Domani, sabato 20 ottobre a mezzogiorno e mezzo, si gioca la finale del Mondiale di pallavolo femminile e c’è l’Italia ad affrontare la Serbia, cioè una delle squadre più forti in circolazione. L’Italia è arrivata in finale dopo 16 anni dall’ultima volta: Berlino 2002, finale contro gli Stati Uniti vinta per 3 a 2 al tiebreak. Questa Nazionale non arrivava certo al Mondiale tra le favorite, ha visto l’esplosione a livelli imprevisti di diverse giovani, come Miriam Sylla, Ofelia Malinov, Sarah Fahr, Sylvia Nwakalor e soprattutto Paola Egonu, rivelatasi leader emotivo e tecnico della squadra man mano che il torneo andava avanti. Ma l’Italia ha anche confermato lo spessore della capitana Chirichella, oltre all’esperienza di Serena Ortolani e Monica De Gennaro.
Questo risultato non è del tutto una sorpresa ed è frutto di un lungo lavoro alle spalle. Caterina Bosetti, sorella di Lucia presente in Giappone, alla Gazzetta di oggi ha dichiarato: «Siamo arrivate seconde al Grand Prix l’anno scorso. Non è che è una squadra che non ha fatto nulla in questi due anni. Quest’anno hanno mancato le finali di Nations League per qualche set e hanno vinto il torneo di Montreux a settembre. Hanno lavorato duramente tutta l’estate, dietro c’è un gioco, una mentalità costruita in palestra e nei mesi di lavoro sin dallo scorso anno».
La nostra prima volta Mondiale nel 2002.
La Cina che l’Italia ha affrontato in semifinale sembrava però di un altro spessore. Non solo era la Nazionale con il pedigree più aristocratico del lotto - due volte campionessa iridata negli anni 80 - ma appena due estati fa era riuscita a vincere l’oro olimpico proprio contro la Serbia. La Cina veniva anche da due titoli asiatici vinti in successione, da una Coppa del Mondo del 2015 e da una Grand Champions Cup nel 2017. Capace però di vincere l’oro olimpico due estati fa proprio contro le serbe oltre che i titoli asiatici in successione e la Coppa del Mondo 2015, nonché la Grand Champions Cup del 2017.
Un risultato già storico
Insomma il risultato delle azzurre è stato storico. Consuelo Mangifesta, ex schiacciatrice azzurra, lo ha definito «il più giusto in assoluto, e bellissimo proprio per questo». A pochi metri da lei la giornalista di Raisport Simona Rolandi tratteneva a stento le lacrime incontrando una certa difficoltà a dare appuntamento al giorno successivo per la finalissima. Ai microfoni, dopo la partita, il ct Mazzanti ha scherzato «Ora dovrò chiamare a casa per sapere se sono ancora tutti vivi».
L’Italia ha giocato un primo set autoritario, portato a casa per 25 a 18, ma ha subito la reazione delle cinesi nel secondo. Poi ha vinto il terzo e nel quarto è andata vicinissima a chiudere subito la partita con due matchpoint. La Cina non si è arresa ed è riuscita a vincere il set per 31 a 29. A quel punto l’inerzia psicologica sembrava essere compromessa per l’Italia, che però è riuscita a rialzarsi e si è giocata un tie-break punto a punto. Mazzanti prima della partita aveva preannunciato sarebbe stata “questione di dettagli”. Egonu ha prima sbagliato per due volte la palla del match, ma ha poi messo a segno il punto della vittoria. Ha chiuso la partita con 45 punti: un record della storia dei Mondiali di pallavolo femminile. Dietro di lei Miriam Sylla con 23.
L’ultimo punto di Paola Egonu.
L’Italia è stata capace di vincere dieci gare consecutive in un Mondiale, una striscia interrotta proprio contro la Serbia, 3 a 1 alla Civic general gymnasium di Nagoya, quando però la semifinale era stata già raggiunta.
Questa Nazionale di pallavolo è partita nel colpevole silenzio di tanti addetti ai lavori, ancora scottati dalla delusione dell’Italia maschile, che qualche settimana fa si è fatta eliminare dalla Polonia dai Mondiali che ospitavamo in casa (forse l’ultima occasione per quel ciclo di giocatori di vincere qualcosa).
L’Italia femminile affidata al marchigiano Davide Mazzanti è la più giovane mai inviata a una rassegna di questo livello: 23 anni e un mese l’età media, tra le qualificate al Mondiale nipponico solo Messico e Cuba erano più giovani. Una squadra giovane e inesperta, guidata da un CT molto attento alla mentalità, che nasce dall’intuizione di un maestro della pallavolo come Julio Velasco.
La drammatica finale di Atlanta 1996.
Fu infatti proprio il coach due volte campione del Mondo con i fenomeni del volley italiano anni 90, infatti, a creare Club Italia. Velasco approdò alla nazionale femminile dopo l’argento conquistato con gli uomini alla Olimpiadi 1996 di Atlanta e gli ori ai Mondiali nel 1990 in Brasile e nel 1994 in Grecia.
Club Italia è una squadra composta solo da atlete azzurre che giocano nei campionati nazionali. Partita come una rappresentativa amatoriale con sede a Lucca e poi a Ravenna, dalla stagione 2003-2004 è sbarcata in B2. Anni passati tra B1 e B2, facendo la spola da Roma e Milano, non senza difficoltà perché ragazze che vengono dai vivai in giro per l’Italia faticano a competere con squadre piene di giocatrici esperte, molto spesso straniere.
Il Club Italia nel 2013 giocava su campi così.
