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I 7 mesi terrificanti di Ivan Juric
07 apr 2025
Il peggior allenatore 2024/25.
(articolo)
18 min
(copertina)
IMAGO / Colorsport
(copertina) IMAGO / Colorsport
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L’obiettivo annunciato da Juric era amaro ma tutto sommato alla portata: «Non diventare la peggiore squadra della storia della Premier League». Un piano non particolarmente ambizioso, eppure fallito: retrocedendo con 7 giornate di anticipo, il Southampton è diventata la peggiore squadra della storia della Premier League. O almeno se consideriamo come peggiore la squadra retrocessa con maggiore anticipo nella storia del campionato: indubbiamente un buon parametro. Stiamo parlando di una retrocessione con oltre due mesi di anticipo rispetto al termine della stagione.

Ci è voluto un piccolo sforzo per raggiungere questo traguardo e superare i record di Derby County (2007/08) e Huddersfield (2018/19). Si può fare di meglio. Per completare l’opera, mancherebbero altri record comunque del tutto alla portata. Al momento il Southampton ha messo insieme 10 punti e dovrebbe farne almeno 2 per superare il Derby 2007/08 ed evitare di essere anche la squadra che ne ha totalizzati meno nella storia. Ci sono altri dati in cui il Southampton deve ancora combattere per superare questo tipo di concorrenza. La concorrenza di squadre che sono riuscite a chiudere una stagione avendo vinto una sola partita. Come si motiva una squadra così? Gli si può davvero dire «Ragazzi, scendete in campo, date tutto, per non essere i peggiori della storia»?

Pare una di quelle storie da film di Ken Loach, tipo My name is Joe, in cui la squadra allenata dal protagonista è formata da giocatori da raccattare dalle sale scommesse, o mentre fuggono da una rapina, o da stanze luride nella periferia di Glasgow, mentre vivono ancora a casa con mamma. Giocano con vecchie maglie sporche della Germania Ovest e non hanno mai vinto una partita.

Solo che in questa storia non c’è niente di tutto questo, ma cappotti brandizzati, grossi stipendi, piani aziendali: l’élite del calcio inglese, e quel tipo di professionalità che è difficile associare a un disastro sportivo simile. La faccia di questo disastro sportivo è Ivan Juric, che ha avuto una stagione 2024/25 da annali, e quando sarà passato abbastanza tempo da poterci ridere su varrà forse la pena girare un documentario su questi circa sette mesi.

Juric ha iniziato la stagione da disoccupato e il 18 settembre è stato nominato allenatore della Roma. Da settembre a oggi sono passati meno di 7 mesi: sufficienti per diventare il peggior allenatore della storia della Roma e l’allenatore della squadra retrocessa prima nella storia della Premier League. È subentrato su due panchine a stagione in corso, in quelle situazioni in cui per un allenatore è difficile riuscire a lasciare un segno. Eppure ha fatto in tempo a scrivere la storia sia a Roma che a Southampton.

Ecco la cronistoria della sua annata pazzesca.

SETTEMBRE
A metà settembre Juric era ancora un allenatore interessante, un tecnico con idee estreme ma contemporanee. Ruvido, solido, una persona intensa. Qualche squadra aveva pensato a lui in estate, ma aspettava il progetto giusto. Veniva da alcune annate ambigue al Torino, in cui non era chiaro dove iniziavano i suoi limiti o dove quelli della sua squadra. Juric sembrava saper allenare una fase difensiva d’alto livello, ma le sue squadre erano rigide e prevedibili in attacco. In generale, troppo dipendenti dall’intensità fisica e dai ritmi alti. Ad ogni modo, il calcio sembrava andare dalla sua parte.

