Circa due anni fa l’Italia veniva dolorosamente eliminata dalla Svezia nei gironi di qualificazione al Mondiale di Russia 2018, 60 anni dopo l’ultima eliminazione subita, quella volta ad opera dell’Irlanda del Nord. La storica disfatta sportiva segnava il fallimento di una gestione tecnica – quella di Gian Piero Ventura – apparsa inadeguata al compito che le era stato assegnato, cioè per lo meno la qualificazione al Mondiale, e che sembrava rappresentare il declino tecnico dell’intero movimento calcistico italiano. Insomma, era davvero difficile immaginare che solo due anni dopo la nazionale italiana avrebbe chiuso trionfalmente il proprio girone di qualificazione alla fase finale dell’Europeo, vincendo 10 partite su 10, inanellando vari record, ponendo oltretutto le basi per un profondo rinnovamento della squadra con l’inserimento nel gruppo dei convocati di tanti giocatori giovani e in fase ascendente della propria carriera.
Il progetto tattico
Fin dalle prime amichevoli della sua gestione nell’estate del 2018 e le prime due partite di Nations League, Mancini ha iniziato fin da subito a plasmare un progetto tecnico netto e coerente, che ha portato intatto fino ad oggi e che ha condotto l’Italia ai risultati entusiasmanti di cui abbiamo appena parlato.
In particolare, il disegno tattico di Mancini prevede una squadra che, utilizzando diversi strumenti tattici propri del gioco di posizione, vuole dominare il possesso e recuperare il pallone in zone avanzate del campo. L’Italia adotta uno schieramento fluido che, partendo dal 4-3-3 con cui Mancini dispone la squadra in fase di non possesso, si muove per generare uno scaglionamento che agevoli la circolazione corta del pallone. La transizione tra la fase difensiva e quella di possesso prevede che la nazionale si schieri in fase di costruzione con tre uomini arretrati, lasciando vicino ai centrali uno dei due terzini e alzando l’altro fin sulla linea della trequarti avversaria.
In mezzo al campo Jorginho viene supportato da una delle mezzali che, rimanendo vicino al regista brasiliano, costruisce, assieme ai tre difensori, un base sicura di impostazione della manovra, capace quasi sempre di garantire superiorità numerica alla fase di prima impostazione. Più avanti, alle spalle del centrocampo avversario e dietro il centravanti, l’avanzata del terzino sull'esterno spinge uno degli esterni dentro al campo, nel mezzo spazio, mentre, sul lato opposto, è l'esterno a rimanere largo per garantire l’ampiezza alla manovra mentre la mezzala si inserisce nell’altro mezzo spazio. In questo modo, l'Italia si schiera di fatto con una sorta di WM dinamico, capace di assecondare le idee tattiche della Nazionale.
Il WM dell’Italia contro la Bosnia (il centravanti Belotti è fuori dall’inquadratura). Emerson Palmieri avanza, spingendo Insigne nell’half-space di sinistra. Dal lato opposto Florenzi rimane vicino ai centrali, Bernardeschi occupa l’ampiezza e Barella si inserisce nell’half-space di destra.
L’idea di fondo è quella di attirare la pressione avversaria con una fitta rete di passaggi tra i cinque giocatori arretrati, e in questo compito ci sono pochi giocatori migliori di Jorginho e Verratti, due maestri nell’arte di muovere il pallone sul corto per liberare spazi alle spalle.
Lungi dall’essere ridondante, la contemporanea presenza di Jorginho e Verratti all’interno di un chiaro e coerente progetto tattico che pone al centro le capacità di disordinare la struttura difensiva avversaria con il palleggio, è uno dei maggiori punti di forza della squadra. La presenza di due giocatori sempre larghi sulle fasce, inoltre, consente di avere sempre riferimenti esterni verso cui giocare il pallone, e di dilatare le distanze orizzontali della struttura difensiva avversaria, liberando quindi gli spazi per la ricezione nei mezzi spazi, che poi è uno degli obiettivi del fitto palleggio arretrato.
