C’è un momento esatto in cui ci si è spezzato il cuore. La telecamera aveva staccato e vagato un po’ per il campo, riempendo l’attesa, e quando si è posata di nuovo sul luogo del misfatto il volto di Leonardo Spinazzola era sparito dietro le sue mani. Il suo corpo vibrava di singhiozzi, sopra di lui Bryan Cristante guarda lontano, gli occhi tristi e preoccupati. Con la mano destra gli tiene la testa, con l’altra gli accarezza la guancia: un gesto di estrema cura e protezione. Il nostro cuore si è spezzato perché se Spinazzola era ridotto in lacrime, allora voleva dire che l’infortunio era più grave di quanto potesse sembrare all’inizio.
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Pochi secondi prima aveva chiesto il cambio. Ma era in piedi, presente a sé stesso, ci preoccupava più per l’economia della partita che per la sua salute. Magari ha sentito tirare il muscolo e si è fermato precauzionalmente, prima che la cosa diventi grave. Si toccava il retro della gamba, magari era il flessore, un lieve stiramento. Poi è arrivato Cristante, parlavano serenamente, quello lo ha steso per terra e il pubblico del Belgio ha iniziato a fischiare. Magari anche una parte di noi pensava che stavamo facendo gli italiani che perdono tempo. Un secondo dopo la situazione è peggiorata: le lacrime, le carezze di conforto dei compagni, la barella. Da quando lo abbiamo visto con le mani sul viso, fino a quando la barella non lo ha portato via Spinazzola non ha mai smesso di piangere e di tenerci nascosto il suo dolore. Piangeva perché sapeva di aver finito l’Europeo, o anche perché si era fatto molto male? Ero in un posto pubblico a vedere la partita, di fronte a un maxi-schermo e circondato da zanzare, e un mio amico all’apice del compatimento ha detto: «Gli darei una mia gamba». Un infortunio al tendine d’Achille è crudele per qualsiasi atleta professionista, ma lo è ancora di più per Leonardo Spinazzola: in mezzo a un Europeo che lo stava consacrando come uno dei migliori esterni al mondo. In mezzo a una partita che aveva confermato la sua importanza in ogni zona del campo.
Il momento in cui Spinazzola si è spezzato è stato lo stesso in cui ha provato a volare più vicino al sole, ed esprime alla perfezione la fiducia che ha avuto in campo durante il torneo. “The flying wing-back” lo aveva definito in un tweet l’account di Euro 2020, e in quell’azione aveva provato davvero a volare. L’Italia esce con un palleggio corto sul lato destro, Jorginho di prima cambia gioco verso Spinazzola. La palla gira abbastanza forte, è davanti a lui, un po’ alta, e forse non è convinto sul da farsi. Forse ha paura di sbagliare lo stop corto e di permettere a Thorgan Hazard di intercettare palla e attaccarci sul lato scoperto. Ma è difficile immaginare sia stato per un eccesso di prudenza, e non per la sua grande ambizione, che Spinazzola ha provato a lanciarsi la palla in avanti con il petto. Avanti oltre Hazard, per poi bruciarlo in velocità con lo scatto. Il tocco però è impreciso, esce verso la rimessa laterale, e forse avrebbe potuto accorgersene subito, ma Spinazzola ha provato ad accelerare, perde attrito con l’erba e forse nel tentativo di recuperarlo, fa un movimento sbagliato, che stira il tendine fino a spezzarlo.
Fino a quel momento era stato superbo. Per dire: non stava giocando neanche la sua miglior partita del torneo, ed era comunque tra i migliori in campo. Aveva salvato un gol e ne aveva quasi segnato un altro: non esattamente le due cose di cui in genere sono pieni i quarti di finale dei terzini.
Il momento con cui ricorderemo l’Europeo di Spinazzola, quello che più lo fa avvicinare all’idea di eroe nazionale, è arrivato all’ora di gioco. Il Belgio ci ha di nuovo affettati sul nostro lato destro, quello in cui correva e dribblava il magico Jeremy Doku. Quello ha fatto filtrare il pallone per De Bruyne. La sua visione di gioco va così più in fretta degli altri che mentre noi ci chiediamo preoccupati cosa farà, ha già crossato una palla tesa e forte che definire cross, forse, è riduttivo. Cade esattamente sulla corsa di Romelu Lukaku. Per fortuna, però, è sul suo piede destro, quello con cui ogni tanto è davvero impacciato. La palla, comunque, la prende, e sarebbe entrata, se Leonardo Spinazzola non avesse corso verso la sua porta con la preveggenza pessimista dei migliori difensori italiani. Giorgio Chiellini gli si avvicina gridando a pugni stretti, gli prende la testa tra le mani, lo ama. E Spinazzola, che ha sempre un’aria un po’ naif, pare spaesato di fronte a tanta enfasi. È uno dei pochi calciatori italiani per cui una partita di calcio, pare soltanto una partita di calcio.
Cinque minuti dopo ha provato a trasformare l’Allianz Arena di Monaco nel proprio giardino di casa. Jorginho sbaglia il primo controllo, e forse è così infastidito dalla cosa che prende il pallone che rimbalza e lo apre col collo esterno su Insigne. Il numero dieci ha un primo controllo da numero dieci, trotterella un po’, ma con la coda dell’occhio ha già visto un pazzo farsi i cento metri in dieci secondi. Rientra sul destro e con l’interno gli dà una palla squisita. Spinazzola arriva di corsa, la palla gli cade un po’ addosso, e prova a togliersela coordinandosi per tirare col sinistro. Spinazzola è molto veloce: il più veloce degli Europei, almeno stando alle misurazioni della UEFA. «Se non ero così veloce non avrei giocato» ha notato con inevitabile umiltà.
