L’ultima partita del girone di Nations League aveva il sapore di uno spareggio: Francia e Italia si giocavano il primo posto, che sarebbe servito ad evitare Germania, Spagna o Portogallo nei quarti di finale.
L’Italia partiva da un vantaggio piuttosto considerevole – 3 punti e la possibilità anche di perdere con un gol di scarto – guadagnato nella vittoria per 3-1 a Parigi nella gara d’andata. Le cose, però, come sappiamo sono andate per il verso sbagliato.
Di Italia-Francia abbiamo parlato anche in Che Partita Hai Visto, il podcast riservato ai nostri abbonati in cui commentiamo a caldo le partite più importanti della settimana. Se non sei ancora abbonato, puoi farlo cliccando qui.
COSA NON HA FUNZIONATO
A fine partita Luciano Spalletti se l'è presa soprattutto con la scarsa pulizia tecnica dei suoi. C'è da dire però che le scelte di Deschamps non hanno aiutato gli azzurri a fare una prestazione all'altezza in questo senso. Rispetto alla partita di Parigi, la Nazionale francese era diversa per ben otto giocatori su undici. I reduci dalla partita dello Stade de France erano solamente il portiere Maignan e i due difensori centrali Ibrahima Konaté e Saliba. Per il resto Deschamps ha schierato una formazione dal grosso impatto atletico, scegliendo in mezzo al campo Guendouzi, Manu Koné e Rabiot, e in attacco un tridente composto da Nkunku, Kolo Muani e Marcus Thuram. Insomma, non era facile gestire il pallone contro una squadra che poteva coprire grandi zone di campo e ad altissima intensità.
Il gol realizzato da Rabiot poi ha influenzato l’andamento tattico della partita fin da subito, aiutando la strategia offensiva scelta da Deschamps. La Francia ha giocato una circolazione palla piuttosto prudente, provando a puntare tutto sui duelli individuali di Thuram contro Di Lorenzo e Kolo Muani contro Bastoni, da innescare anche con lanci lunghi dopo averli isolati con i rispettivi marcatori. Da questo punto di vista è stato molto utile il lavoro senza palla di Nkunku che, muovendosi incontro al pallone, tentava di tirare fuori dalla linea difensiva Buongiorno. Dietro il tridente, poi, la fisicità di Guendouzi, Koné e Rabiot ha dominato nella conquista delle seconde palle.
Un esempio del lavoro di Nkunku volto a isolare le altre due punte contro Di Lorenzo e Bastoni.
L’atletismo della Francia ha avuto un ruolo anche nella strategia difensiva pensata da Deschamps. Il tecnico francese, invece che proteggere il centro schierando stretti i suoi tre attaccanti a presidio dello spazio, ha infatti deciso di far seguire i due braccetti, Di Lorenzo e Bastoni, da Thuram e Kolo Muani, anche quando si aprivano a cercare l’ampiezza o si muovevano verso zone più alte del campo. I tre centrocampisti marcavano da vicino le due mezzali Tonali e Frattesi, e Barella.
L’attenzione posta dai giocatori di Deschamps nello svolgimento dei propri compiti difensivi, unita al loro atletismo, ha reso molto difficile la vita all'Italia, che non è quasi mai riuscita a gestire il pallone in maniera pulita.
Thuram e Kolo Muani controllano da vicino Di Lorenzo e Bastoni, più dietro Koné e Rabiot si occupano di Barella e Frattesi. Quando si stacca in profondità, Tonali è seguito a uomo da Guendouzi.
La strategia difensiva francese ha ostacolato la costruzione del gioco da parte dei braccetti, sterilizzando la principale fonte di gioco del 3-5-1-1 di Spalletti. Un dato è piuttosto indicativo: nella partita contro il Belgio, Di Lorenzo e Bastoni avevano giocato rispettivamente 79 e 70 passaggi, Buongiorno 49. Contro la Francia le proporzioni si sono invertite: Buongiorno ha giocato 90 passaggi, Di Lorenzo e Bastoni 65 e 68. Insomma, Deschamps ha mostrato come la fase offensiva degli azzurri sia molto dipendente da alcuni giocatori e dinamiche di gioco, e che non abbia grandi alternative.
