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No, non è stata la vittoria del calcio all'italiana
07 lug 2021
Una partita di sofferenza, davanti a una grande squadra.
(articolo)
13 min
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Se vuoi riguardare gli highlights della partita prima di leggere l'analisi, li trovi qui.

Il sangue glaciale di Jorginho e l’emotività di Alvaro Morata hanno deciso la sfida ai rigori nella semifinale tra Spagna e Italia, dopo gli errori iniziali di Locatelli e Dani Olmo. L’Italia raggiunge, nove anni dopo l’ultima volta, la finale degli Europei. Nel 2012, la squadra allenata all’epoca da Cesare Prandelli aveva perso nettamente proprio contro la Spagna di Vicente Del Bosque, allo stadio Olimpiyskiy di Kiev.

Le previsioni tattiche alla vigilia della semifinale immaginavano una lotta tra le due squadre per il dominio del pallone e – come corollario alla ricerca del possesso – fasi di pressing offensivo per togliere respiro al palleggio avversario. Per gli uomini Luis Enrique, strutturalmente incapaci di difendere se non tramite il possesso e il recupero veloce della palla, la vittoria nella lotta per il pallone era ancora più vitale che per gli azzurri, e forse per questo il tecnico asturiano ha rinunciato a sorpresa nell’undici iniziale ad Alvaro Morata, schierando Dani Olmo al centro del proprio attacco, con Oyarzabal e Ferran Torres sull’esterno (entrambi con il loro piede forte verso l’interno, a piede invertito cioè).

Dani Olmo ha interpretato il ruolo galleggiando alle spalle e ai fianchi di Jorginho, creando di fatto la superiorità numerica nella zona del rombo formato dai tre centrocampisti azzurri. La presenza in campo di Dani Olmo, oltretutto, ha tolto qualsiasi riferimento a Bonucci e Chiellini, nel tentativo di fare giocare i due giocatori juventini fuori dalla loro comfort zone di marcatura fisica, attirandoli fuori dalla linea difensiva.

L’inizio del match ha in effetti visto confermate le previsioni, con le due squadre che hanno attuato immediatamente un pressing aggressivo sulla prima costruzione degli avversari. Entrambi gli allenatori hanno progettato un sistema di pressing piuttosto simile, orientato sul controllo individuale dei centrocampisti avversari e sulla pressione dei centrali difensivi: l’Italia in fase di pressing ha cominciato posizionando Insigne sulla stessa linea di Immobile, in pressione rispettivamente su Eric Garcia e Laporte, mentre alle loro spalle Barella si alzava su Busquets, e Jorginho e Verratti si muovevano sulle tracce di Pedri e Koke. Con Chiesa in controllo di Jordi Alba era Azpilicueta l’uomo potenzialmente libero, che l’Italia ha cercato di isolare orientando il pressing di Insigne verso l’occupazione della linea di passaggio tra Eric Garcia e il terzino del Chelsea.

Il pressing dell’Italia. Insigne si alza su Eric Garcia, i tre centrocampisti azzurri controllano individualmente i tre centrocampisti spagnoli.

Luis Enrique ha adottato una strategia paragonabile, pressando Chiellini con Oyarzabal, che si è preoccupato principalmente di oscurare la linea di passaggio verso Emerson Palmieri, lasciando al centrale juventino l’accesso verso il centro del campo, che la Spagna però occupava marcando Verratti con Koke e Jorginho con Pedri, mentre Bonucci è stato controllato da Dani Olmo.

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Oyarzabal esce su Chiellini, provando al contempo a schermare Emerson Palmieri, mentre Pedri e Koke marcano Jorginho e Verratti. Busquets si orienta su Barella, Eric Garcia si occupa di Insigne, con Azpilicuuta pronto a uscire su Emerson Palmieri e Laporte che marca Immobile.

Il dominio spagnolo

La sfida del pressing e quella per il possesso del pallone, dopo i primi 7-8 minuti, è stata vinta dalla Spagna, particolarmente abile a lavorare con il pallone sotto pressione e a capitalizzare la posizione ibrida di Dani Olmo, che ha dato un contributo fondamentale nell’ampia vittoria per il dominio della palla, ripagando Luis Enrique della sua scelta iniziale. Superato il pressing azzurro, la Spagna ha quindi costretto l’Italia a difendere con uno stretto e basso 4-5-1.

