La vittoria per 2-0 sulla Cina, che ha qualificato l’Italia ai quarti del Mondiale eguagliando il traguardo del 1991 (in quell’anno, però, la formula non prevedeva gli ottavi), racchiude molti aspetti associati tradizionalmente al calcio italiano: la capacità di soffrire, la solidità della difesa, la sicurezza di un portiere affidabile (Laura Giuliani), l’abilità di sfruttare gli errori avversari.
In effetti, pur con un possesso palla del 50%, l’Italia ha completato circa la metà dei passaggi della Cina, con una precisione appena del 64% (solo all’esordio contro l’Australia aveva avuto dati peggiori). La linea difensiva azzurra si è trovata spesso a difendere in area di rigore ed entrambi i gol, il primo di Giacinti e il secondo con un rasoterra potente e preciso di Galli da fuori area, sono arrivati dopo due palle perse dalle cinesi.
Per questo, forse, a fine partita la CT Milena Bertolini ha parlato di cinismo, una caratteristica che di solito distingue le grandi squadre ma che spesso viene utilizzata per nascondere limiti in fase di possesso.
Un gioco più ambizioso di quel che sembra
Parlare però solo di una vittoria cinica, ottenuta grazie alla difesa dell’area e alla capacità di sfruttare le occasioni avute, non renderebbe merito alla complessità del gioco delle azzurre, che in realtà cercano sempre di recuperare la palla in alto e sono ambiziose quando manovrano, costruendo nel modo più difficile: sempre in verticale ma con movimenti e passaggi studiati per trovare gli spazi liberi dietro le linee di pressione.
È una scelta coraggiosa che spinge le azzurre a commettere molti errori, e spesso a rinunciare al palleggio da dietro per uscire dalla metà campo con un lancio. Al tempo stesso, però, è una scelta che le ha formate a gestire le situazioni più frenetiche, quando possono andare alla conquista della palla e poi giocarla immediatamente in verticale, approfittando degli spazi aperti nello schieramento avversario.
La gestione dei momenti di riconquista della palla, per una squadra che attacca in spazi ampi ed è abituata a cercare subito la profondità costruendo l’azione con pochi passaggi verticali, è fondamentale e coinvolge tutte. Il gol che ha sbloccato la partita dopo nemmeno un quarto d’ora ha avuto origine dalla pressione di Giacinti su Wu Haiyan, ma era già la terza volta che la centravanti azzurra recuperava la palla in zone pericolose.
Nel primo caso, dopo aver tolto la palla a Yan Wang, dopo appena venti secondi di gioco, Giacinti ha sbagliato la rifinitura per il taglio da sinistra di Bonansea; nel secondo ha provato a sorprendere Peng Shimeng, rimasta fuori dai pali, con un tiro improvviso che non ha centrato la porta.
Col terzo recupero, Giacinti è andata a segnare sfruttando anche un paio di rimpalli favorevoli, ma a creare i presupposti per la ripartenza erano stati un grande intervento di Gama a destra su Wang Shanshan (una conferma del suo talento nei duelli) e un passaggio di Giugliano, che sotto pressione e con la possibilità di passare la palla in maniera più comoda alle compagne più vicine, ha scelto invece la soluzione più difficile, tentando di raggiungere subito Giacinti.
Il passaggio non è stato abbastanza preciso, ma ha scavalcato Lin Yuping e ha permesso a Giacinti di andare in pressione sull’unica centrale difensiva rimasta a protezione della metà campo, appunto Wu Haiyan. Il capitano della Cina ha colpito Giacinti cercando forse di rimediare una rimessa laterale ma si è trovata a rincorrere l’attaccante azzurra perché la palla non era uscita, e sullo sviluppo dell’azione l’Italia è passata in vantaggio.
Giugliano è forse l’azzurra più ambiziosa in assoluto, quella che ricerca le soluzioni meno scontate e regala almeno una giocata eccezionale a partita (come il sombrero con cui ha scavalcato Zhang a pochi secondi dalla fine). Per la sua tranquillità sotto pressione Giugliano è un riferimento in uscita dalle zone arretrate, e con la sua tendenza a rischiare, a scegliere costantemente la giocata in verticale più vantaggiosa, è fondamentale per creare occasioni, o perché riesce a mandare subito in profondità le attaccanti o perché crea situazioni favorevoli come quella che ha portato al gol di Giacinti.
L’importanza teorica di Girelli
Contro la Cina è in parte mancato il contributo di un’altra giocatrice fondamentale per la manovra azzurra, Girelli, che è stata sostituita dopo appena quaranta minuti. Le combinazioni preparate per risalire il campo da dietro palla a terra erano infatti sbilanciate a destra e avevano l’obiettivo di liberare Girelli tra le linee.
