Il primo grande torneo internazionale deciso ai calci di rigore è stato, nel 1976, proprio il campionato europeo. 45 anni fa nella finale di Belgrado la Cecoslovacchia sconfisse la Germania Ovest con il rigore decisivo e iconico di Antonin Panenka dopo l’errore di Uli Hoeness. Da allora nessuna finale degli Europei era stata decisa dai calci di rigore, fino a ieri. La lotteria dei rigori ha consegnato il titolo di Campione d’Europa all’Italia di Roberto Mancini grazie alle due parate di Donnarumma sui tiri dal dischetto di Sancho e Saka e al palo colpito da Rashford.
Il pareggio al termine dei tempi supplementari è stato il risultato di una partita in cui le scelte di Gareth Southgate e il precocissimo gol di Luke Shaw hanno disegnato un quadro tattico piuttosto chiaro che ha visto l’Italia dominare ampiamente il possesso del pallone e l’Inghilterra, disposta con un blocco bassissimo, preoccupata quasi esclusivamente di difendere l’iniziale rete del vantaggio.
La scelta di Southgate
Come fatto contro la Germania l’allenatore inglese ha scelto di non affidarsi a una difesa a 4, utilizzata per gran parte del torneo, per schierare i suoi uomini con una linea difensiva a 5, con Trippier e Shaw sugli esterni e Walker, Stones e Maguire in mezzo. Davanti ai difensori Southgate ha piazzato la consueta coppia formata da Declan Rice e Kalvin Phillips, con Sterling e Mount ai fianchi di Harry Kane. La scelta è sembrata subito vincente perché il gol del vantaggio inglese è nato da una ripartenza manovrata finalizzata da un cross dell’esterno Trippier raccolto con un bel tiro a volo dall’esterno del lato opposto Shaw, lasciato forse troppo libero da Di Lorenzo.
L’azione nasce da Kane che si abbassa per ricevere il passaggio di uscita dalla linea difensiva da Shaw. Kane si gira verso destra e trova Trippier sul lato debole. Emerson, sulla ripartenza è in leggero ritardo ed è costretto a seguire la sovrapposizione esterna di Walker, costringendo Chiellini a uscire a contrasto di Trippier. Sul cross Barella si prende l’onere di assorbire l’inserimento di Kane in mezzo, ma ciò non basta a evitare che Di Lorenzo, preoccupato dal centravanti inglese, faccia un passo verso il centro lasciando troppo spazio a Shaw.
Il primo quarto d’ora di gioco è stato probabilmente il miglior periodo della partita per l’Inghilterra. Dopo il gol di Shaw gli uomini di Southgate sono apparsi in controllo della partita pur lasciando il pallone all’Italia. La fisicità della difesa inglese e della cerniera costituita da Phillips e Rice è sembrata in grado di rendere inaccessibili gli ultimi 20 metri di campo agli avversari e costituire una buona base per le ripartenze. L’Inghilterra ha utilizzato i movimenti verso il pallone di Kane, non seguito da Bonucci o Chiellini e non marcato dai centrocampisti, per attaccare il lato sinistro della difesa italiana coi cambi di gioco del centravanti del Tottenham dal centro-sinistra, la sua zona di ricezione preferita, verso il lato debole del proprio attacco. Gli unici tre cross su azione di Trippier, tutti estremamente pericolosi, sono stati calciati nei primi 11 minuti di gioco, a testimonianza delle difficoltà degli azzurri nei primi 15 minuti di gioco.
Nel quarto d’ora iniziale della partita l’Italia è sembrata non trovare le misure per contrastare gli attacchi inglesi. Oltre ai movimenti di Kane gli azzurri hanno sofferto nella zona dei terzini, attirati al centro dai movimenti negli half-spaces di Mount e Sterling, attaccata con costanza da Trippier e, soprattutto, sul lato opposto da Shaw.
10 minuti dopo il gol di Shaw un’altra azione analoga per l’Inghilterra. Kane si abbassa a ricevere il passaggio di Maguire e apre per Trippier sul lato debole.
Tuttavia, ben presto, le scelte di Southgate hanno mostrato le prime conseguenze negative, inizialmente sulla fase offensiva della squadra. Il baricentro basso adottato in fase di non possesso palla, unito alla rinuncia quasi integrale di cercare una riconquista più avanzata del pallone, hanno abbassato troppo Trippier e Shaw e, soprattutto, impedito all’Inghilterra di recuperare il possesso più vicino alla porta avversaria. Inoltre, con l’Inghilterra bassa negli ultimi 40 metri di campo, l’Italia è riuscita a organizzare un possesso che le ha garantito compattezza in fase di transizione negativa e, di conseguenza, la possibilità di riaggressione immediata. La riconquista del pallone da parte degli inglesi, piuttosto agevole a ridosso della propria area di rigore durante tutto il primo tempo, non è quindi mai stata seguita da una transizione offensiva capace di coprire velocemente l’eccessiva distanza per giungere dalle parti di Donnarumma o, in alternativa, di consolidare il possesso nella metà campo dell’Italia. Anche la scelta di schierare Sterling sul lato destro dell’attacco, per approfittare in transizione delle continue avanzate di Emerson Palmieri, ha prodotto risultati miseri per gli uomini di Southgate, incapaci di innescare in transizione l’attaccante del Manchester City.
Il tiro di Shaw al secondo minuto che ha portato in vantaggio gli inglesi è rimasto l’unico degli uomini di Southgate nel primo tempo e l’unico tiro su azione in 120 minuti. Un bilancio d’attacco davvero misero per una squadra che in rosa aveva a disposizione un'enorme quantità di talento offensivo.
Solo 6 tiri in porta, di cui uno su azione e 0.6 xG per l’Inghilterra di Southgate
La progressiva perdita della capacità di proporre una fase offensiva continua ed efficace non è stata accompagnata, inizialmente, da analoghi problemi in fase puramente difensiva. Gli inglesi si sono disposti bassi con il loro 5-2-3, mirato a controllare il lato forte – quello sinistro - dell’attacco italiano con la coppia Trippier-Walker, supportati dal lavoro di Kalvin Phllips nella zona di Verratti, mentre Declan Rice ha svolto egregiamente il doppio lavoro di controllo degli inserimenti di Barella, che ha sofferto fisicamente il mediano del West Ham, e di protezione della linea difensiva. L’asimmetria dell’attacco italiano ha forzato, a specchio, le diverse scelte difensive sulle due fasce di Southgate. A destra, Walker ha seguito piuttosto da vicino Insigne nei suoi movimenti interni, lasciando a Trippier il controllo delle corse esterne di Emerson Palmieri. A sinistra invece Maguire è rimasto vicino a Stones controllando Immobile, con Shaw in marcatura su Chiesa, spesso posizionato in isolamento sul lato debole dell’attacco italiano.
La fase offensiva degli azzurri
Nel primo tempo l’Italia, pur prendendo presto il dominio del possesso, non ha trovato la chiave per attaccare una difesa fisica come quella di Southgate. Il pressing occasionalmente proposto dagli inglesi, più orientato a rallentare la risalita del pallone azzurro che al recupero aggressivo del pallone, è stato gestito piuttosto bene dagli azzurri che con la consueta disposizione fluida in costruzione 3+2 sono riusciti con continuità a portare il pallone nella metà campo avversaria. I problemi per gli uomini di Mancini nascevano quando, abbassata la difesa inglese, l’attacco azzurro si trovava a dovere affrontare il 5-4-1 avversario chiuso, compatto e atleticamente dominante degli avversari. Il maggiore problema della fase offensiva italiana è stato quello di muovere la difesa inglese, spostare i giocatori e portarli così su un terreno a loro meno congeniale. L’Italia nel primo tempo ha invece talvolta avuto poca pazienza, cercando di attaccare troppo presto e senza avere preventivamente mosso i centrali e i mediani avversari, trovandosi così a sbattere contro il muro difensivo di Southgate. In particolare alcuni aspetti del gioco offensivo azzurro hanno favorito la tattica difensiva degli inglesi.
A mancare è stato principalmente il contributo di Immobile, il cui gioco spalle alla porta e venendo incontro al pallone, fondamentale per attirare fuori dalla linea uno dei centrali avversari, è stato di qualità troppo bassa per essere funzionale allo scopo. Al tempo stesso, con Barella controllato perfettamente da Rice, il gioco tra le linee degli azzurri era tutto ad appannaggio di Insigne, sulle cui piste però Southgate aveva messo Walker. Infine troppo pochi sono sembrati gli attacchi arrivando da dietro alla linea difensiva inglese che per questo è sempre potuta rimanere stretta e ordinata a difesa di Pickford.
Nel primo tempo il maggiore pericolo creato dall’Italia è arrivato dalla ormai solita azione individuale di Federico Chiesa, sempre più capace di accendersi improvvisamente e creare praticamente dal nulla minacce per la porta avversaria. Per il resto, le difficoltà degli azzurri nel mettere pressione alla difesa inglese si sono tradotte in un eccesso di conclusioni dalla distanza e nel troppo prevedibile tentativo di innescare Chiesa isolato sulla destra, marcato da vicino da Shaw. L’esterno sinistro inglese ha potuto tranquillamente staccarsi dal centrale di sinistra Maguire, sicuro del lavoro di copertura in quella zona di Rice su Barella.
