Gwangju 2019 è stata l’edizione dei Campionati Mondiali di nuoto migliore di sempre per l’Italia della vasca. Lo dicono le 8 medaglie conquistate (3 ori, 2 argenti, 3 bronzi), ma soprattutto le tantissime finali (23, di cui 5 nelle staffette) e semifinali raggiunte, che danno l’idea di una Nazionale che non è più una semplice comparsa di lusso, ma è una protagonista ormai consolidata e da tenere presente nei momenti che contano del nuoto.
«La forza di questa squadra è la sinergia tra gli atleti esperti e i giovani, la continuità del ricambio generazionale che siamo stati in grado di mantenere» ha commentato al termine delle gare il D.T. della nazionale italiana, Cesare Butini, sottolineando anche il grande lavoro fatto dalle società «vero motore del nostro movimento, senza le quali i risultati ottenuti sarebbero impensabili».
Spesso abbiamo la falsa impressione che sia stato sempre così, ma va detto invece che la Nazionale italiana non ha mai mantenuto, per densità e numero di atleti di livello, una continuità mondiale nel mondo del nuoto. Spesso i suoi risultati erano figli di un exploit singolo di qualche nuotatore (come ai tempi di Novella Calligaris) o, nel migliore dei casi, di una generazione di fenomeni come quella di Fioravanti e Rosolino, che ottenne il picco di risultati tra il 2000 ed il 2001. Mai però aveva dato l’impressione di essere una nazione che potesse raggiugere i vertici mondiali per restarci, come invece ha fatto quest’anno. L’edizione precedente, quella di Budapest 2017, era stata la quarta nella storia italiana con 6 medaglie totali, pareggiando altre edizioni (1991, 2001 e 2007) ben distanziate tra loro nel tempo e con bottini di metallo meno pregiato. Con le 8 medaglie del 2019 siamo quindi di fronte a una crescita importante, costituita da atleti che si confermano come protagonisti già da diversi anni e da altri che si affacciano ora al nuoto di livello con prestazioni convincenti.
Inutile però nascondersi dietro un dito: alla vigilia l’Italia era chiamata ad una prova di forza, perché le posizioni di vertice dei nostri atleti nei ranking mondiali ed i recenti risultati positivi ottenuti, lasciavano intravedere la chiara possibilità di ripetere e migliorare quanto di buono già fatto nell’ultimo biennio.
Le conferme
Un primo dato che dimostra la grande continuità di risultati azzurri è che i quattro nuotatori medagliati nel 2017 sono tornati tutti, con esiti differenti tra loro, a salire sul podio iridato.
Gabriele Detti, nella giornata di apertura, ha confermato il bronzo nei 400 stile libero ottenendo però un quinto posto nella distanza in cui era campione uscente, gli 800. Detti era reduce da un 2018 quasi totalmente saltato per infortunio ed ha dimostrato di digerire meglio le distanze più brevi (ottimo il suo apporto nella staffetta 4x200), ammettendo che «mi manca sicuramente qualche chilometro di allenamento per essere al meglio anche negli 800». Ma al di là della mancata conferma all’oro, il suo mondiale non si può definire totalmente soddisfacente soprattutto perché, nei 400, ha forse mancato di lucidità per attaccare nel momento giusto i rivali, Mack Horton e Sun Yang, che lo hanno di poco preceduto all’arrivo.
Gregorio Paltrinieri è stato invece molto lucido: è arrivato in Corea del Sud per nuotare da protagonista sia in acque libere che in piscina ed uscito dal mondiale «non così deluso nonostante abbia perso la mia gara». Da un lato c’è un po' di amarezza per aver nuotato un 1500 non all’altezza delle sue possibilità (terzo con un tempo di 4 secondi più alto del suo personale) e per aver visto il tedesco Wellbrock portare a termine la doppietta da lui sognata, ovvero vincere l’oro nella 10 km in acque libere e nei 1500 in vasca. D’altra parte però c’è la soddisfazione di aver dimostrato anche ai più scettici di poter essere estremamente competitivo sui due fronti.
Foto di Quinn Rooney / Getty Images.
