Mancano 4 minuti e 16 secondi alla fine di Spagna-Italia quando Danilo Gallinari mette a segno la sua seconda tripla di serata, firmando un mini tentativo di fuga sul +4 azzurro. Sembra la scintilla in grado di fare scoccare un momento magico, in grado di sovvertire una tradizione che ha spesso visto gli azzurri perdenti nei momenti decisivi degli ultimi anni. In realtà è stato l’inizio della fine.
La fine del Mondiale per l’Italia, che dopo la ininfluente sfida conclusiva di domenica contro Porto Rico rivedrà il campo a febbraio per la prassi delle qualificazioni agli Europei, a cui è già qualificata come uno dei paesi ospitanti, e soprattutto a fine giugno, con il torneo Preolimpico, le cui avversarie devono ancora essere determinate. Ma dopo la serata di Wuhan è esercizio assai arduo rivolgere lo sguardo e la mente a quello che sarà fra nove mesi e mezzo.
Il boccone è amarissimo, perché mai come questa volta l’occasione era davvero possibile. Contro una Spagna tutt’altro che esaltante, in grado di trovare l’unico canestro - decisivo - della partita di Marc Gasol a poco più di un minuto dalla fine, c’era davvero la possibilità di riscattare un’intera generazione senza risultati, sfruttando anche un tabellone che si stava mostrando generoso e favorevole per sognare un esito inimmaginabile al nostro Mondiale.
Mancare il momento
Invece l’Italia ha tremato ancora una volta. L’ha fatto nei suoi uomini migliori, quelli che dovevano trascinarla verso il miglior risultato possibile, ma che invece non si sono fatti trovare pronti quando più sarebbe servito. Il nome più facile da spendere è quello di Marco Belinelli. Non è tanto il 3/16 dal campo di un giocatore mai entrato per davvero in partita (cosa che può capitare a tutti), quanto le scelte prese sui due lati del campo dalla guardia dei San Antonio Spurs. Con davanti due avversari non certamente in condizione - o a lui inferiori per livello - come Fernandez e Ribas, Belinelli - che nel post-gara si è preso le sue responsabilità - avrebbe potuto fare la differenza, specialmente dopo tre buonissime prestazioni a Foshan per leadership e atteggiamento sui due lati del campo, prima ancora che nelle percentuali al tiro. Bisogna anche sottolineare come molte volte contro la Spagna si sia ritrovato a dover inventare qualcosa con pochi secondi sul cronometro dei 24 e ben lontano dal canestro, ma la prestazione non può certamente essere considerata sufficiente.
A stridere è anche il confronto con Amedeo Della Valle, che nei 5 minuti in campo al suo posto ha dato il contributo che ci si aspettava: grinta nell’attaccare il ferro, rapidità nell’uscire dai blocchi prendendosi tiri con coraggio e anche una maggiore reattività nella metà campo difensiva, seppur certamente non sia il fondamentale migliore del giocatore di Milano (continuamente puntato dagli avversari quando entrato).
Dietro Belinelli, però, non si è avuta certamente una prestazione di livello neanche dagli altri membri chiave di questa squadra. Oltre a un Danilo Gallinari che è andato a strappi, capace di alternare momenti da leader a momenti in cui si è nascosto offensivamente - probabilmente anche per una condizione fisica non ottimale, come già si era intravisto nelle ultime partite -, in attacco gli azzurri hanno avuto un contributo sostanzioso soltanto da un capitan Datome apparso in condizioni decisamente migliori rispetto alla partita contro la Serbia.
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Cuore e grinta di capitano.
L’Italia purtroppo ha avuto pochissimo da Alessandro Gentile (su entrambi i lati del campo) e da un Daniel Hackett che ha dato l’anima in difesa, ma che non ha avuto le energie per fare la differenza in attacco. «Non voglio buttare le responsabilità addosso a un singolo giocatore, non faccio nomi: si vince e si perde di squadra», ha detto Meo Sacchetti dopo la partita. «La prestazione meno brillante di un singolo può accadere, prestazione che può essere “coperta” dal rendimento di una squadra in grado di proteggerlo. C’è del rammarico per un’occasione mancata? Sì. Siamo arrivati stanchi, poco lucidi, dopo una partita in cui abbiamo speso quello che avevamo».
