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Presente e futuro dell'Italia del basket
08 lug 2024
08 lug 2024
Storia, eredità e possibili conseguenze del deludente Preolimpico della squadra allenata da Gianmarco Pozzecco.
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Per gli appassionati di basket europeo, Mindaugas Kuzminskas è un nome noto da anni. Quattordici stagioni ai massimi livelli, con anche un passaggio in NBA ai New York Knicks e un biennio in Italia a Milano, da molto tempo è un punto di riferimento costante della nazionale lituana, giocatore sempre affidabile e dal tiro mortifero.

Ed è proprio il tiro di Kuzminskas, sotto forma di due triple, a rappresentare un ideale filo diretto nella storia della mancata qualificazione dell’Italia del basket all’Olimpiade di Parigi 2024. Uno è il proverbiale tiro della staffa, del punto esclamativo, con cui l’ex giocatore di Milano ha di fatto sigillato la vittoria della sua Lituania nella semifinale del torneo Preolimpico di San Juan, portando i suoi a +18 con poco meno di 4 minuti da giocare. L’altro è un tiro preso allo scadere dei 24 secondi, da una posizione simile a quella contro l’Italia ma contestato, in una partita dello scorso Mondiale nelle Filippine.

Quel tiro non ha significato soltanto un’incredibile vittoria lituana sugli Stati Uniti, ma ha di fatto cambiato il percorso mondiale - e olimpico - di diverse squadre. All’Italia capace di vincere la fase a gironi grazie alle brillanti vittorie su Serbia e Porto Rico, proprio per quel tiro, era toccato in dote un quarto di finale contro Team USA, invece della stessa Lituania, terminata dalla parte del tabellone della Serbia, poi medaglia d’argento e direttamente qualificati a Parigi 2024 come una delle migliori due nazionali europee al Mondiale.

Dalle conseguenze di quel canestro è cambiato tanto della storia di un ciclo, quello dell’Italbasket di Pozzecco, che nell’umidità di San Juan ha sicuramente vissuto il momento più difficile e deludente. Un torneo di qualificazione all’Olimpiade che ha visto gli azzurri cadere due volte in pochi giorni, dopo la facile vittoria all’esordio contro un Bahrein troppo lontano dall’essere un avversario "vero".

Due partite diverse, quelle contro Porto Rico - l’avversario extra europeo più affrontato negli ultimi anni, ci abbiamo giocato contro negli ultimi due Mondiali e negli ultimi due tornei Preolimpici - e con la Lituania, la nostra vera bestia nera, che non superiamo nelle fasi finali di una competizione internazionale dall’agosto 2004, da una partita entrata in maniera indelebile nei ricordi di tutti gli italiani.

Tra la Lituania del 2004 e quella del 2024 per l'Italia c'è un nome che ritorna. Nel catino di OAKA Gianmarco Pozzecco fu esaltante condottiero in campo; nel “colosseo” di San Juan è stato il principale imputato di una sconfitta capace di scatenare grande delusione nonostante fosse da mettere in preventivo. Una sconfitta che ha messo fine al percorso verso Parigi 2024, iniziato la scorsa estate e concluso in un amaro sabato sera di luglio.

L’allenatore più discusso del basket italiano

Esuberante, emotivo, poco ortodosso. In un mondo come quello del basket europeo tendenzialmente più associato agli allenatori che ai giocatori - soprattutto quelli di una generazione illuminata, che domina la ribalta da un paio di decenni almeno -, Gianmarco Pozzecco si erge diverso come una mosca bianca, prendendo in prestito il soprannome più noto degli anni da giocatore, la mosca atomica.

Fin dalle prime esperienze in panchina, la discussione popolare sulle capacità tattiche di uno dei giocatori più importanti e riconoscibili nella storia del nostro basket è ruotata attorno a delle estremità e degli assolutismi di giudizio. Nemmeno dopo i risultati raggiunti con Sassari, portata alla vittoria di uno storico trofeo europeo e ad una finale Scudetto, e ai diversi momenti felici del primo biennio azzurro, l’analisi generale sul Pozzecco allenatore è avvenuta, da parte dei più, nel merito.

Le sconfitte contro Porto Rico e Lituania restituiscono l’immagine di un’Italia che per larghi tratti delle due partite perse ha provato a giocare la sua pallacanestro, al di là degli oggettivi limiti in termini di centimetri e talento. Il finale, in entrambi i casi, è stato negativo e questo è un aspetto da cui deve partire l’analisi, prima di arrivare a qualsiasi ragionamento extra campo, dalle convocazioni ai giocatori disponibili passando per chi ha ruoli decisionali.

