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L'Italia ha meritato la qualificazione
21 nov 2023
Una qualificazione su cui pesa il grande lavoro di Luciano Spalletti.
(articolo)
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Alla fine a risultare decisiva è stata la convincente vittoria a San Siro contro l’Ucraina di un paio di mesi fa, arrivata pochi giorni dopo l’approdo di Luciano Spalletti sulla panchina azzurra. Il risultato del match di settembre contro la Nazionale di Rebrov, ha pareggiato il vantaggio accumulato dagli ucraini con la vittoria in Macedonia del Nord e l’1-1 interno contro l’Inghilterra. A Leverkusen l'Italia ha potuto giocare senza l’assillo di dover vincere a tutti i costi.

Il lungo avvicinamento a questa sfida era cominciato venerdì, con il match contro la Macedonia del Nord, una squadra che evocava cupi ricordi per la Nazionale azzurra. La vittoria contro i balcanici era condizione obbligata per mantenere il vantaggio dei due risultati su tre. Una partita, quindi, psicologicamente delicata.

La mossa con cui Spalletti ha scombinato i piani della Macedonia

Contro la Macedonia del Nord, Spalletti ha subito dato una maglia da titolare a Jorginho, convocato per la prima volta da lui in Nazionale, affiancato a centrocampo da Barella e Bonaventura. L’Italia ha poi schierato il tridente composto da Berardi, Raspadori e Chiesa, mentre nel reparto difensivo Darmian ha sostituito lo squalificato Di Lorenzo, con Dimarco sulla fascia opposta e Gatti e Acerbi a presidio del centro della difesa.

La Macedonia del Nord, come previsto, ha affrontato la partita difendendo compatta ad altezza medio-bassa, schierando un 3-4-1-2 che avrebbe dovuto incastrarsi a specchio con il 4-3-3 degli azzurri. Milevski ha predisposto rigidi controlli a uomo sui centrocampisti italiani: il trequartista Bardhi su Jorginho e i due interni Elezi e Ademi rispettivamente su Bonaventura e Barella. Spalletti ha fatto saltare il banco di queste marcature piegando il suo 4-3-3 verso uno schieramento che, in fase di costruzione, prevedeva tre difensori centrali e due interni. Il grimaldello tattico con cui gli azzurri hanno scardinato la difesa macedone - ostica durante la partita di andata a Skopje - è stato Federico Dimarco.

Il terzino dell’Inter, accentrandosi al fianco di Jorginho, disegnava la struttura 3 più 2 in fase di costruzione, che ha scombinato i propositi dell’allenatore macedone. Non poteva più sovrapporre la propria struttura difensiva a quella offensiva degli avversari. Barella e Bonaventura si allontanavano da Jorginho, occupando più avanti i corridoi intermedi, seguiti dai loro marcatori; allora l’Italia riusciva a costruire un 5 vs 3 in fase di costruzione che le ha garantito, nei primi venti minuti di partita, la possibilità di consolidare con relativa tranquillità il possesso del pallone.

Il tecnico Milevski sperava di poter giocare in parità numerica in zona centrale contro la fase di costruzione degli azzurri, con Bardhi su Jorginho e le due punte Elmas e Miovski sui due centrali Gatti e Acerbi. L’Italia ha risposto creando un 5 contro 3 con Dimarco che va a giocare al fianco di Jorginho e Darmian che si allinea con Gatti e Acerbi.

La funzione destabilizzatrice di Dimarco non si è limitata alla creazione della superiorità numerica in zona centrale in costruzione, ma ha finito per incidere in zone più profonde di campo. Ha alternato i movimenti al fianco di Jorginho con inserimenti più profondi nella zona dell’half-space di sinistra, che hanno costretto a muoversi il centrale di destra Manev, isolando ancora di più Federico Chiesa contro l’esterno Dimoski.

Dimarco si libera nell’half-space di sinistra, mentre i due interni di centrocampo macedoni sono impegnati nel controllo ravvicinato di Barella e Bonaventura. Su Dimarco è costretto a uscire, in ritardo, il centrale di destra Manev.

L’azione che porta al calcio d’angolo del gol di Darmian - un tiro di Chiesa respinto da Dimitrievski – nasce proprio dallo spazio profondo creato per Chiesa dai movimenti di Dimarco.

Il centrale di destra Manev è ancora attirato fuori dalla posizione di Dimarco e lascia un varco attaccato da Chiesa che viene raggiunto dal lancio di Gatti.

