• UFC
Giovanni Bongiorno

Con Makhachaev finisce (forse) la leggenda di Dustin Poirier

UFC 302 ha visto anche Strickland difendere la sua posizione contro Paulo Costa.

La bolgia del Prudential Center di Newark, New Jersey, ha fatto da scenario alla card numero 302 della UFC, culminata con un grande main event: tra il campione indiscusso dei pesi leggeri Islam Makhachev, alla terza difesa titolata, e il redivivo Dustin Poirier, rilanciato dopo una vittoria insperata contro quello che sembrava il dark horse della divisione, Benoit Saint-Denis. 

 

Makhachev era dato ampiamente favorito dai bookmaker, e a ragion veduta: ogni volta che è entrato nell’ottagono ha mostrato una versione migliore di se stesso, esprimendo un talento e una completezza che raramente si possono ammirare in un fighter. Con Khabib Nurmagomedov al suo angolo (oltre al suo compagno della AKA Javier Mendez), Makhachev era più sicuro che mai di riuscire a sfruttare le debolezze di Poirier per ottenere la vittoria. Si dice che “lo stile fa il combattimento” e in questo caso lo stile di entrambi è conosciuto e prevedibile: entrambi in guardia southpaw (mancina), Poirier cerca angolazioni imprevedibili per far brillare il proprio striking mentre Makhachev è maggiormente votato alla verticalizzazione che porta alla parete e poi al takedown. 

 

Il primo round è stato a senso unico: Makhachev non ha subito praticamente nulla, riuscendo a portare a terra Poirier e poi prendendogli la schiena, in cerca di uno strangolamento, salvo passare a un tentativo di armbar mai portato a compimento. 

 

Poirier è corso ai ripari, ha rinunciato a una delle sue tattiche preferite, indietreggiare per rientrare con colpi pesanti di braccia, perché il suo angolo gli ha suggerito di non arrivare spalle a parete (funzionale al lavoro di Makhachev). 

 

Dopo il secondo round (comunque, a mio avviso, vinto da Makhachev) Poirier ha capito che, in effetti, tenere il centro dell’ottagono avrebbe potuto pagare: dopo essersi divincolato da un tentativo di takedown un po’ telefonato, Poirier ha concentrato tutto sulla sua capacità di adattare le misure grazie al proprio pugilato, accettando il clinch imposto da Makhachev e contrastandolo con ottimi colpi al corpo. Nel terzo round, Poirier si è messo in mostra anche uscendo da una posizione critica di monta a terra, utilizzando la parete e difendendo un armbar subito dopo. 

 

Un altro momento in cui l’incontro è cambiato è arrivato quando Makhachev, nel tentativo di entrare in clinch, ha rifilato una testata, ovviamente involontaria, sul naso di Poirier, seguita da una ginocchiata a segno che, con tutta probabilità, ha rotto il naso dello statunitense – cosa che ha confermato poco dopo al suo angolo, evitando di soffiare il sangue accumulato per non vedere il match fermato a causa del gonfiore al volto che avrebbe potuto causare: per maggiori informazioni, chiedere a Donald Cerrone nel suo match contro Tony Ferguson. 

 

Bleah.

 

In piedi, Poirier ha scambiato bene, sebbene Makhachev sembrasse sempre più fresco e pronto. La differenza d’età tra i due è minima, Poirier ha 35 anni (quell’età che pare voler segnare il primo declino dei fighter nelle MMA), Makhachev invece 32, e non è mai parso così forte. Le gomitate di Poirier, tra il terzo e il quarto round, hanno pagato: in uscita dal clinch e con un ottimo senso delle distanze nonostante i numerosi colpi presi e i tanti takedown difesi (tre solo nel secondo round), Poirier è riuscito a tagliare la fronte del campione, facendolo sanguinare, anche se la sua capacità non è mai sembrata offuscata. 

 

Nel quarto round, Makhachev è sembrato voler rallentare un minimo, calando i ritmi. Poirier, il fighter più stanco dei due, ha accettato senza provare a strafare, conservando le energie residue per il quinto e ultimo round. 

 

Negli ultimi cinque minuti del match Poirier ha provato a verticalizzare per centrare il volto di Makhachev, trovando successo in qualche occasione. Il russo, ancora relativamente fresco, ha tentato ancora di portare Poirier a terra, che ha difeso però il primo tentativo di Makhachev. Allora il campione ha tirato fuori il proverbiale coniglio dal cilindro, afferrando la caviglia di Poirier e ruotando, effettuando una speciale ankle pick che, a detta dello stesso statunitense nell’intervista a seguito del match, ha segnato l’inizio della fine. 

 

Sfinito, Poirier ha provato a rimettersi in piedi ma Makhachev gli ha portato addosso tutto il proprio peso in posizione “nord-sud”, imponendo poi una “D’arce choke” molto stretta alla quale anche il durissimo Dustin ha dovuto cedere, quasi al termine dell’incontro. 

 

Alla fine c’è stato grande rispetto. Makhachev ha ringraziato Poirier, definendolo una leggenda, dicendo anche di voler conquistare la cintura dei pesi welter, per ora nelle salde mani di Leon Edwards. Poirier, al contrario, ha detto di essere consapevole di potersi confrontare coi migliori, ma a che pro? L’ultimo obiettivo della sua carriera era conquistare la cintura della divisione dei leggeri, e all’ennesimo tentativo fallito le motivazioni non sono più quelle di una volta. Ha detto di non esserne certo al 100%, ma che questo potrebbe essere stato il suo ultimo match. 