In verità, la partita contro Porto Rico era iniziata nel migliore dei modi per gli azzurri, che avevano provato a costruire sulla scia di quanto visto nei test contro Georgia e Spagna. Solita continua ricerca del miglior tiro possibile, con continui extra pass, e difesa aggressiva anche nell’accettare la possibilità di cambiare marcatore diretto. Le variazioni sul tema rispetto al recente passato iridato erano rappresentate da due graditi ritorni rispetto all’estate filippina.

Il primo è Danilo Gallinari, tornato a vestire l’azzurro dopo lo sfortunato infortunio di Brescia contro la Georgia costato la partecipazione a EuroBasket 2022 e una stagione NBA con i Boston Celtics. Il secondo è Niccolò Mannion, rientrato stabilmente in azzurro sulla scia di un’annata da protagonista in Serie A con Varese valsa anche il premio come miglior giocatore italiano della stagione.

Sia Gallinari che Mannion hanno agito, nel corso della breve estate 2024, da punti di riferimento della second unit, elevando in generale le possibilità offensive della squadra. Nei piani iniziali Gallinari doveva rappresentare un polo attrattivo per gli attacchi a metà campo, da utilizzare sia in post che nei pick&pop per aprire l’area. Mannion, invece, doveva essere quello che è stato tre anni fa, tra Belgrado e Tokyo: l’elemento in grado di garantire imprevedibilità, attaccando a giochi rotti e soprattutto capace di alzare il ritmo offensivo. La presenza di diversi difensori di livello tra gli esterni - ai “soliti” Pajola e Tonut è stato aggiunto John Petrucelli, due volte vincitore del premio di miglior difensore della Serie A - capaci di coprirlo significavano una sorta di garanzia in questo senso.

Contro Porto Rico una potenziale svolta positiva - dopo un primo quarto combattuto ed equilibrato - era arrivata proprio grazie alla capacità di Gallinari di caricare di falli la frontline avversaria e contemporaneamente di caricarsila squadra sulle spalle, in particolare con un Awudu Abass - altro rientrante dopo aver lasciato, nell’estate 2021, il posto proprio a Gallinari tra Belgrado e Tokyo - particolarmente coinvolto e ispirato. Buoni propositi venuti poi meno in una ripresa difficile, dove Porto Rico è riuscita prima a limitare il nostro numero 8 nonostante i problemi di falli dei vari Conditt, Romero e Ortiz e poi a trovare la grande vena di un Jose Alvarado irrisolvibile per la nostra difesa.

Rispetto alla squadra superata due volte nell’estate 2023, infatti, Alvarado è stato il vero valore aggiunto capace di elevare il livello della truppa di Nelson Colon, con un agonismo e un magnetismo capace di ricordare quello di un altro portoricano protagonista delle competizioni FIBA in passato, Carlos Arroyo. Il play dei Pelicans ha chiuso la sfida all’Italia con 7/10 da 3, di cui almeno un paio di triple a ridosso della sirena dei 24 secondi capaci di spezzare qualsiasi inerzia positiva per gli azzurri. Il fatto che poi Porto Rico abbia staccato il pass per Parigi superando la Lituania in finale dovrebbe invitare a rivedere riflessioni e giudizi che, tra social media e organi d’informazione, tendevano a sottovalutare la squadra capace di riportare il paese caraibico ai Giochi per la prima volta dal 2004.

In semifinale con la Lituania, invece, il nemico pubblico numero uno era Domantas Sabonis. Centro di gravità permanente della squadra di Maksvytis per l’assenza - causa free agency NBA - di Jonas Valanciunas, l’All-Star dei Sacramento Kings è stato in verità limitato in maniera egregia da un’Italia capace di tirarlo fuori dalla partita per problemi di falli e poi senza farlo mai entrare davvero in ritmo anche come play aggiunto in post. Quanto di buono fatto su Sabonis, però, è stato totalmente vanificato da quanto non fatto in copertura sugli esterni, soprattutto Marius Grigonis.