Poi a settembre è arrivata la chiamata della Roma, la cui stagione aveva preso una svolta inattesa, presa forse da sceneggiatori con poco senso dell’equilibrio. Il club era riuscito a infliggere l’esonero più rapido della propria storia a uno dei tre o quattro giocatori più importanti della propria storia, ovvero Daniele De Rossi: un capolavoro di autolesionismo con qualche implicazione psicanalitica tutta da indagare. I retroscena di quell’esonero sembrano una puntata di The Office che imita Shakespeare, con Lina Solokolou nei panni di Iago. Dentro questa guerra civile romana ci finisce dentro il povero Juric, che viene chiamato come allenatore un po’ a sorpresa. Il comunicato con cui la Roma lo annuncia come nuovo tecnico della prima squadra sembra essere un fotomontaggio. Lui ha il solito look trasandato: un metallaro con la stessa montatura di occhiali di tua zia catechista. Per un certo giro perverso era un’immagine rassicurante: era finito il tempo delle cazzate, ora solo sostanza.

Juric sembrava preannunciare un’epoca di terrore e grandi purghe. La proverbiale Bella Vita romana era finita. Florent Ghisolfi, direttore sportivo del club, dà fiato alle trombe, parla di ricerca di stabilità e lungo termine e modello Atalanta. Annuncia che la difesa a 3 è ormai DNA del club e Juric è lì per proseguirla. Poi però si contraddice, e ammette che Juric è stato preso anche perché «ha accettato un contratto di breve durata e non ha nemmeno discusso la parte economica». Come digerirà, la Roma, il passaggio dal gioco di possesso di De Rossi all’aggressività uomo su uomo di Juric?

La squadra inizia pure discretamente, con una vittoria nervosa 3-0 sull’Udinese. Pareggia 1-1 con l’Athletic in Europa League. Per un attimo sembra tangibile il sogno di una Roma che giochi con pressing infernale e marcature a uomo. Per un attimo.

OTTOBRE
La ritualità dei peggiori periodi della Roma prevede sempre, a un certo punto, un’umiliazione storica. La squadra aveva dato segni sinistri di scricchiolamento nella mesta sconfitta contro l’Elfsborg, dopo la quale Juric aveva detto di aver visto «grossi segni di miglioramento». Poi arriva la moscia vittoria contro la Dinamo Kiev, ma è contro la Fiorentina che arriva lo schianto.

La Roma va sotto 3-1 dopo quaranta minuti. All’inizio del secondo tempo segna Edoardo Bove, un talento lasciato andare in estate e che stava giocando la migliore partita della propria vita (un assist, un gol, un rigore guadagnato). Venti minuti ancora e siamo 5-1: è un disarmo totale. Il quinto gol lo segna Hummels nella propria porta, all’esordio stagionale. A un certo punto della partita le telecamere colgono Juric in lacrime in panchina. È un’immagine difficile da togliersi dalla testa: quanti esseri umani arrivano a quel genere di prostrazione durante una partita di calcio?

La cosa peggiore di perdere una partita 5-1 è che poi devi andare ai microfoni a spiegarla. Juric è sconsolato: «In 40 giorni si è fatto un grandissimo lavoro e oggi si è buttato tutto nel cesso». Si parla naturalmente di un suo esonero ma chi dovrebbe prendere la decisione? A Roma non c’è più un amministratrice delegata, fatta fuori proprio in seguito alla decisione di assumere Juric, e forse c’è una vocina nella testa dei Friedkin che gli dice che anche l’Atalanta stava per esonerare Gasperini dopo le prime partite. Così Juric resta.

NOVEMBRE
Le partite successive a quella tremenda sconfitta sembrano interpretate da una squadra in forte stress post-traumatico. La Roma sta attenta soprattutto a non vivere più quell’esperienza, non vuole più essere umiliata. Giorni dopo quella sconfitta di Firenze, Juric ammetterà di aver vissuto «giorni di litigi pesanti». Ha iniziato a indossare la giacca, ma è un completo dal taglio rigido, che indossa con una camicia dal colletto ampio. In generale sprigiona un’aria funeraria. Le sue squadre erano note per il pressing demoniaco che erano in grado di portare nelle partite, rendendo il calcio un incubo di devastazione. I giocatori della Roma invece si muovono per il campo incerti e spaventati.

