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Il nostro miglior Sei Nazioni di sempre
18 mar 2024
L'Italia può finalmente frequentare il futuro.
(articolo)
10 min
(copertina)
Foto di Paul Jenkins / Imago
(copertina) Foto di Paul Jenkins / Imago
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«È Monteiro Rossi che ha conosciuto?, chiese il dottor Cardoso.

È il mio praticante, rispose Pereira, il ragazzo che mi scrive gli articoli che non posso pubblicare.

E lei lo cerchi, replicò il dottor Cardoso, come le ho detto prima, lo cerchi, dottor Pereira, lui è giovane, è il futuro, lei ha bisogno di frequentare un giovane, […]la smetta di frequentare il passato, cerchi di frequentare il futuro. […]

Pereira si alzò e lo salutò. […] Sentì una grande nostalgia, di cosa non saprebbe dirlo, ma era una grande nostalgia di una vita passata e una vita futura, sostiene Pereira.

L’Italia ha appena conquistato il miglior risultato di sempre nel Sei Nazioni perché, proprio come il dottor Cardoso consigliava a Pereira, ha smesso, di colpo di frequentare il passato e si è lanciata, senza paura, a conoscere il futuro. E se il futuro di Pereira era rappresentato da Monteiro Rossi, un ragazzo idealista e pieno di vita, che scriveva articoli impossibili da pubblicare, quello della nazionale italiana di rugby ha il volto di Gonzalo Quesada, l’allenatore argentino che in pochi mesi è riuscito a trasformare un gruppo di ragazzi talentuoso e di prospettiva in una squadra che, finalmente, propone un rugby maturo, completo, in grado di mettere l’Italia alla pari con gran parte delle squadre di tier 1 nell’alto livello.

Il XV azzurro plasmato da Quesada è come il sogno bellissimo e ad occhi aperti del Pereira che non avverte più il peso dell’età, è una squadra che, con la stessa follia del giornalista portoghese descritto da Tabucchi in Sostiene Pereira, si è messa a nuotare in acque mosse e increspate, arrivando alla fine con il cuore che batte fortissimo, ma riuscendo, nello sforzo temerario del cambiamento, a frequentare il futuro, a ritornare agile e svelta, a ritrovare una “gran voglia di vivere”.

Dal punto di vista della posizione in classifica al Sei Nazioni l’Italia aveva fatto di meglio, nel 2007 e nel 2013, conquistando il terzo posto. Ma in termini di risultati, con due vittorie e un pareggio e 11 punti raccolti, il torneo 2024 diventa il migliore di sempre per la squadra azzurra. Non è, a dire il vero, solo una questione di risultati. Il torneo dell’Italia resta impresso perché, per la prima volta dai tempi della squadra di Georges Coste, che negli anni Novanta riuscì a suon di risultati a conquistarsi un posto nell’allora Cinque Nazioni, forse addirittura per la prima volta nella sua storia sportiva, dà l’impressione di potersi misurare alla pari sul campo, grazie a cambi all’altezza, alla capacità di restare in partita anche nell’ultimo quarto, a un gioco al piede finalmente strategico (e con ancora ampi margini di miglioramento), a una mischia che sembra aver messo da parte fragilità strutturali e paure e che è tornata solida e affidabile.

Proprio la vittoria contro il Galles per 21 a 24 permette di analizzare con oggettività la crescita italiana, perché sancisce una differenza determinante nell’approccio alla partita da parte degli azzurri. Al Principality Stadium di Cardiff l’Italia aveva già vinto nel marzo del 2022, con un 21 a 22 che aveva messo fine a un digiuno di vittorie durato ben sette anni. Quel successo, però, era arrivato in maniera molto diversa da quello ottenuto dall’Italia ieri, e cioè grazie a un’iniziativa personale di Ange Capuozzo, che a un minuto dalla fine aveva aperto in due il campo con uno strappo elettrico, chiuso con il passaggio per la meta Padovani. Quell’Italia aveva mostrato ottime cose, ma non dava l’impressione di poter controllare una partita contro un avversario inferiore. Proprio questo, invece, è quello che hanno fatto ieri Lamaro e compagni nella sfida contro il Galles di sabato: gestire. L’Italia è stata davanti nel risultato per ottanta minuti e al netto di scaramanzie e psicodrammi, non ha mai davvero dato l’impressione di poter essere messa in difficoltà dai Dragoni gallesi. Se il risultato finale racconta di una distanza di appena tre punti (con una meta molto discutibile assegnata dal TMO dopo un triplo movimento da terra e l’ultima segnatura regalata da un’Italia che aveva completamente mollato), la realtà della partita ha visto gli azzurri dominare ogni singolo aspetto del gioco, producendo una prestazione meno spettacolare di quella vista con la Scozia (anche per il livello tecnico molto più basso imposto alla partita dal Galles) ma che ci ha fatto vedere, in maniera del tutto inedita nella storia del rugby italiano, un controllo assoluto e totale della partita dal punto di vista strategico e delle dinamiche di sviluppo della prestazione.