Reduce dalla vittoria dell’Eurolega con il Panathinaikos, Grigonis contro di noi ha giocato una delle migliori partite di una carriera troppo spesso sottovalutata, esponendo una difficoltà della difesa azzurra nel fronteggiare gli esterni avversari che non si era palesata in tale evidenza nelle due estati con Pozzecco, come nella splendida avventura della squadra di Sacchetti nel 2021.

Sia dopo il ko contro Porto Rico che dopo quello con la Lituania, Pozzecco si è soffermato sul rammarico di non avere potuto contare su un lungo periodo di lavoro - a differenza di quanto accaduto sia nel 2022 che nel 2023 - per sviluppare automatismi e affiatamento. Nonostante le sei novità rispetto alla squadra del Mondiale, anche forzate dagli infortuni del trio Fontecchio-Procida-Spagnolo (oltre che di un validissimo comprimario come Luca Severini), era lecito attendersi una squadra in grado di accelerare quel processo sopracitato.

Nelle due sconfitte, invece, si è visto qualcosa di inedito per la squadra protagonista di questo lungo ciclo partito nel 2017. Partite finite peggio di come erano iniziate, sconfitte arrivate con risultati più rotondi di quanto visto effettivamente in campo. Che si sia trattato di arrendevolezza - difficile, poiché parliamo di un gruppo che è realmente quello che sembra a livello di affiatamento, visto fuori dal campo - o di una condizione fisica deficitaria (soprattutto in alcuni elementi chiave come i giocatori di Milano e Virtus, logorati da oltre 70 partite stagionali tra LBA ed Eurolega), il risultato finale è qualcosa che si pone come interrogativo da analizzare nel prossimo futuro.

La delusione, però, non può fornire da base solida a ragionamenti che vanno a sottostimare il valore di uno staff tecnico coeso, affiatato, comprendente professionalità di valore come un assistente allenatore NBA (Fois), uno di Eurolega (Casalone), uno di comprovata esperienza italiana e nelle coppe europee (Fucà) oltre a un nuovo capo allenatore di Serie A (Poeta). Riflessioni di sistema, in un anno che vedrà anche le elezioni per il rinnovo delle cariche istituzionali a livello federale, o nei termini di “chi ci poteva essere” si stagliano all’orizzonte ma risultano di difficile risoluzione a livello di consenso. Legare un risultato sportivo atteso, preventivato - ma non in queste dimensioni - a ragionamenti generali la cui soluzione richiede tempo e pazienza porta a lunghe, magari anche arricchenti, conversazioni che però rischiano di essere fini a loro stesse.

Ripartire dopo San Juan

Da dove - e da chi - si riparte, quindi? L’immediato futuro parla di una qualificazione al prossimo Europeo (che si giocherà tra Cipro, Finlandia, Polonia e Lettonia, sede pure della fase finale) da conquistare matematicamente ma già ben indirizzata con due brillanti vittorie lo scorso febbraio su Turchia e Ungheria. Per la certezza di esserci, quindi, basterà un successo il prossimo novembre in una delle due partite che giocheremo contro l’Islanda, senza poter contare su giocatori NBA e di Eurolega.

Agli Europei arriveremo con la voglia di migliorare il risultato ottenuto nel 2022, quando uno sfortunato finale di gara ai quarti contro la Francia ci tolse quella che sarebbe stata una possibilità meritata, quella di lottare per le medaglie (e centrare una semifinale europea che ci manca dal 2003). Con chi ci arriveremo è un altro discorso: il contratto di Gianmarco Pozzecco era valido sino alla conclusione del percorso olimpico, e nonostante diverse voci nelle scorse settimane parlavano di un possibile rinnovo almeno fino all’Europeo, è ancora da capire quanto la settimana di San Juan possa avere cambiato i piani.

Torneranno in gruppo - infortuni permettendo - diversi elementi importanti, a partire da un Simone Fontecchio che nelle ultime ore ha firmato un contratto biennale con Detroit per proseguire la sua esperienza NBA, e dal giovane duo formato da Gabriele Procida e Matteo Spagnolo, pronto a un’altra annata in Eurolega. Verosimilmente, per entrambi, all’Alba Berlino anche se sul primo si sono rincorse numerose le voci di mercato nelle ultime settimane. Diversi componenti dell’Italia vista a San Juan, invece, arriveranno alla prossima estate azzurra dopo aver cambiato squadra.