Il progetto viene ammesso alla A1 nella stagione 2015/16, dove rimarrà anche nella stagione successiva. Un ultimo ostacolo si presenta nella stagione 2017/18, stagione in cui arriva la retrocessione in A2. Da quest’anno, però, Club Italia è stato riammesso nella massimo campionato e disputerà le gare casalinghe a Milano. Non si molla di un centimetro rispetto all’idea originale, insomma, anche perché da questo progetto sono arrivate quattro campionesse del Mondo 2002: Eleonora Lo Bianco (5 Olimpiadi disputate in carriera, come nessuno nel volley italiano), Elisa Togut, Simona Rinieri e Anna Vania Mello.
Anche nella rosa delle partecipanti al Mondiale di Giappone sono 9 le ragazze su 14 a essere passate per Club Italia. Le allena Massimo Bellano, che alla guida dell’Under 19 ha vinto l’oro agli Europei, dove c’era pure Sarah Fahr che ora sta ai Mondiali, a 17 anni. Da Club Italia viene anche Paola Egonu, bomber di questo Mondiale a soli 19 anni, così come Elena Pietrini, miglior giocatrice nel Mondiale Under 18 vinto insieme a lei nel 2017. Pietrini è la prima 2000 schierata da un azzurro senior. Ci sarebbe anche Terry Enweonwu ma purtroppo non è in Giappone a causa di qualche noia fisica che sta rallentando il suo sviluppo.
Aria pulita
Il simbolo dell’Italia di Mazzanti non può che essere la già citata Paola Egonu, stella più luminosa della nazionale nonostante i tanti errori anche in semifinale. Forse anche grazie a quegli errori, perché, come ripete il CT della Nazionale, le sue giocatrici si devono poter permettere di sbagliare e riprovare. Egonu è in cima alla classifica dei punti del Mondiale giapponese, 291, e seconda per servizi vincenti, 22, dietro l’olandese Sloetjes.
Egonu è nata nel 1998 a Cittadella e cresciuta a Galliera Veneta, provincia di Padova. Genitori della Nigeria, un dettaglio che sarebbe irrilevante in condizioni di normalità ma che assume un peso nel clima politico e culturale italiano.
Come ha scritto su Repubblica il 16 ottobre Fiona May: «Viviamo insieme in questo luogo. Dovrebbe bastare per avere una dignità pari e una pari forza. Eppure non è così. Non qui in Italia, almeno, dove esiste ancora la necessità di dover dimostrare di “appartenere”». «Distinguere», prosegue l’ex atleta azzurra «precisare, l’atleta di colore, la famiglia di origini nigeriane. E che diamine, basta. Alla fine sembra normale tutto questo, ma non lo è. Siamo arretrati». E chiama in causa anche i media che non aiutano, e le vecchie generazioni che dettano l’agenda dei temi da affrontare e il taglio da dare, senza far entrare «l’aria pulita».
Paola Egonu in azione.
L’aria pulita è Paola, ma pure la palleggiatrice Ofelia Malinov, figlia di Atanas, allenatore bulgaro che tra il '96 e il '97 vinse tutto sulla panchina di Bergamo. Ha iniziato a giocare a Bassano del Grappa, seguendo le orme di mamma Kamelia. Il suo debutto in nazionale risale al 2015, mentre con il club di Conegliano ha vinto Supercoppa e Coppa Italia, arrivando in finale di Champions.
Aria pulita è anche Miriam Sylla, classe 1995 nata a Palermo da genitori ivoriani e cresciuta in Lombardia. Tutta la trafila delle giovanili federali fino al 2015, quando arriva la prima convocazione delle grandi e poi il titolo al torneo di Montreux 2017. Ora è la prima alternativa a Egonu nelle scelte di alzata, meno esplosiva ma più riflessiva della compagna. Nel Mondiale è la seconda in classifica per percentuale di schiacciate riuscite (Egonu è terza ma con 4 punti percentuali in meno).
“Non svegliatemi vi prego”.
Miriam è il punto di riferimento per Sylvia Nwakalor, diciannovenne di Lecco, sui campi di volley da quando ne aveva 3. Per ora guarda le compagne dalla panchina in Giappone, ma nel Club Italia gioca già, al fianco della sorella Linda. Poi c’è Sarah Fahr, sempre del Club Italia, che non è nemmeno maggiorenne (sta per finire le superiori) ed è nata in Germania.
E ora la Serbia
Adesso l’Italia è attesa in finale dalla Serbia. La squadra di Zoran Terzic è campionessa d’Europa in carica e arriva alla sua terza finale negli ultimi due anni (era arrivata seconda anche alle Olimpiadi di Rio 2016) dopo aver vinto la sfida stellare della prima semifinale contro l’Olanda. La squadra balcanica avrà dalla loro il favore dei pronostici, insomma, come d’altra parte in semifinale, dove in ogni caso hanno dovuto soffrire. La Serbia è alla sua prima finale mondiale della sua storia, dopo essere arrivate terze nel 2006 in accoppiata col Montenegro.
La Serbia si appoggia su Tijana Boskovic e Brankica Mihajlovic, 52 punti in coppia contro le olandesi in semifinale. Giocano aggressive come da tradizione e hanno una regista molto esperta come Maja Ognjenovic, che a 34 anni ha tre titoli europei in bacheca. In Italia ha giocato a Jesi, Modena e Schio e sta in Nazionale da 13 anni. Le due centrali sono Milena Rasic e Stefana Velijkovic, ventottenni pluridecorate con club e nazionale.
La storia dice che l’Italia, tra le tre squadre europee arrivate fino alla semifinale, è l’unica ad aver già raggiunto una finale mondiale nella sua storia, aggiudicandosela per giunta. Era il 2002 e le ragazze guidate da Marco Bonitta e capitanate da Elisa Togut fecero l’impresa di battere le favorite degli Stati Uniti. Chissà che non sia di buon auspicio per domani.