Nell’idea di gioco di Spalletti, infatti, i due braccetti hanno un ruolo fondamentale nel porre le basi della pericolosità offensiva della Nazionale attraverso le conduzioni, i passaggi tra le linee o gli inserimenti interni o esterni. La creazione di triangoli dinamici sulle fasce con l’esterno, la mezzala e un giocatore offensivo è il motore della fluidità posizionale dell'Italia e la Francia ha dimostrato di averlo capito bene.
In controluce, questo ha mostrato anche i limiti della rosa a disposizione di Spalletti nel generare vantaggi con iniziative individuali. Insomma, chi dovrebbe sbrogliare le cose quando le cose non funzionano? Ad oggi il giocatore più creativo della squadra sembra essere un esterno di centrocampo, Andrea Cambiaso, forse l’unico che prova, talvolta, a creare vantaggi utilizzando l’arma del dribbling. L’assenza di giocatori offensivi capaci di guadagnare superiorità tramite le iniziative individuali e il dribbling è forse il maggiore problema della Nazionale e, allargando, anche del calcio italiano in generale, pieno di difensori abili a giocare nella difesa a tre e di quinti di centrocampo, ma povero di trequartisti ed esterni offensivi capaci di saltare l’uomo.
La scelta di Spalletti di sposare un’idea di gioco che gran parte dei suoi migliori giocatori conosce bene perché molto simile, attualmente o in passato, a quella dei loro club ha senso per metterli più a proprio agio in un contesto in cui non c'è molto tempo per lavorare. La partita di ieri, contro una squadra dal livello tecnico così alto come la Francia, ha messo però anche in luce la necessità di giocatori e dinamiche di gioco diverse.
LA DIFESA SUI CALCI PIAZZATI
C'è un altro tema che fuoriesce dalla partita di ieri. Con quella contro la Francia, l’Italia infatti ha subito 8 gol nelle 6 partite del girone iniziale della Nations League - tutti, fatta eccezione per quello subito da Barcola dopo soli 13 secondi di gioco allo Stade de France, da calci piazzati. Se anche vogliamo escludere i gol subiti su calcio di punizione diretto, quelli su cross proveniente da calcio piazzato sono ben 5: tre da calcio d’angolo e due da calcio di punizione. Insomma, è abbastanza chiaro che l’Italia ha un problema con la difesa dei calci piazzati.
In questa Nations League gli azzurri hanno deciso di difendere i calci piazzati prevalentemente a zona, con alcune occasionali marcature a uomo. Spalletti ha scelto per proteggere soprattutto il primo palo, schierando tre o quattro uomini a difesa della zona, di cui uno praticamente sul palo, difendendo invece la porta con tre o quattro uomini sulla linea dell’area piccola, e solo uno a protezione del secondo palo.
Nella prima immagine potete vedere la difesa di un calcio d’angolo contro la Francia, a Parigi. L'Italia ha tre uomini a difesa della zona del primo palo, tre sulla linea dell’area piccola e uno nella zona del secondo palo. Le marcature a uomo sono limitate agli avversari che partono da lontano, per disturbarne la rincorsa. Contro Israele, invece, la difesa della zona del primo palo avviene con tre uomini più Tonali, poi ci sono tre uomini al limite dell’area piccola e Dimarco a difesa del secondo palo. La palla calciata da Fani entrerà direttamente in porta, con Donnarumma disturbato da Dor Peretz.