«Abbiamo sprecato una grossa occasione, non giocando il nostro miglior basket per provare a vincere la partita», ha aggiunto in sala stampa capitan Datome. «Ne siamo consapevoli e ci dispiace per come è andata: ce ne assumiamo le responsabilità. Va aggiunto anche che il livello dell’arbitraggio non è stato adeguato alla competizione, e lo dico da persona che non parla mai di arbitri».
Giocare una partita sporca
L’avvio brillante da 15-5 nei primi 6 minuti è stato ingannevole: una partita con la tensione e la posta in palio di questo Spagna-Italia era destinata sin dall’inizio a punteggi e ritmi bassissimi. Un unicum per l’Italia, entrata a Wuhan con la palma di squadra più prolifica da tre punti nella prima fase a gironi (12.3 triple segnate di media) e scarsamente abituata a ritmi così bassi.
L’inizio azzurro pareva promettere molto bene anche per la varietà di soluzioni offensive messe sul campo: possessi per le penetrazioni in area di Belinelli, per Hackett in post contro Rubio o per una circolazione di palla che ha puntato con convinzione anche sui piazzati dalla media distanza di Paul Biligha per tirare fuori Gasol dall’aria. L’Italia dei primi 6 minuti è sembrata brillante come i giorni migliori di Foshan, ma come nella prima fase a gironi a cambiare la partita è stato l’ingresso in campo della second unit.
Insieme alla soluzione con Tessitori e Brooks insieme in campo, provata ieri nell’allenamento della vigilia da Sacchetti, il Ct ha scommesso sul recupero di Luca Vitali. Il play di Brescia, però, nel primo tempo ha continuato il suo momento nero, patendo il confronto diretto con Llull sui due lati del campo: è stato sul parquet in gran parte del momento peggiore degli azzurri, che tra il sesto e il 17° minuto hanno segnato soltanto 11 punti, frutto in larga misura di iniziative estemporanee di Alessandro Gentile.
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Uno dei rari lampi del momento più difficile della partita azzurra, quello dove si è vanificata l’ottima partenza iniziale: una circolazione di palla eccellente permette a Datome di prendersi un tiro in ritmo per il momentaneo vantaggio azzurro.
La Spagna ha provato in tutti i modi a rendere la partita ruvida e sporca, non esitando a spendere falli - mentre l’Italia ha chiuso incredibilmente a 0 commessi nei primi 10 minuti di gioco - e alzando l’intensità in difesa anche per togliere l’arma del contropiede agli azzurri e per non far entrare in ritmo i nostri tiratori. Il risultato è stato quello sperato: gli azzurri sono diventati rigidi e schizofrenici in attacco, alternando azioni dove la palla si è mossa troppo poco ad altre dove l’extra-pass è diventato quasi esagerato, passando il tiro migliore per finire spesso in uno forzato.
E comunque non è più la Spagna dei nostri padri
Dopo un girone vinto in maniera tutt’altro che brillante, la squadra di Scariolo era arrivata alla palla a due di oggi con meno certezze di quelle azzurre. Partiti dal primo minuto con lo stesso quintetto base consolidatosi nel corso di queste settimane (Rubio; Fernandez, in campo nonostante un problema al ginocchio; Claver; Juancho Hernangomez; Gasol), le Furie Rosse hanno vissuto la stessa partenza ad handicap avuta contro l’Iran.
Se mercoledì era stato un 0-10 iniziale contro i già eliminati iraniani, oggi abbiamo visto un 5-15 nei primi 6 minuti, con ben sette palle perse contro l’aggressiva difesa azzurra. La svolta è stata l’ingresso in campo di Sergio Llull, dato anche lui in dubbio alla vigilia del match di Wuhan. Il veterano del Real Madrid ha stravinto inizialmente il duello contro un poco aggressivo e forse impaurito Vitali, propiziando la rimonta iberica nel finale di primo quarto.
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Rispetto però alla Spagna del ciclo d’oro, quella che tutti conosciamo, questa è una squadra totalmente diversa. Più lenta e statica in attacco, con le poche iniziative di rottura affidate esclusivamente al playmaker in campo tra Rubio e Llull. La variabile, molto coinvolta offensivamente, è quella di Juancho Hernangomez: l’ala dei Nuggets è il giocatore protagonista di molti set offensivi ed è stato l'elemento chiave nell’allungo iberico del terzo quarto, chiudendo come miglior marcatore della partita con 16 punti.