In quell’azione la palla esce, ma per un secondo abbiamo creduto alla sua onnipotenza. Ha giocato un Europeo fantastico. Ha vinto due volte il premio della UEFA di Man of the match, unico giocatore insieme a Dumfries a riuscirci. E basterebbe questo per descrivere la sua importanza per l’Italia. Il suo dinamismo sulla fascia, la sua tignosa capacità di saltare l’uomo. Non il dribblatore più elegante, né forse quello più efficace, ma di sicuro tra i più ostinati. La sua postura del corpo denuncia in maniera fin troppo smaccata l’intenzione di andare sul fondo, ma l’insieme di esitazioni, finte e rapidità che esprime gli bastano per andarsene comunque. È il sesto giocatore di tutto l’Europeo per dribbling riusciti (dati Statsbomb), dietro a santoni della tecnica come Mbappé, Bale, Kovacic, o Depay. È un numero ottenuto su un volume alto, certo, e la sua percentuale di riuscita è poco sopra il 50%, ma è vitale per una squadra che di fatto non ha giocatori che saltano l’uomo - escludendo Insigne e Verratti, che però riescono solo in spazi stretti, e forse Chiesa. Questa intraprendenza è vitale per creare pericolosità offensiva, ma Spinazzola è importante anche per le corse con cui permette all’Italia di risalire il campo, addensare il lato sinistro - il nostro preferito per manovrare - e a volte persino dare profondità, con Insigne che viene sempre in zona palla, e che con la sovrapposizione di Spinazzola può accentrarsi - liberi dai vincoli di marcatura dell'esterno avversario. A quel punto l’Italia finisce per attaccare con una specie di 3-3-4 che diventa numericamente difficile da gestire per gli avversari.
La sua esuberanza, la sua generosità, lo fanno sembrare semplicemente ovunque. Il primo a portare la pressione offensiva, il primo ad arrivare puntuale all’appuntamento con la diagonale difensiva. Contro l’Austria è stato il migliore in campo. Impeccabile per attenzione, commovente per generosità. Il più pronto a spezzare la pressione con cui l’Austria ci ha attanagliato. In quest’azione lascia tutti di sasso e qualcuno dalla panchina gli grida “BRAVO” con foga guerresca.
È la partita in cui ha servito a Chiesa l’assist del gol dell’1-0 (ok, ha fatto quasi tutto Chiesa, ma la palla è comunque sua). Ma è anche la partita in cui, dopo il gol di Kalajdzic ha suonato la carica partendo in conduzione dalla nostra difesa e portando la palla col motorino fino alla trequarti avversaria. L’azione è finita in un nulla, ma Spinazzola - calzettoni abbassati dai troppi scatti - è rimasto in attacco a pressare tutti. Un matto.
Emerson Palmieri è un ottimo giocatore, fino a qualche fa la sua credibilità era superiore a quella di Spinazzola. Si diceva che la Juventus avesse provato a prenderlo proprio per sostituire Spinazzola. Fino a poco tempo fa sembrava più titolare lui del terzino della Roma. Poi è arrivata questa stagione, la migliore di Spinazzola dai tempi dell’Atalanta, mentre Emerson Palmieri è rimasto quasi sempre in panchina col Chelsea campione d’Europa. Rimane però un giocatore di alto livello, che nel palleggio può assicurare anche più controllo di Spinazzola. Certo, non avremo più la sua esuberanza, la sua capacità di creare superiorità numerica in qualsiasi punto del campo, i suoi scatti verticali e diagonali. Secondo Michael Cox l'Italia è spacciata, senza le combinazioni sul lato sinistro.
Ma a questo punto non vale la pena essere troppo preoccupati, solo delusi di non poter vedere ancora Spinazzola in campo. Una delle esperienze più peculiari di questo Europeo il mondo intero si è accorto di quanto speciale sia. Persino Gary Lineker, che raramente ha una parola gentile per l’Italia. Ci mancherà, oltre che per tutte le questioni tecniche di cui abbiamo parlato, anche per la dimensione emotiva che trascinava in campo.
In ogni squadra molto amata, i giocatori toccano corde diverse. Jorginho è il cervello, il nostro regista; Barella è il centrocampista da cui aspettarci più o meno tutto; Chiellini e Bonucci sono i vecchi capitani affidabili; Spinazzola però sembrava il cuore di questa Italia, il suo centro emotivo. Non solo per quello che rappresentava, in sostanza un ragazzo di una semplicità disarmante, ma anche per come sembrava far vibrare emotivamente le nostre partite ogni volta che prendeva palla e correva con quella corsa un po’ da podista, l’aria semplice, l’anima da faticatore. In certi momenti sembrava poter essere davvero il nostro Fabio Grosso. Sull’aereo di ritorno da Monaco la Nazionale gli ha dedicato un coro, cantandolo con la gola di fuori. È la storia strappalacrime del nostro torneo. Prima dell’Austria aveva ammesso di stare giocando «Il miglior calcio della mia carriera». Quando si è infortunato al crociato, nell’ultimo anno all’Atalanta, chi lo avrebbe detto che sarebbe arrivato a questi livelli? Dopo che un anno e mezzo fa i medici dell’Inter lo hanno bocciato alle visite mediche, chi avrebbe scommesso su un’annata del genere?
È una vita che Spinazzola gioca meglio di quanto gli altri sembrano disposti a credere, non si fermerà mica stavolta. Tra un anno c’è il Mondiale in Qatar, e Spinazzola ha tutto il tempo per recuperare.