha capito come far diventare buone le proprie pietre, alcune più di altre.
Quella di Isco è la pietra che ha maggiormente brillato nell’ultimo anno, quella che più ha beneficiato dell’abilità di Zidane di mettere i giocatori a proprio agio, liberi di esprimere il proprio talento. Quando Zidane dice che Isco: «Fa cose in campo che nessuno è in grado di fare» parla ovviamente dell’aspetto tecnico di un giocatore sublime, ma la cosa importante sono gli effetti che questa qualità tecnica ha prodotto da un punto di vista tattico. Isco è la pedina che permette al Madrid di avere il dominio territoriale rompendo il paradosso di base della tattica calcistica: è un giocatore che permette di avere superiorità numerica in zona palla e coprire anche l'estensione del campo. Fondamentalmente, giocare con Isco è come barare.
Isco giocatore di sistema
Appena arrivato, ad inizio 2016, Zidane ha lavorato prima dal punto di vista psicologico, e poi tattico, per ridare al Madrid l’identità storica che sembrava aver perso negli anni precedenti. Dal punto di vista tattico ha provato ad invertire una strategia di base che da anni prevedeva un grande affidamento sulla voracità del proprio attacco, la BBC. Il Real Madrid, pur sapendo far circolare bene il pallone, preferiva attaccare con spazio davanti: una situazione che aveva portato Rafa Benitez ad immaginare una squadra con Gareth Bale trequartista centrale di un sistema che voleva essere aggressivo e veloce. Zidane ha spostato il cuore del gioco a centrocampo, facendo così far tornare il Madrid alla sua dimensione storica di squadra “di tocco”, che vince attraverso la propria tecnica.
L’esplosione di Isco ha portato questo concetto su un’altra dimensione, quella di cui ci ricorderemo tra qualche anno parlando di questo ciclo storico, fondata sul rombo di centrocampo.
Isco ha partecipato alla prima annata di Zidane come aveva sempre fatto, cioè da dodicesimo uomo, o prima riserva di chi tra centrocampo e attacco salta una partita. Dal secondo anno la situazione è cambiata: il rendimento dello spagnolo, unito all’infortunio di Bale, ha convinto Zidane a metterlo al centro del sistema, quindi non più falso esterno del tridente o mezzala del 4-3-3. Zidane ha dovuto ridisegnare il Real Madrid su un modulo che aumentasse l’influenza di Isco. Se lo spagnolo non offre lo stesso output statistico di Bale, con lui sulla trequarti tutto il Madrid raggiunge un tetto di sviluppo superiore, diventando la migliore squadra del mondo.
Isco è consapevole di aver fatto un salto grazie all’intuizione di Zidane: «È vero che sono cresciuto come calciatore. Sono migliorato. Forse ora segno di più perché gioco più vicino all’area ed è stato Zidane a mettermi lì». Le cifre, in termini di definizione, non restituiscono però l’importanza strutturale e tattica di Isco.
Il primo gol di questo video è il primo della doppietta contro lo Sporting di Gijón nella vittoria per 3-2 con il Madrid di riserva schierato da Zidane, stretto tra semifinali di Champions League e il Clásico. Questa vittoria risulterà decisiva per la Liga e dimostra l’importanza di Isco, che è stella risolutiva quando Zidane fa ruotare la squadra, e giocatore chiave da sistema, in grado di esaltare gli altri, quando gioca l’11 da gala, fondato su Kroos e Modric.
Isco il sarto
Isco è un giocatore associativo, ma associarsi non significa venire incontro al pallone sempre e comunque, bensì voler partecipare alla gestione della palla, qualcosa che può essere fatto sia cercandola che allontanandosi da essa e offrendo linee di passaggio ai compagni. Organizzando, insomma, il lato forte.
Zidane vuole che Isco si muova tra le linee per farsi sempre trovare, e a quel punto sfruttare la sua qualità tecnica in una situazione già di superiorità, o per crearla. La precisione nelle scelte del dribbling e la visione di gioco già di per sé basterebbero a renderlo utile nel caso in cui riceve centralmente anche sotto pressione. Ma i continui movimenti lo portano ad essere utile e ubiquo: questo è quello che fa realmente la differenza per il Madrid, che di giocatori tecnici abbonda già di suo.
