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L'Italia non è un Paese per Jankto
11 lug 2023
Cosa ci dicono gli ultimi commenti sul ritorno del calciatore ceco in Italia.
(articolo)
4 min
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IMAGO / Alterphotos
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Quando cinque mesi fa ho scritto che “Avevamo bisogno di Jakub Jankto” non intendevo qui, in Serie A, in Italia. Quell’articolo commentava in parte il senso del coming-out di Jankto, in un contesto discriminatorio in cui, lui e chi lo aveva fatto prima di lui aveva detto di essersi sentito costretto a “mentire”, a “nascondersi”, ma anche e soprattutto i commenti che lo avevano accompagnato. Soprattutto in Italia. Commenti del tipo: c’era bisogno di dirlo? E scrivevo che quei commenti mi ricordavano quei «parenti di qualche generazione fa che dicevano che non c’era niente di male nell’essere gay però, insomma, potevano anche fare a meno di baciarsi in pubblico. Per non parlare dei gay pride». E taaaaaac il parente che ha parlato di “ostentazione” prima e proprio di “pride”, poi, per giustificarsi ovviamente, è arrivato subito.

Ha interrotto l’aperitivo, ha preso la rincorsa dal porto in cui si trovava, ha percorso la passerella alla velocità della luce e poi al primo microfono che gli è capitato a tiro ha detto che lui rispetta tutti, ci mancherebbe, ma che non gli piacciono le ostentazioni.

E dato che in Italia niente ci è più familiare delle istituzioni, che nessuno ci è più parente di un ministro, in questo caso a parlare è stato quello “per le politiche giovanili e lo sport”. Il fatto che non sia solo ministro per lo sport ma anche per i giovani non fa che aumentare l’ironia - e la gravità - della cosa.

No. Non sarei stato così egoista da chiedere a Jankto di vivere in Italia solo per aiutarci a uscire dal medioevo in cui ormai viviamo come fosse normale. Facciamo così, come facciamo sempre in Italia, diciamo che ci siamo capiti male, che è solo un fraintendimento, un problema di comunicazione...

Anzi, se faccio ancora in tempo: Jakub, dai retta, vai da un’altra parte. L’Italia ha aperto le fauci, sta per masticarti e risputarti e poi, con la poltiglia informe che avrà fatto della tua storia ci costruirà la macchietta da portare in giro nei talk-show di scimmie urlatrici. Nessuno ti toglierà la voce, ma ti faremo passare la voglia di parlare. Anche perché, se nessuno è capace di ascoltare, a che servirebbe in ogni caso?

Abbiamo già cominciato, con i titoli dei media che, quando si è parlato del possibile trasferimento al Cagliari, hanno scritto chiaro e forte già nel titolo che si sarebbe trattato del primo calciatore “dichiaratamente omosessuale”, come se il punto centrale fosse stato quello. Ma come? Non era una cosa assolutamente normale, che non ci sarebbe stato neanche il bisogno di specificare? E invece guarda, per far cliccare le persone tocca ancora scrivere che a un uomo piacciono altri uomini.

Ecco, in questo Paese qui sta venendo Jakub Jankto, che oltretutto ha passato un periodo difficile, in cui a seguito di un controllo stradale in cui (stando a quanto i media cechi hanno riportato) si è rifiutato di sottoporsi a un test antidroga, lo Sparta Praga lo ha sospeso. «Nell’ultimo anno sono successe troppe cose intorno a me», ha scritto Jankto a commento del fatto, «meglio rallentare e pensare alla salute». E sembra ovvio che intendesse la propria salute mentale (altro tabù a cui in Italia preferiamo non avvicinarci neanche con una pertica di quelle che usano i gondolieri a Venezia).

Il Paese in cui il Ministro “per i giovani”, oltre che per lo sport, parla ancora di omosessualità come di una scelta personale, che implicherebbe (a rigor di logica e di semplice vocabolario) la possibilità di scegliere una cosa diversa. Non è una questione di diritti, cioè, neanche per un rappresentante delle istituzioni, ma del rispetto che ognuno di noi dovrebbe riservare.

E certo il Ministro rispetta la scelta, ma non il fatto che ne abbia parlato. Quella è ostentazione. Deve forse dire, lui, il Ministro, che è sposato e magari ha dei figli? No, perché lui non è una persona che ostenta.

Chissà, forse è proprio per questo che quando è stato nominato in una carica così importante - con responsabilità che vanno molto al di là dal commentare il nuovo acquisto del Cagliari, tipo provare a rilanciare lo sport per tutti in un Paese in cui da anni ci si lamenta della mancanza di strutture e della difficoltà di accedere a determinati sport per le famiglie meno ricche - nessun giornale si è sentito in dovere di specificare nel titolo che si trattava de “l’ennesimo ministro eterosessuale ultrasessantenne” che guiderà l’Italia verso il futuro.

Che futuro? Beh, giudicate voi.

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