Per chi avesse dimenticato la grande meta di Padovani e Capuozzo.

Bisogna allora fare un altro passo indietro e concedere al presidente federale Marzio Innocenti di averci visto molto lungo. Quando nel giugno del 2023, a pochi mesi dall’inizio del Mondiale, Innocenti comunicò che il contratto dell’ex allenatore Kieran Crowley non sarebbe stato rinnovato e che al suo posto sarebbe arrivato l’argentino Gonzalo Quesada, apertura di lusso dei Pumas a fine anni Novanta e raffinato tecnico dello Stade Francais dal 2020 al 2023, le critiche furono feroci. Si contestavano a Innocenti sia i tempi, visto che non sembrava un’idea geniale quella di andare alla Coppa del Mondo con un tecnico già esautorato, che l’idea: dopo tutto Crowley era stato capace di riaccendere la passione per il rugby fra gli appassionati italiani dopo anni di meste sconfitte, l’allenatore delle vittorie contro l’Australia e il Galles, l’uomo che aveva finalmente dato alla nazionale una vocazione offensiva, mostrando un gioco divertente e creativo e sfruttando a fondo il talento tecnico dei tanti giovani sfornati dalle Under.

Sembrava insomma ingeneroso, e anche tecnicamente folle, interrompere una progressione tecnica evidente, smontando il lavoro di uno staff che ha costruito una profondità di rosa raramente avuta dall’Italia in passato e una convinzione nei propri mezzi del tutto inedita, elemento che peraltro sono alla base anche di questo eccezionale Sei Nazioni 2024. Eppure Innocenti aveva ragione. Al di là degli specifici miglioramenti dell’Italia in alcune fasi del gioco (scelte al piede, difesa, mischia, gestione della partita), ciò che è cambiato in maniera più radicale, e che il presidente della federazione aveva dichiarato come elemento decisivo nella scelta di portare Quesada al posto di Crowley, riguarda l’approccio mentale ai match e la gestione della pressione.

Oltre a una serie di splendide prestazioni, l’Italia di Crowley è passata anche per la brutta sconfitta con la Georgia nel 2022 e nelle tremende delusioni con Francia e Nuova Zelanda ai Mondiali 2023 (156 punti subiti in due partite), scivoloni figli di una difficoltà evidente del gruppo azzurro nella gestione Crowley a gestire la pressione. Proprio su questo Quesada ha stravolto la squadra italiana, con una metodologia di lavoro completamente nuova. Innocenti, insomma, aveva capito, meglio e prima di tanti addetti ai lavori, come e quanto un cambio in panchina avrebbe potuto portare l’Italrugby a un livello superiore ed è stato bravo e coraggioso a resistere nella sua scelta, anche di fronte all’oceano di contestazioni che gli sono state rivolte.

Ci sono alcuni nomi, su tutti, che si prendono la copertina di questa entusiasmante nazionale italiana di rugby. I primi due sono quelli di Tommaso Menoncello e Ignacio Brex. La coppia di centri è oggi una delle meglio assemblate del rugby internazionale, una cerniera che sta avendo un ruolo decisivo nella maniera in cui l’Italia lotta in mezzo al campo. Menoncello, a 21 anni, è un primo centro esplosivo e dinamico, che oltre a portare un numero importante di break decisivi ha dimostrato grande focus difensivo e che, soprattutto, ha nella sua capacità di continuare a macinare metri dopo essere andato a contatto la sua caratteristica distintiva più forte, una qualità che permette ai compagni di fornire il sostegno in maniera sempre mirata e di guadagnare tempo e terreno in zone del campo decisive.

