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Italia-Polonia: la gioventù è ricca di rimpianti
20 giu 2019
Dopo la brutale sconfitta di ieri, la qualificazione dell'Under 21 di Di Biagio resta appesa a un filo.
(articolo)
8 min
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La prima sconfitta dell’Italia Under 21 all’Europeo è arrivata contro una Polonia parecchio remissiva ma chiusa bene a difesa della propria area di rigore, con la squadra di Di Biagio che non è riuscita a concretizzare la mole di gioco prodotta, perdendo progressivamente precisione nelle scelte offensive con il passare dei minuti. Non è servito a niente l’assedio finale e adesso il discorso qualificazione, che avrebbe potuto essere chiuso con una vittoria, si è complicato parecchio. Molto dipenderà dalla sfida col Belgio - già eliminato, dopo la sconfitta con la Spagna, ma con grande qualità - del prossimo sabato.

Ci sono stati diversi cambi di formazione. Rispetto alla partita di apertura, Di Biagio ha cambiato il terzino destro, il centrale di sinistra, il trequartista e anche la punta, inserendo Adjapong (per Calabresi), Bastoni (per Bonifazi), Orsolini (per Zaniolo) e Cutrone (per Kean). Di Biagio ha modificato anche lo scaglionamento offensivo: contro il 4-5-1 dei polacchi la missione degli azzurrini era quella di coprire l’ampiezza su entrambi i lati nell’ultimo terzo di campo, per questo non c’era il rombo visto nel primo tempo contro la Spagna e Orsolini e Chiesa partivano da posizioni molto larghe.

Il dominio va sfruttato, altrimenti non è dominio

Il copione della gara era chiaro sin da subito: la Polonia ha cercato di contenere l’Italia con un blocco basso e centrale, orientato prevalentemente sulla marcatura a zona, con il centrale di difesa Bielik avanzato sulla linea dei centrocampisti e il solo Kownacki come riferimento avanzato per le transizioni offensive, cercando poi di farlo seguire a rimorchio dagli inserimenti di Zurkowski. Di fatto, però, sono state rare le ripartenze in cui la Polonia è riuscita ad arrivare sulla trequarti italiana. Nel primo tempo gli azzurri hanno giocato una gara di pura supremazia territoriale, mostrando un atteggiamento in fase di possesso più sicuro rispetto a quello visto nella gara di esordio.

Aiutava anche la fase di non possesso polacca, decisamente poco intensa, che lasciava all’Italia la possibilità di dare respiro al proprio palleggio e muovere agilmente i propri uomini su tutto il fronte offensivo. Una situazione che ci ha dato modo di vedere delle rotazioni posizionali abbastanza armoniose: detto della priorità nella copertura dell’ampiezza, per allargare le maglie degli ospiti era importante anche l’atteggiamento senza palla delle due mezzali, Barella e Pellegrini, da subito molto verticale.

Senza un centravanti “di manovra”, per così dire, spettava a loro andare a riempire gli spazi tra le linee di difesa e centrocampo avversari (spazi creati, appunto, dalla continua minaccia alla profondità garantita dai movimenti di Cutrone). Mandragora rimaneva prevalentemente in accompagnamento, attento in copertura sulle transizioni difensive, ma ci sono stati anche momenti in cui si è proposto anche lui tra le linee, scambiando posizione con i compagni di reparto.

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Tre esempi di scaglionamento offensivo. Chiesa, Barella, Pellegrini, Mandragora forniscono a turno soluzioni tra le linee, ma l’ampiezza è sempre garantita. Cutrone sempre in profondità.

Una delle giocate cercate con più insistenza dall’Italia era la ricerca del cambio gioco verso l’esterno, con Pellegrini che da sinistra pescava Orsolini e Barella che, dalla parte opposta, cercava Chiesa. Proprio quest’ultimo asse, che già aveva funzionato in occasione del gol di Chiesa contro la Spagna, è stato quello usato con più frequenza durante tutta la prima parte della partita.

Il giocatore della Fiorentina ha mostrato ancora una volta capacità eccellenti di controllo ed esplosività nel breve, ma anche le solite difficoltà in rifinitura, per via di scelte o del tutto sbagliate o non valorizzate dai compagni.

Il gioco dell’Italia, anzi, si è sbilanciato sempre più verso sinistra, con Orsolini che è lentamente sparito dai radar. Anche Cutrone è stato poco coinvolto, impelagato tra i centrali difensivi avversari, trovando la sua utilità solo in un paio di occasioni in cui, con palla a Chiesa, ha attaccato la porta schiacciando verso il basso la linea della Polonia e creando lo spazio per due cross verso il rimorchio, sprecati da Mandragora e Barella.

I due cross più interessanti di Chiesa sono molto simili. Nel primo temporeggia quanto basta per notare Mandragora al limite e servirlo alla perfezione. Nel secondo riceve un lancio da Barella (che nel frattempo scatta in avanti), punta l’area, rientra sul destro e ritrova il compagno.

Barella ha giocato una partita a due facce: da un lato instancabile ed efficace nel contrastare e coprire, dall’altro troppo impulsivo sul fallo che ha causato la punizione che ha portato al gol e confusionario nella rifinitura delle occasioni finali della partita.

Barella ha senza dubbio ogni attenuante dopo una stagione giocata a questa intensità, e dimostra ancora una volta fatto che la sua energia straripante è spesso utile ma può anche portare poca lucidità in momenti topici. La sua crescita passerà probabilmente dalla sua capacità di prendersi le giuste responsabilità, gestendo meglio i momenti, ma anche dall’efficacia con cui i suoi allenatori riusciranno a convogliare il suo talento in una forma più definita.