Dopo la risicata vittoria contro il Torino nell’intervista a DAZN gli mostrano un coraggioso striscione dello stadio “Daje Ivan”, lui sorride evidentemente sollevato: «Non so se è per me o per altri. Non lo so». Aveva definito la Roma la grande occasione della sua vita. A ottobre aveva detto «Mi sento in paradiso», e poi «Mai lavorato in condizioni migliori». Il 10 novembre viene esonerato. Fatale una sconfitta pazza in casa contro il Bologna, in cui la Roma è sembrata giocare con addosso la febbre. Tre gol subiti senza nemmeno accorgersi di come, due gol segnati da El Shaarawy che sembrano un’allucinazione. Juric viene esonerato con la squadra dodicesima, ma a soli 4 punti dal Lecce terzultimo. Per media punti è il peggior allenatore della storia della Roma negli ultimi vent’anni.

A posteriori, oggi che la Roma viene da 15 risultati utili consecutivi e si gioca l’accesso in Champions League, il passaggio di Juric appare ancora più comico. La sua inadeguatezza rispetto a Claudio Ranieri straziante. È ancora più feroce la domanda: ma com’è gli è venuto in mente?!

DICEMBRE
Dopo un esonero del genere come ci si riprende? Si va a fare un rehab in Thailandia? Ci si rifugia in una baita sulle montagne svizzere? Ci si chiude in casa a studiare il Manchester City 2022/23? Oppure ci si butta sul divano a mangiare nuggets, a bere bubble tea e ad ascoltare tutta la discografia dei Carcass?

Nel calcio fallire è parte del lavoro, ma bisogna farlo con grazia. Il passaggio di Juric alla Roma invece è stato tragicomico e il problema di rimediare un esonero del genere è che non hai più il lusso di scegliere. Devi prendere la prima cosa che passa, e in quel momento la prima cosa è il Southampton, in quel momento la peggiore squadra d’Europa. In un certo senso è un miracolo, il semplice fatto che una squadra del miglior campionato del mondo abbia scelto per raddrizzare la propria stagione uno che ha fallito in modo così profondo e clamoroso già da un’altra parte. Del resto il Southampton è il tipo di lavoro che pochi accetterebbero. La squadra ha 5 punti nelle prime 17 giornate, ha vinto una sola volta in Premier e nessuna squadra si è mai salvata avendo perso 10 delle prime 12 partite in campionato.

Dunque ai "Saints" si incrociano due reciproche disperazioni, quella di un club che dovrebbe compiere un’impresa e quella di un allenatore disperato per rilanciare la propria immagine.

Come verrà digerito Ivan Juric da un calcio così corporate, così laccato dal marketing? Lo sapete di chi stiamo parlando; dell’uomo che non dimenticherà mai il concerto dei Napalm Death a Zagabria del 91’ («C’era un casino totale, ma proprio totale»), che a Roma era innamorato del quartiere della Garbatella, che è stato al concerto di Manu Chao a Bagheria. Un uomo, dunque, al contempo normale ed eccezionale. Normale perché qualunque persona normale vive in quel modo, eccezionale perché nessuno nel calcio vive in quel modo. Un uomo, più di tutto, disinteressato alle cazzate, alle logiche aziendali, al self branding, al pensare, cioè, che vendersi in un certo modo faccia parte del proprio lavoro. Come sarebbe sopravvissuto alla Premier League? Avrebbe pesato più questa sua assoluta allergia all’etichetta, al personal branding, oppure delle idee di calcio tutto sommato coerenti col campionato? Sarebbe stato tritato dalle pressioni mediatiche della Premier League, oppure il gioco intenso e coraggioso sarebbe fiorito in un paese con più cultura atletica e un calcio meno cerebrale?

