«Se prima di ogni nostro atto ci mettessimo a prevederne tutte le conseguenze, a considerarle seriamente, anzitutto quelle immediate, poi le probabili, poi le possibili, poi le immaginabili, non arriveremmo neanche a muoverci dal punto in cui ci avrebbe fatto fermare il primo pensiero. I buoni e i cattivi risultati delle nostre parole e delle nostre azioni si vanno distribuendo, presumibilmente in modo alquanto uniforme ed equilibrato, in tutti i giorni del futuro, compresi quelli, infiniti, in cui non saremo più qui per poterlo confermare, per congratularci o chiedere perdono».
Cecità, José Saramago
Il Sei Nazioni 2023 ha già superato il giro di boa e l’Italia è partita nel suo generoso percorso a ostacoli, una rivoluzione tecnica piena di incognite e di rischi, ma con l’idea di portare a termine una trasformazione profonda nell’idea di rugby associata al mondo ovale azzurro, esplorata senza concentrarsi troppo sulle “conseguenze”, come le donne che in Cecità di José Saramago provano a ribellarsi contro il potere dei ciechi malvagi, costi quel costi, pur di salvarsi, pur di evitare di fermare il pensiero.
Le prime tre partite del torneo hanno lasciato diverse indicazioni rispetto ai “giorni del futuro” che aspettano l’Italrugby. Sulla base del lavoro che Kieran Crowley ha impostato nel luglio 2021, il XV italiano ha sì iniziato con tre sconfitte contro Francia, Inghilterra e Irlanda, ma ha mostrato di continuare a credere in un progetto di gioco coraggioso e spettacolare, in un’idea di rugby che ha bisogno di tempo e di applicazione e che sul medio periodo potrebbe portare nuove soddisfazioni, dopo le vittorie del 2022 contro Galles e Australia.
Ma che cos’è cambiato nell’Italia di rugby rispetto al passato? La chiave di lettura più semplice passa attraverso due singole parole: attacco e organizzazione.
Crowley sta lavorando innanzitutto a un cambio di mentalità radicale per quanto riguarda l’interpretazione del gioco offensivo da parte della squadra, sviluppando un avanzamento ritmico, frizzante, imprevedibile, che punta sul talento dei nostri tre quarti e che si mostra sempre ambizioso, in ogni zona del campo, con i ragazzi che a volte rischiano la giocata alla mano persino dalla linea dei 22 metri difensivi. Questo cambio di approccio non è facile da perseguire. Per anni l’Italia è stata impostata come una squadra di rimessa, incapace di fare la partita e costruita per distruggere il gioco avversario attraverso un logorante gioco al piede e al lavoro di una mischia granitica, considerata a lungo fra le migliori al mondo nelle fasi statiche. La speranza era di orientare i match in maniera tatticamente passiva.
La nuova Italia di Crowley si è trasformata in una squadra dal DNA audace e dinamico, sostenuta da un reparto di terze linee di altissimo livello: Lamaro, Negri e Lorenzo Cannone si giocherebbero il posto in qualsiasi squadra al mondo in questo momento, mentre in panchina ci sono ragazzi come Zuliani e Pettinelli, che garantiscono grande profondità, oltre allo sfortunato Polledri, rientrato contro l’Inghilterra dopo un lungo infortunio ma nuovamente ai box per un colpo alla spalla che lo costringerà a un intervento chirurgico.
Non è soltanto una sensazione, quella di un’Italia che sta lentamente cambiando forma. Il rugby italiano nel 2022 ha vissuto una delle sue stagioni più positive di sempre, con la percentuale di vittorie più alta, cinque su undici match, dal 2007. Lo ha fatto con un piano di gioco che punta a portare il pallone al largo il più frequentemente possibile. I dati Opta mostrano come nelle ultime tredici partite giocate l’Italia abbia mosso la palla oltre il primo ricevitore nel 30% delle fasi d’attacco, un dato superato solo da Giappone e Inghilterra fra le squadre di Tier 1. Il dato diventa ancora più interessante analizzando il movimento della palla in attacco oltre il secondo ricevitore, che nel caso degli Azzurri si attesta al 14% delle azioni offensive: solo il Giappone ha fatto meglio.
Questi elementi cristallizzano l’evidenza di un’Italia che cerca in maniera molto strutturata di attivare la creatività del suo giocatore più talentuoso, Ange Capuozzo, che dopo aver vinto nel 2022 il premio come rivelazione dell’anno (Breakthrough Player) assegnato da World Rugby, ha continuato a mostrare tutta la sua elettrica fantasia anche nelle prime giornate del Sei Nazioni 2023. La meta contro la Francia è un condensato più minimal, rispetto ad altre segnature, di tutta l’esplosività atletica e l’intelligenza rugbistica del ventitreenne estremo in forza al Tolosa, ma mostra in pochi secondi la capacità di Capuozzo di leggere il fronte d’attacco e il suo coraggio nel buttarsi dentro nonostante un mismatch fisico con gli avversari che riesce a colmare grazie al suo straordinario atletismo.