Menoncello non si ferma mai al primo impatto, riesce sempre a trovare un angolo avanzante anche in condizioni di velocità ridotta, a forzare con le sue gambe un metro di campo in più, a impegnare sempre due, tre, quattro avversari per fermarlo.

Nacho Brex è rimasto a lungo il segreto nascosto di questa squadra, ma è ormai chiaro a tutti come si tratti di uno dei top 5 a livello mondiale nel ruolo di secondo centro. Brex ha vinto il premio di man of the match nelle due vittorie contro la Scozia e il Galles, e a ragione. Le sue letture difensive sono fondamentali per tenere aggressiva la linea italiana, la sua leadership è sempre più evidente e anche palla in mano si sta imponendo come uno dei ball carrier più affidabili della squadra: con il Galles nella splendida meta di Pani, che arriva su una fantastica giocata lanciata da touche e studiata in allenamento, partita dietro la linea di metà campo, il suo timing nel passaggio è perfetto.

Un altro giocatore che si è preso, finalmente, la copertina di questa Italia, è Paolo Garbisi. In questo Sei Nazioni è tornato a essere il mediano di apertura di classe, sostanza e personalità che si era conquistato il posto da titolare della squadra azzurra ad appena 20 anni. Nel Six Nations 2024 ha portato il livello del suo gioco a uno stadio superiore, placcando selvaggiamente (in totale 57 placcaggi in cinque partite), mettendo a segno 31 punti, soprattutto risultando decisivo sia nel gioco al piede che nella gestione dell’ovale palla in mano (vedi la sua linea di corsa e il suo grande passaggio per il buco di Ioane nella meta di Pani). Quesada lo ha letteralmente ricostruito dal punto di vista mentale e adesso possiamo di nuovo contare su un top assoluto nel suo ruolo.

Lancio di Nicotera, Ruzza salta e la porta a terra, ruck accennata, stacco di Lamaro per lo stesso Nicotera che è andato a ricevere al volo da mediano, palla fuori per Menoncello, incrocio orizzontale con Varney, passaggio lungo per Brex, palla sul posto per Garbisi, lancio nell’intervallo per Ioane, break di Ioane con corridoio in due contro uno per Pani e Lynagh, accelerazione con rientro sull’interno di Pani, meta: che azione!

Infine, il capitano Michele Lamaro. Forse il premio di miglior giocatore del match lo avrebbe meritato lui nella partita contro il Galles, durante la quale ha messo insieme, fra le altre cose, 21 placcaggi (103 in tutto il torneo, leader assoluto) e 3 turnover. Soprattutto Lamaro è tornato a essere il flanker abrasivo e devastante di un anno mezzo fa, un ragazzo che i compagni guardano con ammirazione e dal quale non possono non trarre forza e ispirazione, un condottiero coraggioso e carismatico che mette la testa dove gli altri non andrebbero nemmeno con i piedi e che aveva bisogno di un po’ di fiducia dopo un periodo in cui la sua leadership era stata messa in discussione.

L’Italia adesso tornerà in campo il 12 luglio con Tonga e il 21 luglio contro il Giappone, due test di fine stagione che faranno da preludio alle sfide di novembre contro Argentina, All Blacks e una nazionale di Tier 2 ancora da individuare (una rivincita con la Georgia?). La parola chiave, banale quando essenziale, è continuità. Un’Italia di rugby così convincente, così solida, che trasmette sensazioni di crescita talmente evidenti, non ce l’abbiamo mai avuta. Adesso bisognerà mantenere la calma, non percepire questo splendido Sei Nazioni come un punto di arrivo, insistere nel progetto di Quesada, che avrà finalmente più tempo a disposizione, e continuare a lavorare sull’allargamento della rosa, anche inserendo alcuni elementi dall’Under 20, che tanto bene sta figurando. Questa è un’Italia eroica, epica, che sta facendo la storia. Ma, soprattutto, oltre gli aggettivi roboanti, è un’Italia, finalmente, vera, una squadra che può andare oltre l’epica e trasformare in normalità il lato eccezionale di queste prestazioni. Per continuare a crescere bisogna insomma, come diceva il dottor Cardoso di Tabucchi in Sostiene Pereira, smettere di frequentare il passato, insistendo nel frequentare il futuro.

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