Alla presentazione fa del proprio meglio. Il maglione nero a collo alto gli sta bene, anche se rimanda un po’ troppo a Cioran, a Steve Jobs e ai vari filosofi del male da cui uno come Juric farebbe bene a distanziarsi. Il club gli scatta delle belle foto; lui tiene le braccia conserte, guarda al futuro, viene quasi da essere ottimisti. Si presenta con furbizia, esibendo la parte del proprio calcio più markettabile: «Quando ero giovane mi piaceva molto il death metal, ed è qualcosa a cui il mio stile di calcio somiglia. Mi piace fare pressing alto». Come successo a Roma, deve sostituire un allenatore che ama un calcio di possesso, Russell Martin, che aveva trovato difficoltà a importare quel tipo di gioco a un livello più alto. Il tecnico era stato criticato come succede a questo tipo di allenatori: troppa costruzione dal basso, troppe palle perse vicino alla propria porta, troppi grilli per la testa.

Juric vuole offrire l’immagine del duro: «Non sono un tipo da golf, non è un gioco che fa per me». Nei profili che gli vengono dedicati spuntano sempre le fotografie insieme a Gian Piero Gasperini, per associarlo a una storia di successo, come a dire: “nella migliore delle ipotesi Juric potrebbe essere il nuovo Gasperini!”. Un pensiero che Juric si è portato dietro nel bene e nel male da inizio carriera. Gli ha messo pressione, ma gli ha anche permesso di coltivare una credibilità talvolta oltre i risultati.

Dal suo punto di vista la situazione catastrofica di classifica dovrebbe essere uno spunto di motivazione. «I ragazzi devono sapere che possiamo fare qualcosa di eccezionale, qualcosa che non è mai stato fatto. Nessuno è mai rimasto in Premier League a partire da questa situazione. Ci sono tanti buoni giocatori, sono molto ottimista».

GENNAIO
Fatto sta che il Southampton perde la prima partita contro il West Ham. La squadra segue i suoi principi, niente più costruzione dal basso, piuttosto gioco verticale e diretto, pressing alto, tanti cross. In area si aggira, il demone Onuachu, centravanti due metri che aveva giocato pochissimo con Martin. Fabianski, portiere degli "Hammers", gioca una partita strepitosa e nega il meritato vantaggio al Southampton nel primo tempo. Nel secondo la squadra va in superiorità numerica per un attimo, ma l’espulsione viene tolta dal VAR. Poco dopo il West Ham segna un gol sporco con varie sponde di testa in area.

Come successo alla Roma, a un certo punto arriva lo schianto, stavolta prima del previsto. In casa contro il Brentford, all’ora di gioco, il Southampton è sotto di un gol. Poi al 92’ diventano tre: come faranno a diventare cinque a fine partita?

Il Brentford non aveva mai vinto in casa e in quel momento invece coglie la più larga vittoria della sua storia in Premier League. Il livello di auto-critica di Juric ha già superato i livelli di guardia: «Sono deluso dalla partita, dalla squadra, da me stesso. Non abbiamo fatto niente di buono oggi». L’intervistatrice gli chiede perché si sente deluso da se stesso: «Dopo partite del genere è normale mettere in dubbio il tuo lavoro».

Il Southampton gioca ormai in un clima difficile. «Peggior squadra della storia» è il coro ricorrente dei tifosi avversari durante le partite. Come devi sentirti a giocare a calcio, a fare il tuo lavoro, mentre una folla di gente canta non che fai schifo, ma che sei il peggiore di sempre. La fama di “peggiore squadra della storia della Premier” appartiene al Derby County 2007/08. Su quella stagione un tifoso del Derby ha scritto un libro intitolato Bad, Worst, Worse e la vergogna era tale che preferì di non firmarlo (il libro fu pubblicato a nome Edgar Smith invece di Stewart Smith, suo vero nome). Un tifoso del Derby, intervistato da The Athletic, ricorda: «Era una strana sensazione continuare a perdere e perdere. Le prestazioni non erano neanche così terribili, ma in qualche modo non riuscivano a ottenere risultati».

