
All'81’ della gara di qualificazione ai prossimi Mondiali tra Isole Faroe e Repubblica Ceca il punteggio - incredibilmente - è fermo sull’1-1. L'attaccante Jóannes Bjartalíð ripropone verso l’area di rigore con un non troppo convinto interno sinistro. La palla è lenta, facilmente leggibile, ma la difesa ceca va in confusione. Il portiere Kovar esce tardi, Vitik tenta di proteggere. Nel più classico dei tua-mia, si infila Egilsson che appoggia per Agnarsson. L’attaccante non ha difficoltà a depositare nella porta sguarnita. Trionfo.
È il gol che sigilla il 2-1 finale, la terza vittoria consecutiva delle Fær Øer. Dopo il successo esterno contro Gibilterra lo scorso settembre, la Landsliðið - soprannome che significa in maniera non troppo originale "la Nazionale" - il 9 ottobre ha battuto 4-0 il Montenegro di Mirko Vucinic, che difficilmente poteva immaginare un debutto tanto traumatico. Non che la Nazionale montenegrina stia vivendo il miglior periodo della sua storia calcistica, ma parliamo pur sempre di una squadra che può vantare almeno una grande individualità per reparto. Contro le Faroe, per esempio, Savic in difesa, Adzic a centrocampo e Krstovic centravanti.
È stata una sconfitta epocale per il Montenegro e un momento storico per il calcio nelle Isole Faroe, che ha anche eguagliato il record per la vittoria più larga della sua storia raggiunto prima nel giugno 2021 e poi nel marzo 2024 contro il Liechtenstein (rispettivamente 5-1 e 0-4). Ma quello era il Liechtenstein, per l'appunto, per di più affrontato in amichevole. Oggi invece quei quattro gol di scarto restituiscono la sensazione di avvicinarsi a una soglia.
Certo, la qualificazione diretta resta ancora un miraggio. La situazione del Gruppo L infatti vede Montenegro e Gibilterra già matematicamente fuori dal discorso, e sopra di esse le Fær Øer, che con 12 punti sono a una sola lunghezza di distacco dalla Repubblica Ceca, e a quattro dalla Croazia prima in classifica. Proprio la prossima partita con la Croazia, che si giocherà il prossimo 14 novembre a Rijeka, sarà quindi decisiva per le sorti della Nazionale scandinava. In sostanza, la speranza delle Isole Faroe di accedere al playoff è sospesa tra le due partite: vincendo contro la Croazia e sperando in un passo falso della Repubblica Ceca contro Gibilterra tre giorni dopo, ci sarebbe il tanto agognato sorpasso che aprirebbe le porte al playoff. Ovviamente parliamo di uno scenario improbabile, ma se i pronostici venissero sempre rispettati non staremmo qui a raccontare questa storia.
COME HANNO FATTO LE ISOLE FAROE AD ARRIVARE FIN QUI
Il gioco delle Isole Faroe è semplice ma efficace. Dal febbraio 2025 - quando Eyðun Klakstein è diventato commissario tecnico della Nazionale - la squadra ha mantenuto lo stesso sistema di gioco, variando solo nella scelta degli interpreti. Il modulo di partenza è un 5-4-1 che si muove proprio come immaginate: grande abnegazione in fase difensiva, reparti molto stretti, densità per impedire agli avversari di trovare tracce pulite tra le linee.

A fare la differenza, però, è la velocità delle sue transizioni offensive. Quando le Isole Faroe recuperano palla gli esterni di centrocampo si alzano accompagnando la manovra: a destra Frederiksberg e a sinistra Sørensen, assoluto protagonista del doppio sensazionale successo, autore di una doppietta contro Montenegro e del gol del vantaggio contro la Repubblica Ceca. Terzino destro di ruolo, da questa stagione nella rosa del NK Triglav - seconda divisione slovena - in prestito dal Celje.