Il rombo centrale della Spagna, con Dani Olmo vertice alto, in superiorità numerica contro i tre centrocampisti italiani.

Chiaramente la superiorità numerica in una determinata zona di campo non significa nulla se non è utilizzata in maniera efficace per generare superiorità posizionale. E la Spagna è stata davvero maestra a sfruttare il potenziale vantaggio creato dalla posizione di Dani Olmo in varie maniere, e in generale a trarre vantaggi posizionali evidenti da ogni situazione di superiorità numerica.

In questa occasione è Eric Garcia a sfruttare la superiorità numerica dei due centrali spagnoli contro Ciro Immobile. Eric Garcia conduce palla, Verratti per contrastarlo è costretto a staccarsi da Koke che va ad occupare la posizione alle sue spalle. Jorginho stringe su Dani Olmo. La Spagna ha creato due linee di passaggio alle spalle della pressione e ai fianchi di Jorginho verso Koke e Pedri.

Oltre alle perfette letture strategiche delle situazioni di gioco, i giocatori spagnoli hanno avuto esecuzioni tecniche perfette, mostrando un’incredibile voglia e una notevole capacità di giocare con la pressione degli avversari addosso, riuscendo a sfuggire al pressing italiano. La Spagna è quindi stata in grado di manovrare negli spazi ristretti concessi dalla bassa difesa azzurra, generando vantaggi tecnici e posizionali in porzioni di campo ridotte, che il movimento del pallone spagnolo pareva dilatare in maniera prodigiosa.

In particolare Dani Olmo ha messo in mostra qualità tecniche superiori nelle giocate con la pressione degli avversari addosso. È stato in grado di giocare a parete, di ribaltare il lato con colpi di tacco di prima, di proteggere il pallone dall’aggressione del proprio marcatore, di effettuare primi controlli orientati capaci di amplificare a catena in vantaggi già ottenuti dalla propria squadra dalla sua ricezione ai fianchi di Jorginho. Per tacere della bravura nel trovare sempre la posizione corretta per fornire una linea di passaggio avanzata ai compagni e dei 5 dribbling riusciti sui 6 tentati.

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Dani Olmo riceve il passaggio da dietro di Eric Garcia ed è pressato da vicino da Jorginho. Di tacco l’attaccante serve alle sue spalle Pedri, liberato proprio dalla scalata di Jorginho verso Dani Olmo, che può condurre il pallone fronte alla difesa azzurra .

Assieme a Dani Olmo, Pedri è stato l’altro giocatore chiave nella circolazione del pallone della Spagna e che, per tutta la partita, ha messo in difficoltà la fase difensiva degli azzurri. La sensibilità nell’occupare le posizioni intermedie tra i difensori avversari è già oggi forse la più sviluppata tra tutti i giocatori di alto livello. A questo si aggiungono enormi capacità tecniche nella gestione del pallone sotto pressione, nella misura dei passaggi e una comprensione tattica delle situazioni di gioco già magistrali.

Il giovanissimo canario non ha sbagliato neanche uno dei 55 passaggi nei primi 90 minuti e non ha raggiunto il 100% di precisione nell’arco dei quattro tempi complessivi per colpa di un solo passaggio sbagliato al minuto 112 (un tentativo di passaggio che avrebbe mandato Gerard Moreno al tiro dal limite dell’area avversaria). Il tutto giocando sempre sotto pressione e in mezzo al traffico della difesa azzurra.

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Pedri si smarca nella zona tra esterno, terzino e mezzala destra azzurra. Riceve da Busquets che fa passare il pallone tra Immobile e Barella, controlla il pallone e serve un filtrante perfette per Oyarzabal, che sbaglia incredibilmente in controllo solo davanti a Donnarumma

Le mosse di Roberto Mancini

La Spagna, così, ha guadagnato presto il dominio del pallone, palleggiando negli spazi liberi della struttura difensiva azzurra, mentre l’Italia non è quasi mai riuscita a superare il pressing degli uomini di Luis Enrique. Gli azzurri non sono stati capaci di passare da Jorginho e Verratti, che hanno giocato solo 33 e 28 passaggi rispettivamente in 120 e 74 minuti di gioco. Le marcature individuali di Luis Enrique hanno tolto dal gioco i due centrocampisti azzurri e l’Italia non è stata abile nel ruotare le posizioni dei propri uomini per trovare con continuità soluzioni di passaggio su distanze medio-corte.