La meta di Ange Capuozzo contro la Francia. Il numero 15 azzurro vede spazio sul lato chiuso, chiama il cambio del fronte di gioco a Varney e punta la bandierina eludendo la rincorsa di tre difensori e beffando il numero 8 francese Alldritt con uno stop and go, finta di rientro e mini-sprint sull’esterno, grazie al quale deposita la palla oltre la linea.
Ma non è solo Capuozzo a brillare in una linea di tre quarti che ha trovato in Nacho Brex un secondo centro di straordinaria solidità, in Padovani un utility back intelligente e versatile e in Pierre Bruno un’ala forse ancora un po’ ruvida, ma con grandi margini di crescita, solido anche come impact player, dalla panchina. Il tutto, è importante ricordarlo, nonostante l’assenza nei primi due match di Paolo Garbisi, il mediano d’apertura ventiduenne che, sebbene sia stato egregiamente sostituito da un Tommaso Allan convincente quando chiamato in causa, ha un bagaglio tecnico che, al top della condizione, lo pone oggi nella top ten mondiale del ruolo. Proprio il rientro di Garbisi ha subito fatto vedere, seppure nella difficile partita del 25 febbraio giocata contro la durissima difesa irlandese, aggressiva spesso al limite del fuorigioco, un ulteriore passo in avanti per quanto riguarda il possesso. L'Italia ha spostato la palla oltre il primo ricevitore nel 47% delle fasi d’attacco contro l'Irlanda, migliorando le già ottime statistiche relative al gioco al largo degli Azzurri: si tratta della percentuale più alta nelle prime nove partite di questo Sei Nazioni. La linea di tre quarti azzurra è così riuscita a segnare due mete contro una squadra irlandese che ne aveva concessa soltanto una sia contro il Galles che, soprattutto, contro la Francia. Il XV di Farrell ha mancato, grazie alla creatività del gioco offensivo azzurro, ben 27 placcaggi, tantissimi se si considera che in tutto il Sei Nazioni 2022 erano stati appena 66.
Questa splendida inquadratura dall’alto di un’azione d’attacco dell’Italia da touche, contro l’Irlanda, rende bene l’idea degli straordinari progressi fatti dagli Azzurri palla in mano e di come la squadra, in proiezione offensiva, sia oggi una delle più creative al mondo
In questo modo la sconfitta, più che onorevole, si è di molto avvicinata a quella patita, appunto, dai ben più quotati transalpini: la Francia ha perso con l’Irlanda per 32 a 19, l’Italia per 34 a 20.
L’Italrugby, sempre tenendo come riferimento la stagione 2022 e le prime tre partite del Sei Nazioni 2023, ha una media di 89 attacchi palla in mano a partita: la più bassa, secondo i dati Opta, fra le nazioni top tier. Nonostante un numero inferiore di opportunità offensive, l’Italia è però in testa alle rilevazioni statistiche se si confronta questo dato con quello degli avversari battuti, 1 ogni 4.5 attacchi (dietro soltanto a Giappone e Scozia), e del line break, in cui l’Italia registra la migliore performance fra le squadre di primo livello, 1 ogni 18,5.
Dov’è allora che l’Italia mostra ancora delle evidenti debolezze? Innanzitutto, nei turnover, un elemento cruciale per aumentare le percentuali di possesso e poter dunque moltiplicare le possibilità di attacco, a maggior ragione potendo contare su una linea di tre quarti vivace e sfrontata come quella azzurra.
La squadra di Crowley soffre ancora molto in questa fase del gioco e regala il possesso agli avversari troppo facilmente. L’ultima partita del Sei Nazioni contro l’Irlanda fornisce, anche in questo caso, un esempio lampante delle lacune azzurre nel gioco a terra. Sono stati addirittura 16 i turnover concessi dagli Azzurri, mentre in attacco l’Irlanda ha vinto il 100% delle sue ruck, con un tempo di uscita del pallone di 2.88 secondi, il più veloce dell’intero Six Nations. L’Italrugby si trova così in fondo alle statistiche per quanto riguarda la riconquista del pallone in fase difensiva ed è la squadra che ha concesso più calci di punizione da mischia chiusa nei primi tre turni del Sei Nazioni 2023. Dopo i segnali incoraggianti arrivati dai test di novembre e dal match contro la Francia di qualche settimana fa, la mischia italiana, complice anche una serie di arbitraggi molto discutibili, ha sofferto tremendamente sia con l’Inghilterra che con l’Irlanda, nelle fasi statiche e nella difesa della maul da touche, da cui ha subito addirittura tre mete, tutte senza praticamente opporre resistenza, contro gli inglesi. Su questi fondamentali tecnici bisogna ancora lavorare a fondo, così come sarà cruciale prevedere delle contromosse all’utilizzo della giocata al piede, apertura - ala, da parte degli avversari, un tema tattico che tutte le squadre proveranno a esplorare contro gli Azzurri per sfruttare il mismatch fisico con il nostro triangolo allargato.