«Giornate così non devono più succedere», aveva detto Ivan Juric dopo la terribile sconfitta contro il Brentford. Il problema è che arrivano altre due sconfitte consecutive e le proporzioni cominciano a essere storiche. La media punti in quel momento è di 0.29: la stessa del Derby County nella peggiore stagione della storia della Premier League. A quel punto il Southampton ha più partite perse (17) che gol segnati (13); la differenza reti è -34, con 47 gol subiti quindi. Il gioco di Juric sembra essere insostenibile per una squadra che non è all’altezza atletica della Premier League. Contro il Manchester United, il Southampton subisce il sedicesimo gol nato da un proprio errore. Con Juric sono 5 sconfitte su 5 partite giocate. La BBC scrive: “La nave affonda in fretta e i giocatori sono pronti a fuggire”.

FEBBRAIO
Il mese inizia con la prima vittoria di Juric col Southampton, la seconda della squadra nell’intera stagione. Arriva in casa dell’Ipswich, un’altra squadra oggi praticamente retrocessa. Il gol decisivo lo segna il suo pupillo: Onuachu. Juric sorride, finalmente: «Dobbiamo credere che non siamo così male come squadra»; «Festeggerà con un bicchiere di vino rosso?» Gli chiedono, e lui, piacione: «Stapperò la bottiglia di vino, poi vedremo». Sostiene che sono stati spesso sfortunati. Juric non sa che quella sarà la sua unica vittoria sulla panchina del Southampton.

Nella partita successiva di Premier guarda inginocchiato sul prato, le mani portate alla bocca, la rivelazione Bournemouth passare sopra la propria squadra. «Abbiamo fatto un bruttissimo tempo. Siamo stati brutti, molto molto brutti». Al St. Mary’s arriva il Brighton e passeggia sulle macerie di una squadra che sembra Berlino nel 45’. Il Southampton sembra una di quelle formazioni di Zeman che hanno ormai mollato gli ormeggi e giocano seguendo una specie di istinto di morte. Stanno con la difesa a centrocampo senza pressare, guardano gli avversari passargli da tutte le parti. È uno spettacolo duro da guardare, il Brighton segna 4 gol, di cui 2 col cucchiaio, ma ne potrebbe segnare dieci, se non fosse per il portiere Ramsdale, che sfodera una delle prestazioni individuali migliori della stagione. Durante il match il Southampton concede 3.90 xG, uno dei dati individuali più alti dell’intera annata di Premier.

Stavolta Juric non fa distinzione tra primo e secondo tempo: «È stata una prestazione molto brutta dall’inizio fino alla fine: sarà una dura nottata».

MARZO
Chissà se davvero a un certo punto qualcuno nel Southampton ha creduto realmente di potersi salvare. Possiamo immaginare che a un certo punto abbiano perso le speranze, e dunque quando è arrivato questo momento?

Di certo la sconfitta in casa contro il Wolverhampton è stata pesante e probabilmente fatale per Juric. I “Wolves” erano la prima squadra fuori dalla zona retrocessione e una vittoria avrebbe voluto dire accorciare, e quindi se non altro ritardare il momento della retrocessione, uscire dai libri di storia. Non essere i peggiori dei peggiori. Gli chiedono se il Wolverhampton può ritenersi al sicuro, lui dice di no: «E penso che saranno un pochino più insicuri dopo questa partita». I "Saints" invece perdono 2-1 con una fatale doppietta di Strand Larsen. Dopo la partita Juric dice una delle mie frasi preferite di tutta questa storia: «Un’altra partita che suggerisce che non siamo ancora pronti per prendere punti».

APRILE
È sostanzialmente finita. Il Southampton porta via un punto dalla sfida col Crystal Palace e poi c’è la sconfitta di ieri contro il Tottenham. I tifosi, intervistati da The Athletic, dicono che da Martin a Juric il Southampton è riuscito in qualche modo ad assumere una forma persino peggiore della precedente: «Credo che abbiamo giocato un calcio peggiore con Juric di quanto abbiamo fatto con Russell Martin. Non credo che ci saremmo salvati con Martin, ma almeno si vedeva un’identità in come giocavamo. Questo invece è il peggior calcio che mi è capitato di vedere da tanto, tantissimo tempo».