A sinistra, dove Chiellini è stato più libero di manovrare ed Emerson Palmieri ha goduto di maggiore libertà, dovendo essere marcato da un lungo scivolamento di Azpilicueta, l’Italia è riuscita talvolta a uscire utilizzando bene Lorenzo Insigne. A destra, invece, Di Lorenzo è rimasto largo ma è stato annullato dalla presenza di Ferran Torres, mentre Barella e Chiesa sono stati forse troppo timidi e scolastici nell’occupare le loro posizioni, non dando opzioni di passaggio a Bonucci. L’Italia non ha mai avuto il tempo di consolidare il possesso e schierare la sua solita linea arretrata a 3 in fase di costruzione. E un po’ per necessità e un po’ per scelta, ha cercato con troppa frenesia e troppo spesso la soluzione verticale diretta per attaccare la linea difensiva alta della Spagna, finendo per riconsegnargli il pallone. Se con il Belgio Bonucci aveva completato 15 dei suoi 21 palloni lunghi, contro la Spagna l’impazienza nel cercare di punire le note amnesie della linea difensiva avversaria hanno forzato 11 errori sui 16 passaggi lunghi tentati.

In fase di non possesso Mancini ha variato le strategie nel corso della gara, nel tentativo di arginare la superiorità numerica e posizionale degli spagnoli in mezzo al campo. Dopo l’inizio sofferto, ha provato a mantenere il piano iniziale, con Barella su Busquets, Verratti su Koke e Jorginho su Pedri. Su Dani Olmo uno dei due centrali, più spesso Bonucci, doveva spezzare la linea difensiva e alzando in marcatura sul giocatore del RB Lipsia uno dei due centrali.

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Nel primo tempo Bonucci si è spesso trovato in posizione più avanzata e centrale di quella di Jorginho, in marcatura aggressiva su Dani Olmo, con Jorginho più defilato e arretrato in controllo di Pedri.

Stringendo il proprio 4-5-1, Mancini ha provato a marcare Pedri sul lato debole con Federico Chiesa, lasciando Dani Olmo a Jorginho e Bonucci all’interno della propria linea difensiva.

Jorginho su Dani Olmo, Chiesa su Pedri.

A inizio secondo tempo l’Italia ha cambiato strategia difensiva per il controllo di Dani Olmo e Pedri: in fase di possesso consolidato della Spagna gli azzurri non hanno più derogato dal loro 4-5-1 provando a controllare Olmo con il lavoro di schermatura di Jorginho, e Pedri con la mezzala destra Barella, mentre Busquets è stato lasciato più libero.

La strategia difensiva di Mancini nel secondo tempo. Barella su Pedri, Verratti su Koke, Jorginho a schermare Dani Olmo.

Poi arriva la fatica

Il bellissimo gol del vantaggio realizzato da Federico Chiesa, nato da una lunga ripartenza partita da Donnarumma e dalla conquista di una seconda palla dell’attaccante della Juventus dopo un attacco alla profondità di Immobile, ha costretto, assieme alla fatica, gli allenatori a muovere ulteriormente le proprie pedine in campo.

La prima mossa di Luis Enrique è stata la sostituzione di Ferran Torres con Alvaro Morata, che è andato inizialmente ad occupare la posizione sulla fascia sinistra, con Dani Olmo mantenuto al centro dell’attacco. Il ct spagnolo ha provato ad aumentare la capacità di penetrazione del proprio attacco, senza però perdere il predominio del palleggio.

Roberto Mancini ha invece rinunciato a Ciro Immobile, schierando Insigne come centravanti con Berardi e Chiesa sulle fasce. La presenza di Insigne come centravanti ha aiutato l’Italia nelle ripartenze, fornendo qualità nelle giocate spalle alla porta. Nel periodo compreso tra il gol di Chiesa e il pareggio di Morata, con Insigne in posizione di centravanti, l’Italia ha avuto le sue migliori occasioni da rete, entrambe con Domenico Berardi.