Già in quattro lo hanno fatto - Melli al Fenerbahce, Spissu a Saragozza, Abass a Dubai e John Petrucelli a Trapani - e altri potrebbero farlo nelle prossime settimane (uno, sicuro, Danilo Gallinari, attualmente senza contratto). Dalle scelte dei giocatori, inevitabilmente, dipenderanno le scelte in termini di roster per le finestre FIBA di novembre e febbraio, con i giocatori di Eurolega che saranno disponibili con certezza solo nella seconda.

Discorso diverso è quello relativo a “chi ci poteva essere”, con i nomi particolarmente citati tra social network e giornali che sono quelli di Amedeo Tessitori e Amedeo Della Valle. Il primo, che ha fatto parte del gruppo azzurro nei primi giorni di lavoro in Trentino, viene da una stagione individualmente positiva in una Reyer Venezia troppo altalenante tra LBA ed Eurocup. Il secondo resta attaccante di élite nel nostro campionato, pur in un’annata a Brescia in cui non si è ripetuto sui livelli della stagione che gli è valsa il premio di MVP. In entrambi i casi, però, parliamo di giocatori che non hanno mostrato, nelle loro esperienze azzurre, la capacità di cambiare nettamente in positivo il potenziale della squadra ad alto livello.

Un tema ricorrente è quello dei giocatori naturalizzati, con Petrucelli che ha rappresentato il primo passaportato azzurro in un torneo internazionale da Jeff Brooks al Mondiale 2019. Negli scorsi mesi i nomi circolati sono stati soprattutto due: il centro ex Phoenix Suns Drew Eubanks e, soprattutto, Donte DiVincenzo dei New York Knicks. Nel primo caso le notizie parlavano di una procedura burocratica ben avviata - ma non conclusa - con pochi proclami pubblici, in un senso o nell’altro, da parte del giocatore.

Ben più loquace sulla possibilità di vestire la maglia dell'Italia, invece, è stato DiVincenzo, di cui si parla come giocatore azzurro sin dai tempi di Villanova. A parlare per primo dell’Italbasket era stato lo stesso giocatore di New York, lo scorso febbraio in un’intervista con il New York Post dopo che era ormai ufficiale e confermata la sua esclusione dalla lunga lista di convocabili per Team USA. Mai, negli scorsi mesi, sono però emerse notizie di una procedura burocratica avviata almeno quanto nel caso di Eubanks. Nel caso in cui l’interesse manifestato con vista sulla possibilità olimpica dovesse essere confermato verso una competizione con meno appeal, rispetto alle Olimpiadi, come EuroBasket 2025 (o anche il Mondiale 2027 in Qatar), anche l’ipotesi DiVincenzo potrebbe tornare d’attualità.

Parlando di ipotesi concrete, è da vedere come la prossima stagione possa rappresentare l’allargamento di quel pool di giocatori azzurrabili, tra late bloomer e giovani in rampa di lancio. Questi ultimi non mancano, guardando dagli Under 20 in giù con una doverosa menzione all’Under 17, capace di vincere l’argento ai Mondiali di categoria, ma per tutti loro l’orizzonte più verosimile è quello sul Mondiale 2027 e, potenzialmente, l’Olimpiade 2028. La Serie A non mancherà di proporre elementi interessanti, magari anche attraverso la conferma di chi ha fatto bene nell’ultima stagione. Nomi potenzialmente da testare anche nelle prossime due finestre FIBA, verosimilmente ininfluenti a livello sportivo.

Lo splendido successo dell’Under 17 sulla Turchia padrona di casa, vittoria valsa la Finale e una storica medaglia d’argento.

E, se rimane aperto il ragionamento sull’opportunità di insistere su formule come il 5+5 o il 6+6 rendendo così “fissa” la quota di giocatori italiani, ben meno attraente è il ragionamento da fare sulla pazienza che ci vorrà nei prossimi mesi e nelle prossime stagioni, per continuare ad aumentare il numero di atleti che possono vestire l'azzurro e favorire, nel migliore modo possibile, la crescita di queste giovani generazioni di talento che stanno crescendo. Qualsiasi ragionamento sull’inserimento di nuove leve ad alto livello, però, deve tenere conto di un'Eurolega - per distacco la competizione più importante come livello, blasone e qualità media della sua pallacanestro - che tende a essere alquanto respingente verso squadre mediamente giovani o emergenti, incentivando sia i suoi membri fissi (tra cui Milano) che quelli “precari”, rinnovati di anno in anno (è il caso della Virtus Bologna), a costruire squadre decisamente più orientate verso il presente.

