Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
Spalletti vuole ripartire dalle cose semplici
09 set 2024
09 set 2024
La partita contro la Francia ha mostrato un'Italia diversa.
(copertina)
IMAGO / Goal Sports Images
(copertina) IMAGO / Goal Sports Images
Dark mode
(ON)

Nella conferenza stampa di presentazione alla sfida contro la Francia di Nations League, all'avvio del biennio che dovrebbe condurci al mondiale del 2026, Luciano Spalletti ha cambiato stile. Ha dismesso i panni dell’allenatore arrogante che avevano condotto la sua Italia al tracollo e la sua figura a un rapido processo di autocombustione, cospargendosi il capo di cenere di fronte a tutta l’opinione pubblica.

Il CT che rimandava sempre al mittente qualsiasi critica si è metaforicamente inginocchiato, chiedendo scusa a un intero Paese dopo aver evidentemente riflettuto a lungo durante «un’estate bruttissima», come ha raccontato di averla vissuta personalmente, «sempre in campagna a casa mia, non sono andato da nessuna parte: mi dava fastidio l’aver fatto vivere un momento così negativo ai tifosi della Nazionale».

Nel suo processo di autocoscienza Spalletti ha detto di aver riconsiderato tutti gli aspetti: da quello della gestione mentale del gruppo – «Probabilmente ho messo ai miei giocatori troppa pressione e non ho dato loro la possibilità di gustarsi la maglia dell’Italia» – a quello tattico, il più grande fallimento di Euro 2024. Ha sottolineato un’eccessiva ambizione della proposta di gioco e una scarsa possibilità di adattamento dei giocatori alle richieste, da lui stesso definite «un po’ troppo esigenti. Volevamo difendere a 4 e costruire a 3, cambiare vestito durante la partita, e probabilmente questo è stato un errore».

Come ampiamente annunciato nel pre-partita, quindi, l’Italia del biennio 2024-2026 riparte dal caposaldo della difesa a 3 che, del resto, è lo schieramento in cui tutti i nostri migliori difensori giocano e hanno giocato abitualmente nei vari club. Difesa a 3 che nella singola stagione della Nazionale con Spalletti alla guida, nelle partite ufficiali e non nelle amichevoli, era stata utilizzata solo nell’ultima sfida del girone degli Europei contro la Croazia. Se ne era discusso parecchio. Un giornalista aveva domandato se non fosse forse, quella scelta, un “patto di spogliatoio” tra giocatori e CT. Spalletti rispose in modo molto piccato, suggerendo implicitamente, che forse il giornalista avesse colto nel segno e che il modulo a 3 dietro fosse evidentemente una richiesta dei calciatori.

Le assenze di Darmian e Acerbi, motivate da una programmazione a visione pluriennale, hanno quindi invogliato il tecnico a puntare in difesa sul trio Di Lorenzo-Bastoni-Calafiori, lasciando Buongiorno ancora in panchina. Frattesi e Tonali sono state le due mezzali a fianco di Ricci, con Cambiaso a destra e Dimarco a sinistra a tutta fascia. Spalletti ha completato il 3-5-2 di Parigi con Pellegrini seconda punta in appoggio a Retegui, ma non ha escluso che nel corso del biennio si possa anche passare al 3-4-2-1, o 3-4-3 che dir si voglia, seppur per queste due partite contro Francia e Israele abbia nuovamente escluso tutti gli esterni mancini – Politano e Orsolini – oltre a Chiesa per evidenti motivi di ritardo di condizione.

Eppure, nonostante i notevoli cambiamenti tattici, i primi 15 secondi di Francia-Italia hanno messo in scena un tremendo dejà vu dell’Europeo: un pacchiano errore in disimpegno di Di Lorenzo, forse il peggiore della spedizione azzurra a Euro 2024, ha spalancato le porte al precoce vantaggio della Francia con la firma di Barcola, in modo sinistramente simile a quanto avvenuto nella sfida contro l’Albania. Era lecito aspettarsi un crollo nervoso al cospetto di una delle nazionali più forti ed esperte del panorama mondiale, invece l’Italia ha saputo invertire la rotta tirando fuori dai suoi giocatori quella personalità che non si era vista qualche settimana fa.

La ricostruzione tattica dell’Italia di Spalletti

Il tentativo di far risorgere la Nazionale, avendo deciso di mantenere la stessa guida tecnica, passa però anche sul piano tattico oltre che su quello nervoso. Seppur ancora condizionato da molte incognite (su tutte: cosa succederà quando nell’elenco dei convocati torneranno Chiesa e Barella?) Il 3-5-2 della nuova Italia ha semplificato gli obiettivi tattici della squadra. Nel post-partita Spalletti ha sottolineato, riassumendo grossolanamente, che «i ragazzi si sono ritrovati una volta che sono stati rimessi tutti nelle loro posizioni»: probabilmente la consapevolezza della difficoltà di riproporre il calcio ambizioso che lo aveva fatto trionfare a Napoli, in un contesto così diverso come quello della Nazionale dove di tempo per costruire un calcio ambizioso ce n’è molto poco, è una lezione che il nostro CT sembra aver imparato al duro impatto con la realtà del campo.

