La costante della carriera di Carlo Ancelotti in tutte le sue squadre sembrano essere i grandi centrocampisti. Se al Milan aveva trovato nel 4-3-1-2 e nell' albero di Natale le soluzioni migliori per far convivere Pirlo, Seedorf e Rui Costa, al PSG invece era stato lui a suggerire l' acquisto di un giocatore senza nessuna presenza in Serie A come Marco Verratti. A Madrid, poi, alla regia di Xabi Alonso e Modric aveva aggiunto la sensibilità dei piedi di Kroos e James Rodriguez.
Sembra passata un'eternità da quell'estate in cui il passaggio del colombiano alla Casa Blanca aveva fatto registrare il record di magliette vendute: cinque anni più tardi è impossibile dare un giudizio sulla sua carriera, James ha vissuto momenti brillanti atlernati a mesi lugubri di panchina, ha vinto due Champions League ma per la finale di Cardiff non è stato neanche convocato. Insomma, due stagioni fa con Heynckes al Bayern, e i mesi madrileni con Ancelotti, rappresentano i periodi migliori della sua carriera, a esclusione ovviamente delle estati passate con la Nazionale.
L' affinità con il bandido, che il Napoli sta rincorrendo dall’inizio dell’estate - e negli ultimi giorni sembra essere stato scavalcato dall’Atletico Madrid - è figlia dell'idea di calcio dell’allenatore italiano, volta a favorire la tecnica, con una gestione paterna degli uomini migliori. Un amore, quello per i centrocampisti di talento, che ha definito anche la sua prima stagione a Napoli in cui, senza una rosa al livello delle due squadre passate, Ancelotti ha proposto comunque un calcio fluido, in cui il controllo della partita passava dalla tecnica dei centrocampisti migliori. Se a inizio anno era stato Zielinski a catturare l' attenzione, col passare dei mesi Fabian Ruiz è entrato più di tutti nel cuore dell'allenatore.
Ma Ancelotti sente di non aver ottenuto ancora il massimo. La rosa del Napoli, come ha spiegato anche Sarri nella conferenza stampa di presentazione alla Juve, era ricca di giocatori da sistema, perfetti per muovere la palla di prima o massimo a due tocchi. Senza gli input di un sistema così definito, ma con maggiore libertà per l'iniziativa personale, alcuni elementi hanno dimostrato di non essere del tutto autosufficienti. L'acquisto di James, allora, sarebbe la certificazione della coerenza del progetto di Ancelotti, un centrocampista perfetto per i suoi parametri, un sudamericano con un sinistro inferiore per sensibilità solo a quello di Messi, il tipo di calciatore che Napoli ama e di cui forse sente la mancanza dai tempi di Lavezzi.
Il talento senza tempo di James
Il rapporto con la città non è solo una nota di colore, perché l'affetto dei tifosi sembra essere a tutti gli effetti il carburante necessario per il calcio di James. Lo abbiamo visto pochi giorni fa in Copa America: ogni suo tocco scatenava un boato del pubblico degli stadi brasiliani.
In una competizione senza Neymar e con Messi fagocitato dal grigiore dell'Argentina, James forse sentiva anche la responsabilità, oltre che di guidare la propria Nazionale (uscita ai quarti, ai calci di rigore con il Cile), anche di intrattenere la folla, per questo appena poteva cercava la giocata raffinata, che si trattasse di uno stop di tacco o di uno dei suoi classici passaggi d'esterno.
Alla Coppa del Mondo, cinque anni fa, James fece uno dei suoi gol più belli di sempre. Il movimento del suo corpo che accompagna la palla dopo lo stop di petto è di un’armonia quasi da giocoliere.
James Rodriguez non è un vero e proprio funambolo, né un trequartista ossessionato dal dribbling, anzi si può dire che il suo gioco sia tanto artistico quanto sobrio: non salterà mai tre uomini di fila, né umilierà l'avversario con qualche trick da strada, la sua cifra stilistica è la sensibilità del sinistro, l'armonia con cui il pallone esce dal suo piede, sia quando lo accarezza con l'interno, sia quando lo taglia con l'esterno.