Dopo circa dieci minuti dall’ingresso in campo di Morata, Luis Enrique lo ha spostato nella sua consueta posizione di centravanti, passando a una sorta di 4-2-3-1 con Rodri, entrato al posto di Koke, al fianco di Busquets, Dani Olmo a sinistra, Gerard Moreno – subentrato ad Oyarzabal - a destra e Pedri in posizione di trequartista mobile e pronto a ruotare la propria posizione con quella di Dani Olmo. Le modifiche apportate da Luis Enrique all’aspetto tattico e individuale della sua squadra hanno reso più diretto il gioco spagnolo e la difesa azzurra ha sofferto i tagli profondi di Alvaro Morata. Al tempo stesso, però, hanno ridotto il controllo del gioco e permesso all’Italia di organizzare le ripartenze che hanno generato, appunto, le due conclusioni di Berardi.

Mancini ha subito reagito modificando il sistema di marcature in mezzo al campo. Ha sostituito uno stanco Verratti con Pessina e invertito le posizioni, ha provato a controllare Busquets col nuovo entrato, Rodri con Barella, lasciando a Jorginho il controllo della zona di trequarti campo.

Contro la Spagna passata al 4-2-3-1, Mancini marca i due pivot iberici con Pessina e Barella.

Tuttavia ,proprio l’attenzione di Jorginho verso la posizione di Pedri ha creato le premesse per il gol del pareggio di Morata. Il mediano del Chelsea è stato spostato verso la propria destra dal movimento del trequartista spagnolo che ha liberato spazio per la ricezione di Morata, non marcato dai centrali italiani. Morata è stato poi molto abile a condurre, scambiare con estrema qualità con Dani Olmo e, approfittando di una non perfetta lettura di Chiellini, arrivare a concludere con freddezza dal cuore dell’area di rigore.

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Pedri porta via Jorginho dalla trequarti e Morata può ricevere indisturbato con la linea difensiva italiana troppo lontana. Morata punta Chiellini che si fa trovare troppo fermo e al momento dello scarico del pallone verso Dani Olmo fa un passo verso la propria destra che non gli permette di contrastare Morata che lo supera in piena velocità e raccoglie il pallone di ritorno di Dani Olmo.

Nel primo tempo supplementare l’Italia ha quindi continuato a soffrire in maniera piuttosto evidente il palleggio spagnolo che in un paio di occasioni ha avuto anche la possibilità di segnare il gol del vantaggio. La fatica ha poi in parte placato l’efficacia del gioco della Spagna e portato la partita ai rigori. L’errore di Morata ha consegnato la partita nei piedi educati e nella testa fredda di Jorginho.

No, non è stata la vittoria del calcio all’italiana

L’Italia ha perso la preannunciata battaglia per il dominio del pallone. La Spagna è stata formidabile nel superare il pressing azzurro e nel generare continuamente situazioni di superiorità posizionale, partendo da quelle di superiorità numerica. La squadra di Luis Enrique ha tenuto il pallone per il 70% del tempo, negandolo a un'Italia non particolarmente coraggiosa e fluida contro il pressing avversario.

Troppo poche le ricezioni con l’uomo addosso e le rotazioni necessarie a disordinare le marcature individuali spagnole finalizzate a togliere dal gioco Verratti e Jorginho. Semplificando in maniera brutale: è stato lo scontro tra due squadre simili, in cui la Spagna ha interpretato i comuni princìpi di gioco con naturalezza e fluidità, come se fossero perfettamente interiorizzati. L’Italia invece li ha messi in pratica in modo meccanico, perdendo per strada la convinzione di poterli eseguire fino alla fine.

È stata una partita sofferta più per necessità che per scelta: il più grosso merito degli azzurri è stato quello di rimanere compatti, di non concedere troppe occasioni da gol agli avversari e di colpire in maniera chirurgica con Federico Chiesa. Non certo pochi meriti, contro la formidabile Spagna di Luis Enrique. In vista della finale, però, è bene sottolineare che gli azzurri devono e possono giocare meglio, interpretando con maggiore coraggio i propri princìpi di gioco.

Per la Spagna bastano poche parole: è stata, per distacco, la più bella squadra di questi Europei. Si ferma alla semifinale, ma Luis Enrique ha fatto un lavoro enorme.

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