La personalità della squadra e la sua efficacia dal punto di vista tattico sono quindi passate inevitabilmente attraverso la tecnica e la visione di gioco di Riccardo Calafiori. Favorito anche da una certa passività della Francia in fase di non possesso e dall'incapacità di indirizzare la manovra degli azzurri sul lato destro, l’ex difensore del Bologna – secondo Whoscored – è stato l’uomo tra i tre del reparto arretrato ad aver toccato per più volte il pallone (76 volte). Gli esterni alti francesi (Olise a destra, Barcola a sinistra) avevano prevalentemente la consegna di schermare i passaggi verso le mezzali azzurre anziché uscire direttamente sui due braccetti: in questo modo l’Italia ha spesso potuto coinvolgere Calafiori nella manovra riuscendo a respirare e a prendere progressivamente padronanza del campo dopo un inizio shock.

Grazie all’abitudine acquisita soprattutto nel Bologna di Thiago Motta, Calafiori consentiva al lato sinistro di essere più fluido posizionalmente rispetto al lato destro in cui agivano Di Lorenzo, Cambiaso e Frattesi. I movimenti sia al di là della prima linea di pressione francese, che in ampiezza ad alzare o a stringere la posizione di Dimarco, erano funzionali a provare a togliere i punti di riferimento ai giocatori di Deschamps. Di contro, dal lato opposto, l’utilizzo di Cambiaso a piede invertito, con conseguenti ricezioni spesso statiche, non ha invogliato Di Lorenzo alle sovrapposizioni a lato dello juventino che, per esempio, in Serie A hanno portato al suo recente gol al Bologna.

Nelle immagini sotto, diversi esempi delle libere interpretazioni posizionali di Calafiori lette con efficacia dai compagni nell’ottica di una corretta e fluida occupazione degli spazi. Nella prima è Dimarco a muoversi accentrandosi, subito riconosciuto da Calafiori che fa una classica sovrapposizione.

Nella seconda, Calafiori si alza subito oltre il primo uomo francese in pressione (Mbappé) potendo giocare a muro sul terzo uomo, Dimarco, che si abbassa per costruire. Nella terza, il difensore dell’Arsenal si accentra di nuovo in mezzo al campo occupando la posizione della mezzala e invogliando Tonali a tagliare in profondità: Dimarco riconosce la situazione e si abbassa ancora per costruire.

Nella quarta e ultima immagine Calafiori va addirittura ad associarsi con il lato destro: l’immediatezza con la quale Frattesi si alza per lasciargli spazio fa presupporre che i compagni siano ormai preparati ai suoi movimenti.

L’Italia, quindi, sta provando a ritrovare quella fluidità che, complice anche i numerosi cambi di modulo, era clamorosamente mancata agli Europei - e in particolare nella tragica prestazione contro la Svizzera agli ottavi. Calafiori, nello specifico, sta ulteriormente aumentando la propria personalità e la propria influenza sulla fase di possesso azzurra, andando a occupare indistintamente qualsiasi posizione ritenga che, nella situazione specifica, lo renda più incisivo. Il tutto è possibile grazie a un repertorio tecnico completo che gli permette, in una manciata di secondi, di potersi trasformare da difensore centrale a trequartista rifinitore. I suoi continui cambi di posizione saranno importanti anche quando l'Italia si troverà ad affrontare una squadra che proverà a pressarla, diversamente dalla Francia.

Per come voleva difendere la Francia, hanno avuto grande importanza i movimenti della seconda punta italiana alle spalle dei centrocampisti avversaria. Nel primo tempo è stato Pellegrini a ricoprire quella posizione, nel secondo tempo è invece entrato al suo posto Raspadori: i due difensori centrali francesi non rompevano mai la linea e restavano sempre fissi su Retegui, favorendo così una traccia diretta dai difensori azzurri alla seconda punta che si associava soprattutto in raccordo con i centrocampisti che non invece con il centravanti, rimasto sempre piuttosto isolato.