Sembra un tipo di talento forse antiquato, inapplicabile al calcio moderno, ma il tocco del suo sinistro è talmente sensibile e così superiore a tutto il resto del suo repertorio – comunque completo e al passo coi tempi – che mette in ombra tutto il resto. La leggerezza delle sue pause, delle sue conduzioni palla al piede (mai velocissime, va detto) sembra definire i contorni di un giocatore appartenente a un'epoca antica del calcio, in cui atletismo e sacrificio avevano poco valore e i giocatori più talentuosi potevano dedicarsi esclusivamente a quello che sapevano fare meglio: dare del tu al pallone e determinare tutte le azione d'attacco della propria squadra.
Ad ogni tocco, James dilata il tempo e lo spazio intorno a sé, orienta il controllo per vanificare la pressione e crearsi il margine per alzare la testa e scodellare sui compagni. È una qualità sempre più rara ad altissimi livelli e forse inconsciamente è per questo che il pubblico è attratto da James anche quando si prodiga in fondamentali che non sempre catturano l'occhio, come i passaggi oltre le linee di pressione.
Cartoline dalla Copa America di James
Prendiamo ad esempio quest’azione, per certi versi minimale, tratta dal match con l'Argentina, che che scatena l'euforia dei tifosi. È un semplice passaggio che taglia la blanda pressione argentina, ma rende l'idea di come il suo talento sia brillante anche in quelle piccole azioni nascoste nelle pieghe della partita.
James è nella propria metà campo, scarica sul terzino destro e poi si muove all'indietro per farsi restituire palla. Di Maria e Aguero lo pressano rispettivamente da destra e da sinistra, ma lui con un movimento unico controlla il pallone, arretra leggermente tenendolo sotto i tacchetti e lo fa staccare quanto basta dal piede per poterlo passare d'esterno oltre i due avversari; in meno di un secondo il piede di James ha trovato il modo di ricavarsi spazio e forza a sufficienza per il passaggio. Lo stacco dal pallone è praticamente impercettibile, sembra quasi il movimento unico con cui si rolla il tabacco nella cartina e poi si chiude la sigaretta.
Insomma, quest'ultimo mese è servito a far riconciliare James col calcio e i ritmi balneari della Copa non fanno altro che assecondare il suo gusto. Da tutte e tre le partite del girone è possibile estrapolare almeno una giocata-GIF:
Il cambio gioco alla Veron nel gol di Martinez all'Argentina, col piede che si torce in modo da colpire il pallone un po' di collo e un po' d'esterno, proprio come la Brujita.
L'assist d'esterno per Zapata contro il Qatar, col pallone colpito solo con gli ultimi centimetri del piede per dipingere uno scavetto più che un filtrante alto.
-L'altro assist d'esterno, stavolta un cross verso il secondo palo, per Luis Diaz, cancellato dall'intransigenza del VAR. Senza il dettaglio del replay dal basso, con la visuale dall'alto possiamo concentrarci sul modo in cui inarca la spalla sinistra per mettere il corpo sopra il pallone e imprimere forza a una parte del piede debole come l'esterno. Magari James non salta a mezz'aria per segnare in sforbiciata, ma il modo in cui si protende in avanti per dare l'effetto voluto al passaggio è comunque un capolavoro di coordinazione, senza bisogno di sforzi sovrumani.
«Otra vez James con tres dedos».
Come si incastrerebbe James nel Napoli
Dopo una stagione così deprimente è necessario ricaricare le batterie: il Bayern di Kovac era una squadra distante dall'idea di calcio di James, la fragilità nella transizione difensiva impediva ai tedeschi di sviluppare trame di gioco troppo complesse o rischiose, e per non perdere palla in zone sanguinose la costruzione passava esclusivamente sulle fasce, con le combinazioni dei movimenti di esterno e terzino. Senza la possibilità di dare un senso alle sue pause, alla sua visione di gioco e alle sue imbucate verticali, James è sembrato davvero fuori contesto. A tutto ciò si sono aggiunti gli infortuni, prima al ginocchio e poi al polpaccio. Non ha sorpreso dunque il mancato riscatto da parte del Bayern.
Il primo punto a favore dell’operazione, è che con James il Napoli innalzerebbe ulteriormente il livello tecnico, ovviamente. Ma il colombiano aggiungerebbe anche una dimensione di gioco che per ora è mancata al Napoli di Ancelotti. Innanzitutto per la sua capacità di trovare la posizione tra le linee: troppo spesso gli azzurri quest'anno si sono appiattiti e hanno fatto circolare sterilmente la sfera, senza i triangoli e le classiche combinazioni di catena di Sarri.
I singoli giocatori da soli non sono riusciti sempre a mettersi nelle condizioni giuste per incidere sulla trequarti: Insigne ha bisogno di movimenti intorno che creino spazio per le ricezioni tra le linee, altrimenti non riesce a mantenere il possesso, mentre Zielinski dà il meglio fronte alla porta. James, invece, galleggia come un alligatore tra centrocampo e difesa, e una volta trovata la posizione controlla chi ha intorno e, grazie ai tocchi delicati e all'uso della parte bassa del corpo, sa nascondere il pallone all'avversario per poi girarsi.
A quel punto, una volta giratosi verso la porta avversaria, può liberare tutto il suo talento per le verticalizzazioni: Milik potrà concentrarsi sugli attacchi alla porta e anche Mertens potrà affrontare meglio il declino fisico per specializzarsi ancora di più da attaccante.
Se serve, poi, James può alternare la posizione con Fabian, o comunque abbassarsi per cercare il cambio gioco improvviso o il laserpass verso la trequarti per l'esterno che taglia: quasi nessuno fa passare rasoterra verticali in mezzo a corridoi angusti come il colombiano. Soprattutto, però, i ritmi non esasperati della Serie A sembrano il terreno perfetto in cui trapiantare James. Per un giocatore con una quantità di risorse così vasta, capace anche di sorprendere difese schierate, la possibilità di alzare sempre la testa sarebbe una vera benedizione, con intorno un pubblico pronto ad esplodere già alla primo passaggio taglialinee d'esterno.
Certo, molti problemi del Napoli sembrano ancora insoluti: non c'è nessun giocatore in grado di rompere gli equilibri col dribbling e, in un sistema che distribuisce molte responsabilità palla al piede sui singoli, senza troppi movimenti preordinati, sarebbe necessario affiancare al colombiano e a Fabian elementi che amino ricevere nello spazio e non solo sui piedi.
In ogni caso, James è un giocatore che incontra il gusto di chi non si è assuefatto a un calcio in cui sì il livello tecnico è alto, ma spesso sono la forza fisica e le conduzioni forsennate a dilatare la percezione di un talento che forse è più nell'atletismo che nei piedi. Non riconoscere la sensibilità del suo calcio, non apprezzare i giri con cui il pallone esce dal suo sinistro, significa non saper scindere il talento puro, quello che ha bisogno solo di relazionarsi col pallone, da quello distopico di un certo tipo di calcio in cui velocità ed esuberanza fisica vengono prima della tecnica.
James gioca un calcio d'alta moda, per palati fini. Come quelli del Bernabeu, la platea più esigente al mondo, che nel bel mezzo di una semifinale contro il Bayern in cui il Madrid rischiava di uscire proprio per mano di una prestazione da fuoriclasse di James, non ha esitato a tributagli un'ovazione al momento della sua uscita. Un applauso riconoscente nei confronti di un calciatore straordinario e unico, prima ancora che di un ex madridista.