La differenza di Isco sta nella sua capacità di risolvere problemi lungo tutto il campo, facendo un lavoro di cucitura continua del gioco del Madrid. Pur non essendo veloce, è reattivo e instancabile. Circola per il campo guardandosi attorno, trova una situazione dove intervenire e si avvicina per ripulirla. Ogni suo movimento crea nuove linee di passaggio, in una continua ricerca di possibilità di passaggio.
Non c’è fondamentale tecnico che Isco non conosca, e non c’è quindi situazione che non possa aiutare: appoggio vicino di prima, controllo orientato e scatto in profondità, mantenimento del pallone sotto pressione. Non c’è modo di togliergli il pallone se non per un suo errore diretto, e anche nelle situazioni che sembrano più chiuse riesce a trovare il modo per uscirne, anche umiliando gli avversari, come nel caso famoso di Verratti.
Rispetto a Kroos e Modric, Isco permette di superare le linee di passaggio anche in conduzione e non solo tramite passaggi. La sua capacità di disordinare lo schieramento difensivo avversario aiuta il Real Madrid anche una volta perso il pallone, perché un avversario disordinato riconquista più difficilmente la sfera. Quello della riconquista poi è un aspetto di Isco da non sottovalutare. La sua capacità di andare a pressare in avanti migliora tutto il sistema di pressione della squadra, sorprendentemente efficace.
Isco lo squilibratore
Le partite del Real Madrid sono uno spettacolo unico nel calcio attuale. La presenza di Isco va controcorrente rispetto all’idea di avere una struttura equilibrata, resa dinamica da meccanismi oliati. Isco disordina la struttura del Real Madrid e allo stesso tempo le offre la possibilità di esercitare un controllo su questo disordine: il risultato è una specie di caos sotto controllo difficile da contrastare.
Sulla lavagnetta si possono disegnare posizioni e movimenti, considerare la propria tattica e quello dell’avversario, ma non si può prevedere cosa farà l’unica cosa che realmente ordina e disordina tutto in un campo da gioco: la palla. Isco è il più importante interprete di quella stirpe di giocatori - che sembrava ormai estinta - capaci di servirsi dell’imprevedibilità della palla indirizzandola a proprio favore.
Con due principali distributori del pallone (non c’è un regista unico nel Madrid), Kroos e Modric, Isco si preoccupa di girare per il campo moltiplicando le linee di passaggio, creando triangoli per tutta la trequarti, a seconda di dove si muove il pallone. La libertà con cui gioca permette al Madrid di non avere un solo lato forte (quello di Kroos e Marcelo), ma di sfruttare invece un sistema elastico che si ordina attraverso il movimento del pallone, con Isco a fare da raccordo tra tutti i giocatori in campo.
Il dominio nella fascia centrale del campo mostrato nella partita contro il Deportivo con un grafico di passaggi. Isco è il centrocampista della scorsa stagione della Liga grazie al quale la squadra ha effettuato più passaggi nella fascia centrale quando in campo con330.2 per 90min. Che senza Isco diventavano 275 per 90min, ovvero la maggiore differenza tra i giocatori della Liga.
Isco non è certo l’unico giocatore libero del panorama calcistico contemporaneo. Griezmann nell’Atlético, Özil nell’Arsenal e Thiago nel Bayern dimostrano come anche tra le grandi squadre europee sta nascendo la necessità di liberare il talento per poter aggiungere qualità (e quindi efficacia) all’interno di spazi che stanno diventando sempre più stretti. Quello che differenzia Isco dai giocatori citati è che lui non interpreta un ruolo marcatamente offensivo. Nel rombo del Madrid Isco non parte da attaccante, né occupa gli spazi di mezzo come Silva e De Bruyne nel City per fare da polo creativo, per dettare l'ultimo passaggio.