Secondo le statistiche Wyscout, Calafiori con un passaggio ha raggiunto direttamente per ben 8 volte Raspadori e per 6 volte Pellegrini, a sua volta raggiunto 4 volte anche da Bastoni, permettendo a tratti all’Italia di poter disporre anche di una manovra più diretta. Una volta ricevuto il pallone alle spalle del centrocampo francese, Pellegrini ha spesso aperto a memoria sugli esterni che partivano già alti e ampi, consapevoli di ricevere da lui, soprattutto a destra – 7 sono stati i passaggi riusciti dal capitano della Roma verso Cambiaso in soli 45 minuti: così, per esempio, è nata l’occasione del gol del pareggio di Dimarco nel primo tempo.

Una situazione tattica magari consentita forse dall’atteggiamento difensivo lacunoso della Francia, ma comunque specchio anche della qualità tecnica dei nostri difensori.

Raspadori ha svolto un lavoro un po’ diverso, arrivando ad abbassarsi persino al di qua della linea dei due di centrocampo della Francia. Pur senza scaricare sugli esterni, come spesso fatto da Pellegrini, i movimenti incontro di Raspadori ad aiutare il fraseggio erano subito letti dalle due mezzali che andavano ad occupare gli spazi tra le linee.

Insomma, non si è trattato del classico 3-5-2 all’italiana che ci riporta con la memoria alla Nazionale di Conte di Euro 2016. Spalletti desidera un calcio più fraseggiato e meno verticale, un obiettivo da perseguire anche attraverso la fluidità posizionale e non solo per la qualità di alcuni interpreti e la loro abitudine a giocare in club dal contesto tattico funzionale in questo senso – l’Inter su tutti. Insomma, Spalletti ha fissato alcuni riferimenti in più, ma non ha rinunciato ad alcuni principi.

Bisogna parlare delle prove di grande personalità di Ricci e di un ritrovato Tonali, che dopo la squalifica per il caso scommesse di un anno fa sembra aver recuperato una voglia di rivalsa che ci fa tornare all'estate del 2021, dopo la prima stagione difficile al Milan.

La scelta della difesa a 3 favorisce anche gli esterni a tutta fascia: soprattutto Dimarco, le cui eccelse qualità tecniche non sono pareggiate da quelle atletiche, beneficia enormemente dei frequenti cambi di campo che gli permettono una ricezione in posizione già avanzata, con la possibilità di effettuare presto una giocata incisiva nell’ultimo terzo di campo – che sia un cross o un tiro, come in occasione del meraviglioso gol dell’1-1 – senza la necessità di effettuare una lunga progressione palla al piede. A destra è stato preferito per ora Cambiaso a Bellanova, anche lui forse proprio perché più adatto alle ricezioni alte e statiche sulle frequenti aperture e sui cambi di gioco.

Schierarsi con il 3-5-2, banalmente, consente inoltre anche una migliore copertura difensiva nelle zone centrali, un fattore incisivo nella sfida al Parco dei Principi per limitare le pericolose combinazioni al centro tra Mbappé e Griezmann. Anche all’Europeo, nonostante la prestazione tutto sommato molto scialba, la partita contro la Croazia fu quella in cui l’Italia concesse meno in fase difensiva, col rovescio della medaglia di una prova inconsistente in quella offensiva. Eppure, quando nel pre-partita Spalletti sottolineava come «Mbappé si marca di squadra, con l’aiuto di tutti», il riferimento era proprio alla necessità di consolidare l’efficacia del blocco basso come uno dei capisaldi da cui ripartire nel nuovo biennio, nonostante una prima fase di pressing in cui l’Italia ha accoppiato naturalmente tutti i suoi uomini sul 4-2-3-1 francese, pur ripiegando in un secondo momento in una fase difensiva più attendista. Abbiamo detto che i principi erano gli stessi, ma senza il pallone l'Italia ha avuto intenzioni piuttosto diverse.

Nelle immagini sotto, un esempio dei vantaggi della difesa a 3. Soprattutto con Calafiori in campo, non sempre impeccabile nei duelli difensivi corpo a corpo, un’ulteriore copertura alle spalle è fondamentale: in questo caso, la combinazione Mbappé-Griezmann con il filtrante del giocatore dell’Atletico per quello del Real attira fuori posizione prima Calafiori e poi Bastoni; la lettura in anticipo e la copertura di Di Lorenzo, nella seconda immagine, vanificano il tentativo francese di imbucata. In generale, il lavoro con la difesa a 3 di Conte a Napoli, che sembra puntare con continuità su Di Lorenzo proprio in quella posizione di braccetto difensivo, potrà ulteriormente aiutare l’ex empolese a trovare i giusti riferimenti con sempre più automatismo.