Dal momento in cui si forma la maul inglese da touche alla prima segnatura della partita passano poco più di quattro secondi: pochissima intensità da parte della mischia italiana nell’organizzare la spinta per contenere l’avanzata di Itoje.
La gestione dei primi tempi è un altro fattore su cui è decisivo compiere un ulteriore passo in avanti. Da un lato si è fatto notare come la tenuta atletica del XV azzurro per ottanta minuti abbia permesso di evitare clamorose imbarcate contro Inghilterra e Irlanda e di arrivare punto a punto contro la Francia campione in carica e fra le favorite alla prossima coppa del mondo (in programma proprio in Francia dall’8 settembre al 28 ottobre 2023): in partite come quella di Twickenham, in altri momenti, l’Italia avrebbe sicuramente subito dai quindici ai venti punti nell’ultimo quarto di gioco, buttando via, per il tabellino, una prestazione lodevole. Dall’altra parte è impossibile non notare come spesso l’Italrugby parta con il freno a mano tirato: 19 punti concessi in ventisei minuti alla Francia nella prima partita, poi terminata 29 a 25 per i francesi, e un parziale di 19 a 0 all’Inghilterra in trentacinque minuti, un vero peccato se si considera che nella seconda frazione di gioco gli Azzurri hanno invece registrato un parziale vincente di 14 a 12. Serve anche più continuità, più concentrazione, da parte del mediano di mischia azzurro, Stephen Varney. Il ragazzo (21 anni) ha talento da vendere e ampi margini di miglioramento, ma troppo spesso procede a corrente alternata durante le diverse fasi delle partita, combinando fantastici sprazzi di rugby a imperdonabili leggerezze, soprattutto al piede, che costano punti decisivi e tanta fatica per risalire il campo.
Da Varney, che ricopre uno dei ruoli più delicati per scandire il ritmo delle giocate azzurre, ci si aspetta maggiore “consistency”, mentre dalla panchina spingono per avere spazio altri due giovani molto interessanti: Alessandro Fusco, ventitreenne in forza alle Zebre entrato bene a partita in corso con l’Inghilterra, e Alessandro Garbisi, fratello di Paolo, ancora un po’ acerbo ma che ha già mostrato sufficiente personalità per fare parte, e a lungo, del gruppo azzurro. A confermare come nel ruolo di numero 9 Kieran Crowley sia ancora alla ricerca della quadratura del cerchio è anche arrivata la convocazione a sorpresa per la prossima sfida dell’11 marzo contro il Galles di Martin Page-Relo, ventiquattrenne mediano francese, con nonni materni italiani, che a Tolosa battaglia per il posto di prima riserva del totem Dupont e che in stagione ha collezionato sinora nove presenze in Top 14. Difficilmente lo si vedrà in campo nelle prossime sfide nell’Italia al Six Nations, ma sicuramente Page-Relo è un giocatore solido, con una buona visione al piede da raggruppamento e tanti margini di crescita: la sensazione è che lo staff tecnico italiano abbia voluto aggregarlo al gruppo per visionarlo dal vivo e valutare in maniera più attenta la possibilità di inserirlo nella lista di giocatori che si contenderanno una maglia per la prossima Coppa del Mondo.