La struttura posizionale scelta, con forte densità in zona palla in fase di impostazione e tanti uomini sopra la linea del pallone, impone poi la ricerca immediata della riconquista in caso di perdita del possesso per evitare una transizione difensiva lunga che sarebbe insostenibile difensivamente, visto lo schieramento adottato e gli uomini scelti.
I punti di forza
Roberto Mancini è stato bravo nel disegnare una Nazionale che calzasse i panni dei suoi giocatori migliori e che allo stesso tempo esaltasse le qualità dei calciatori che aveva a disposizione. La scelta di puntare sull’asse centrale costituito da Jorginho e Verratti ha indicato la volontà di puntare sui due centrocampisti italiani ad oggi probabilmente più forti e sicuramente di maggiore esperienza internazionale. E insieme a loro, Mancini non ha avuto alcun timore di puntare sin dall’inizio sui giovani talenti che si stanno imponendo in questa stagione, come Stefano Sensi e Nicolò Barella.
La resistenza al pressing e la capacità di spostare con dribbling e trasmissione del pallone la posizione degli avversari rende Sensi capace di sostituire Jorginho e Verratti, ma anche di giocare nel ruolo di mezzala deputata agli inserimenti alle spalle del centravanti, un compito che d'altra parte già svolge nell'Inter. Barella si è invece rivelato, con il suo dinamismo e con compiti tattici chiari e definiti, il perfetto complemento della coppia di interni, fornendo mobilità al reparto e inserimenti in zona d’attacco che hanno già fruttato 3 gol in sole 8 partite. In assenza di Sensi e in sostituzione di Verratti nelle ultime partite contro Bosnia e Armenia, Mancini ha puntato su un altro giovane emergente molto abile nel palleggio corto, e cioè Tonali, dimostrando una salda volontà nel rimanere fedeli al progetto tecnico-tattico scelto.
Assecondando le qualità dei propri uomini migliori in mezzo al campo, la nazionale italiana ha così acquisito un'identità tattica molto definita, e ormai perfettamente metabolizzata dai suoi calciatori dopo le 10 partite di qualificazione all’Europeo e le 2 di ritorno di Nations League. La chiarezza del percorso intrapreso è di certo uno dei punti di forza dell’Italia in un calcio, come quello delle Nazionali, in cui spesso la coesione tattica delle squadre risulta carente a causa del poco tempo dedicato agli allenamenti e alla variabilità delle rose.
Il palleggio arretrato è divenuto sicuro e l’Italia è sempre riuscita a raggiungere l’obiettivo di dominare il possesso e di muovere lo schieramento difensivo avversario. La percentuale media di possesso nel girone di qualificazione è stata superiore al 68% con una precisione dei passaggi pari all’89.5%. Solo Spagna e Francia tra le nazionali impegnate nelle qualificazioni europee hanno fatto meglio. Anche eliminando dal campione le partite contro Armenia e Liechtenstein, le ultime due classificate del girone, la percentuale di possesso rimane molto alta – 63% - con una precisione dei passaggi praticamente invariata. La partita con minore possesso palla è stata quella esterna contro la Bosnia, in cui gli azzurri hanno avuto il pallone per il 55% del tempo e nelle due partite di Nations League, contro due tecnicamente più forti come la Polonia e il Portogallo, il possesso non è mai sceso sotto il 65%.