Due cicli olimpici del nuovo format FIBA per nazionali ci hanno mostrato come l’Italia sia una delle nazionali più “profonde” per quantità - e livello medio - di giocatori su cui puntare, e non è un caso che si sia sempre qualificata con relativo agio agli Europei e, soprattutto, a due edizioni dei Mondiali. Traguardi da non sottovalutare, in quanto altre nazionali hanno faticato ben più di noi (o addirittura mancato tali obiettivi) in un contesto internazionale che generalmente mostra più equilibrio e competitività anche da parte di diverse nazionali di secondo piano. Nel breve periodo non avremo i picchi qualitativi - e verosimilmente inarrivabili per tutti - della Francia, o anche di altre Nazionali europee, ma con un mix di continuità, ambizione e identità tattica possiamo continuare a dire la nostra in modo tale da derubricare San Juan a “una brutta settimana”, con la consapevolezza che il risultato è poi una variabile anche aleatoria.

Chi stacca il pass per Lille (e Parigi)

La maggiore competitività a livello internazionale da parte di diverse squadre è stata decisamente confermata da quattro tornei Preolimpici sorprendenti e oltremodo interessanti. In Spagna e in Grecia hanno vinto le nazionali padrone di casa e si è trattato di vittorie alquanto diverse tra loro.

Dominante quella della Grecia, tornata a partecipare a un torneo olimpico per la prima volta dal 2008 e capace di staccare il pass non soltanto nel segno di un ottimo Giannis Antetokounmpo. Gli ellenici, guidati al Pireo per la prima volta da Vassilis Spanoulis in panchina, si sono mostrati squadra coesa e affiatata, superando le tensioni dettate da una stagione che ha visto tornare in grande auge la rivalità nazionale tra Panathinaikos e Olympiacos. I risultati sono stati logica conseguenza, con la ciliegina della netta affermazione su una Slovenia stanca e invecchiata, a cui non è bastato affiancare Josh Nebo (che dal prossimo anno giocherà a Milano) alla certezza Luka Doncic.

Più sofferta e lottata, invece, la settima qualificazione consecutiva ai Giochi della Spagna. Tra la semifinale con la Finlandia e la finale contro le sorprendenti Bahamas del trio NBA Deandre Ayton-Buddy Hield-Eric Gordon, a Valencia la squadra di Scariolo si è dovuta affidare al suo passaportato (Lorenzo Brown, tornato dopo EuroBasket 2022) per permettere a Rudy Fernandez di chiudere la carriera con il finale perfetto: la sesta partecipazione in carriera ai Giochi Olimpici, primo cestista a riuscirci (un primato, a livello assoluto, condiviso con Diana Taurasi). Spagna e Grecia si ritroveranno nella fase a gironi di Lille (nello Stade Pierre-Mauroy che ha ospitato anche l’Europeo 2015) in un Gruppo A che vedrà anche la partecipazione dell’Australia, medaglia di bronzo uscente, e di un Canada che si candida a rivale numero uno del Team USA più forte dai tempi di Londra 2012.

È arrivato un upset, invece, nell'imprevedibile torneo di Riga, già contraddistinto dalle sorprendenti qualificazioni in semifinale di Camerun e Filippine ai danni di Montenegro e Georgia. A trionfare, spezzando il sogno della Lettonia di Luca Banchi di tornare all’Olimpiade per la prima volta dal 1936, è stato un Brasile capace di aprire la Finale con un clamoroso 8/8 da 3 nel primo quarto.

Ad allenare il Brasile Aco Petrovic, capace di guidare una nazionale a vincere un Preolimpico in trasferta per la seconda volta. La prima? Nel 2016, a Torino.

I verdeoro, tornati ai Giochi dopo l’assenza di Tokyo, integreranno il Gruppo B insieme alla Francia ospitante, alla Germania campione del mondo in carica e al Giappone. Nel Gruppo C, invece, ci saranno due delle squadre più attese - Stati Uniti e Serbia, al gran completo con Nikola Jokic - oltre al sorprendente Sud Sudan e al già citato Porto Rico, in qualità di vincitore del Torneo Preolimpico di San Juan. Dai tre gironi saranno le prime due classificate (più le due migliori terze) a lasciare poi Lille per approdare a Parigi e vivere la fase finale di un Torneo Olimpico che si preannuncia come il più interessante di sempre.

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