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Italia, buona la prima
12 giu 2021
Un'Italia armoniosa ha avuto la meglio di una Turchia rinunciataria.
(articolo)
12 min
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L’Europeo dell’Italia di Mancini è iniziato al meglio: un 3-0 netto, nonostante qualche imprecisione in attacco, a una Turchia impotente. Dopo un ciclo di vittorie e prestazioni esaltanti – tra gironi di qualificazione, Nations’ League e amichevoli – questa squadra è entrata nel nostro immaginario collettivo come un gruppo che vuole dominare le partite, tenere il pallone, giocare insieme un calcio spettacolare ed efficiente. E questa prima partita ha confermato quanto visto negli ultimi 3 anni. Mancini non ha dovuto inventare nulla di nuovo, sorprendere l’avversario in modo da avere la meglio. L’Italia ha giocato il suo calcio e ha vinto nettamente. Comunque andrà questo torneo, Mancini è stato in grado di ringiovanire la Nazionale e creare un gruppo affiatato, capace di rendersi pericoloso in diversi modi e di controllare con tranquillità l’avversario anche con 60 metri di campo alle spalle dell’ultimo difensore.

La Turchia di Güneş, già di per sé abbastanza speculativa, è sembrata sin dall’inizio più concentrata a proteggere l’area con ogni mezzo possibile, che realmente preparata per mettere in difficoltà l’Italia. La formazione scelta era un 4-1-4-1: Cakir in porta; Celik, Soyuncu, Demiral, Meras in difesa; Yokuslu davanti a loro a protezione; Karaman, Tufan, Yazici, Calhanoglu a centrocampo e davanti il solo Burak Yilmaz. La contrapposizione era col già visto 4-3-3/3-2-5 fluido dell’Italia, che inizialmente teneva Florenzi più bloccato al fianco di Bonucci e Spinazzola più alto a sinistra, Locatelli e Jorginho come primi riferimenti dei difensori alle spalle della pressione, Barella più sganciato sulla trequarti e Immobile al centro, con Berardi largo a destra e Insigne con la solita tendenza a gravitare nel mezzo spazio di sinistra.

L’Italia di Mancini si è via via caratterizzata per il suo sviluppare le azioni offensive sulla zona sinistra del campo, con Insigne particolarmente influente sia per le sue capacità di associarsi con i compagni, sia per la possibilità di creare superiorità in dribbling che spinge gli avversari a raddoppiarlo, che dà modo al terzino alle sue spalle di arrivare sul fondo, alla punta di buttarsi alle spalle del centrale avversario che esce su di lui, mentre un mediano gli dà copertura e l’altro si porta sul corridoio di trequarti opposto. Anche ieri, insomma, l’Italia ha applicato una distribuzione degli spazi già vista in questi tre anni, che però continua a dare i suoi frutti nonostante la pesante assenza di Verratti (ancora lontano dalla migliore condizione e sostituito da Locatelli sul centro sinistra) e in generale in una serata in cui i giocatori dell’Italia non sono stati particolarmente precisi dal punto di vista delle esecuzioni offensive dal centrocampo in su.

Il piano difensivo della Turchia è naufragato in fretta

Per una buona parte della partita, il muro della Turchia è stato efficace nello sporcare più palloni possibile con il mediano Yokuslu, la coppia di centrali e i due terzini, ma alla lunga l’Italia è riuscita a prendere campo e schiacciare ancora di più gli avversari all’interno della propria area di rigore.

Il piano di Güneş era tagliare la connessione tra i difensori di Mancini e i corridoi centrali avanzati: mentre Burak si orientava su Bonucci indirizzandolo verso l’esterno (senza uscire quasi mai forte su di lui), Yazici alle sue spalle scalava sul passaggio verso l’altro centrale o avvicinandosi a Locatelli-Jorginho. Alle loro spalle, Karaman, Tufan e Calhanoglu rimanevano stretti mentre Yokuslu era sostanzialmente un battitore libero tra difesa e trequartisti, pronto ad attaccare il pallone sulla verticalizzazione, spostandosi se necessario verso l’esterno (e controllando così Insigne).

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A voler per forza usare i numeri, più un 4-1-3-1-1. Burak a fare “ombra” su uno dei due pivote, e Yazici a dare copertura/marcare l’altro.

Sembra plausibile dire che la priorità della Turchia fosse innanzitutto limitare le ricezioni di Jorginho (che rimanendo alle spalle della linea di pressione ha contribuito ad abbassare più facilmente il baricentro difensivo degli avversari) e di Insigne, che veniva raddoppiato da Yokuslu e il terzino Celik. L’Italia ci ha effettivamente messo qualche minuto a trovare una circolazione rapida, forzando qualche verticalizzazione di troppo verso l’esterno, ma dopo appena cinque minuti è emerso nitidamente un modo agevole per superare l’intasamento all’altezza del centrocampo: facendo girare palla da un lato all’altro dei tre centrali, l’Italia aveva spazio per lasciar condurre il centrale esterno – Chiellini o Florenzi – per servire l’accoppiata esterno-trequartista nei corridoi intermedi.