Guagni e Giugliano attiravano le attenzioni di una centrocampista e dell’esterno sinistro, Gu Yasha (la Cina difendeva col 4-4-2), mentre Bergamaschi bloccava il terzino, Liu Shanshan. Nello spazio creato andava quindi a ricevere Girelli, approfittando anche del fatto di giocare dal lato della centrale difensiva più macchinosa, Lin Yuping, o almeno queste erano le intenzioni, visto che questa combinazione non ha probabilmente funzionato con la continuità sperata da Bertolini.
Ricevendo spalle alla porta, Girelli poteva appoggiarsi di prima all’indietro su Giugliano o Guagni, oppure girarsi e lanciare il tridente schierato da Bertolini per tenere impegnata la linea difensiva cinese e andarle alle spalle con tagli in profondità: da sinistra a destra, Bonansea, Giacinti e Bergamaschi. In due situazioni Girelli è riuscita a mandare in porta Giacinti, ma quando l’attaccante azzurra era in fuorigioco (un gol annullato al 10’ e una grande occasione sprecata alla mezz’ora), mentre al 33’ ha messo giù una palla vagante nello spazio tra l’esterno e la centrocampista cinese e ha dato il via all’azione più pericolosa costruita dall’Italia nel primo tempo (oltre al gol di Giacinti): dopo il suo passaggio all’indietro Guagni ha infatti calibrato un lancio perfetto per Bergamaschi dietro la difesa cinese. La numero 2 azzurra è entrata in area ma il suo tiro è stato parato da Peng Shimeng.
Girelli è quindi uscita pochi minuti dopo, forse perché Bertolini si aspettava un contributo di maggiore qualità o forse per certificare una tendenza già chiara, visto che Girelli si trovava spesso a difendere in posizione arretrata, per aggiungere una giocatrice in mezzo al campo e permettere a Giugliano e Cernoia di lasciare le loro posizioni nel tentativo di recuperare la palla, e per ingaggiare duelli aerei sui lanci da dietro delle cinesi.
La dodicesima donna
Con Galli, certamente più abituata a stare in mezzo al campo, Bertolini ha voluto dare maggiore stabilità centrale e aiutare Bartoli, visto che la Cina attaccava soprattutto a destra e con le sue combinazioni puntava a mettere in inferiorità il terzino sinistro azzurro.
Con una centrocampista in più, l’Italia poteva quindi scivolare più facilmente su quella fascia senza far ripiegare con troppa frequenza Bonansea. Galli ha segnato il gol del 2-0 con un tiro da fuori dopo un anticipo di Guagni, ma è stata importante anche perché ha reso più fluido lo schieramento e permesso a Bertolini di cambiare le posizioni delle sue giocatrici nel secondo tempo senza perdere stabilità.
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Perdendo Girelli, però, le azzurre hanno fatto più fatica a conservare il possesso e a portare la palla negli ultimi metri, anche perché la numero 10 è la più cercata con una palla alta e garantisce una via d’uscita con un lancio nelle situazioni più complicate. Forse non è un caso che nel secondo tempo l’Italia sia rimasta più schiacciata nella sua metà campo (Bertolini ha quindi inserito Mauro forse proprio per tenere di più la palla e alzare il baricentro) e non abbia creato quasi nulla.
Queste difficoltà sono il segno che il gioco dell’Italia è sì organizzato e ambizioso, ma che il gruppo di giocatrici è troppo ristretto. Contro la Cina, ad esempio, Bonansea e Girelli sono sembrate giù di forma, ma allo stesso tempo è difficile tenerle fuori, perché sono le due più importanti per risolvere le cose nella metà campo avversaria e senza di loro la squadra è meno pericolosa.
In queste difficoltà è però anche possibile ritrovare il grande lavoro fatto da Bertolini per costruire la squadra, e le idee che ha trasmesso in questi anni. Anche se effettivamente non ha sofferto più di tanto e si è appoggiata alla grande prestazione della linea difensiva per resistere ai tentativi di rimonta della Cina, l’Italia non è una squadra che ambisce a stare bassa, occupare gli spazi e difendere in area. Anzi, Bertolini è stata piuttosto critica (pur mostrandosi ovviamente molto soddisfatta per il traguardo raggiunto) ed è sembrata delusa soprattutto dal fatto che la sua squadra sia rimasta troppo bassa e non abbia manovrato con qualità: «Oggi la prestazione non è stata buona, a parte i primi 20-25 minuti in cui le attaccavamo, poi ci siamo abbassate, impaurite, e c'è stata la loro reazione».
La bella notizia è che l’Italia ha fatto vedere ancora una volta di avere talento e organizzazione anche per adattarsi a una partita che si è evidentemente sviluppata in modo diverso rispetto a quanto era stato preparato.
Per la seconda volta nella storia le azzurre sono ai quarti di un Mondiale: nel 1991 persero contro la Norvegia, poi finalista, ora invece devono sfidare l’Olanda, che due anni fa ha vinto gli Europei. Non sarà facile ribaltare i rapporti di forza, ma questa Italia sembra all’altezza della partita forse più importante della sua storia.