Paltrinieri ha nuotato una 10 km da protagonista ed è stato in lotta per l’oro fino alla fine, chiudendo con un sesto posto che gli garantisce la qualificazione per Tokyo 2020 (nelle acque libere si è anche tolto la soddisfazione di salire sul podio con i compagni di squadra, argento nella 4x1250). Ma soprattutto ha dominato gli 800 stile libero in vasca, con una di quelle gare all’attacco che ci ha abituato a vedere, definita da una serie di passaggi sfiancanti che hanno letteralmente distrutto la concorrenza in una distanza che, a Tokyo 2020, debutterà nel programma olimpico.
L’altra gara che farà il suo esordio in vasca ai Giochi del prossimo anno sono i 1500 stile libero femminili, vinti a Gwangju da Simona Quadarella. L’assenza della grande favorita Katie Ledecky, fermata da un virus, non ridimensiona la prestazione dell’atleta romana, che ha aggredito la gara dal primo all’ultimo metro non lasciando spazio di rimonta alle avversarie. Quadarella ha tentato il colpo anche negli 800, distanza meno vicina alle sue caratteristiche ma che nuota comunque a livelli eccelsi, provando a mettere in difficoltà la rientrante Ledecky con una parte centrale di gara molto aggressiva. «Perdere così fa male» ha dichiarato dopo aver conquistato l’argento «a un certo punto ci avevo creduto». Parole che arrivano dopo essersi espressa, vincendo un oro ed un bronzo, a livelli ancora più elevati rispetto al bronzo del 2017, e aver anche confermato una mentalità da campionessa.
Il simbolo di questa solidità e continuità è, naturalmente, Federica Pellegrini, che ha nuotato a Gwangju per la nona e ultima volta in carriera in un campionato del mondo. Pellegrini ha affiancato all’immensa vittoria nei 200 stile libero (quarta della carriera, ottavo podio consecutivo) un indispensabile contributo alle staffette, in particolar modo la 4x100 mista dell’ultimo giorno giunta quarta, dimostrando svariate volte di tenere quasi di più alle prove di squadra che a quelle individuali. Come quando, dopo il primo giorno di gare, comunicava il dispiacere per «non aver nuotato la 4x100 stile libero, una staffetta che hanno deciso (i vertici federali, nda) di lasciare a casa ma che si sarebbe potuta qualificare per le Olimpiadi». Proprio da questo atteggiamento dimostrato dalla capitana, di grande attaccamento ai colori nazionali ma anche di grandissima attitudine agonistica, deve ripartire l’Italia per continuare a costruire un futuro di solida continuità nel panorama del nuoto mondiale.
Staffette e sorprese individuali
Ad eccezione della 4x100 mista maschile, tutte le staffette portate a Gwangju dall’Italia sono entrate in finale e tre sono arrivate al quarto posto. Di queste, la meno vicina alla medaglia era anche la più attesa, la 4x100 mista femminile, con l’Italia prima tra le nazioni europee e mai così in alto a un mondiale ma distante tre secondi dal bronzo del Canada. La grande prestazione in chiusura di Pellegrini è stata accompagnata da una frazione interna positiva di Elena DI Liddo, già sorprendente quarta nella prova individuale dei 100 farfalla, e da un parziale leggermente meno brillante di Martina Carraro, che nei 100 rana individuali ha stupito tutti mettendo a segno il record nazionale e vincendo la medaglia di bronzo. Carraro, prima donna italiana sul podio ai mondiali in questo stile, si allena ed è fidanzata con il ranista Fabio Scozzoli e ha testimoniato che «proprio Fabio è stata una delle chiavi del mio risultato» rivelando come abbia in qualche modo fatto il salto di qualità «grazie alla sua esperienza e il suo esempio di atleta professionista, che mi hanno dato una spinta in più».
In apertura di staffetta ha nuotato una delle atlete più attese della vigilia, Margherita Panziera, che proprio nella gara a squadre ha effettuato la miglior prova del suo mondiale, seppur peggiorando rispetto al personale nei 100 dorso. Panziera era accreditata del primo crono al mondo nei 200 dorso ma a Gwangju sono emersi alcuni problemi di gestione della tensione che, aggiunti ad una forma probabilmente non perfetta e ad alcuni errori tecnici (in partenza e nelle virate o quando nuota troppo aderente alla corsia, come se si stesse allenando con qualcuno), l’hanno portata a nuotare un tempo di un secondo peggiore del suo primato italiano. Panziera ha chiuso al quarto posto in un 200 dorso che non le avrebbe comunque regalato l’oro, vinto dall’americana Smith, autrice del record del mondo in semifinale e di un tempo simile in finale.