A un certo punto, arrivano le conduzioni di Chiellini.

Questa soluzione, a dire il vero abbastanza preventivabile, ha mandato in difficoltà l’organizzazione della Turchia, che si è trovata spesso a dover rincorrere Spinazzola con Karaman, mentre Locatelli si abbassava verso sinistra. L’Italia è così riuscita ad arrivare dove voleva, cioè a dominare il possesso sul centrosinistra, e più prendeva campo più riusciva ad alzare un difensore centrale che aiutasse la manovra, visto che la Turchia, decisa a difendere con un blocco bassissimo, lasciava il solo Burak Ylmaz in avanti.

Adattamenti e rotazioni per prendersi il campo

La naturale evoluzione del gioco dell’Italia ha visto Florenzi spostarsi in linea con Jorginho e Locatelli, e l’Italia formare un 2-3 con i suoi primi cinque uomini (al contrario del classico 3-2), riuscendo in questo modo a spingere ancora più avanti Spinazzola, diventato praticamente un’ala, e agevolando in questo modo l’entrata dentro al campo di Insigne. Insomma spostando leggermente in avanti un uomo, l’Italia di Mancini è riuscita a guadagnare un avanzamento armonioso di tutto il blocco offensivo, mettendo le basi per la vittoria.

La posizione aperta di Florenzi e Locatelli, unita all’occupazione della trequarti di Insigne, Barella e Berardi, ha praticamente annullato le possibilità di pressione aggressiva del centrocampo turco, che si è dovuto limitare per una buona fetta di gara a schermare l’area.

Alzare il baricentro è stato decisivo per l’Italia, che aveva bisogno di avere superiorità numerica sull’esterno per rendere più complicata la strategia difensiva della Turchia, ovvero coprire il centro e l’area di rigore come ne valesse la vita, e per stancare gli avversari costringendo a continue scalate e scambi di marcature per recuperare i movimenti degli azzurri. Era questo il modo migliore per cercare di creare pericoli nei mezzi spazi, i più difficili da marcare per una squadra che difende come la Turchia.

Indizi di dominio e pericolosità.

Nonostante qualche imprecisione, l’Italia è riuscita a produrre anche nel primo tempo un paio di offensive convincenti attraverso i corridoi centrali. Berardi, nominalmente ala destra, quando l’azione iniziava dalla sinistra tendeva a stringersi verso il centro, per appunto, creare superiorità, scompigliare gli avversari. Non a caso la prima grande occasione della partita è nata da una sua triangolazione in diagonale con Insigne proprio dal centro della trequarti.

Una volta superate le titubanze iniziali, create da errori dei singoli e dall’applicazione coriacea della Turchia nella difesa dell’area, l’Italia di minuto in minuto è riuscita a “essere se stessa”, ha iniziato a giocare il calcio costruito con l’arrivo di Mancini, senza però mancare di aggiungere qualche sfumatura per adattarsi all’avversario che aveva di fronte. Una buona flessibilità posizionale dei giocatori ha poi contribuito a mandare fuori giri l’organizzazione avversaria, con Insigne e Berardi che hanno iniziato a trovare spazi migliori dove ricevere o inserirsi e con Barella a fungere da equilibratore della squadra sia al centro che muovendosi verso l’esterno destro negli spazi lasciati liberi da Berardi.

L’Italia ha chiuso il primo tempo senza reti ma con un’inerzia positiva, portando Florenzi progressivamente sempre più a ridosso dell’area, attraverso triangolazioni e inserimenti interni, sfruttando i movimenti a uscire di Barella. Non sappiamo con certezza se la sua sostituzione sia dovuta anche a una condizione non ottimale, ma Mancini non ha esitato a inserire Di Lorenzo al suo posto all’inizio del secondo tempo per trarre ulteriore vantaggio da questa situazione con un terzino più adatto ad attaccare in ampiezza. Di Lorenzo si è subito fatto trovare pronto, e con un gioco di sovrapposizioni interne ed esterne ha costretto la Turchia ad abbassarsi ancora di più permettendo all’Italia di stabilirsi in maniera ancora più incisiva nella metà campo avversaria.

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Con questa nuova disposizione, i benefici immediati sono stati due. Il più evidente è stato che, riuscendo ad attaccare in maniera dinamica anche a destra, si è liberato spazio a sinistra per Spinazzola (probabilmente il migliore in campo) che è stato bravo a sfruttare la maggiore libertà per far impazzire più volte gli avversari, riuscendo sempre a farsi trovare al punto giusto per ricevere sul lato debole e chiedere l’azione. Inoltre la presenza di Di Lorenzo ha permesso a Barella di occupare e ricevere in una posizione intermedia tra le linee, dove il suo gioco è sicuramente più efficace che quando deve allargarsi sull’esterno, soprattutto quando può fare da snodo della manovra su un cambio campo corto.