Il centrocampo a rombo, nelle grandi squadra d’Europa praticamente non esiste più, e in Italia il trequartista ha compiti specifici (basti pensare a Joao Pedro del Cagliari e Gaston Ramirez della Sampdoria) e la maggior parte della sua influenza si esprime nel gioco in verticale. Non esiste l’idea di un giocatore come Isco che si muove liberamente lungo tutta la trequarti senza compiti specifici, se non di pura rifinitura.
Lionel Messi, nel nuovo Barcellona di Valverde, è totalmente libero ma comunque all’interno di un sistema fortemente ordinato che non viene scombinato dai suoi movimenti: non “rompe” le distanze nel sistema. Isco invece si muove per il campo incurante della posizione di partenza e di arrivo, sostituendosi anche ai giocatori di cui prende la posizione, cosciente di poter eseguire la stessa azione del compagno se la squadra ne ha bisogno in quel momento. Lo stesso filtrante di Kroos per mettere in moto l'attacco , lo stesso controllo orientato di Modric per dare una direzione al gioco, lo stesso cross di Marcelo quando ha superato la trequarti.
Con Isco in campo non sarebbe possibile comunque avere un sistema con spaziature perfette, perché la sua sola presenza porta alla creazione di un lato forte. E non tutte le squadre possono permettersi questo squilibrio tattico: è stato Zidane a farne il marchio di riconoscimento del Real Madrid. Se le colonne portanti del sistema restano Kroos e Modric, si può dire che Isco ne è l’architrave: non è necessariamente l’uomo che ne indirizza l'attacco con il primo passaggio, né quello che dà il penultimo o l’ultimo prima del tiro, Isco è il collegamento necessario e continuo tra queste azioni spesso molto distanti, nel tempo dell'azione e nello spazio del campo, tra loro.
Più che l'ingranaggio di un sistema, con compiti e funzioni precise, è l’olio che fa muovere meglio il tutto.
Isco il tuttofare
Il baricentro basso e la sensibilità tecnica fuori scala gli permettono di eludere o resistere anche ai contrasti più duri. Isco ha però anche una mente analitica, che lo porta a mettere il proprio bagaglio tecnico al servizio della scelta corretta (anche quando si tratta di concludere: ha il miglior rapporto di tiri per gol della Liga con 3.3 tiri per gol).
Negli ultimi mesi nella nostra rubrica dizionario tattico abbiamo parlato di spazi di mezzo, di pausa e diagonalità, tutti concetti legati fra loro: ad esempio per passare in diagonale bisogna utilizzare gli spazi di mezzo e per far arrivare il ricevitore del passaggio in quella zona del campo serve la pausa del portatore del pallone. Tutti concetti che il gioco di Isco riassume come un manuale.
Isco inaugura un nuovo discorso tattico, fondato totalmente sulla lettura della situazioni di gioco tra giocatori che parlano la stessa lingua calcistica, capaci di associarsi allora in qualsiasi contesto costruito dall’allenatore. Una squadra che sa sempre cosa fare, pur non avendo nessun pattern prestabilito. Lo stesso Lopetegui, alla guida della Spagna, si è convinto della necessità di esaltare questa sua capacità caleidoscopica, e ha costruito sui suoi piedi il sistema che ha tritato l’Italia di Ventura, incapace nella propria rigidità tattica di interpretare la posizione di un giocatore senza posizione.
L’equilibrio instabile del Real Madrid sembra un insieme di fattori così unici da restituire un grande senso di fragilità: quanto può durare? Non possiamo sapere come Zidane deciderà di proseguire nel lungo periodo, considerando soprattutto l’età di Modric (o Cristiano) e i ricambi generazionali di Dani Ceballos e Asensio il ricambio di Cristiano davanti. A questo proposito che Zidane usa un ottimo metodo di rotazione, che permette al Real Madrid di avere di fatto 13 titolari che si alternano per dare minuti a tutti i giocatori principali: Isco parte titolare alcune partite, in altre entra a gara in corso, l’importante è che sia a disposizione quando Zidane vuole imporre il proprio contesto, quello di caos controllato descritto sopra e che ancora non ha trovato un avversario in grado di contrastarlo.