È arrivata molto vicina (17 centesimi) al podio la 4x100 stile libero maschile, frutto di un progetto portato avanti dal tecnico federale Claudio Rossetto che ha nella condivisione e nella continuità il suo principio cardine. Ai cinque atleti convocati in Corea si aggiungono almeno altri due elementi di valore simile lasciati a casa, che insieme compongono un movimento, quello della velocità maschile, capace di crescere con costanza e qualità. È mancato il grande acuto che forse ci aspettavamo dal campione europeo Alessandro Miressi (sottotono nella prova individuale), ma nel complesso l’Italia ha dimostrato una solidità che la posiziona tra le grandi pretendenti al podio olimpico.
Ancora più vicina al bronzo (3 centesimi) la 4x200 stile libero, vera rivelazione maschile di questi mondiali e autrice di un miglioramento di addirittura cinque secondi rispetto al bronzo europeo ottenuto a Glasgow 2018. I quattro componenti hanno nuotato tutti sotto l’1’46” e la miglior prestazione è stata di Filippo Megli, protagonista di una frazione iniziale distante solo pochi centesimi dal tempo (1’45”67, nuovo record italiano) che gli è valso il quinto posto nella gara individuale. Se è vero, come sosteneva il compianto C.T. Alberto Castagnetti, che la 4x200 rivela lo stato di salute del movimento di una nazione, allora l’Italia è davvero a buon punto.
Sorprese e futuro
Se c’è un ulteriore segnale di continuità di crescita di un intero movimento, sono le prestazioni dei giovani: l’Italia ha mandato in finale individuale ai mondiali tre atleti nati negli anni 2000. Il primo è stato Marco De Tullio, classe 2000, quinto nei 400 stile libero, ennesimo prodotto del Centro Federale di Ostia e del tecnico Stefano Morini, con il quale si allenano anche Paltrinieri e Detti.
Poi c’è stato Federico Burdisso, nato nel 2001, che dopo aver vinto un inaspettato bronzo europeo a Glasgow 2018 ha centrato il quarto posto (distante soli 24 centesimi dal podio) nei 200 farfalla. Infine la prestazione sensazionale di Benedetta Pilato, nata il 18 gennaio 2005 e argento mondiale nei 50 rana. In una distanza purtroppo non olimpica, la velocista di Taranto ha stupito il mondo, mettendo in seria difficoltà la pluricampionessa americana Lilly King, che ha preceduto Pilato solamente per un arrivo meglio assestato. Fin dal turno preliminare (nel quale ha migliorato il record italiano, scendendo a 29”98) la ranista ha dato una dimostrazione di forza inaudita, nuotando una rana con una frequenza di bracciata che, nel campo partenti attuale, non ha paragone. Data la giovanissima età, è lecito aspettarsi di tutto, anche che questo risultato rimanga un episodio isolato. Ma la speranza è che, visto il talento e le indubbie capacità messe in mostra, l’Italia abbia trovato un’atleta di livello assoluto, che in prospettiva possa anche preparare la distanza olimpica dei 100.
«È stato un mondiale eccezionale, con tanti volti nuovi, che erano noti agli addetti ai lavori ma che ora sono familiari anche al grande pubblico, vicino all’immensa Federica Pellegrini» ha commentato Paolo Barelli, presidente della Federazione Italiana Nuoto «questo mi fa molto piacere perché significa che dietro le punte ci sono tanti giovani desiderosi di crescere e migliorarsi, una responsabilità in più per lavorare duramente in vista di Tokyo 2020». Momento in cui Federica Pellegrini, ormai è ufficiale, smetterà di nuotare, ma ci lascerà in eredità una Nazionale cresciuta anche grazie alle sue grandi imprese e, comunque, molto migliore di quella che ha trovato al suo esordio nel lontano 2003.