In queste settimane il calcio italiano è sembrato particolarmente nervoso. Già qualche giorno prima dell’ultima giornata di campionato l’attaccante della Lazio, Ciro Immobile, aveva rilasciato alcune dichiarazioni su Instagram contro il presidente del Torino Urbano Cairo, che lo avrebbe accusato di aver giocato la partita contro il Torino «con il sangue agli occhi». La risposta di Cairo, a stretto giro e sempre via social, non si è fatta attendere e ha rincarato la dose di veleni e sospetti, tirando in ballo il passato di Immobile come giocatore del Torino e la sua presunta, secondo Cairo, mancanza di lealtà quando si è trattato di cambiare squadra. In questo clima teso, per il resto della settimana abbiamo assistito, sui media come nelle chat private, alla danza di chi spargeva sospetti sugli ultimi match da disputare, con Milan, Napoli e Juventus ancora in ballo per la qualificazione in Champions League, rispettivamente contro Atalanta, Verona e Bologna, già fuori da ogni gioco di classifica. Ognuno trovava ragioni che avrebbero spiegato motivazioni in più, o in meno, per creare incastri di ogni tipo, tali da poter spiegare in maniera retroattiva praticamente ogni finale possibile.
Alla fine, è stato il Napoli di Gennaro Gattuso a lasciare sul campo i due punti che sarebbero serviti per avere accesso alla prossima Champions League, giocando in casa contro il Verona che non aveva più obiettivi per cui competere. E il tappo del nervosismo è saltato durante l’intervista all’altro allenatore coinvolto, Ivan Juric, che ha lasciato gli studi di Sky Sport dopo un litigio con l’inviato Massimo Ugolini.
Ugolini aveva tentato di imbastire la propria domanda così: «Un Verona diverso rispetto a quello che abbiamo visto nelle ultime settimane...» quando Juric lo ha interrotto con un: «Subito una grande cagata». Poi l’allenatore dei veronesi, senza lasciare che la domanda venisse completata, ha accusato Ugolini di non aver seguito le partite della sua squadra. «Devi portare rispetto, vai a vedere le prestazioni e come ha giocato la squadra».
Ugolini, coerentemente con i suoi propositi, ha ripetuto la sua domanda una seconda volta. Juric però si è rifiutato di rispondergli e neanche la mediazione da studio di Fabio Caressa è stata efficace, al punto che Juric ha abbandonato la postazione dopo aver aggiunto: «Io non ci sto con questo atteggiamento, che prima no e oggi sì. La squadra ha dato sempre il massimo. Questo comportamento (da parte dei media, ndr) in Italia è inaccettabile».
La distanza tra professionisti e media
A far saltare la mosca al naso a Juric non sono state le parole in sé di Ugolini, che probabilmente intendeva chiedere a Juric come avesse dato motivazioni al Verona, che oltre a non essere in corsa per alcun obiettivo dopo aver già raggiunto la salvezza da molte settimane, ha vinto una sola partite delle ultime 12. Difficile da dire senza una chiara spiegazione, ma sembra che Juric abbia pensato che dietro alle parole del giornalista ci fosse un sottotesto dietrologico fastidioso.
Alla fine di ogni stagione certi discorsi tornano puntualmente di moda: a fine anno le partite sono tutte scontate, le squadre salve o appagate addirittura le regalano a chi è ancora in corsa per degli obiettivi. È un pensiero quasi naturale per un ambiente culturale come il nostro: quanti di noi ieri sera si sono chiesti se l’Atalanta avesse davvero voglia di fare un favore alla Juventus, dopo la sconfitta nella finale di Coppa Italia? E quanti hanno pensato che il Bologna, sotto nel punteggio già dopo sei minuti, fosse già in vacanza?
Juric ieri sera ha chiesto ai giornalisti di valutare la prestazione della sua squadra, e di confrontarla con quella delle ultime uscite. Si è detto a più riprese soddisfatto del livello di gioco del Verona. Tra i giornalisti di TV e carta stampata quasi tutti hanno sottolineato quanto i risultati del Verona nelle ultime settimane, quando ormai aveva raggiunto l’aritmetica salvezza, fossero stati scadenti. E di fondo, anche senza considerare la dietrologia, sembra ci sia la solita idea che ogni giudizio dipenda dal punteggio a fine partita e che l’unica spiegazione razionale vada ricercata nell’emotività delle squadre, dalla loro voglia, dalla loro motivazione. E se perdono o pareggiano sicuramente avrebbero potuto vincere, se solo lo avessero voluto un po’ di più.