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Fino all’errore sulla punizione, Barella ha giocato una partita di grande attenzione difensiva. Nelle prime 3 slide un ripiegamento profondo ad altissima intensità con tackle pulito; nell’ultima è attento e reattivo a seguire l’uomo che si tuffa nello spazio alle spalle di Adjapong, uscito in pressione.

L’assedio finale

Dopo essere riemerso in due azioni abbastanza convincenti a fine primo tempo, tra le quali lo stupendo gol annullato per un fuorigioco iniziale, Orsolini non ce l’ha fatta a rientrare in campo e Kean ha preso il suo posto, inizialmente sull’esterno destro e poi, nell’ultima mezz’ora, scambiandosi di fascia con Chiesa.

Il sistema è rimasto lo stesso e il giocatore della Juventus non ha fatto rimpiangere le percussioni di Orsolini, anzi ha mostrato una naturalezza sbalorditiva lontano dall’area di rigore, per tempi di reazione, movimenti senza palla ed eleganza in conduzione. In due occasioni ha sfoggiato quella che ormai possiamo quasi definire una sua giocata tipica: riceve palla con l’uomo alle spalle e si gira nel minimo spazio necessario andando via di esterno in maniera esplosiva. La prima volta, all’altezza del centrocampo, ha fatto ammonire Dziczek, mentre la seconda ha guadagnato una punizione dal limite molto pericolosa.

Kean è stato probabilmente il giocatore dell’Italia più efficace nel secondo tempo, e ha contribuito chiaramente a un ritmo più alto degli attacchi azzurri. La Polonia, però, barricata in area e forte del gol del vantaggio arrivato a fine primo tempo, non ha fatto una grinza: con la difesa orientata ai movimenti del pallone e un baricentro così basso si è potuta permettere di allargare più uomini in ampiezza per raddoppiare gli esterni dell’italia senza perdere densità in area di rigore.

L’Italia purtroppo è caduta nel contesto più adatto della Polonia, dando l’impressione di perdere convinzione nel piano iniziale, che prevedeva una maggiore ricerca della ricezione tra le linee, per ricorrere nell’ultimo quarto d’ora a una pioggia di cross nella selva biancorossa.

Qualche sono riusciti a imprimerla Kean e Chiesa con le loro incursioni centrali, aiutati dalle sovrapposizioni di Adjapong (autore di una partita propositiva, anche se con un paio di sbavature nella gestione dei palloni nella propria metà campo) e Dimarco, che a giudicare da queste due gare sembra aver perso l’eleganza di calcio del suo sinistro.

Con il cambio di Tonali per Mandragora, Di Biagio è sembrato voler cercare qualche soluzione in profondità in più, ma la linea della Polonia è rimasta concentrata e puntuale a scappare in avanti, mettendo in fuorigioco le punte prima che Tonali riuscisse a verticalizzare. Data l’altezza consolidata del baricentro, Di Biagio ha deciso di sostituire Adjapong con Zaniolo, schierando quest’ultimo come esterno destro in una sorta di 3-5-2 / 3-2-4-1, con Chiesa sulla fascia opposta. Ma Zaniolo è stato il peggiore dei subentrati, non ha trovato le giuste distanze e ha finito per farsi ammonire, da diffidato, con un fallo esagerato da ripiegamento.

L’Italia è riuscita comunque a creare parecchie occasioni, portando tanti uomini in area, ed è stata anche sfortunata (traversa clamorosa di Pellegrini), ma col passare dei minuti è sembrata esasperata, con la Polonia sempre più consapevole di poterla sfangare, e che anzi ha cominciato ad arrivare prima sulle seconde palle e a ricavare secondi preziosi di possesso con un lavoro sporco fatto davvero benissimo.

Adesso, dopo la vittoria sofferta contro la Spagna e questa sconfitta amara con la Polonia, Di Biagio dovrà essere perfetto nel preparare la partita con il Belgio, tenendo presenti alcuni segnali emersi. Cutrone è sembrato fuori contesto mentre Kean molto brillante; Barella forse va liberato di qualche responsabilità (magari affiancandogli un altro centrocampista tecnico oltre a Pellegrini, tipo Tonali), mentre Orsolini è sembrato difficile da difendere quando innescato bene.

Questa Italia ha individualità fuori scala per il contesto U21 e una profondità di rosa niente male, sarebbe un vero peccato non vederla arrivare in semifinale, traguardo invece quasi raggiunto da una Polonia essenziale, ai limiti del primitivo, ma smaliziata e cinica. Un Polonia, direbbe qualcuno, molto italiana.

Anche per questo, piuttosto che la delusione di un’eventuale uscita dal torneo (che ci farebbe restare fuori, ancora una volta, dalle prossime Olimpiadi), sarebbe un peccato rinunciare alla propria identità del Belgio e rifugiarci nell’agonismo che conosciamo fin troppo bene. Ci piacerebbe vedere una squadra propositiva e fedele a dei principi di gioco che possono valorizzare le sue migliori individualità.

Nell’esasperante quarto d’ora finale a tema “crossing game”, forse si sarebbe potuto raccogliere qualcosa in più, trovando il coraggio di provare qualche triangolazione rapida nello stretto, sfruttando nuovamente le rotazioni posizionali tra le linee. Del resto, la potenza delle idee la si vede soprattutto nella forza con cui vengono seguite anche in condizioni di risultato avverso, con il cronometro che corre.

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