Tatticamente, un momento più delicato dell'uscita del pallone dalla difesa per l'Italia di Mancini è stato quello di transizione tra la fase di impostazione a quella di rifinitura. Come detto, l’Italia può giocare sostanzialmente due opzioni che coinvolgono rispettivamente la ricerca di un uomo in ampiezza o una ricezione alle spalle del centrocampo avversario nella zona degli half-spaces. La prima soluzione è quella che ha in genere funzionato meglio, anche per le qualità dei giocatori impiegati. I due esterni offensivi più frequentemente coinvolti nell’occupazione dell’ampiezza sono stati Chiesa e Bernardeschi che, isolati sull’esterno, hanno potuto sfruttare le proprie qualità nell'uno contro uno. Tra i terzini deputati ad avanzare fino alla trequarti, invece, è stato soprattutto Emerson Palmieri a fornire le prove più convincenti, sfruttando la qualità del proprio piede mancino.
Il gol del vantaggio in Finlandia, nella partita più difficile del girone. Chiesa viene isolato in uno contro uno con il terzino avversario e riesce a effettuare un cross di qualità per Immobile.
Proprio le caratteristiche tecniche dei giocatori impiegati ha invece reso meno efficaci le ricezioni alle spalle del centrocampo avversario, nei mezzi spazi. Insigne, che è molto abile a fare quel tipo di lavoro, non ha mostrato grande continuità nelle sue prestazioni. Chiesa e Bernardeschi, invece, hanno dimostrato i propri limiti nel gioco tra le linee.
Il giocatore della Fiorentina ha ancora difficoltà a prendere in maniera rapida una decisione di gioco successivamente allo stop e troppo spesso, dopo la ricezione tra le linee, ha scelto l’abituale corsa palla al piede in spazi stretti, poco efficace per il fluido avanzamento della manovra. Bernardeschi, invece, ha più volte evidenziato problemi nella corretta postura nelle ricezioni alle spalle del centrocampo avversario, vanificando con controlli mal orientati i vantaggi posizionali derivanti da una ricezione tra le linee. In questo ambito del gioco può aiutare l'evoluzione tecnica di questi due giocatori all'interno dei rispettivi club, dove stanno gradualmente cambiando ruolo - Bernardeschi come trequartista e Chiesa come seconda punta. Questi cambiamenti possono aiutare i due giocatori a limare i difetti che ne limitano la pericolosità tra le linee, confinata oggi maggiormente nelle zone esterne del campo.
Non è detto poi che in quel ruolo Roberto Mancini non decida di puntare in maniera decisa su Lorenzo Pellegrini, raffinato interprete del gioco sulla trequarti nella Roma, o su Nicolò Zaniolo, che Fonseca ha impostato come esterno d’attacco con il compito di tagliare verso l’interno, del tutto coincidente con quello disegnato dal tecnico azzurro. I due giocatori della Roma possiedono una versatilità tattica in grado di far ricoprire loro più ruoli, potendo sostituire anche Barella nel compito di accompagnamento della fase d’attacco partendo dalla posizione di mezzala. Nell’ultimo match contro l’Armenia, Zaniolo ha giocato il primo tempo da esterno offensivo e la ripresa da mezzala, fornendo in entrambi i ruoli prestazioni molto convincenti.
Ampliando lo sguardo, il disegno tattico di Mancini, particolarmente fluido e centrato sulla tecnica dei propri calciatori, consente all’allenatore azzurro di potere pescare da un ampio bacino di calciatori, provando quindi a sfruttare nel miglior modo possibile il talento sbocciato nel calcio italiano nelle posizioni più avanzate, interne ed esterne, del centrocampo. Insigne, Chiesa, Bernardeschi, Barella, Sensi, Pellegrini, Zaniolo, Berardi, Orsolini, Castrovilli formano un gruppo di giocatori giovane (il più vecchio, Insigne, ha 28 anni), talentuoso, in crescita, ed in grado di giocare in quasi ogni posizione nella trequarti avversaria, che è la zona di campo designata da Mancini per generare pericoli per la porta avversaria. Sul breve periodo, da questo gruppo il tecnico azzurro potrà scegliere, nella fase finale dell’Europeo, i giocatori più in forma per ottenere i migliori risultati. Su un arco temporale più ampio, l’Italia ha a disposizione un ampio numero di giocatori di elevata qualità offensiva di cui seguire i progressi e su cui puntare potenzialmente per diverse stagioni.