Se si eccettuano alcuni spunti di Barcola, il migliore, la Francia è stata poco incisiva, soprattutto per via dell’inconsistenza del lato destro formato dal terzino Clauss e dall’esterno Olise – il che accresce la fondatezza delle critiche per l’esclusione di Pavard dai convocati. Come al solito Mbappé preferiva partire da fuori e soprattutto spostandosi verso il lato sinistro, ritrovandosi però nel traffico della difesa azzurra e riuscendo solamente a effettuare 2 tiri, di cui uno solo nello specchio della porta. L’incapacità dei francesi di attaccare la profondità sulle ricezioni più arretrate del loro uomo migliore ha ulteriormente facilitato la difesa azzurra in una prestazione incoraggiante.

Quali sono ancora i punti interrogativi?

I gol della vittoria sono arrivati nel secondo tempo, prima in un break veloce capitalizzato dal solito inserimento di Frattesi, poi attraverso una progressione di Udogie con palla in mezzo finalizzata da Raspadori. In entrambe le occasioni ci sono amnesie individuali di alcuni giocatori transalpini: le pesanti critiche che Maignan ha rivolto nello spogliatoio all’atteggiamento dei suoi compagni di squadra potrebbero suggerire che la Francia abbia perfino sottovalutato gli azzurri, soprattutto dopo il precoce vantaggio. Al di là della semplificazione tattica, è possibile che l’atteggiamento dei giocatori della nostra Nazionale sia stato più positivo del solito proprio per il fatto di essersi sentiti compresi dal loro CT, che gli ha alleggerito le consegne.

Le incognite non mancano e non verranno sciolte in ogni caso neanche dalla sfida contro Israele. La prima è certamente legata al rientro di Chiesa nei convocati, quasi sicuramente alla prossima sosta: il neo-acquisto del Liverpool non può svolgere lo stesso lavoro di raccordo da seconda punta che abbiamo visto fare a Pellegrini e Raspadori nella sfida di Parigi. Chiesa, a questo punto, costringerebbe Spalletti a una modifica della sua squadra: se non nel modulo, con l’eventuale passaggio al 3-4-2-1, quanto meno nelle associazioni dei giocatori e nelle loro interpretazioni posizionali. L’ex juventino ama ricevere più largo soprattutto a sinistra, in quello che al momento sembra essere il lato più fluido e creativo della Nazionale, ma con la sua presenza in campo in un eventuale 3-5-2 si modificherebbero le rotazioni su quel lato e soprattutto verrebbe a sguarnirsi la zona centrale per delle ricezioni, per cui le mezzali dovrebbero lavorare di più in inserimento verticale.

Poi ci sarà il rientro di Barella: è lecito chiedersi a questo punto se uno tra Tonali e Frattesi – apparsi entrambi in splendida forma in entrambe le fasi – andrebbe a sedere in panchina o se, invece, magari lo stesso Frattesi verrebbe spostato nel ruolo di mezzapunta. Una posizione in cui soffre i propri limiti tecnici. In questo senso è lecito attendersi che Spalletti prenda in considerazione anche Brescianini per quella posizione: decisiva sarà la crescita del neo-acquisto dell’Atalanta sotto le mani di Gasperini. Già dalla partita contro Israele potrebbe ricoprire quel ruolo, ma con caratteristiche un po’ diverse, anche Moise Kean, un profilo più adatto alle ricezioni tra le linee e alle combinazioni con la prima punta piuttosto che un centrocampista incursore proprio come Frattesi o Brescianini, ma comunque sempre con meno attitudine al fraseggio rispetto a Pellegrini e Raspadori.

C’è poi il nodo legato agli esterni offensivi mancini, Politano e Orsolini in questo momento. Spalletti era presente al Dall’Ara per assistere a Bologna-Udinese nella quale i giocatori italiani schierati erano pochi e Orsolini è stato il migliore in campo: la porta per questi due giocatori sembra ancora aperta, soprattutto per rinforzare offensivamente il lato destro che è sembrato il più rigido e il meno creativo. L’abbondanza a centrocampo, soprattutto dopo il rientro di Tonali, potrebbe però suggerire al CT azzurro di proseguire sulla strada del 3-5-2, un modulo che del resto – al di là delle sue possibili molteplici interpretazioni, anche super-offensive – pare ormai essere diventato una sorta di dogma costituzionale del nostro calcio.

Non era scontato che il tecnico di Certaldo ricevesse una seconda occasione dalla Federazione dopo il disastro di Euro 2024: il suo grande merito sembra quello di aver compreso, a freddo, gli errori commessi e di essere determinato a cambiare tutto ciò che c’era di sbagliato nella sua Italia precedente proprio per sfruttare al meglio questa seconda occasione. Per ora. Bisognerà vedere come reagirà la squadra a una partita con più pressione, come saranno quelle del girone di qualificazione. Qualificarsi al Mondiale è un obbligo.

Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura