Neanche due mesi fa, il 23 luglio per la precisione, la Francia ha battuto l’Italia nella semifinale della Volley Nations League con una prestazione persino più perentoria di quanto non abbia detto il 3-0 finale. Una partita durata poco più di due set, in cui gli azzurri, nonostante una discreta continuità al servizio e in cambio palla, non hanno mai veramente impensierito i campioni olimpici, che hanno manipolato il muro avversario con relativa facilità.
La nazionale di De Giorgi, al primo vero banco di prova della stagione, era sembrata contratta e impotente contro una delle migliori selezioni in circolazione, che pochi giorni più tardi avrebbe vinto il torneo superando anche gli Stati Uniti in finale. L’opposto Yuri Romanò in quell’occasione era stato sostituito a fine secondo set dopo un 6/15 in attacco per Zaytsev, confermando i dubbi su un giocatore indubbiamente talentuoso ma ancora acerbo, se si considera che a 25 anni ha una sola stagione in Superlega, giocata alternandosi proprio all’opposto della Francia Patry a Milano.
Ieri pomeriggio le due nazionali si sono ritrovate nei quarti dei Mondiali e, in maniera abbastanza sorprendente, Romanò ha disputato la miglior partita della sua carriera. L'opposto italiano ha fornito un contributo decisivo nel 3-2 finale con cui gli azzurri hanno ribaltato i pronostici. A dire il vero già agli ottavi contro Cuba Romanò aveva mostrato decisi segnali di crescita (50% in attacco con 8 punti ma anche 6 errori), in una partita però nel complesso opaca e per certi versi inquietante (3-1). La formazione caraibica – che poteva contare su due titolari della Lube campione d’Italia, il centrale Simon e lo schiacciatore Yant –nonostante la sconfitta ha dimostrato di essere un avversario fastidioso, spezzando il ritmo con la sua imprevedibilità, nel bene e nel male.
Contro Cuba siamo rimasti in piedi anche grazie a queste giocate di Michieletto.
«La partita ha bisogno di precisione, continuità e calma: stiamo andando più veloce della partita» si è lamentato De Giorgi in un time out, proprio perché gli azzurri si sono fatti trascinare nell’isteria di una gara sulla carta ampiamente alla portata, complicata da una ricezione precaria per due set e mezzo, e una regia per una volta poco ordinata di Giannelli, che con pochi palloni vicino alla rete ha avuto scarse possibilità di innescare la pipe, una palla che nel corso dell’estate ha funzionato molto bene. Il palleggiatore di Perugia però è stato poco preciso anche nelle aperture in banda, riprendendosi parzialmente nell’ultima parte in cui, grazie a una rice migliore, ha finalmente coinvolto un po’ di più i centrali.
Anche la Francia, che pure aveva vinto il suo girone sconfiggendo al tie break i vice campioni d’Europa della Slovenia, ha giocato un brutto ottavo, in cui ha sconfitto il Giappone soltanto al tie break. I nipponici si sono resi protagonisti di una prestazione forse irripetibile, ricevendo in maniera eccelsa (40,4% di rice++) e attaccando con un ottimo 53,8%. Inoltre Yuji Nishida (70% su 40 palloni!), un opposto mancino proprio come Romanò, ha approfittato della possibilità di colpire in parallela, visto che il muro francese si è concentrato sulla diagonale, lasciando il libero Grebennikov sul lungo linea.
Contro l’Italia, però, i campioni olimpici, oltre alla prestazione monstre dell’opposto di Piacenza, hanno subito la qualità del servizio azzurro, che ha inaridito il cambio palla, finendo per commettere addirittura 49 errori. Praticamente due set, troppi per poter passare il turno.
Romanò show
Non possiamo sapere se Romanò si sia ispirato a Nishida, fatto sta che nella sfida di ieri ha variato molto i suoi colpi, dimostrando una sensibilità e una capacità di adattamento ai momenti della partita insospettabili. Ha alternato la parallela alla diagonale, lunga e stretta, la sua palla preferita, sfruttando la libertà concessa dai francesi soprattutto nella prima parte del match. Ma Romanò ha fatto i buchi anche quando era diventato palese che la distribuzione si sarebbe spostata su di lui, stringendo gli angoli o sfondando il muro di posto 4. Oltre che in attacco, Yuri ha fatto la differenza anche dal servizio (4 ace e appena 5 errori), con delle serie al servizio che hanno creato il gap decisivo nel quarto e nel quinto parziale.
L’ace che ha spalancato all’Italia le porte delle semifinali mondiali.
La Francia, allenata dall’italiano Andrea Giani, si è dimostrata comprensibilmente preoccupata dalla pipe di Giannelli, tanto che in 3 rotazioni quasi consecutive nella parte iniziale del primo set (prima Le Goff, poi Brizard e Boyer) ha cercato di battere corto nella zona di conflitto tra centrale e posto 1, proprio per togliere la possibilità allo schiacciatore di seconda linea di prendere la rincorsa.
Giannelli però, come contro Cuba, di fatto ha rinunciato all’attacco da posto 6. E se sabato si trattava di una scelta determinata soprattutto dalla ricezione, ieri sembrava più una decisione studiata, un po’ per togliere riferimenti all’avversario, un po’ per uscire dall’uno contro uno con due ottimi muratori come i centrali Le Goff e Chinenyeze. Il palleggiatore di Perugia ne ha giocate solo 4 in 5 set, di cui solo 2 vincenti, e per gli stessi motivi ha servito poco i centrali. Il primo pallone lo ha attaccato Galassi sul 19-20 del primo set su situazione obbligata, poi nei successivi 4 parziali lui e Anzani – che dopo il buonissimo ingresso con Cuba si è ripreso il posto in sestetto – hanno attaccato 14 palloni in due, ma solo con palla vicino alla rete e il centrale a sua volta vicino all’alzatore. È un peccato non puntare con maggior frequenza sull’intesa tra Giannelli e Galassi che si era instaurata nell’ultimo europeo (61,5% di positività su 10,1 attacchi a partita), ma è evidente che l’alzatore si fida il giusto, forse perché i centrali, che comunque non hanno cattive percentuali (Russo e Anzani oscillano tra il 55 e 56%, Galassi sfiora il 69%) non sono in grado di reggere un maggior coinvolgimento. Tra l’altro sui primi 3 attacchi da posto 3 l’Italia non solo non è andata a segno, ma ha subito pure 2 muri.
In generale Giannelli nel corso del torneo sta riducendo la gamma di giocate e, anche se con la Francia ha giostrato bene i suoi attaccanti, cavalcando lo stato di grazia del suo opposto, ha giocato l’82% dei palloni sullo schiacciatore di prima linea o su Romanò, che da solo ne ha attaccati 34, più di Michieletto (32) e Lavia (22), solitamente l’uscita preferita del capitano azzurro. Ha iniziato a insistere sull’opposto fin da subito, specie con ricezione perfetta e sul giro di Romanò in prima linea: esattamente come Nishida, l’attaccante mancino ha iniziato a prendersi tutto lo spazio in parallela che gli veniva lasciato, con un 5/5 nel primo parziale.
In uno dei primissimi cambi palla del match, Boyer stringe la sua posizione per dare assistenza a Le Goff su un possibile primo tempo di Giannelli, che invece libera Romanò, quasi fuori inquadratura, col muro a 0.
L’Italia si è rivelata subito più centrata della nazionale di Giani - che è ripartito dal sestetto con cui aveva terminato l’ottavo col Giappone (dentro Boyer al posto di Patry e Clevenot per l’infortunato Tillie) - accusando la pressione a muro (3 quelli subiti da Boyer). Eppure i transalpini, dopo essere andati sotto 5-9, sono rientrati in partita (13-13), approfittando della crescente frenesia della squadra di De Giorgi, che ha iniziato a litigare con la battuta (8 errori nel parziale) e il muro (2 invasioni su attacchi che aveva difeso), fino a perdere il set ai vantaggi (24-26).
Perché la Francia, anche nelle giornate sotto tono, riesce a giocare sopra gli errori, sporcando la partita, allungando gli scambi e aggrappandosi alla fantasia di due fenomeni come il libero Grebennikov e lo schiacciatore Ngapeth, tra i migliori al mondo nei rispettivi ruoli. Insomma una formazione capace di esaltarsi nel disordine e girare gli scambi con soluzioni anticonvenzionali, che mira a logorare le certezze offensive dell’avversario. I campioni d’Europa però, che in questo ciclo si stanno dimostrando altrettanto validi nel muro difesa, dopo il passaggio a vuoto nel primo parziale non si sono scomposti e hanno aumentato la pressione al servizio, mettendo in grave difficoltà Grebennikov (il peggiore dei suoi in ricezione, 52% di rice positiva, 18 di perfetta e 3 errori su 33 palloni) e accettando gli scambi lunghi, senza voler chiudere per forza subito l’azione.
In quest’azione Lavia attacca tre volte senza scomporsi. Dopo due diagonali strette difese, allunga la traiettoria del colpo e sorprende Ngapeth.
Il libero Balaso ha giocato la miglior partita del suo Mondiale, prendendosi tante responsabilità in difesa (11 quelle completate) e in ricezione, in cui si è fatto trovare pronto sulle battute corte. Lo stesso Romanò, per caratteristiche poco preposto alla difesa, si è dimostrato piuttosto attento nelle coperture, anche quando si trovava in prima linea.
La pressione azzurra
L’Italia ha commesso 25 errori dalla battuta, ma 16 solo nel primo e nel terzo set, ossia quelli vinti dai francesi. Nel terzo, in particolare, si sono salvati grazie alla striscia al servizio di Ngapeth (da 15-19 a 20-19) e due prodezze di Grebennikov, prima in ricezione e poi in difesa su Romanò. Nel quarto parziale la Francia si è portata anche sul 14-12 con la free ball del possibile 15-12 (poi non concretizzata), ma non è mai sembrata davvero in grado di mettere le mani su questa sfida contro un’Italia estremamente organizzata e volitiva.
Anche perché quando gli azzurri hanno fatto giocare i francesi, hanno saputo limitare e orientare il cambio palla, condizionato da una ricezione spesso e volentieri staccata e una regia più imprecisa nei tocchi che nelle scelte da parte di Brizard. Il palleggiatore di Piacenza ha potuto sfruttare poco il gioco al centro, rifugiandosi soprattutto su Patry, subentrato a Boyer dal 6-5 del secondo set (Boyer è poi tornato in campo assieme all’alzatore di riserva Toniutti anche nei parziali successivi, ma solo per invertire la diagonale palleggiatore-opposto e avere quindi l’opposto in prima linea nelle 3 rotazioni in cui si trovava davanti) e autore di un ottimo 53% su 30 attacchi, ma ha ricavato poco dai posti 4: Clevenot è stato sostituito nel terzo da Louati, mentre Ngapeth ha messo assieme più errori (18) che punti (15).
Intermezzo: il posizionamento del muro difesa italiano sull’attacco di Patry. Da notare come Balaso lasci libera la parallela, mentre Lavia e Giannelli si avvicinano per coprire la diagonale verso posto 1.
Ngapeth del resto è la cartina di tornasole di questa squadra: i suoi due errori in attacco al tie break hanno subito indirizzato l’ultimo set, in cui l’Italia si è ritrovata avanti 8-4 al cambio campo e poi 11-5. È parso quasi troppo semplice per gli azzurri, che hanno resistito al rientro avversario (13-10) prima di chiudere con due cambi palla di Lavia. Una gara abbastanza complicata per lo schiacciatore calabrese, che ha sofferto in ricezione e progressivamente è stato meno cercato da Giannelli (solo 6 palloni negli ultimi due set), ma ha saputo rimanere dentro la partita e alzare il livello nel momento topico, terminando comunque con un discreto 45% in attacco. Pure per Michieletto è stata una giornata delicata, in primis in attacco (38% su 32 palloni), ma si è rivelato comunque decisivo grazie alla tenuta in ricezione (60%+ e 28%++) e al peso dei suoi colpi. Ha siglato solo 12 punti, ma quasi tutti punti pesanti e ad altissimo coefficiente di difficoltà. Quegli attacchi apparentemente impossibili a cui ci ha abituato nell’ultimo anno.
Dopo un girone abbordabile superato di slancio, in cui non ha lasciato neanche un set a Canada, Turchia e Cina, e un ottavo più insidioso del previsto con Cuba, l’Italia ha alzato il suo livello in maniera esponenziale contro una delle candidate più credibili alla vittoria finale. Per la nazionale di De Giorgi è il secondo giant killing nel giro di due anni, dopo il 3-1 alla Serbia nella semifinale europea dello scorso anno. Serviva qualcosa di speciale per ribaltare i pronostici e sono arrivati i 22 punti di Romanò, ma in generale hanno impressionato la tenuta della ricezione, più solida rispetto alla fase a gironi, e la capacità di imporre il proprio contesto contro una big. Anzi, a posteriori è quasi un peccato aver trascinato il confronto fino al tie break, ma del resto non è mai semplice affrontare un avversario storicamente difficile da leggere.
Sabato nella semifinale mondiale gli azzurri affronteranno la Slovenia nella riedizione della finale continentale del 2021, vinta al tie break. Un anno fa è stato l’ingresso nel quarto set proprio di Romanò a far saltare il banco e decidere la sfida. La speranza è che l'Italia possa attingere dalla panchina nel caso in cui dovessero mettersi male le cose, contro una squadra che dopo le 3 finali europee (tutte perse) nelle ultime 4 edizioni non può essere più considerata una sorpresa.