I punti di debolezza
L’ambizioso piano tattico di Mancini è sostenibile difensivamente solo se viene supportato costantemente dal proposito di riconquistare il pallone in maniera rapida e nella zona in cui si è perso il possesso. In altre parole: l'Italia, per come è stata costruita, deve cercare il più possibile di difendere in avanti e di utilizzare il pressing come arma principale di recupero della palla. La squadra di Mancini ha infatti quasi sempre 5, a volte addirittura 6 uomini sopra la linea del pallone in ogni fase d’attacco, e il più delle volte sono giocatori con limiti difensivi molto chiari. Jorginho e Verratti (così come il loro primo sostituto, Sensi), ad esempio, sono abili a difendere in avanti, ma diventando molto mediocri quando sono costretti a difendere senza palla correndo all'indietro in fase di difesa posizionale.
Anche per questo diventa fondamentale dominare il possesso, utilizzando quindi anche in maniera difensiva la gestione del pallone, limitando il numero di passaggi sbagliati e curando i posizionamenti preventivi in previsione della perdita del possesso. Tuttavia, nel corso delle qualificazioni europee, a fronte di avversari non irresistibili, l’Italia non è sempre stata impeccabile nelle fasi di riaggressione e in quelle di pressing, aprendo pericolosi varchi alle ripartenze avversarie. Persino nelle ultime due partite, vinte ampiamente contro Bosnia e Armenia, l’Italia ha talvolta sofferto in fase di transizione difensiva, concedendo ben 16 tiri e 1.6 xG alla prima e 14 tiri alla seconda.
Un esempio delle difficoltà in transizione difensiva dell’Italia contro la Bosnia. Barella perde palla al limite dell’area avversaria. Krunic recupera la sfera e riesce a correre per circa 60 metri indisturbato giungendo al limite dell’area azzurra in posizione utile per un pericoloso assist verso Dzeko.
La transizione difensiva è quindi uno degli aspetti tattici in cui l'Italia dovrà migliorare di più, soprattutto in vista di un Europeo in cui la qualità media degli avversaria sarà molto più alta. Per la stessa ragione, anche gli aspetti del gioco che finora non hanno convinto a pieno, come la fase di rifinitura e finalizzazione, devono essere testati contro sistemi difensivi più solidi di quelli sin qui incontrati.
In questo senso, il ruolo di centravanti è forse la più grande incognita di questa Nazionale. In quel ruolo sembra ormai certa la presenza di uno tra Immobile e Belotti, dato anche che la promettente crescita di Moise Kean sembra rallentata dopo il trasferimento all’Everton. Entrambi i giocatori, seppur con caratteristiche diverse, garantiscono un ottimo lavoro sulla linea difensiva avversaria e possono impegnarla ed abbassarla creando spazi tra le linee per i trequartisti. Si tratta però di due giocatori nel pieno della maturità, di cui si conoscono ampiamente pregi e difetti, e che probabilmente scontano qualche difficoltà quando il livello tecnico si alza, come succederà all'Europeo.
Quello dell'esperienza internazionale è poi un altro banco di prova per l’Italia di Mancini, che è composta da molti giocatori giovani e quasi del tutto sprovvisti di presenze in partite europee. In questo senso, il confronto con avversari di livello più elevato di quelli già affrontati nel girone di qualificazione agli Europei, più che a definire il reale valore della Nazionale, sarà utile per trovare gli stimoli tecnici e tattici necessari a proseguire il processo di miglioramento della squadra di Mancini, che passerà anche dalla maturazione dei tanti giovani giocatori lanciati in azzurro.
Questo, finora, sembra essere però anche il principale successo di Mancini come tecnico della Nazionale. Perché a soli due anni dalla drammatica eliminazione del Mondiale si può tornare pensare a un futuro brillante per l'Italia.