Gli aggiustamenti di Mancini
Dopo 9 minuti dall’inizio del secondo tempo Roberto Mancini ha operato due sostituzioni che hanno cambiato il volto dell’attacco dell’Italia. Il tecnico azzurro, inserendo Berardi per Immobile, ha spostato Insigne nella posizione di centravanti, con Chiesa a sinistra e il nuovo entrato a destra. La mobilità e la capacità di giocare efficacemente la palla di Insigne hanno fornito un contributo fondamentale nel muovere, finalmente, la difesa inglese, privandola oltretutto di un riferimento fisso come Ciro Immobile. In aggiunta Chiesa, spostato sul lato forte dell’attacco italiano, è stato maggiormente coinvolto nella manovra ed è stato così in grado di rendersi pericoloso con maggiore continuità.
Dopo le sostituzioni l’Italia si rende immediatamente pericolosa sfruttando le caratteristiche del nuovo schieramento. Insigne riceve allontanandosi dalla linea difensiva avversaria, si gira e apre per Chiesa. L’esterno punta Walker e mette una palla in mezzo raccolta da Insigne che arriva in velocità da dietro e anticipa Stones. Il tiro di Insigne sarà ribattuto da Pickford.
Grazie allo spostamento di Insigne, l’Italia è riuscita finalmente a muovere i centrali avversari e togliere loro un riferimento da marcare. Spostando Chiesa, invece, gli ha permesso di essere più coinvolto e a suo agio con il pallone tra i piedi. Con la sostituzione di Barella il tecnico italiano ha invece provato a aumentare i necessari inserimenti sulla linea difensiva avversaria, individuando in Cristante il giocatore più adatto allo scopo e nell’ampio corridoio tra Maguire e Shaw la zona in cui potere attaccare da dietro la difesa inglese. A corredo delle sostituzioni Mancini ha aperto la posizione di Di Lorenzo, per creare maggiori problemi a Shaw e provare a distrarre Rice dall’incessante lavoro di copertura sul centro-sinistra della difesa inglese.
Anche queste mosse, indirettamente, hanno contribuito a migliorare l’efficacia dell’attacco azzurro che nel quarto d’ora successivo alle sostituzioni di Mancini ha creato le migliori occasioni da rete della partita. Dopo l’occasione di Insigne, Chiesa, con un’altra formidabile azione personale, ha costretto Pickford a un’ottima parata bassa sulla propria sinistra e infine Bonucci è riuscito a pareggiare su un’azione da calcio d’angolo nato da una trama di gioco che aveva proprio provato a sfruttare la nuova posizione in campo di Federico Chiesa e l’inserimento di Cristante alle spalle di Maguire.
Cristante si inserisce nella zona tra Maguire e Shaw e Chiesa prova a raggiungerlo con un cross che Maguire spizzerà di testa mettendo il pallone in calcio d’angolo.
Il finale della partita
Raggiunto dal gol del pareggio di Bonucci, Southgate ha provato a cambiare il volto della propria squadra inserendo Saka per Trippier e passando al 4-3-3 con Mount in posizione di mezzala sinistra e, successivamente, sostituendo il migliore in campo dei suoi, Declan Rice – vincitore di ben 14 dei 19 duelli giocati - , con Jordan Henderson che è andato ad occupare la posizione di mezzala sinistra. Le sostituzioni di Southgate hanno alzato il baricentro della squadra, ma non hanno risolto i problemi offensivi dei suoi uomini. L’Inghilterra non è riuscita a mettere in difficoltà la difesa azzurra, grazie anche al lavoro di Bonucci e Chiellini, che hanno controllato perfettamente Kane e Sterling.
L’infortunio di Chiesa, sostituito da Bernardeschi, e la sostituzione di Insigne con Belotti, sempre per qualche piccolo problema fisico, hanno tolto brillantezza all’attacco azzurro. Pur continuando a controllare con relativa facilità gli attacchi inglesi e a gestire con sufficiente maestria il pallone gli azzurri non sono più riusciti a tenere il possesso costantemente nella metà campo avversaria e a creare concreti pericoli per Pickford, anche se Bernardeschi è arrivato a pochi centimetri dal gol al culmine di una bella ripartenza. L’ingresso di Grealish, spesso decisivo nella costruzione dei gol dell’Inghilterra, per Mount, è arrivato solo a 6 minuti dalla fine del primo tempo supplementare, dando agli inglesi un giocatore fresco e in grado di mettere quasi da solo in apprensione la difesa azzurra nel secondo tempo supplementare. Southgate ha ritardato molto i suoi cambi, fino ad arrivare a inserire Sancho e Rashford per Walker e Henderson al minuto 120, (paradossalmente privandosi di due ottimi difensori in occasione di un calcio d’angolo a favore dell’Italia). Una mossa che a posteriori si è rivelata disastrosa.
Una vittoria meritata
Pur non giocando una partita perfetta e incontrando nel primo tempo parecchie difficoltà contro la solida difesa inglese, l’Italia di Roberto Mancini è riuscita ad aggiudicarsi ai rigori una partita terminata in parità ai supplementari, ma che ha meritato di vincere più dell’Inghilterra per il gioco espresso e le occasioni da gol create. Il precoce gol di Shaw aveva disegnato i presupposti per una partita complicata per gli azzurri che, in effetti, nei primi 45 minuti non sono riusciti a trovare la pazienza e le trame necessarie a muovere e disordinare una difesa molto fisica e compatta come quella inglese. La rinuncia ad Immobile, sostituito al centro dell’attacco da Insigne, capace di staccarsi dalla linea difensiva avversaria e di gestire con qualità il pallone muovendo Stones e Maguire, è stata forse la chiave decisiva con cui Mancini è riuscito a mettere finalmente sotto pressione la retroguardia di Southgate, caduta infine sul gol di Bonucci.
Gli azzurri, pur non eccessivamente brillanti, hanno avuto l’enorme merito di appoggiare la loro prestazione sul lavoro svolto dallo staff tecnico negli ultimi tre anni, continuando a ricercare il possesso, le ricezioni alle spalle degli avversari, la rotazione delle posizioni e l’occupazione dell’ampiezza anche in una serata non troppo felice tecnicamente e contro le difficoltà proposte dalla difesa dell’Inghilterra. Il gioco costruito da Mancini dall’inizio del suo incarico come allenatore della Nazionale ha fornito la base con cui l’Italia è riuscita ad abbassare l’Inghilterra, con la complicità di Southgate, e a disconnettere la difesa britannica dal proprio attacco, rendendo troppo difficoltose e lunghe le transizioni offensive inglesi e creando i presupposti per la riconquista rapida del pallone. Su questa base Mancini è stato poi più abile di Southgate nel leggere le esigenze particolari del match e a cambiare a partita in corso raggiungendo il meritato pareggio.
Una serie incredibile di 34 partite senza sconfitte e la bontà complessiva del gioco espresso dalla nazionale italiana negli ultimi 3 anni giustificano ampiamente il titolo europeo conquistato a Wembley, ancora più meritato se si pensa che il punto di partenza dell’Italia era la storica eliminazione dai Mondiali di Russia nello spareggio contro la Svezia.
L’Inghilterra, che aveva creduto di potere finalmente portare a casa un titolo dopo il campionato del mondo vinto in casa nel 1966 con il gol fantasma di Geoff Hurst, deve interrogarsi sulla strategia adottata da Southgate, sia nel corso dell’intero campionato europeo che nella finale contro l’Italia. Il tecnico britannico ha puntato tutte le sue fiches sulla solidità difensiva, non rinunciando mai alla coppia di mediani costituita da Rice e Phillips e lasciando in panchina buona parte – Foden, Grealish, Sancho, Rashford – dell’enorme talento offensivo a disposizione. Il risultato è stata la migliore difesa per torneo, capace di non subire nemmeno un gol su azione, ma una fase offensiva non troppo armonica e continua e un atteggiamento in campo spesso eccessivamente reattivo.
Nella partita contro l’Italia Southgate ha ulteriormente abbassato il livello qualitativo della sua squadra togliendo un giocatore offensivo per inserire Trippier con il chiaro scopo di controllare il lato forte della costruzione del gioco dell’Italia. Una scelta sensata, ma in fondo un adeguamento di tipo reattivo ai punti di forza dell’avversario piuttosto che un tentativo di mettere in crisi in maniera coraggiosa i meccanismi di gioco degli avversari. Nel primo tempo la parte difensiva del piano di Southgate, ovvero il controllo della partita tramite il controllo dello spazio difensivo per mezzo della fisicità della squadra, ha funzionato, ma è del tutto mancata la fase offensiva. Il primo quarto d’ora di gioco aveva mostrato come l’Inghilterra avrebbe potuto mettere davvero in difficoltà la squadra di Mancini: sovrapposizioni esterne di Walker su Trippier, coinvolgimento avanzato degli esterni, gioco tra le linee di Kane, Mount e Sterling, ma ben presto l’Italia ha preso il pallone e il carattere puramente reattivo della squadra di Southgate non ha permesso di ribaltare l’inerzia del match. Durante la partita poi, gli aggiustamenti di Mancini sono stati ampiamente più efficaci di quelli del suo collega inglese.
Infine gli errori dal dischetto di Sancho e Rashford, due giocatori quasi marginali nel corso dell’intero europeo, entrati al 120 minuto come rigoristi, somigliano sinistramente a una legge del contrappasso per Gareth Southgate, punito per avere rinunciato a gran parte del proprio talento offensivo, utilizzandolo solo per calciare i tiri di rigore finali.