Un problema che la partita contro l’Irlanda potrebbe invece aver definitivamente risolto riguarda l’equivoco legato alla posizione in campo di Tommaso Menoncello. Il ragazzo di Treviso, 20 anni, è stato schierato più volte da Kieran Crowley nel ruolo di ala, per sopperire all’assenza di Monty Ioane, tornato in Australia e sul cui futuro con la maglia della nazionale non c’è ancora chiarezza. Nonostante prestazioni tutto sommato dignitose, Menoncello ha però faticato, e parecchio, a trovare la giusta collocazione, mentre ha mostrato di essere molto più a suo agio quando è stato riportato nel ruolo a lui più congeniale, quello di centro. A partita in corso, contro l’Inghilterra, da numero 12 ha preso uno splendido break poi chiusosi con la meta italiana di Fusco. Con l’Irlanda, partito nella posizione a lui più congeniale dal primo minuto, ha giocato una partita senza paura, propositiva in attacco e attenta in difesa. Nonostante Crowley preferisca giocare con centri tatticamente e tecnicamente più completi nel ruolo di primo centro, è essenziale continuare a puntare su Menoncello nella sua collocazione più naturale
Posizionato al centro del campo, Menoncello utilizza a fondo tutta la sua esplosività, prende un buco splendido e crea il break che porta alla segnatura azzurra
Le ultime due sfide del Sei Nazioni 2023 italiano saranno interessanti per continuare a monitorare la crescita del progetto tecnico di Crowley. Il match dell’11 marzo contro lo sgangherato Galles di Warren Gatland costituisce una tappa decisiva per valutare i progressi di Lamaro e compagni anche dal punto di vista mentale. L’Italia è scesa in campo contro Francia, Inghilterra e Irlanda in maniera sfacciata e lucida, provando davvero a giocarsi le partite con un gioco divertente ed efficace. Contro il Galles gli Azzurri partono alla pari, se non addirittura da favoriti, e sono chiamati a raccogliere quanto di buono hanno seminato nei primi tre turni del torneo.
I Dragoni Rossi non solo sono in una difficile fase di cambio generazionale, ma stanno anche attraversando un momento complesso dal punto di vista politico, con la minaccia dei giocatori, per ora scongiurata, di un clamoroso sciopero che a lungo ha messo a rischio il prosieguo del torneo da parte del Galles. La squadra ha chiesto rassicurazioni immediate rispetto ai loro contratti, non ancora rinnovati e in scadenza nel prossimo giugno, l'abolizione della controversa regola che consente solo ai giocatori gallesi con almeno sessanta presenze di essere eleggibili per la squadra nazionale qualora giochino in un club estero (limite portato a 25 caps dopo la protesta), la rimozione della clausola retributiva flessibile che vede il 20% dei loro stipendi legati alle prestazioni e una rappresentanza dei giocatori nel Professional Rugby Board del Galles.
È al margine di questo contesto che l’Italia dovrà provare a ribadire il successo storico dello scorso anno a Cardiff, una partita che potrebbe rivelarsi molto più complicata di quanto una semplice analisi tecnica potrebbe suggerire. Per il Galles, a maggior ragione in una fase tanto delicata, la sfida contro gli Azzurri diventerà una questione di vita o di morte: una seconda sconfitta consecutiva con l’Italia sarebbe una batosta che il movimento avrebbe infatti grandi difficoltà ad assorbire. Crowley dovrà quindi preparare la partita con un’attenzione supplementare, dovendo peraltro fare a meno anche del giocatore chiave della rinascita azzurra: Ange Capuozzo. L’estremo di Tolosa ha subito un infortunio alla scapola contro l’Irlanda e sarà sicuramente fuori per la sfida contro il Galles, mentre lo staff medico spera ancora di poterlo recuperare con la Scozia. Tre le soluzioni a disposizione di Crowley per sostituirlo: lo spostamento a 15 di Padovani, con il conseguente ritorno di Menoncello nel ruolo di ala; Tommaso Allan, che ha già dimostrato di potersi adattare nel ruolo di estremo e la cui selezione permetterebbe di mantenere intatta la linea di tre-quarti; la novità Pierre Bruno, che ha le caratteristiche atletiche più simili a quelle di Capuozzo ma il cui passaggio da ala a numero 15 obbligherebbe Crowley, di nuovo, al conseguente spostamento di Menoncello.
C’è infine, in vista del match dell’11 marzo, da tenere in considerazione un elemento aggiuntivo di non poco conto: a nessuno, meno che all’Italia, conviene che il Galles perda questa partita.
Più difficile fare una previsione per la sfida di Edimburgo contro la Scozia del prossimo 18 marzo. Il XV guidato da Townsend ha iniziato il torneo con due vittorie convincenti con Inghilterra e Galles, ha letteralmente buttato via il match con la Francia e si appresta ora a giocare una sfida affascinante in casa contro l’Irlanda. Sulla carta è una partita che l’Italia, seppur da grande sfavorita, potrebbe provare a giocarsi, ma questa Scozia ha dimostrato, anche grazie a straordinarie individualità come quelle di Finn Russell e Duhan van der Merwe, di essere una squadra con una rosa molto profonda e con le potenzialità per vincere contro chiunque.
L’Italia, dal canto suo, deve insistere nel suo progetto di gioco ambizioso, non solo per tenere a distanza il cucchiaio di legno, ma anche, soprattutto, per continuare un lavoro tecnico pensato per raggiungere il suo culmine in prospettiva della Coppa del Mondo.