 

Certo, non sarebbe la prima volta che un fighter dopo aver dato l’addio tornasse sui propri passi: Poirier sembra avere ancora il fuoco negli occhi e un match combattuto fino alla fine in maniera equilibrata con un campione irraggiungibile quasi per tutti (numero uno pound for pound) lascerebbe un po’ il senso di incompiuto. Un ultimo match, in grande stile, gli darebbe un finale più degno a un sicuro hall of famer UFC.

 

C’è ancora tempo per Sean Strickland

Dopo la sconfitta con Robert Whittaker (a UFC 298) la promotion ha voluto dare un’altra chance al brasiliano Paulo Costa, che però ha trovato pane per i suoi denti. Sean Strickland, da parte sua, ha perso la cintura contro Dricus Du Plessis (a UFC 297) in un match combattuto virtualmente alla pari, che ha visto l’atleta sudafricano spuntarla di poco: da vero company man, però, Strickland ha accettato di affrontare Costa – fuori dalla top 5 – anziché insistere per un re-match immediato, mettendo di fatto in palio la sua posizione di sfidante numero uno. Vincendo, cioè, Costa avrebbe preso una scorciatoia per un match titolato, mentre Strickland doveva difendere la sua posizione.

 

Va detto che, almeno a mio parere, gli ultimi match di Strickland sono difficilmente giudicabili. Anche questa vittoria, comunque piuttosto netta (il 49-46 espresso da un giudice in favore di Paulo Costa sembra lontano dalla realtà…), lascia qualche dubbio. Costa ha battagliato bene, contendendo almeno il primo e il quinto round a Strickland. Al tempo stesso, l’avanzamento perpetuo di Strickland, anche quando non mette a segno colpi pesanti, incide sull’occhio degli spettatori e dei giudici, e non può non essere tenuto in considerazione sebbene sia, da regolamento, un fattore secondario. 

 

Il match è partito subito ad alto ritmo. Se è vero che i colpi significativi non sono stati un numero esorbitante, lo è anche il fatto che il movimento dei due atleti è stato continuo e non ha conosciuto un attimo di pausa: una cosa di per sé incredibile, se si pensa che questo match era stato concordato sulle cinque riprese e che Costa è un fighter molto muscolare, sempre a rischio di finire le energie. Nel primo round Costa ha fatto sentire i propri leg kick a Strickland, che pian piano ha adattato il suo avanzamento, iniziando a fintare calci frontali ed alzando la gamba sinistra, quella avanzata, per intercettare i calci del brasiliano. 

 

Strickland non usa mai una guardia completamente ortodossa o completamente southpaw: è un fighter destrorso che tiene le braccia molto strette, mettendo a segno dei parry (delle parate di braccia) per rientrare con i suoi colpi subito dopo. Anche il suo footwork è brevilineo, ma continuo e asfissiante, e risucchia lentamente ogni energia avversaria, prosciugando le riserve e stancando i fighter che affronta poco alla volta. Costa ha accettato l’iniziativa di Strickland, snaturando un po’ quello che è il suo solito gioco, fatto anch’esso di avanzamento e colpi pesanti. Conoscendo il jab di Strickland, il brasiliano ha preferito adottare una strategia più conservativa, che comunque non ha pagato (e in effetti, Du Plessis, ha messo in difficoltà Strickland costringendolo a indietreggiare, esattamente il contrario di quanto fatto da Costa). 

 

Col passare dei round, Strickland è andato a segno più volte con calci frontali, jab al volto e alla figura, conditi da sporadici diretti. Anche Costa ha avuto buoni momenti, cambiando obiettivo dalle gambe al corpo, non puntando quasi mai però alla testa di Strickland (non particolarmente mobile, ma quasi irraggiungibile grazie alla sua particolare stance e alla sua guardia multiforme). 

 

Probabilmente anche per questa attitudine dello statunitense, Costa ha atteso il quarto round (nel quale comunque Strickland ha dato il meglio) e il quinto per dare sfogo a ogni singolo residuo di energia. 

 

Strickland ha inizialmente accettato di contenere la furia di Costa, ma appena ha trovato un’apertura è rientrato nelle ultime battute dell’incontro, costringendo il brasiliano ad una ritirata strategica mentre lo inseguiva a suon di jab e overhand prima, e di calci frontali saltati poi (con una tecnica poco ortodossa, ma che gli ha consentito di arrivare molto vicino al volto di Costa). In questo modo ha chiuso di fatto la contesa al termine del quinto round. 

 

Come si diceva sopra, quasi incomprensibile la scelta di un giudice di dare la vittoria a Costa per 49-46, più comprensibile invece la scelta degli altri giudici, che hanno assegnato la vittoria allo statunitense per 50-45 e 49-46. Dopo essersi scattato una foto con Donald Trump a bordo gabbia, del quale è strenuo sostenitore da anni, Strickland ha ribadito la volontà di ottenere un’altra chance titolata contro Du Plessis. 

 

Difficile per la promotion tenerlo lontano da questa opportunità, anche se il 22 giugno a contendersi un altro primo spot virtuale saranno Robert Whittaker, e l’imbattuto e feroce Khamzat Chimaev, che finalmente potrebbe raggiungere lo status di primo contendente (magari attraverso una vittoria convincente contro un ex campione). 

 

Ciò che è certo è che Strickland si è ripresentato in maniera convincente a bussare per il titolo; per Costa, invece, a quota due sconfitte consecutive, si profila una possibile ultima scalata per riottenere una delle prime posizioni. Le sue prossime prestazioni, però, dovranno essere migliori.

 

Tags :

Giovanni Bongiorno scrive di MMA e ne parla nel podcast di MMA Talks.