Sembra quasi che in Italia ci sia un gap tra gli addetti ai lavori e i commentatori che non si riesce a colmare, nonostante i primi siano sempre più bravi e attenti nella comunicazione e i secondi sempre più esperti degli aspetti tecnico/tattici. Tanto per cominciare dovrebbe ormai essere condiviso che risultati e prestazioni sono due cose differenti: coincidono solo talvolta e su un lasso di tempo molto lungo. Su un periodo breve, come quello per lo più analizzato dai commentatori delle ultime 10-12 partite del Verona, risultati e prestazioni possono divergere.
Nelle ultime 12 partite di campionato, il Verona ha raccolto 1 vittoria, 4 pareggi e 7 sconfitte. La media punti è quindi crollata a 0,58 punti a partita, mentre in precedenza era stata molto più alta, di 1,41 punti/partita. I punti registrano i risultati, ma per provare a dare forma quanto più oggettiva possibile alla prestazione occorre affidarsi a più di un indicatore statistico.
Come sono state le prestazioni del Verona?
Secondo gli Expected Goals, nelle precedenti 26 partite di campionato e nelle ultime 13 la produzione offensiva del Verona quasi non è cambiata. È variata leggermente la media gol: dagli stessi xG sono arrivati 0,85 gol/partita nell’ultimo periodo, mentre nel periodo precedente erano stati di più: 0,96 gol/partita. Difensivamente, la prestazione del Verona è addirittura migliorata: subiva 1,75 xG/partita nelle prime 26 giornate, ne ha subiti 1,31 xG/partita nelle ultime 12. La prestazione è migliorata, i risultati sono peggiorati: il Verona è passato dal subire 0,88 gol/partita a 1,38 gol/partita.
Possono esserci diverse concause per le quali il Verona ha subìto di più, pur concedendo di meno. Il Verona potrebbe aver perso d’intensità nelle fasi di non possesso. Nell’ultimo periodo, i recuperi palla nella metà campo offensiva sono calati del 33%. Il PPDA, che è una misura indiretta del pressing, però non è cambiato e il numero di interventi difensivi è rimasto lo stesso. Sembra, quindi, che collettivamente l’impianto di gioco del Verona sia rimasto ancora in piedi, può darsi che c’entri un fisiologico calo individuale.
Lo stesso Juric, pochi giorni prima della partita con il Napoli, sembrava confermare questa ipotesi: «Quando una squadra come il Verona abbassa il livello d’attenzione non va da nessuna parte. Questa è una grande lezione per il futuro, siamo diventati perdenti nonostante nell’ultimo periodo si siano fatte ottime partite».
Da qui a ipotizzare un’intenzionalità malevola dei giocatori del Verona e una notevole differenza nella prestazione contro il Napoli rispetto alle più recenti, ce ne passa. Il Napoli ha avuto le sue occasioni, ma non è riuscito a concretizzarle. E per di più ne ha concesse di buone: oltre a quella del gol, al Verona ne è arrivata una ghiottissima a Kalinic al quarantaduesimo.
È così difficile credere che il Verona abbia giocato una partita professionalmente, al massimo delle sue attuali possibilità? Con un livello di prestazioni sufficiente a fermare questo Napoli? Ovviamente lo stesso discorso sarebbe altrettanto ingiusto se ribaltato nei confronti del Napoli, al di là del merito sportivo e dei giudizi insindacabili della classifica, non si può ridurre una stagione all’ultima partita, e non si può ridurre un risultato deludente alla mancanza di motivazione o di volontà.
Se un allenatore si dice felice della prestazione della propria squadra, va ascoltato e creduto. Tutte le considerazioni ambientali o psicologiche vanno tenute in conto solo se è l’allenatore stesso a farne riferimento. Agitare biscotti, pressioni, malevolenze non fa bene a nessuno, che siano il pubblico, i giornalisti o i professionisti a farlo più o meno intenzionalmente. Ugolini ha fatto le spese di un clima sempre più teso e conflittuale, in cui per giornalista e media è diventato sempre più difficile parlarsi con trasparenza e sincerità.