Titolare nominale o non, Isco dal 2013-14 ad oggi è il giocatore con più presenze nel Madrid insieme a Cristiano.
Isco moltiplicatore dei pani e dei pesci
A un certo punto della carriera Isco sembrava lontano dal poter esprimere il proprio talento a pieno, costretto a una carriera da comprimario sempre adattato a un contesto inappropriato. Adesso è riuscito non solo a imporsi, ma a imporre il proprio calcio con un impatto inimmaginabile fino anche solo a un anno fa.
Uno dei primi a beneficiarne è stato Cristiano Ronaldo. Con Isco a funzionare da riferimento costante in zona palla, Cristiano ha potuto dedicarsi alle tracce dal lato debole verso il centro che ne hanno segnato l’exploit sul finale di stagione. Ha dato un senso ancora più profondo ai movimenti Benzema, ora non più legati solo a Cristiano, ma anche accompagnati da Isco in appoggio. Ha coperto le lacune in fase di inserimento di Kroos e Modric, e ha permesso al Madrid di trovare l’ampiezza solo con i due terzini perché già governa il centro del campo.
Insomma, l’Isco mezzala sarebbe la naturale evoluzione del suo talento dentro un sistema classico, ma l’Isco libero di muoversi, come può fare realmente solo nel Madrid, è un giocatore di livello ancora superiore.
Una differenza che risulta ancora più evidente quando, in assenza di Toni Kroos (come nel primo big match della stagione contro la Real Sociedad alla quarta giornata), Zidane ha schierato Isco mezzala sinistra, distributore primario del pallone.
Per funzionare al meglio, Isco ha bisogno di utilizzare proprio Kroos come riferimento primario, per non togliere troppe sicurezze ai compagni. Isco come mezzala sinistra, però, porta un cambiamento di paradigma totale. Pur essendo entrambi giocatori di controllo lo sono in termini completamente opposti: Kroos è efficiente nella distribuzione, Isco è barocco; Kroos è attento a conservare le distanze, Isco è portato a sfilacciarle. Il tedesco è più portato ad ordinare una squadra mentre lo spagnolo a cercare soluzioni nuove e vincenti ogni volta.
I punti di forza di Isco nel suo ruolo a tuttocampo diventano un limite quando gioca da mezzala: riesce comunque a conservare l’idea di un calcio che si ordina attraverso il pallone, ma fa perdere al Madrid quella caratteristica di unicità tattica che lo rende tanto difficile da contrastare quando è libero di muoversi nella fascia centrale del campo. Limitandolo ad una porzione di campo precisa, e dandogli compiti di distribuzione pura, si toglie al Real Madrid un vantaggio competitivo (tattico) che fa la differenza rispetto alle altre grandi squadre europee.
Nel calcio d’alto livello contemporaneo sono davvero poche le certezze. Due su tutte però sono inderogabili per poter vincere la Champions League: si deve saper attaccare la fascia centrale del campo e si deve saper difendere la fascia centrale del campo. Il Real Madrid, con Isco come vertice del rombo, è la squadra che riesce meglio in questo.
Con tutti i limiti strutturali che ogni squadra presenta, tutti i problemi apparenti che le squadre possono trovare nel Madrid, Zidane ha trovato la soluzione per poter avere un perenne vantaggio territoriale nella fascia centrale. Ha trovato allora il modo di rendere il talento un punto cardine del sistema, come avrebbe voluto in fondo poter giocare anche lui a suo tempo. Zidane sembra rivedere il proprio talento da calciatore in quello di Isco, e questo ha forse contribuito alla nascita di un sistema che ne esalta le doti.
Isco, da parte sua, è la dimostrazione di come il talento tecnico espresso al proprio meglio ed esaltato dal sistema sia l’unico "trucco" per allargare la coperta naturalmente corta di qualsiasi squadra di calcio.