Il primo gol contro Montenegro, per dire, si vede che è un movimento codificato, pensato per attaccare lo spazio più rapidamente possibile. Da un lancio lungo, Olsen protegge bene con il corpo e tocca di prima, impedendo al difensore di intervenire. A seguire l’azione ci sono Sørensen - che occupa il corridoio centrale - e Frederiksberg, che controlla e serve il suo compagno a rimorchio. Il controllo è efficace, nonostante la palla sia leggermente arretrata, e la giocata sfrutta una difesa montenegrina troppo svagata che lascia all'esterno la libertà di crearsi lo spazio per la conclusione sul primo palo.


Come avevamo già notato col Bodo/Glimt, a giocare un ruolo importante è anche lo stadio. Entrambe le ultime vittorie della Nazionale faroese, infatti, sono state ottenute nel fortino casalingo: sul sintetico di Tórsvøllur, situato nella capitale Torshavn. Lo stadio - da circa seimila spettatori di capienza - è tra i due più grandi dell’arcipelago, che è composto da diciotto isole in mezzo all’immensa distesa dell’Oceano Atlantico, a metà tra l’Islanda a nord e la Scozia a sud. Come potete immaginare è un ambiente ostico, dove lo sport si pratica in maniera limitata e gli atleti sono costretti a gareggiare sotto bandiera danese alle Olimpiadi.
Torshavn si trova sull'isola di Streymoy, la più grande e la più popolata tra le Isole Faroe. Come tutte le isole dell'arcipelago, anche Streymoy è piena di pecore. In effetti, il nome dell'arcipelago prende il suo nome dall'antica parola norrena fær che significa per l'appunto "pecora". La popolazione ovina supera per numero quella umana.
In un contesto simile, il calcio qui ha svolto un ruolo fondamentale nell’affermazione di un’identità nazionale - forse sarebbe meglio dire nel crearla da zero. Ivan Enginsson Eysturland, affezionato tifoso della Nazionale, ha spiegato a These Football Times l’importanza del calcio per le Isole Faroe: «Credo che la Nazionale faroese sia probabilmente più importante per l’identità e l’orgoglio nazionale dei faroesi di qualsiasi altra Nazionale al mondo, con l’eccezione forse dell’Uruguay. Poiché le Fær Øer non sono ancora un paese completamente indipendente e si tratta di una nazione molto piccola, eravamo praticamente del tutto anonimi nel mondo esterno prima di aderire a FIFA e UEFA».
Come in ogni mitologia delle origini che si rispetti, c’è un evento che sancisce la nascita e, nel caso delle Fær Øer, quella data è il 12 settembre 1990. La Nazionale aveva ottenuto il riconoscimento da parte della UEFA pochi mesi prima e in Svezia va in scena il primo incontro ufficiale, valido per le qualificazioni ad Euro 92. L’avversario di giornata è l’Austria, uscita ai gironi di Italia 90 ma pur sempre una squadra sulla carta molto al di sopra delle Isole Faroe. La Nazionale scandinava, però, ribalta il pronostico: finisce 1-0 con il gol di Torkil Nielsen - notevole scacchista, oltre che calciatore - che determina la festa nazionale nell’arcipelago. Da allora si fa riferimento a quella incredibile vittoria all'esordio come "il Miracolo di Landskrona", dal nome della città svedese dove si giocò la partita.
Il resto di questa storia forse è meno fiabesco. La squadra riuscirà a strappare solo un altro punto nel girone di qualificazione - lo stesso che vedrà la Jugoslavia staccare il pass per l’Europeo salvo poi essere esclusa in seguito alla celebre risoluzione 757 del Consiglio di Sicurezza dell'ONU (decisione che, come forse saprete, produsse uno dei più grandi upset nella storia del calcio europeo: la vittoria di quegli Europei da parte della Danimarca).