Leader vocale in difesa, la sua è stata una presenza fondamentale per i compagni in una partita in cui Marc Gasol non è mai riuscito ad entrare in ritmo, patendo sorprendentemente l’accoppiamento con Paul Biligha. Ma per quanto possa essere cruciale la presenza di Hernangomez, la Spagna stasera è andata dove l’ha portata Llull.
Non a caso, infatti, il colpo di coda finale delle Furie Rosse è arrivato - dopo la tripla di Gallinari e conseguente timeout di Scariolo - con l’esperienza e la solidità in campo di Llull, più pronto a fronteggiare in attacco la minaccia difensiva di un giocatore solido come Daniel Hackett, incrociato più volte in Eurolega nelle ultime stagioni.
Per fare strada, pure in un tabellone che proporrà l’incrocio con Argentina o Polonia ai quarti di finale, la Spagna dovrà recuperare molta freschezza tecnica da parte dei suoi uomini migliori. Anche se la strada verso Tokyo non sembra delle più difficili, in un tabellone - che nella parte bassa potrebbe nei prossimi giorni confermare quanto si è visto in questa prima giornata della seconda fase - gli iberici dovranno essere in grado di abbracciare questa nuova identità: quella di un gruppo in fase di transizione tra la generazione plurimedagliata e i nuovi giocatori entrati nel corso delle qualificazioni Mondiali. A cui poi aggiungere tra qualche anno una generazione giovanile che appare molto promettente.
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I fratelli Hernangomez festeggiano: stasera la Spagna è matematicamente ai quarti di finale, e la sfida con la Serbia di domenica varrà il primo posto e la possibilità - verosimilmente - di evitare gli Stati Uniti fino alla finale di Pechino.
Diario da Wuhan: la situazione in chiave Tokyo 2020
Dopo la prima giornata di gare per la seconda fase, è più chiara la situazione in chiave Olimpiade: sia per quanto riguarda gli accessi diretti continentali che per la qualificazione al Preolimpico. Con undici posti già “bloccati” per i tornei di fine giugno 2020 (tra cui quello dell’Italia), rimangono ancora cinque posti oltre a quelli prenotati dalle squadre qualificate alla seconda fase.
Ad oggi l’unica squadra certa del posto olimpico è l’Australia, che con la qualificazione alla seconda fase - e l’eliminazione della Nuova Zelanda contro la Grecia - ha staccato il biglietto con una decina di giorni d’anticipo sulla fine della competizione. Sembra indirizzata anche la strada della Nigeria come unica qualificata africana, dopo il pass sfiorato dalla Tunisia nella prima fase (in caso di vittoria contro Porto Rico mercoledì scorso, Mejri e compagni si sarebbero qualificati a Tokyo).
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A Dongguan l’Australia è stata trascinata da un super Joe Ingles.
Dopo il successo di oggi contro la Costa d’Avorio, infatti, ai nigeriani basterà battere la Cina domenica con il più ampio scarto possibile per rendersi virtualmente irraggiungibili da parte delle altre nazionali africane, Tunisia in primis. È tutto in divenire, invece, per quanto riguarda il posto destinato all’Asia: l’Iran è tornato oggi in corsa battendo l’Angola, e potrebbe fare la corsa proprio sulla Cina, vittoriosa a fatica sulla Corea ma attesa dall’impegno difficile contro la già citata Nigeria. Sarà verosimilmente una corsa a due: le Filippine hanno salutato la corsa col ko di oggi, mentre per la Giordania il compito appare molto difficile contro Canada e Senegal.
Difficile da decifrare, infine, la situazione che riguarda i posti di accesso diretto per Europa e Americhe: partendo da quest’ultimo continente, che ha portato ben sei squadre su sette alla seconda fase (unica esclusa il Canada), vede ben posizionate in chiave quarti di finale Argentina e Brasile, che potrebbero anche contendersi l’eventuale posto, rimanente dagli Stati Uniti, per Tokyo in una finalina classificatoria a Pechino.
Per l’Europa, invece, si può venire a creare un tabellone per cui potrebbe bastare qualificarsi alle semifinali per avere la garanzia delle Olimpiadi: dietro la lanciatissima Serbia, però, la lotta sembra davvero molto aperta, e le combinazioni di tabellone potrebbero favorire squadre della “parte alta”. In questo senso, occhio anche alla Polonia, che domenica contro l’Argentina si giocherà la possibilità di evitare ai quarti di finale la Serbia vincendo il gruppo I.