In estrema difficoltà con il suo 3-4-1-2 nel gestire i movimenti di Dimarco, e già in svantaggio di una rete, dopo venti minuti di partita Milevski ha cambiato strategia. È passato al 4-4-1-1 difensivo, ha abbassato Elmas sulla fascia sinistra e alzato l’esterno destro Dimoski sulla linea di centrocampo. Alla mossa di Milevski Spalletti ha risposto tenendo Dimarco più aperto in fase di costruzione, forte della superiorità numerica in zona centrale garantita dai due centrali e Jorginho contro il trequartista Bardhi e il centravanti Miovski.

Il 4-4-1-1 difensivo della Macedonia del Nord dal ventesimo minuto e la superiorità numerica in zona centrale di costruzione.

Più che per consolidare il possesso e abbassare la difesa macedone, i vantaggi tattici guadagnati dall’Italia sono stati usati per creare squilibri alla linea difensiva avversaria, da attaccare alle spalle o con gli isolamenti degli esterni. La manovra italiana è stata forse fin troppo diretta, in certe occasioni, e ha cercato presto la profondità e gli esterni, quando forse avrebbe potuto continuare a manipolare la struttura difensiva macedone, attaccando in situazioni ancora più vantaggiose. Tuttavia, senza grandi sforzi, l’Italia ha concluso il primo tempo in vantaggio di tre reti. I due gol subiti sono stati piuttosto occasionali, e la squadra è riuscita, accelerando di nuovo, a chiudere il match con una vittoria rotonda. La partita con L'Ucraina è quindi arrivata nelle migliori condizioni possibili.

Il match di Leverkusen

A Leverkusen Spalletti ha operato quattro cambi nell’undici titolare. Al netto del rientro dalla squalifica di Di Lorenzo, il tecnico ha cambiato un calciatore per reparto, inserendo Buongiorno per Gatti, Frattesi per Bonaventura e Zaniolo per Berardi, disegnando una squadra di certo più atletica, ma meno tecnica, forse per contrastare meglio la maggiore fisicità dell’Ucraina. La squadra di Rebrov ha affrontato l’Italia rinunciando, in fase di non possesso, al pressing, preferendo disporsi con un prudente 5-4-1 nella propria metà campo. A far mutare la struttura posizionale degli ucraini era Oleksandr Zinchenko che in fase difensiva andava ad occupare la posizione di esterno sinistro, mentre in fase di possesso formava, assieme a Stepanenko, la coppia di interni del 4-2-3-1 assunto in attacco dagli uomini di Rebrov.

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Il 5-4-1 difensivo e il 4-2-3-1 offensivo dell’Ucraina. Cerchiata, la posizione di Zinchenko.

Nei primi 15 minuti la partita è stata molto aperta, con le squadre che riuscivano a ripartire velocemente dopo ogni attacco avversario. Il contesto tattico iniziale ha aiutato l’Ucraina ad attivare i suoi trequartisti e a rendersi pericolosa, anche grazie al lavoro di sponda del centravanti del Girona Dovbyk. Gli unici due tiri effettuati dagli uomini di Rebrov nel primo tempo sono giunti prima del quarto d’ora di gioco, con due azioni piuttosto simili in cui il pericolo per gli azzurri è stato generato dalle ricezioni alle spalle delle mezzali azzurre dei trequartisti Tsygankov e Sudakov.

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Sudakov si smarca alle spalle di Frattesi e il centrale Zabarnyi lo trova con un pregevole passaggio sopra la testa del centrocampo azzurro. Sudakov capitalizza il vantaggio conducendo palla e triangolando con Tsygankov, arriva a calciare da buona posizione.

Dopo il primo quarto d’ora di gioco, l’Italia ha preso in mano il match. Ha iniziato a pressare e a riaggredire bene, oltre a fare un buon possesso palla. Contro il 5-4-1 difensivo di Rebrov, l’Italia ha di nuovo proposto uno schieramento in costruzione con tre giocatori sulla linea arretrata, due interni e cinque uomini a occupare i canali verticali del campo in zona offensiva. Ad affiancare Jorginho, però, stavolta è stato più spesso Barella, con Dimarco più avanzato sulla linea offensiva.

Gli azzurri sono riusciti a gestire bene il possesso e, a differenza che in occasione della partita contro la Macedonia del Nord, hanno utilizzato i vantaggi posizionali per abbassare l’Ucraina e controllare il ritmo del match, annullando il caos dei primi 15 minuti.

Il 3-2-5 offensivo dell’Italia, con Barella accanto a Jorginho e Dimarco per una volta largo, con Chiesa nel corridoio intermedio.

La gestione del pallone, orientata ad abbassare la difesa ucraina, ha anche favorito le azioni di riaggressione, che gli azzurri hanno giocato con convinzione ed efficacia, recuperando presto il pallone, soffocando così sul nascere le ripartenze avversarie. Dopo il primo quarto d’ora di gioco ha iniziato a funzionare anche il pressing, portato in zona medio-alta, che è riuscito a inibire la faticosa costruzione bassa degli ucraini. Nel pressing portato a zona dagli azzurri, era Barella a rompere la linea di centrocampo e a pressare il centrale di destra Zabarnyi, con Raspadori orientato sull’altro centrale Svatok, mentre alle loro spalle Frattesi si alzava sul play avversario e Jorginho gestiva la posizione dell’altro interno e del trequartista Sudakov.

Il sistema di pressing dell’Italia di Spalletti.

L’Ucraina ha mostrato grandi difficoltà a superare il pressing e e non è più riuscita a liberare Sudakov e Tsygankov alle spalle del centrocampo azzurro. I lanci verso Dovbyk sono diventati via via meno efficaci, grazie al lavoro nei duelli individuali di Buongiorno e Acerbi.

Nel secondo quarto d'ora del primo tempo l'Italia ha tenuto il 77% di possesso palla, e il 66% nell'ultimo terzo. La pericolosità dell’Italia è stata affidata essenzialmente all’elettricità e all’energia di Federico Chiesa, che ha dominato il suo marcatore Konoplya saltandolo 6 volte su 6. La scelta di Spalletti di alzare Dimarco, lasciando a Barella il compito di supportare Jorginho nella fase di costruzione, si è rivelata particolarmente azzeccata. La connessione tecnica e posizionale tra Chiesa e Dimarco è stata di ottimo livello e ha creato sul centro-sinistra dell’attacco azzurro una zona di dominio tecnico contro Konoplya e Tsygankov. In questa zona l’Italia ha ottenuto quasi tutti i vantaggi e le sue migliori occasioni.

Nell’intervallo Spalletti ha sostituito Raspadori con Scamacca, cambiando le caratteristiche del centravanti della sua squadra. L’Ucraina, che avrebbe dovuto vincere per ottenere la qualificazione, ha provato a reagire alle difficoltà mostrate nel primo tempo, aumentando l’intensità della propria pressione sul portatore di palla avversario. Non solo per i meriti ucraini, l’Italia ha gradualmente perso il controllo tecnico sull'incontro. È subentrata un po' di fatica. In particolare i due esterni, Zaniolo e Chiesa, hanno giocato una partita dispendiosa - senza contare la fatica di Jorginho. Scamacca, a differenza di Raspadori, non ha aiutato il palleggio della squadra abbassando il possesso palla tramite cui l’Italia aveva tenuto a bada il ritmo nel match nel primo tempo. La partita è diventata più caotica e meno controllata, proprio come desiderato da Rebrov, ma nonostante questo la prova difensiva dell’Italia ha continuato a essere di ottimo livello.

Fatta eccezione per un’occasione sui piedi di Mudryk, raggiunto in area direttamente da un fallo laterale, e favorito da un’incomprensione tra Di Lorenzo e Donnarumma, l’Ucraina non è riuscita a calciare in porta con pericolosità (7 tiri e 0,19 xG per l’Ucraina, 15 tiri e 1,33 xG per l’Italia). Nell’ultima parte del secondo tempo Spalletti ha sostituito i due esterni Zaniolo e Chiesa con Politano e Kean e inserito Cristante per Jorginho, rinunciando di fatto a parte del possesso a favore di un maggiore impatto fisico per reggere la pressione ucraina. Quando Rebrov ha schierato il doppio centravanti, Spalletti ha risposto con una difesa a tre - col cambio di Darmian per Politano. L'ultimo pericolo corso è stato - come sapete - il possibile calcio di rigore per il fallo di Cristante su Mudryk.

Catapultato sulla panchina azzurra alla fine di agosto, con poco tempo a disposizione e nessuna amichevole in calendario, Luciano Spalletti è riuscito a centrare l’obiettivo di portare l’Italia alla fase finale degli Europei, prevalendo nel doppio confronto contro l’avversario più pericoloso, l’Ucraina di Serhij Rebrov. Non lo ha fatto in modo arrangiato, ma ha già iniziato a dare una precisa identità tattica alla sua squadra che, partendo dal 4-3-3, prova a muoversi in modo fluido per trovare spazi all’interno delle strutture difensive avversarie. Senza palla l'Italia prova a recuperare attivamente il pallone con fasi di pressing in zone medio-alte e la riaggressione dopo la perdita del possesso.

Molti meccanismi sembrano ancora in fase di apprendimento e bisogna ancora limare certe rigidità, ma, raggiunta la qualificazione, Spalletti avrà un po' di tempo per lavorare con più calma alla selezione degli uomini da portare in Germania e a fare interiorizzare ai propri calciatori i principi del proprio calcio. Per adesso godiamoci questa qualificazione che, tutto considerato, non possiamo certo dare per scontata.

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