Tra il 1994 e il 2001, sulla panchina delle Isole Faroe siede il danese Allan Simonsen - storico attaccante del Barcellona nonché Pallone d’Oro nel 1977 - e la squadra riesce a togliersi qualche altra, piccola soddisfazione: le vittorie contro San Marino, sia in casa che in trasferta, nelle qualificazioni a Euro 96; quelle contro Malta nelle qualificazioni ai Mondiali del 1998. Poca roba, mi direte, ma parliamo pur sempre delle Isole Faroe.
Fino alla vittoria di ieri contro la Repubblica Ceca, il più importante successo della Isole Faroe risaliva al biennio 2014-15, quando la Nazionale scandinava era riuscita nell’impresa di battere due volte una versione piuttosto quotata della Grecia, uscita ai calci di rigore agli ottavi del Mondiale brasiliano solo qualche settimana prima. Nel primo caso, parliamo dell'ottobre del 2014, era stato un gol di Jóan Símun Edmusson - ancora oggi nelle rotazioni delle Nazionali; era in campo anche nelle imprese di qualche giorno fa - a mettere fine alla mesta parentesi di Claudio Ranieri sulla panchina ellenica. Anche in quel caso il successo delle Isole Faroe va considerato come il primo tassello di un domino che finirà con un grande upset: la vittoria della Premier League da parte del Leicester. Evidentemente c'è qualcosa nelle Isole Faroe che è destinato a generare sorpresa.
D'altra parte, parliamo di una Nazionale composta in parte anche da non professionisti. A siglare il gol dal dischetto del 4-0 contro Montenegro, per dire, è stato Árni Frederiksberg, che nella vita fa il grossista. Se siete tra gli adepti delle coppe del giovedì il suo nome vi suonerà familiare: Frederiksberg infatti è stato tra i protagonisti anche della campagna europea del KÌ Klaksvik che, nell’estate del 2023, aveva puntato i riflettori dei media internazionali su questa cittadina di cinquemila abitanti capace di spingersi fino ai gironi di Conference League. Al momento dell’eliminazione del club faroese, Marco D’Ottavi si augurava di vedere il capitano Jakup Andreasen in lidi più prestigiosi. In un certo senso, si può dire che sia stato accontentato, visto l'assist con cui ha propiziato il primo gol della partita di domenica contro la Repubblica Ceca.
Questi sono dettagli che rimarranno a lungo nella testa di chi abita nelle Isole Faroe, per cui questa vittoria sarà storica al di là di come finirà questo girone di qualificazione. Lo si capisce, per esempio, dalla voce con cui l’allenatore Eyðun Klakstein ha raccontato la partita, spiegando come non aveva perso la speranza di vincere nemmeno dopo il gol del pareggio ceco. «Ho continuato a credere che ci sarebbero state opportunità in contropiede. Abbiamo anche inserito Martin e Jóannes [Bjartalíð, ndr] proprio per dare nuova energia e sfruttare quei contropiedi, e ci siamo riusciti», ha detto Klakstein sciogliendosi in una bonaria risata, godendosi l’impresa. «Siamo stati messi sotto pressione, abbiamo dovuto lottare e difendere, e i giocatori sono stati davvero, davvero fantastici».
Dopo di lui, anche il centrocampista Brandur Olsen - altro superstite del doppio successo contro la Grecia - si è presentato in sala stampa poco dopo la storica vittoria, ancora scosso dalla gioia incontenibile. «Abbiamo cantato in spogliatoio fino ad ora, quindi il battito è risalito. Abbiamo giocato una partita equilibrata in Repubblica Ceca, dove loro l’hanno decisa verso la fine; oggi, invece, è andata al contrario: abbiamo segnato subito dopo che loro avevano fatto gol».
L’intervista è proseguita tra le solite frasi di rito. Fino a quando, con la tenera timidezza di chi forse non ha davvero realizzato che tutto questo è ancora possibile, ha detto: «Ci vediamo in America».