L’utilizzo del lato debole, per una squadra che attacca come l’Italia, può essere una soluzione determinante, ma a patto di saperci arrivare anche in modo diverso rispetto al solito lancio diagonale di 50 metri da una fascia all’altra. Sui primi due gol la posizione di Barella ha creato due situazioni vantaggiose in combinazione con Berardi, che nelle occasioni era largo, prendendo in mezzo il terzino sinistro avversario. Rispetto al primo tempo, nel secondo l’attaccante del Sassuolo è stato più aperto, una posizione che alla fine ha pagato.

La Turchia non ha molte soluzioni, ma l’Italia ha un pressing armonioso

Forse non è la partita più utile per rendere giustizia all’organizzazione del pressing della squadra di Mancini, data la pochezza offensiva della Turchia, ma è interessante come l’Italia abbia eseguito al meglio un compito che storicamente non ci compete. Il nostro pressing è stato sicuramente facilitato dalla qualità del possesso, che ha reso più efficace la riaggressione a palla persa, ma in generale la predisposizione a difendere in avanti di tutti gli azzurri è stata notevole. La Turchia in effetti ha rinunciato quasi sistematicamente a una partenza palleggiata da dietro, ricercando piuttosto la palla lunga con tutti gli uomini di movimento all’altezza del centrocampo, ma perdendo inesorabilmente il confronto contro Chiellini (molto aggressivo, tra l’altro, fin dentro la trequarti avversaria) e compagni. Nelle rare occasioni in cui la palla ha circolato dal basso, però, l’Italia ha dimostrato di essere una squadra molto raffinata nelle intese di pressione.

Di base, l’idea era quella di accompagnare ad Immobile in prima linea uno tra Locatelli e Barella, ma non sono mancati i momenti in cui si è trovato anche Berardi al fianco dell’attaccante della Lazio.

Qui, per esempio, è Locatelli a uscire.

A rendere efficace il pressing dell’Italia, però, più che la mera disposizione geometrica, sono stati i tempi di scambio di funzione e i piccoli adattamenti dei singoli nella lettura delle situazioni.

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Qua sopra possiamo apprezzare Immobile che manda in crisi Demiral lasciando in un primo momento scoperta la linea di passaggio verso Soyuncu (con un breve sprint lineare), per poi ondeggiare verso il fondo del campo, invitarlo così a condurre in avanti, ma affiancandolo prontamente e costringendolo a verticalizzare di fretta; Jorginho intercetta e avvia la ripartenza pericolosa.

Qui, invece, Barella era uscito in avanti e Berardi si era inizialmente portato all’indietro in copertura. Quando Soyuncu taglia fuori il centrocampista, Berardi reagisce immediatamente con uno scatto furioso e taglia il tempo a tutti, recuperando il pallone. Da notare anche il movimento di Jorginho, già predisposto per la copertura, e Locatelli a compensare a sua volta l’avanzata del compagno.

Il tentativo di Güneş di inserire alla ripresa Cengiz Under al posto di Yazici, forse per avere una soluzione offensiva in più, è stato inefficace, dato che la Turchia non è mai riuscita a imbastire un’azione convincente per innescarlo. Allo stesso tempo, l’apporto difensivo dell’ex romanista non ha in alcun modo aiutato ad assorbire l’onda d’urto della supremazia territoriale dell’Italia, col risultato di rendere ancora meno chiare le distanze e di concedere ancora più spazi tra le linee all’avversario. Probabilmente ci aspettavamo tutti qualcosa in più da una squadra che aveva dimostrato, se non altro, di poter essere molto compatta e pericolosa in ripartenza, ma l’eccesso di cautela di fronte a un’Italia ambiziosa e convinta dei propri mezzi è stato letale.

Non scopriamo certo oggi che l’Italia di Mancini può mettere agilmente in discesa le partite in cui ha il dominio incontestato del possesso e in cui riesce a portarsi nella metà campo avversaria il più a lungo possibile. Rimane da vedere come reagirà contro avversari capace di contenderle il pallone in maniera più credibile, e quindi costringendoci a una fase più duratura di difesa posizionale, che non si è praticamente mai vista ieri, né nelle ultime partite giocate dall’Italia, tutte contro avversarie che non potevano contenderci il pallone.

Avversari più duri arriveranno, però per il momento è lecito godersi il bello di questa Nazionale giovane e ambiziosa, che al debutto all’Europeo, dopo cinque anni senza partite di questo tipo, è scesa in campo nello stadio di casa senza nessun timore. Una squadra che è riuscita ad assorbire con naturalezza le idee del Commissario Tecnico, riuscendo anche a girare le indecisioni a proprio favore, dimostrando di avere davvero una comunione di intenti, che si nota anche nelle piccole cose, come la corsa in più o la copertura a un compagno. Un’Italia ben allenata, che diverte e si diverte, che per i primi 90 minuti di questo Europeo è riuscita a creare un’inerzia favorevole per fare il proprio gioco, senza indecisioni o dubbi. Andare avanti così è l’obiettivo, poi cosa può accadere chi lo sa.

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