Contro il Belgio, l’Italia ha subito il gol del pareggio di Trossard, che ha raccolto la sponda proveniente da Faes su un corner calciato da De Cuyper nella zona del secondo palo, al di là del castello difensivo degli azzurri. D'altra parte, quella di cercare un saltatore oltre il castello difensivo è una delle soluzioni maggiormente ricercate contro le difese a zona molto strette a difesa della porta. E nella partita contro l’Italia la strategia ha funzionato particolarmente bene: per tre volte Faes ha potuto colpire la palla indisturbato al secondo palo, creando i presupposti per il gol di Trossard e pericoli in serie per la porta di Donnarumma. Solo dopo il terzo colpo di testa di Faes l’Italia ha preso una contromisura, mettendo un uomo all’esterno del castello difensivo a disturbare la rincorsa e lo stacco di Faes.
Nelle prime due immagini si vede come Faes si posizioni ben lontano dal castello difensivo, libero di prendere la rincorsa e saltare. Nella terza il modo in cui l'Italia ha provato ad adattarsi, piazzando un uomo più esternamente a controllare i movimenti di Faes.
Contro la Francia, l’Italia ha subito gol addirittura al primo calcio d’angolo concesso. La squadra di Deschamps ha occupato in massa l’area del portiere e, in maniera piuttosto originale in rapporto alla disposizione degli uomini all’interno dell’area, ha mandato a calciare, da sinistra, un calciatore mancino come Digne.
L’Italia ha disposto due uomini a difesa del primo palo, due uomini in marcatura a uomo all’interno del castello – Di Lorenzo e Locatelli su Kolo Muani e Konaté - tre uomini nei pressi del limite dell’area piccola e Dimarco a presidio della zona al secondo palo. La traiettoria, stretta, ma ad uscire, del mancino Digne, allontanandosi dalla disponibilità dei difensori, ha però trovato il colpo di testa di Rabiot.
Come si può vedere, gli uomini schierati nei pressi della linea dell’area piccola si sono disposti in diagonale, col primo uomo in posizione più avanzata dell’ultimo. Con una palla calciata da un mancino, che si allontana quindi dalla linea di fondo, sarebbe stata più opportuna una diagonale inversa. Forse la difesa di Spalletti è stata lenta a capire che il calcio d’angolo sarebbe stato battuto con il piede sinistro da Digne.
Forse non è un caso che negli altri due corner calciati dalla Francia nella partita – entrambi nel secondo tempo ed entrambi da sinistra da Digne – l’Italia abbia cambiato atteggiamento difensivo utilizzando prevalentemente la marcatura a uomo.
La scelta di difendere a zona è stata riproposta dall’Italia anche in occasione dei calci di punizione laterali, su cui l’Italia ha subito gol dalla Francia con Rabiot e in Israele. In questi casi la difesa di Spalletti si è ordinata su due linee: quella più arretrata è composta dai migliori saltatori, quella immediatamente più avanzata funge anche da disturbo allo stacco degli avversari.
In entrambi i gol, Rabiot anticipa la linea più avanzata azzurra su una palla nemmeno troppo veloce. Non è così immediato restituire delle responsabilità. Nella difesa a zona dei calci piazzati in genere ogni difensore è responsabile della porzione di campo tra sé e il compagno più vicino al pallone posto davanti, oltre ovviamente allo spazio davanti a sé in direzione del centrocampo. Ogni difensore non deve cercare di colpire di testa andando in arretramento ma, come si dice, "attaccando il pallone", cioè uscendo in avanti verso la traiettoria del cross. In occasione del calcio d’angolo contro la Francia, la palla cade tra Buongiorno – più avanzato – e Bastoni, che quindi ha la responsabilità maggiore facendosi anticipare da Rabiot. Sul calcio di punizione, invece, la palla è nella zona di competenza di Locatelli.
Insomma, dalla difesa dei calci piazzati nelle partite di Nations League emerge un mix tra errori individuali, con giocatori troppo passivi nell’attaccare il pallone, e una sorta di impreparazione di fondo delle specifiche situazioni. Un limite che andrà corretto il prima possibile visto quanto peso hanno i calci piazzati nel calcio per Nazionali, soprattutto durante tornei brevi come Europei o Mondiali. Ma anche uno specchio per una Nazionale che ha ancora molta strada da fare prima di tornare ad essere competitiva tra le migliori selezioni al mondo.