Juric aveva spesso assicurato che sarebbe rimasto anche in caso di retrocessione. Del resto è arrivato in una situazione già così compromessa che non ci si poteva aspettare chissà quale miracolo. Dopo la retrocessione rilascia un’intervista ricca di calore, in cui ringrazia i tifosi, li definisce i più belli del mondo, la parte migliore del club. «Penso che questo dovrebbe motivare tutti a creare qualcosa di buono - di più forte di quello che abbiamo creato quest’anno».

Qualche ora dopo Ivan Juric viene ufficialmente esonerato: il secondo esonero rimediato in una stagione. Un esonero in Inghilterra e un esonero in Italia. Alla Roma era durato meno di due mesi, al Southampton meno di quattro mesi. In questo periodo le squadre di Juric hanno giocato 26 partite e ne hanno vinte 5. Al Southampton è riuscito a perdere 12 partite su 14 e a mettere insieme un totale di 4 punti.

L’allenatore del Derby County non si è più ripreso dalla sua retrocessione record nel 2009, come farà Juric a rimettere in carreggiata la propria carriera?

Pochi allenatori devono provare a ripartire da un punto più basso di questo. In questi mesi le sue imprese negative, questi miracoli al contrario, sono stati riportati con dolorosa ironia, soprattutto dalla stampa romana. Ogni sconfitta di Juric deformava ulteriormente la sua figura da allenatore della Roma, fino a fargli prendere delle pieghe del tutto caricaturali. Una conferma sempre più grottesca dell’errore fatto dalla dirigenza assumendolo - almeno questo si voleva dimostrare implicitamente negli articoli.

Il tempo passa davvero in fretta. Juric pochi mesi fa, a 50 anni, era un allenatore ancora fresco e da provare in certi contesti. Probabilmente non ha scelto il momento e il contesto giusto per testarsi a un livello così alto del calcio. La Roma è una squadra sempre complicata da allenare, e in quel momento lo era ancora di più; il Southampton non aveva una squadra all’altezza della Premier. Juric insomma è arrivato in situazioni profondamente marce, e lui si è dimostrato inadeguato a raddrizzarle. Inadeguato a gestire lo spogliatoio, a sistemare tatticamente le squadre, a dare un’immagine rassicurante all’esterno. È stata però la difficoltà di queste situazioni, probabilmente, a esporre in modo particolare i limiti di un allenatore che ha una storia di gavetta e di buoni risultati in contesti diversi. A Juric non resta che tornare a fare il suo lavoro a un livello di difficoltà più basso, e la sua storia forse suggerisce che talvolta è meglio starsene a casa: non tutte le occasioni lasciate andare sono occasioni perse. Eppure è anche difficile non empatizzare con lui: come si fa a rifiutare la panchina della Roma, onestamente? Come si fa a rifiutare una panchina di Premier League, in un contesto in cui sembra - sembra! - non ci sia nulla da perdere?

Ora è facile parlare, ma avremmo tutti fatto lo stesso.

Può capitare a chiunque di mettere in fila un bel po’ di disastri e fallimenti in poco tempo. Esistono anche per noi le annate storte, e i momenti in cui infiliamo una serie di scelte sbagliate, solo che non diventano uno spettacolo pubblico. Non vengono raccontati da articoli crudeli come questo.

In questi mesi Juric ha dovuto provare a dare forma razionale al baratro in cui era finita la sua squadra. Il suo discorso è stato vago, generico, eppure è sembrato il massimo che si possa fare per tracciare dei contorni attorno a un disastro simile: «A volte hai davvero una brutta stagione e tutti quanti commettono errori, e quello che stiamo vivendo è il risultato di questi errori».

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